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Autore: workingclassheroine    22/12/2014    3 recensioni
John sospira, inginocchiandosi davanti al bambino e carezzandogli le guance e i capelli, "Come fai a non sapere chi sia Babbo Natale?".
"Non lo so, papà" sussurra sommessamente Julian, chinando gli occhi e disegnando con il piede destro dei piccoli semicerchi.
"Tua madre non te lo ha mai spiegato?" gli occhi di John si riempiono di lacrime, " Io non te lo ho mai spiegato?", ripete, stringendo confusamente a sé il corpo fragile di Julian.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A paulmccartneyismylove, che ha speso le
parole più belle per me, John, Paul e Julian.



Il fuoco crepita allegramente nel camino, proiettando guizzi dorati sull'ambiente circostante.
Un piccolo albero di Natale è abbandonato in un angolo, decorato distrattamente da Cynthia qualche ora prima.
Tipico, devono far finta di essere una famiglia felice.
Una famiglia normale, sapete, di quelle che si siedono insieme a tavola e cantano gli intramontabili classici natalizi facendo girotondi entusiasti intorno agli alberi addobbati.
John non ricorda l'ultima volta in cui hanno mangiato tutti insieme, e sicuramente non è tipo da mettersi a fare il girotondo.
Forse è per questo che non sono una famiglia felice, o quantomeno normale.
Persino quella sera -la sera di Natale, accidenti- è riuscito a litigare con Cynthia.
Avrebbero dovuto farlo, avrebbero dovuto lasciar perdere e girare intorno all'albero come idioti, e invece avevano preso a urlarsi contro finché Cyn non era scappata dai suoi, in lacrime, con la promessa di non tornare mai più.
D'accordo che lo ripeteva almeno tre volte a settimana, e John aveva imparato da tempo a non darle troppo peso, ma stavolta aveva lasciato Julian lì con lui.
John stava ancora urlando insulti contro la porta chiusa quando una mano piccola e affusolata si era insinuata con forza nella sua, scuotendola per richiamare la sua attenzione.
Ora, non è che John abbia una vera e propria paura di suo figlio.
È solo che non ha la più pallida idea di come comportarsi con lui, che è diverso.
Forse è dovuto al fatto che John non abbia mai avuto un vero padre, o al fatto che sia davvero troppo giovane.
O più probabilmente perché un idiota masochista come lui davvero non è fatto per avere bambini.
Così aveva fatto l'unica cosa che al momento gli era sembrata sensata: aveva chiamato Paul, perché in qualche modo Paul sapeva sempre cosa fare.
Non gli era passato neanche per la testa che l'altro potesse avere progetti diversi, o che magari non sarebbe stato particolarmente entusiasta di dover accudire il figlio dell'uomo che amava.
Lo aveva chiamato, e aveva detto "Per favore".
E Paul aveva mollato tutto per passare la vigilia di Natale seduto sul grande tappeto nero del salotto di Kenwood, a riordinare i soldatini di plastica che Julian abbatte con ampi movimenti delle mani.
"Andiamo Jules, devo solo dividerli in due schieramenti. Poi puoi atterrarli quanto ti pare, d'accordo?"
Per tutta risposta il bambino distrugge le milizie che Paul ha precedentemente disposto con precisione millimetrica, ridendo dolcemente davanti all'espressione sconfortata dello zio.
"Tuo figlio non è particolarmente portato per la disciplina militare" osserva Paul con un sorriso, alzando gli occhi verso John, che non sembra aver intenzione di unirsi a quell'allegra scenetta.
"Come suo padre" commenta amaramente quest'ultimo, dall'alto della sua poltrona.
"Guarda zio, guarda che bello" trilla Julian, recuperando dal cesto dei giocattoli un camioncino di latta e correndo a sedersi fra le gambe incrociate di Paul, con la schiena abbandonata sul suo petto.
"Me lo ha regalato papà" spiega, mostrando a Paul il giocattolo e rivolgendo al padre uno sguardo pieno d'orgoglio e ammirazione.
E Paul si ritrova a sperare che John alzi gli occhi da quel maledetto giornale, anche solo per un secondo, per incontrare in quelli del figlio tutte le conferme di cui dice di avere un disperato bisogno.
Ma John si limita a borbottare un "Ah sì? Non mi ricordo" poco convinto, voltando pagina senza neanche sollevare lo sguardo.
Il sorriso sul volto di Julian si spegne immediatamente.
"È davvero fantastico, ha un colore bellissimo" esclama allora Paul, con un entusiasmo che non prova, poggiando il mento sulla spalla del piccolo per osservare meglio il camioncino.
"Il verde è il mio colore preferito" confessa Julian, rivolgendogli un timido sorriso di ringraziamento.
Il cuore dell'uomo si stringe in una morsa infinitamente dolce.
"È anche il colore preferito di tuo padre" mormora, soprappensiero, senza badare al verso di disgusto che John ha simulato in risposta.
Julian sgrana gli occhi, incredulo, e Paul può quasi leggervi tutta la voglia che ha di piacere a suo padre, e quanto quel piccolo paragone lo renda felice.
Così non è per niente sorpreso quando il bambino si alza in piedi per correre verso John e posargli il camioncino verde sulle ginocchia. "Trasporta felicità" spiega innocentemente Julian, abbracciando una delle gambe del padre.
John gli accarezza distrattamente la testa, con un vago sorriso, "Jules, sono le dieci e mezza, non è ora di andare a letto?" mormora, senza degnarlo di una risposta.
"Ancora un altro po' papà, ti prego" si lamenta il bambino, strattonando la tela del pantalone di John, che si limita a scrollarselo di dosso come un insetto molesto.
"Io e zio Paul vogliamo restare soli, d'accordo? Non fare i capricci e vai a letto" sbotta, afferrando con forza il braccio di Julian e scuotendolo come una bambola di pezza.
Non è gelosia.
È solo perché, solo perché ruba tutte le attenzioni, solo perché è così candido e innocente, solo perché Paul sta giocando con lui.
Solo perché John lo invidia maledettamente tanto.


