!! AVVERTENZE !!
Questa storia è una sorta di
“speciale” di Hard to say I’m sorry. Se
non avete letto quella storia FINO ALLA FINE, vi sconsiglio di
proseguire nella
lettura e vi invito a riprendere questo racconto solo quando avrete
finito di
leggere.
Per chi invece volesse leggerla come storia
“one shot”, vi ho scritto
qui sotto un breve e scarno riassunto.
Per tutti gli altri: saltate
direttamente questa parte in corsetto e il riassunto e andate alla
storia.
Noterete inoltre che ho aggiunto l’epilogo, che come vi avevo
anticipato si
colloca proprio nel mezzo della storia natalizia. Se l’avete
già letto, saltate
pure il pezzo :D
Vi avviso che essendo un racconto
è MOLTO LUNGO, quindi abbiate
pazienza ^^
Non mi resta che darvi
“appuntamento” in fondo al testo e augurarvi
BUONA
LETTURA!
BREVE RIASSUNTO
Jonathan
e Christian sono una
coppia omosessuale con alle spalle ben quindici anni di profonda e
intensa
relazione sentimentale e un figlio adottivo di quindici anni, Kyle. Dopo
un tradimento apparentemente inaspettato
da parte di Jonathan i due si separano. La loro separazione dura
all’incirca
otto mesi durante i quali si susseguono innumerevoli scontri, confronti
e
confessioni. A seguito di una tragedia sfiorata, Jonathan e Christian
si
ricongiungono per decidere insieme le sorti della loro relazione
traballante.
Decidono di restare comunque separati, per poter vivere per la prima
volta da
esseri singoli e non come coppia, per imparare a conoscere se stessi.
Ammettono
però di essere ancora profondamente innamorati
l’uno dell’altro, riconoscendo
l’importanza reciproca nelle proprie vite. Nel frattempo
Kyle, oltre a vivere
il difficile momento familiare, inizia a sperimentare le prime cotte e
le prime
esperienze adolescenziali. Si scopre innamorato di un compagno di
classe,
Anthony, quarterback della squadra di football del suo liceo. Dopo non
poche
difficoltà i due intrecciano una tenera relazione
sentimentale dalla durata
breve, dal momento che Anthony viene mandato in collegio dai genitori
che non
accettano e non comprendono la sua sessualità.
:::::::::::::::::::::::::::::::::
CHRISTMAS 2011
23 Dicembre
Christian
sta facendo colazione.
Non è seduto al tavolo, come di consueto ma sta gironzolando
per casa con la
tazza di caffellatte bollente in mano. Una moltitudine di pensieri si
affollano
nella sua testa ma nessuno di essi è sufficientemente forte
da prevalere,
facendo sì che il suo umore sia tutt’altro che
stabile. Si ferma per un momento
davanti alla portafinestra che conduce al balcone. Alza lo sguardo e
osserva il
cielo grigio e cupo che ormai aleggia sulla città da diversi
giorni. Non è
nevicato, nonostante la presenza di un aria frizzante e fresca.
Christian ha un
rapporto particolare con la neve, durante tutto l’inverno la
teme e la
maledice, perché rende impossibile tutti i suoi spostamenti,
mentre nei giorni
precedenti a Natale non può fare a meno di controllare
puntualmente attraverso
ogni porta o finestra disponibile la situazione meteorologica, sperando
ogni
volta di scorgere un fiocco, il primo piccolo e quasi invisibile fiocco
che poi
dovrà dare inizio ad una vera tempesta di neve. Adora vedere
tetti, strade e
alberi coperti di neve, gli ricordano quelle deliziose riproduzioni di
paesaggi
ottocenteschi che ogni anno ammira nelle vetrine addobbate per le feste
di New
York.
Non
ha mai avuto il coraggio di
comprare uno di quei modellini. Ha sempre temuto che se avesse iniziato
a
comprarne avrebbe dato il via ad una collezione incontenibile, essendo
ogni
piccolo paesaggio, ogni piccola riproduzione, un pezzo unico,
meraviglioso e
impossibile da lasciarsi sfuggire. Ne ha visti almeno un centinaio in
quei suoi
quindici anni a New York e crede non smetterà mai di
incantarsi a fissarli ogni
anno, rimanendo estasiato dalle luci, dai meccanismi e dai piccoli e
impeccabili particolari.
-Profumo
di biscotti allo
zenzero!
Esclama
Kyle, alle sue spalle.
Christian si gira e lo vede uscire dalla sua stanza, stiracchiandosi
come un
gatto, ancora con il pigiama addosso. Dà poi uno sguardo
all’orologio da parete
sopra il tavolo in salotto e nota con sua gran sorpresa che sono solo
le nove.
È praticamente un miracolo che Kyle si alzi ad un orario
ragionevole durante le
vacanze.
-Sì,
li ho preparati appena
sveglio.
Risponde
Christian, che infatti
ha lasciato i biscotti ancora nella teglia, posati sul piano cottura
per far sì
che riposassero e raffreddassero. Kyle si precipita in cucina ed
immediatamente
ne preleva una manciata. I biscotti allo zenzero sono un tipico dolce
natalizio
americano, che Christian ha iniziato a preparare quando Kyle era ancora
bambino, il primo Natale trascorso in sua compagnia. Avendo accolto un
grande
successo, non solo da parte di Kyle, sono immediatamente divenuti una
tradizione e Christian solitamente li prepara la vigilia di Natale.
-Pensavo
li preparassi domani!
Esclama
Kyle, in modo
incomprensibile avendo la bocca piena. Christian porta gli occhi al
cielo,
osservando l’ennesima cattiva abitudine del figlio.
-Per
favore tesoro, finisci di
masticare prima di parlare.
Lo
rimprovera, dopodiché gli
indica di mettersi a sedere, poiché le briciole dei biscotti
stanno finendo su
tutto il pavimento. Kyle mastica e ingoia il biscotto,
dopodiché si siede.
-Li
ho preparati oggi perché
domani la giornata sarà abbastanza impegnativa,
dovrò anche andare
all’aeroporto a prendere la nonna.
Risponde
Christian, mettendosi a
sedere accanto al figlio. Appoggia la tazza ormai vuota sul tavolo e
allunga una
mano per afferrare uno dei biscotti ancora intatti, a forma di omino,
al quale
stacca una gamba.
-Ehi!
Esclama
Kyle gelosamente,
allontanando ciò che rimane del biscotto e rivolgendo a
Christian uno sguardo
che dovrebbe essere minaccioso mentre il realtà sembra
soltanto buffo.
-Che
c’è? Li ho preparati io,
avrò pur il diritto di assaggiare!
Ribatte
Christian, sorridendo per
l’espressione buffa e infantile del figlio.
-Non
pensavo saresti andato tu a
prendere la nonna all’aeroporto. Di solito…
Si
blocca, abbassando lo sguardo.
Christian sa bene cosa Kyle volesse dire;
di solito era Jonathan a
prendere l’auto e portare Angela a casa loro.
Era sempre stato così e infatti era capitato in
più di un’occasione che
l’arrivo di Angela e, prima che si ammalasse, di Jack fosse
una sorpresa per
Christian. Jonathan semplicemente spariva durante la vigilia o il
giorno
precedente motivando la sua assenza con qualche scusa, per poi apparire
solo un
paio d’ore più tardi in compagnia dei genitori di
Christian.
-È
giusto che ci vada io.
Ribatte
Christian, mangiando poi
il pezzo di biscotto preso da Kyle.
-Ma
lui verrà comunque a Natale.
Aggiunge
Kyle, timoroso. Utilizza
un tono tanto basso da sembrare un sussurro che Christian comunque
riesce ad
udire chiaramente.
-Kyle,
lo sai che questo Natale
sarà un po’ diverso.
Kyle
annuisce, abbassando lo
sguardo. Christian si alza, si avvicina di più al figlio e
gli passa una mano
tra i capelli, scompigliandoglieli ulteriormente.
-Ci
sarà qualche cambiamento ma
sarà comunque un bel Natale. Vado a prepararti un
caffellatte.
Va’
in cucina, apre il
frigorifero ed estrae il cartone del latte, versa un po’ del
contenuto nel
pentolino lasciato sul fuoco e utilizzato da lui poco prima, accende il
fornello e poi sospira. Nonostante stia cercando di restare positivo e
rilassato in presenza di Kyle, in realtà ha più
di un dubbio circa le festività
di quell’anno. Non crede ad una parola di ciò che
ha appena detto a suo figlio
ed è lui probabilmente quello sentirà di
più l’assenza di tutte quelle piccole
attività di rito che ha svolto sempre con piacere negli
ultimi quindici anni.