Una mano si poggia fermamente sulla sua.
"Basta, gli stai facendo male" gli sussurra Paul all'orecchio, slacciando abilmente le dita dell'uomo dal piccolo e fragile braccio di Julian.
"Credo che tuo padre volesse dire che Babbo Natale non può scendere dal camino finché resti in piedi" lo corregge Paul, con un pizzicotto affettuoso sulla guancia paffuta del bambino.
"Chi è Babbo Natale?" chiede Julian, spalancando i suoi fiduciosi occhi castani, già dimentico dell'eccesso di rabbia di suo padre.
"Cosa significa 'Chi è Babbo Natale?'" ribatte un John finalmente interessato, osservando per la prima volta suo figlio.
Per tutto quel tempo ha solo visto Julian.
Lo ha visto crescere, lo ha visto parlottare confusamente, lo ha visto ridere mentre Cynthia gli fa le boccacce.
Non lo ha mai osservato, ecco.
Non gli ha preso la mano per aiutarlo a muovere i primi passi, non lo ha ascoltato pronunciare la sua prima parola, non è mai stato lui a farlo ridere.


Julian resta in silenzio, intimidito dal tono quasi accusatorio di suo padre.
Suo figlio ha paura di lui.
John sospira, inginocchiandosi davanti al bambino e carezzandogli le guance e i capelli, "Come fai a non sapere chi sia Babbo Natale?".
"Non lo so, papà" sussurra sommessamente Julian, chinando gli occhi e disegnando con il piede destro dei piccoli semicerchi.
"Tua madre non te lo ha mai spiegato?" gli occhi di John si riempiono di lacrime, "Io non te lo ho mai spiegato?", ripete, stringendo confusamente a sé il corpo fragile di Julian.
"Scusami, papà" mormora quest'ultimo, stringendo le braccia sottili intorno al collo del padre.
"No, Jules, accidenti. Io devo chiederti scusa. Io-"
John ravvia ossessivamente i capelli lisci e chiari del bambino, come se con quel gesto potesse compensare tutti gli anni in cui gli sono mancate la sue cure, "Vado a prendere una cosa, d'accordo? Tu aspettami qui", balbetta, alzandosi improvvisamente in piedi.
"Ti accompagno" interviene Paul, alzandosi in piedi e stiracchiando le membra intorpidite.
John annuisce, camminando a lunghe falcate verso la biblioteca, quasi correndo.
Ha appena il tempo di entrarvi che Paul lo afferra per i fianchi, stringendolo a sé e baciandolo con dolcezza.
"E questo?" chiede John, con un sorriso piacevolmente sorpreso.
"Era un bacio, amore" lo punzecchia Paul, poggiando la fronte contro la sua.
"Intendevo, a cosa era dovuto?" riformula pazientemente il compagno, poggiando le mani sulle spalle di Paul.
"Al fatto che ti amo da impazzire, e che eri così bello con tuo figlio fra le braccia, ahh!" esclama l'altro, tempestandogli il viso di piccoli baci.
"Ehi, datti una calmata" ridacchia John, scostandosi da Paul per recuperare dalla sua scrivania una palla di neve.
"È l'amore che mi fa uscire fuori di testa, Lennon" ribatte allegramente Paul, seguendolo lungo il corridoio.


"Vieni qui, Jules" chiama John, sedendosi nuovamente sulla poltrona, con Paul appoggiato sul bracciolo.
Julian si affretta a correre verso il padre, sedendosi davanti a lui.
"Vieni in braccio a me, ti va?" chiede John, quasi timoroso di un rifiuto.
Il viso del bambino si illumina di un sorriso radioso mentre si arrampica velocemente sulle ginocchia del padre, come se temesse che possa cambiare idea.
Si accoccola contro il petto di John, orgoglioso come un re, guardando Paul con un'espressione che sembra urlare "Guardami, zio! Sono sulle ginocchia di papà".