Certo, passeranno comunque la Festa in compagnia di Jonathan ma lui ora
non c’è
e la sua assenza è impossibile da ignorare.
La
verità è che se non si fosse
buttato nella preparazione dei biscotti sarebbe impazzito. Si
è meravigliato di
se stesso per la calma mantenuta durante le ultime due settimane, dopo
aver
deciso di festeggiare il Natale con Jonathan, in casa. Avendo scelto di
proseguire il congedo e di non andare a lavorare, come da previsione,
ha avuto
molto più tempo libero a sua disposizione e i momenti nel
quali si è trovato da
solo e abbandonato ai propri pensieri sono stati molti. Fortunatamente,
fino a
quel giorno, è sempre riuscito a mantenere
integrità e compostezza. La parte
più difficile è stata sicuramente la disposizione
degli addobbi natalizi.
Si
gira e osserva l’albero di
Natale posizionato nell’angolo tra il divano e la
portafinestra. Si tratta del
solito abete artificiale da due metri, decorato con fiocchi, palline e
luci
rosse e bianche come da diversi anni a questa parte.
L’albero, insieme alla
ghirlanda collocata all’esterno sulla porta
d’ingresso, è l’unico vero simbolo
natalizio in quella casa per quell’anno. Non se
l’è sentita di tirare fuori
tutto quanto e lo stesso albero è stato addobbato in poco
meno di una ventina
di minuti, solo un paio di giorni prima.
Le
palline di neve, le candele a
forma di angelo, il centro tavola con pigne, aghi di pino e agrifoglio,
le
tovaglie e i runner rossi e tantissime altre decorazioni generalmente
riservate
al periodo di Natale sono rimaste nel solito scatolone bianco, nel
ripiano più
altro della cabina armadio etichettati con l’oramai sbiadito
pezzo di nastro da
pacco marrone sotto la scritta “Xmas”.
Aveva tentato di prenderlo, cercando di fare finta che tutto fosse
regolare,
che si trattasse di un Natale come gli altri ma non riuscendo a
raggiungere lo
scatolone senza l’aiuto di una scaletta, il suo pensiero
l’aveva immediatamente
portato a Jonathan, alla sua assenza. Era lui a posare le cose nei
ripiani più
alti, era stato lui a mettere quello scatolone in quel posto e sarebbe
stato
lui, se tutto fosse rimasto invariato, a recuperare quella scatola.
Decidendo
di ignorare quel ricordo aveva deciso di lasciar perdere, preferendo
occuparsi
esclusivamente dell’albero, riposto in cantina in un
armadietto facilmente
accessibile.
Osservare
l’ambiente così
spoglio, però, non fa che alimentare la sua tristezza e
finalmente un pensiero
inizia a prevalere su tutti quanti.
“Sarà sempre
così, ti devi abituare.”
Una
voce nella sua testa gli
suggerisce che la situazione che sta vivendo, ai suoi occhi ancora
precaria e
volta al miglioramento, diventerà permanente. Tutti i bei
momenti di festa e di
amore, di calore familiare, passati con Jonathan sono solo un bel
ricordo e ciò
che accadrà da lì ai prossimi anni
sarà solo tristezza, amarezza e desolazione.
Distoglie lo sguardo, giusto in tempo per evitare che il latte
preparato per
Kyle ormai giunto ad ebollizione strabordi dal pentolino. Si affretta a
spegnere il fuoco, recupera una tazza dallo scolapiatti e versa il
contenuto in
essa, aggiungendo poi un po’ di caffè avanzato e
lasciato nella moka elettrica.
Prima di raggiungere Kyle, però, dà uno sguardo
al proprio riflesso nella porta
di luminoso acciaio del frigorifero, dà una sistemata ai
capelli e fa del suo
meglio per mostrare un sorriso. Kyle ha già sopportato
abbastanza negli ultimi
mesi e vuole che almeno il Natale
trascorra in modo sereno.