John gli mostra la palla di neve, nella quale troneggia la miniatura di un uomo vestito di rosso, con un sacco di doni sulle spalle, "Ecco Jules, lui è Babbo Natale".
"Non mi piace, è vecchio" è il commento apatico di Julian.
"Stai attento, potrebbe metterti nella lista dei cattivi per questo" sussurra Paul, con la voce più bassa e minacciosa che gli riesce di fare.
Gli occhi di Julian si spalancano, atterriti, "E cosa succede poi?".
John rifila una gomitata di rimprovero fra le costole del compagno, "È una lista in cui finisce solo lo zio Paul, non preoccuparti" commenta con un sorriso, godendosi la risata cristallina di Paul che esplode nella stanza.
"Non ho capito, papà, cosa fa di preciso Babbo Natale?" chiede Julian, evidentemente confuso da quello scambio di battute.
"Porta dei regali ai bambini buoni, su una slitta magica che fa il giro del mondo in una notte" afferma John, enfatizzando il discorso con ampi movimenti delle mani.
"Una slitta che vola, sai? E poi si cala dai camini" aggiunge Paul, facendo sgranare ancora di più gli occhioni di Julian.
"Esatto, e casa sua è al Polo Nord, dove costruisce i giocattoli con l'aiuto dei suoi elfi" prosegue John, agitando la palla di vetro per mostrare a Julian i fiocchi di neve che cadono in quel piccolo e perfetto micro universo, "Lì fa un sacco di freddo, e nevica sempre. Ecco perché è vestito in modo così pesante".
"E perché proprio di rosso?", gli occhi di Julian sono fissi sulla palla di neve, incantati.
John si gratta appena la testa, imbarazzato, "Beh, a dir la verità non lo so. Ma il rosso è il colore del Natale, forse è per questo" si giustifica, guardando interrogativamente l'uomo accanto a lui, in cerca di aiuto.
"Babbo Natale all'inizio si vestiva di verde, Jules, sai?" interviene Paul, con una dolcezza che fa brillare gli occhi di John.
"Oh, e poi perché ha cambiato? Mi piace tanto il verde" si cruccia Julian, incrociando le braccia.
"Forse si era stancato, non può vestirsi sempre dello stesso colore, non trovi?" interviene John, poggiando la guancia contro quella liscia e morbida del bambino.
"Io mi vestirei sempre di verde" si giustifica Julian, con un'occhiata in tralice all'uomo nella palla di vetro.
"Piccolo bugiardo" lo accusa scherzosamente John, pungolandogli la pancia con l'indice, "Il tuo maglione mi sembra blu, non trovi, Paul?"
"È decisamente blu", concorda quest'ultimo, osservando Julian ridere e contorcersi per il solletico con un sorriso sereno.
John sembra così felice, in quel momento, e gli sembra più bello di quanto sia mai stato.
Forse è la magia del Natale, o roba del genere.
"Papà?" chiama timidamente Julian, "Credi che Babbo Natale mi porterà qualcosa?" chiede, incredibilmente serio.
John sorride "Certo, Jules. Ti porterà il regalo più bello di tutti".
Il bambino ricambia il sorriso, abbandonandosi contro il suo corpo e sbadigliando sonoramente.
"Vuoi andare a dormire?" domanda premurosamente Paul, con una carezza sul viso stanco del piccolo.
Julian annuisce, strofinandosi gli occhi con il pugno chiuso, e tende le braccia verso Paul perché lo prenda in braccio.
"Lascia, faccio io" mormora John al compagno, sollevando il corpicino del bambino.
Julian è esile e leggero, e sembra così fragile fra le sue mani che il cuore di John si rattrappisce alla sola idea di quello che il mondo là fuori potrebbe fare a un bambino come lui.
Ecco perché esistono i papà, realizza in quel momento, per proteggere la fragilità dei loro figli.