***
Jonathan
è seduto al tavolo del
suo loft. Al centro di esso è posizionato il regalo di
Natale di Kyle, un iPad
2. Ha comprato quell’oggetto di impulso, sicuro che a Kyle
sarebbe piaciuto e
che l’avrebbe apprezzato. Ha effettuato l’acquisto
in largo anticipo, riuscendo
anche a comprare una custodia da abbinargli, nera in pelle con il
supporto da
tavolo. Per tutto il tragitto dal negozio di elettronica a casa si era
sentito
soddisfatto per il proprio acquisto in quel momento però, a
poco meno di
ventiquattro ore alla consegna del regalo, inizia ad avere dei dubbi.
Avendo
ripreso a frequentare Kyle
regolarmente, ha avuto modo di ascoltare i suoi desideri e prestare
attenzione
alle sue richieste. Kyle non è mai stato il tipo di persona
in grado di celare
i propri
desideri e
sin dall’infanzia, dopo aver preso confidenza con Christian e
lui, ha sempre
espresso a gran voce le sue preferenze. In realtà il vero e
proprio regalo è
una piccola auto utilitaria, comprata e ordinata poco dopo il
conseguimento
della patente di guida di Kyle e in consegna nel mese successivo.
Proprio
perché l’auto verrà consegnata dopo
Natale, sia lui sia Christian hanno
convenuto di prendere comunque un regalo di
Natale per Kyle per
permettergli di avere un dono da scartare, essendo
sempre stato per lui il momento dell’apertura dei regali
qualcosa di magico,
che aspetta con ansia per settimane. È però la
prima volta che Jonathan si
ritrova a dover scegliere un regalo per Kyle completamente solo. Non
è mai
stato bravo a scegliere il regalo giusto. Ha spesso paura di acquistare
qualcosa di troppo o qualcosa di eccessivamente simbolico. Per sua
fortuna ha
sempre pensato Christian ai regali, suggerendo l’alternativa
migliore. Non ha
parlato con lui del regalo per Kyle e quindi non sa cosa lui possa aver
scelto.
Ha paura che abbiano avuto la stessa idea e al tempo stesso non ha il
coraggio
di fargli una telefonata per chiedere.
Una
parte di lui lo porta a
credere che Christian non avrebbe potuto scegliere un dono tanto
costoso per
Kyle, specialmente perché attualmente ha preso una pausa dal
suo lavoro, un
congedo. Un'altra, proprio per questo motivo, gli pone il dubbio di
aver
esagerato, di aver strafatto. L’auto per Kyle è
stata di certo una spesa
importante e un piccolo pensiero sarebbe quindi stato sufficiente.
Inizia a
temere che Christian possa avergli regalato qualcosa di molto
più semplice e
teme che presentandosi con quel prodotto high-tech ed estremamente snob
possa
offenderlo o sminuirlo agli occhi di Kyle. Allunga il braccio per
afferrare la
scatola, piccola sottile ed estremamente leggera, che passa e ripassa
tra le
mani per almeno la ventesima volta nell’ultimo giorno.
Sbuffa, appoggiandola di
nuovo sul tavolo. Non ha idea di cosa fare ma è certo che la
risposta non la
troverà in quel momento, motivo per cui sceglie di nuovo di
rimandare.
Si
alza ed inizia a camminare
nervosamente lungo il salone. Il suo appartamento affaccia su Manhattan
e New
York è, come risaputo, una città assolutamente
devota alle festività. Il
periodo natalizio in particolare la città e il suo centro
più rinomato, si
addobbano a festa rendendo impossibile a chiunque dimenticare il giorno
di Natale
tra:
mercatini, addobbi,
illuminazioni,
ghirlande, alberi decorati, le numerose piste da pattinaggio, le
bancarelle che
vendono eggnogg e le vetrine dei negozi stracariche di festoni di
pacchi regali
dai colori sgargianti e non ultime musiche natalizie martellanti e
onnipresenti. Jonathan guarda ancora la città e poi il suo
appartamento,
totalmente spoglio di qualsiasi simbolo natalizio.