C'è ancora bisogno, a questo mondo, di gente che sappia essere fragile.
Infila lentamente il pigiama a Julian, che asseconda i suoi movimenti, troppo stanco anche solo per parlare.
"Papà, secondo te sto sognando?" chiede all'improvviso, mentre il padre lo aiuta a sdraiarsi nel letto.
"No, pulce. Non stavolta" ride John, tirandogli le coperte fino al mento e rimboccandole goffamente.
"Quindi domani mi vorrai ancora bene?"
John si ferma, osservando attentamente gli occhi spaventati di suo figlio.
"Io ti vorrò sempre bene, Jules" promette, baciandogli con dolcezza la fronte.
Julian sorride, rassicurato, voltandosi di lato e chiudendo finalmente gli occhi.
John resta per qualche secondo a guardare il suo petto abbassarsi e alzarsi lentamente, al ritmo lieve del suo respiro, e si lascia pervadere dalla semplice felicità di essere lì, in quel momento.
Si alza faticosamente in piedi, spegnendo la luce e chiudendosi la porta alle spalle.
Paul è appoggiato al muro, con il camioncino verde di Julian fra le mani, "Allora è vero che trasporta felicità" mormora, rivolgendogli uno sguardo complice.
John gli stampa un breve e dolce bacio sulle labbra, "Grazie. Sei stato fantastico stasera" sibila contro l'orecchio del compagno, stringendolo in un abbraccio senza tempo.
"Tu sei stato fantastico, John" lo corregge Paul, accarezzando teneramente i capelli ramati dell'altro.
"Non so come farei senza di te, davvero" confessa John, scatenando una tempesta nel cuore dell'amante.
Mai un naufrago fu più felice.
"Non ti permetterò di scoprirlo, Lennon" ribatte dolcemente Paul, con un sorriso che vuole essere una promessa.
"So che dovresti tornare a casa, ma mi aiuteresti a mettere i regali sotto l'albero? È l'ultimo favore che ti chiedo" supplica John, prendendogli la mano e trascinandolo in salotto con lui, senza neanche aspettare una risposta.
Non che ce ne fosse bisogno, in effetti.
"Beh, dove li hai nascosti?" chiede Paul, guardandosi intorno.
"Ecco, è questo il problema" spiega John, arrossendo vistosamente "Non me lo ricordo".
Rimangono in silenzio per una manciata di secondi, poi Paul scoppia a ridere, tappandosi la bocca con la mano per non svegliare Julian.
"Smettila, McCartney" sibila John, dandogli una leggera spinta, "Aiutami a cercare".
"D'accordo, d'accordo" riesce a mormorare Paul fra le risate, iniziando a rovistare nel salotto.
"Dannazione, sono certo di averlo messo da qualche parte su questo piano" sbotta John, spazientito, uscendo dalla stanza per cercare altrove.
Paul scuote la testa, sorridendo.
Trova il lato distratto del compagno maledettamente adorabile, così come ogni suo singolo difetto.
In effetti, se dovessero chiedergli qualcosa che non gli piace di John si troverebbe in grave difficoltà nel rispondere.

Non potrò mai amarlo abbastanza” varrebbe?
"Puoi smettere di cercare, lo ho trovato" sussurra una voce alle sue spalle, distogliendolo dai propri pensieri, mentre una mano gli sfiora dolcemente il fianco destro.
"Dove lo avevi nascosto? Sai, per curiosità" ridacchia Paul, voltandosi per incontrare il viso stanco ma felice di John.
"Non ci crederai mai, ma lo avevo infilato nel forno".
Ridono insieme, e niente in quel momento sembra più perfetto.
"Cosa gli hai regalato?" chiede Paul, cercando di frenare le risate e asciugandosi le lacrime che si sono incastrate fra le ciglia.
John rivela l'oggetto che ha tenuto nascosto dietro la schiena per tutto quel tempo, mormorando un imbarazzato, "Non sono certo possa piacergli".
Paul resta a bocca aperta, osservando il regalo di Julian in ogni singolo dettaglio.

"John, ma è una chitarra".
L'altro ridacchia, a disagio, "Beh, a meno che non mi abbiano truffato, dovrebbe esserlo".
"Ma non è un po' troppo presto? Voglio dire, è fantastica, ma Jules è così piccolo" riesce a mormorare Paul, ancora sconvolto.
John sbuffa, "Mi sembra di sentire Cynthia. È di mio figlio che stai parlando, McCartney, ce l'ha nel sangue".
"Scusa, hai ragione, la adorerà" afferma allora Paul, rivolgendo uno sguardo quasi paterno all'amante.