Tutte
le decorazioni e gli
ornamenti che ha comprato sono rimasti nell’altra casa,
nell’appartamento che
ancora ritiene suo. Per poter decorare il loft avrebbe dovuto
sceglierne e
comprarne di nuove e non ha avuto il coraggio né
l’interesse di farlo. La
procedura di decorazione è sempre stato uno dei compiti di
Christian, una delle
sue attività preferite che svolgeva con grande gioia ed
entusiasmo. Lui si
limitava ad aiutarlo qua e là, spostando oggetti o
passandogli qualche pallina
o luce. Non ha mai decorato un albero di Natale da solo, nemmeno da
ragazzo a
casa sua in Texas poiché era la servitù ad
occuparsi del gigantesco abete in
sala. Se anche decidesse di comprare un albero, non avrebbe la
benché minima
idea di come addobbarlo e finirebbe per creare un accozzaglia di cose
poco
piacevoli alla vista o addirittura lascerebbe il lavoro incompleto.
Inoltre
darebbe il via ad una nuova abitudine, abbandonando definitivamente
tutti i
riti che l’avevano accompagnato in quegli ultimi quindici
anni della sua vita.
Ha
già un suo albero, delle
palline e dei decori e non se la sente di comprarne degli altri, non
riuscirebbe mai a sentirli propri e ad affezionarvisi come ha fatto con
i
bastoncini di zucchero plastificati comprati con Christian durante il
loro
secondo Natale insieme o ancora alle tre casette di marzapane create da
Kyle
alle elementari. Sa bene che probabilmente questo suo rifiuto in
realtà è un
semplice disperato tentativo di rimandare qualcosa che potrebbe dover
affrontare l’anno successivo, ma ancora non si sente pronto e
non vuole
sentirsi tale. Sospetta però che anche Christian si trovi
nelle sue stesse
condizioni, pur avendolo trovato insolitamente tranquillo durante la
sua ultima
visita a casa. Ha notato che nonostante mancasse poco più di
una settimana a
Natale, nell’appartamento non era comparso nulla di
natalizio. Si era aspettato
almeno le palline con la neve o le tovagliette rosse sul tavolino e
sotto il
mobile della tv, generalmente le prime a comparire. Eppure, nulla.
Sicuramente
quando andrà di nuovo l’indomani
troverà tutto quanto, perché non crede che
Christian rinuncerebbe mai ai decori natalizi, se non altro per non
turbare
ulteriormente Kyle. Ha tuttavia trovato insolito quel ritardo, per
niente da
Christian.
Raggiunge
il cappotto posato un
paio di ore prima sulla spalliera del divano, allo scopo di recuperare un
pacchetto di sigarette. La tensione si sta
facendo insostenibile e avverte il forte desiderio di fumare una
sigaretta per
distendere i nervi. Nell’ultimo periodo ha ridotto
drasticamente il consumo di
sigarette, perché si è reso conto di aver
ecceduto troppo, era arrivato a
fumare più di un pacchetto e mezzo al giorno a settembre e
la sua salute
iniziava ad accusarne i colpi. Il pacchetto che trova in tasca,
infatti, ne
contiene una solamente. Non ne fuma più di quattro o cinque
al giorno e, nel
caso le finisse, cerca di non correre disperatamente verso il primo
distributore disponibile per comprarne delle altre. Dopo qualche attimo
di
contemplazione decide di chiudere il pacchetto e di riporlo di nuovo
nella
tasca nella quale l’ha trovato. Quella è la sua
ultima sigaretta per quella
giornata ed essendo solo le tre di pomeriggio preferisce conservarla
per la
sera, quando sa che i pensieri si faranno più pesanti e
più persistenti.
Riponendo il pacchetto estrae anche involontariamente un biglietto di
carta.
Si
tratta dell’invito allo
spettacolo di beneficenza di Natale realizzato da un gruppo del centro
gay e
lesbiche di New York per l’indomani, nel quale Christian
canterà. Quando ha
ricevuto l’invito, circa un paio di settimane prima, era
rimasto stupito da
quella notizia. Da veramente tantissimi anni non ha più
avuto il piacere di
sentir cantare Christian seriamente, come una volta. Escludendo le
canzoncine
cantate a Kyle, le sue capacità vocali sembravano essere
sparite per sempre.
Jonathan ha sentito spesso la mancanza di quell’elemento che
forse era stato il
primo a colpirlo in Christian, escludendo i suoi occhi. Sentirlo
cantare gli ha
sempre fatto piacere e anche in questo momento, leggendo
l’intestazione del
biglietto e pensando a Christian e alla sua voce così
particolare, il suo cuore
inizia a battere. Si sente un po’ sciocco ma temeva che un
momento del genere
non l’avrebbe mai più rivissuto e anche se le cose
sono cambiate, anche se la
situazione tra lui e Christian non è ancora delle
più rosee, sapere che canterà
e che per secondo riuscirà a riportargli alla mente
ciò che sono stati,
permettendogli un ipotetico viaggio nel tempo, lo rincuora.
***
Kyle
si trova a casa di Morgan. I
genitori della ragazza staranno fuori tutto il giorno per svolgere le
ultime
compere, il che ha permesso ai due ragazzi di trascorrere
l’intero pomeriggio
insieme bevendo cioccolata, mangiando biscotti e guardando vecchi film
natalizi
che amano da quando erano bambini come “Il Grinch”
ed “Elf”. In questo momento
sono seduti sul divano del salotto, avvolti in una copertina di pile
rossa,
Kyle da un lato e Morgan dall’altro. La loro maratona filmica
per il momento è
terminata e stanno semplicemente chiacchierando, godendosi il bel
momento di
amicizia.
-Vorrei
poter stare così tutte le
vacanze.
Esclama
Morgan sbuffando e
tirando il proprio lato della copertina fin sopra al naso.
-Non
essere sempre così tragica!
Andrai a trovare i tuoi nonni in Montana, è un bel posto per
passare il Natale.
Ci sono laghi, montagne, casette di legno…
Kyle
cerca di rincuorare l’amica,
ben poco propensa a partire.
-Anche
a New York c’è tutto
questo!
Esclama
a gran voce la ragazza,
emergendo di nuovo dalla coperta.
-A
New York è tutto costruito,
laggiù invece è molto più naturale.
Sai che ti divertirai, dai! E poi, scusa,
dopo esserti lasciata con Ethan hai detto che ti sarebbe servita una
vacanza.
Le
ricorda Kyle, stiracchiandosi.
Da diverse ore si trovano sdraiati in modo scomposto su quel divano e
le sue
articolazioni si sono completamente addormentate.
-Avrei
preferito una vacanza in
qualche posto esotico, non in uno sperduto paesino di montagna in
confine con
il Canada dove temo dovrò fare una gita! Ti ho
già detto quanto odio il Canada
e i miei cugini candesi, vero?
Kyle
annuisce. Da circa un mese
Morgan è stata informata della partenza per il Montana,
durante le vacanze di
Natale. La famiglia della madre di Morgan proviene proprio da quello
Stato e
buona parte dei parenti risiede in Canada. Morgan non ha fatto che
lamentarsi
dei suoi cugini canadesi, giorno dopo giorno nell’ultimo
periodo. Kyle non
crede realmente che tutti quanti siano così noiosi o
terribili come la ragazza
glieli ha descritti, sa bene che Morgan spesso tende ad esagerare ed
è sicuro
che quando si rivedranno, dopo Capodanno, i suoi discorsi saranno
estremamente
positivi.
-Magari
ti insegneranno un po’ di
francese, chérie.
Cerca
come sempre di mostrarle il
lato positivo di tutta quella faccenda per lei tanto scomoda ma il suo
tentativo ottiene risultati opposti, facendo alterare ancor di
più la ragazza
che lancia la coperta e balza a sedere diritta.
-Cosa?
Stai scherzando? Come loro
solito utilizzeranno i loro “fi fi fi”
e “qua
qua qua” per prendersi
gioco
di me alle mie spalle, perché sanno che non capisco nulla!
Kyle
scoppia a ridere per la
terribile imitazione dei suoni del francese di Morgan, che di risposta
assume
un’espressione indignata ed irritata.
-Pensa…
che almeno tu hai una famiglia
unita e felice che non vede l’ora di passare le feste con te.
Vuol dire molto,
sai?
Non
voleva tirar fuori un
argomento del genere, perché non era sua intenzione mettere
Morgan a disagio
eppure, non è riuscito a farne a meno.
-Oh,
Kyle…
Commenta
lei, abbandonando tutto
il suo spirito combattivo.
-Quanto
sono stupida! Non ho
fatto altro che romperti le scatole con le mie paranoie e le mie
lamentele,
raccontandoti di tutte le stupide usanze della mia famiglia quando
tu… oh,
Kyle! Scusami tanto.
Kyle
scuote il capo,
sorridendole.
-No,
nessun problema. Non l’ho detto
per farti sentire in colpa ma solo perché volevo che ti
rendessi conto che
quello che hai è prezioso.