E lo pensa davvero.
"Ecco, ora invece mi sembri Mimi" si lamenta John, alzando teatralmente gli occhi al cielo fra le proteste accorate dell'altro.
"Ero serio, John" borbotta Paul, rifilando al compagno una gomitata stizzita, "Gli piacerà da matti".
John sorride appena, "Cynthia non è d'accordo, dice che il mondo della musica è troppo spietato e roba del genere", e sembra incupirsi quando mormora, "Credo non voglia che Julian diventi come me, tutto qui".
Paul sospira, accogliendo il corpo di John fra le braccia, "Se diventasse come te sarei fiero di lui, amore".
"Resta qui, stanotte" mormora John contro la sua spalla, rafforzando quell'abbraccio come a spiegare quanto sembri vuoto il mondo, senza l'altro al suo fianco.
Paul si lascia cullare dalla voce e dalle braccia di John, e non c'è davvero nessun altro posto in cui vorrebbe essere.
"D'accordo" acconsente infine, sciogliendosi dall'abbraccio per lasciargli un lieve bacio sulle labbra, "Ma voglio anch'io un regalo di Natale, Lennon".
John ride, gettandosi sul divano e trascinando Paul accanto a lui, "Non essere sfacciato, i regali si scartano domani".
Paul si limita a sbuffare, togliendosi le scarpe e lanciandole davanti a sé per poi stendersi sul divano, con gli occhi persi fra le fiamme del camino.
"Sai, Johnny, non lo voglio il tuo stupido regalo. Non c'è davvero nulla di più che potrei desiderare, adesso" mormora con un sorriso, stringendosi contro il divano per lasciare spazio all'altro.
John gli cinge il fianco con un braccio, mentre Paul si rannicchia contro il suo petto, assurdamente felice.
"Sai, Paul, quel camioncino glielo ho regalato per il suo terzo compleanno, me lo ricordo benissimo" sussurra John, con gli occhi rivolti verso il camino.
"Lo ho preso proprio perché era verde, ho pensato subito a Jules quando lo ho visto" si interrompe, con la voce spezzata "Io non sono bravo a dimostrare le cose, e forse potrò scordarmi le chitarre nei forni, ma amo mio figlio. Ricordo tutto di lui, te lo giuro".
Le dita di Paul disegnano arabeschi distratti sul petto di John, per cercare di calmarlo, "Lo so, e lo sa anche Julian" lo rassicura, "È un bambino intelligente".
"Spero sia vero che quel maledetto camioncino trasporti felicità, perché io non credo di essere in grado di dargliene" borbotta John, con un velo di malinconia impigliato fra gli occhi.
"A me sembra funzioni" ribatte dolcemente Paul, sollevandosi per fare sue le labbra dell'amante, in una danza pagana e meravigliosa.
John si abbandona al tocco di Paul, finalmente calmo, "Ti amo" mormora, stringendolo più forte a sé e sfiorando i suoi capelli con un bacio leggero.
"Anche io ti amo" ribadisce Paul, prendendogli la mano e intrecciando le dita in quelle di John.
Sorridono.
Si sta così bene.


Quel mattino Julian si sveglia insolitamente presto.
Infila diligentemente le enormi ciabatte azzurre a forma di cagnolino, correndo poi giù per le scale.
Sta quasi per urlare e richiamare suo padre per ricordargli che è proprio Natale, quando lo vede, lì addormentato sul divano, con Paul fra le braccia.
Julian recupera dalla poltrona una coperta, posandola delicatamente sulle gambe intrecciate dei due uomini.
Esita un attimo, prima di sollevare le loro mani unite per posarvi al di sotto il suo giocattolo preferito.

E forse lui è troppo piccolo per capire un sacco di cose, e forse il camioncino verde non porterà la felicità, ma sarà sicuramente più utile di Babbo Natale.
Un uomo vestito di rosso che scende da un camino per portare regali ai bambini buoni.
Julian scuote la testa, paziente.
Certo che sono proprio strani, i grandi.




Writer's corner


Innanzitutto, come ho già ripetuto nella dedica, voglio dire un enorme “Grazie” a paulmccartneyismylove, che ha aspettato pazientemente che questa storia prendesse vita.
Una storia che è stata complicata da scrivere, lo ammetto, e su cui ho dovuto lavorare molto.
Il fluff non è propriamente il genere a cui sono abituata, e ho paura che il tutto risulti un po' troppo banale.
La mia ancora di salvezza è stata Jules, che ha contribuito nel dare una nota lievemente più importante alla narrazione.
Il rapporto fra lui e John mi ha sempre affascinato, e forse questa storia nasce proprio dalla voglia di dare a John una seconda possibilità.
Credo amasse davvero molto suo figlio, ma purtroppo non era in grado di dimostrarlo, perchè significava ammettere di essere fragile.
Per quanto riguarda i dialoghi, neanche quelli sono stati facili da scrivere, data la mia incapacità di far interagire più personaggi insieme, e soprattutto nel dar voce a John ho sempre qualche problema.
Come avrete notato cambia spesso discorso, e succede puntualmente ogni volta che deve parlare di sentimenti.
Ognuno lo interpreti a suo modo.

 

Un bacio, e buone feste a tutti!

  
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