La
ragazza annuisce. Si avvicina
di più a Kyle e gli stringe le mani, nel tentativo di
dimostrargli tutto il suo
appoggio e il suo affetto.
-Vorrei
rimanere a New York anche
per stare con te. Kyle, anche se io andrò via domani sera
sappi che ci sempre
per te, ventiquattro ore su ventiquattro! Chiamami quanto vuoi ok?
Anzi,
vediamoci già domani prima di pranzo! Staremo insieme fino
alla mia partenza,
ti va?
Kyle
scuote il capo. Ha un
impegno per quell’ora, impegno che non ha ancora comunicato a
Morgan.
-Cosa?
Perché no?
Domanda
la ragazza preoccupata.
Kyle avrebbe voluto non dirle niente, avendo deciso di tenere tutto per
sé ma
sa che prima o poi la cosa sarebbe saltata fuori così,
preparandosi per una
reazione sicuramente eccessiva da parte sua, decide di confessarle
tutto.
-Vedrò
Anthony.
Risponde,
cercando di mostrarsi
impassibile. Morgan dapprima spalanca la bocca poi stringe ancor
più forte le
mani di Kyle, iniziando ad urlare.
-Cosa?
Ma quando? Come? Perché?
Per quale motivo non me l’hai detto?
La
tempesta di domande di Morgan
travolge Kyle, che non sa come né a cosa rispondere.
-Ho
letto sulla sua pagina
Facebook che tornerà per le vacanze di Natale e…
gli ho mandato un messaggio.
Confessa,
con sincerità.
-Oh
e… cosa vorresti dirgli?
I
modi di Morgan si
ammorbidiscono e il suo tono di voce riprende una tonalità
accettabile e
non
più assordante.
-Sinceramente?
Non ne ho idea.
Credo di aver bisogno di vederlo e magari, una volta davanti a lui,
troverò le
parole.
Spiega
Kyle, facendo spallucce.
Morgan storce il naso e gli rivolge un’occhiata dubbiosa. Una
smorfia di
dissenso
pian piano si forma sul suo
viso.
-Non
credo tu possa dargli una
giustificazione valida per non esserti presentato a salutarlo.
L’affermazione
di Morgan non
offende Kyle, sa che l’amica ha ragione.
-No,
lo so. Però non posso
lasciarmi scappare l’occasione di vederlo di nuovo.
Chissà se sarà cambiato,
durante questi ultimi tre mesi.
Pensa,
sospirando.
-Mi
dovrai raccontare tutto
quanto, domani pomeriggio quando ci vedremo per salutarci. Promettimelo!
Esclama
Morgan, con tono deciso,
distogliendo Kyle dalle sue fantasie e dalle sue ipotesi. Il ragazzo le
sorride
e annuisce.
-Ci
puoi giurare!
***
Christian
ha appena raggiunto il
piccolo teatro di quartiere che ha iniziato a frequentare da circa due
mesi a
questa parte. Si tratta in realtà di una vecchia palestra
scolastica, dismessa
e ceduta ad un gruppo del centro gay e lesbiche di New York che si
occupa di
incontri ed eventi.
Christian non ha mai
frequentato quel tipo di associazioni, pur facendone parte da diversi
anni. Non
gli è mai interessato e ha sempre trovato tutto quanto un
enorme spreco di
tempo.
In
effetti con il lavoro in
università, la casa da gestire e ovviamente Kyle da seguire,
ad eccezione del
weekend non ha mai avuto troppo tempo libero a disposizione. I suoi
limitati
momenti di libertà li ha sempre trascorsi sistemando,
facendo compere o
leggendo qualche libro. Avendo deciso di non rinunciare al suo anno di
congedo,
si è ritrovato tutto d’un tratto ad avere
così tanto tempo libero a
disposizione da non saper più come impiegare tutte quelle
ore di nullafacenza.
Dopo un primo mese nel quale
ha ribaltato da
cima a fondo ogni singolo cassetto, mobile e angolo di casa occupandosi
di
riparazioni, sostituzioni e qualsiasi tipo di cambiamento utile, la
noia ha
iniziato a prendere il sopravvento. Christian non è mai
stato abituato a
restarsene con le mani in mano e sebbene si sia goduto un paio di pigre
giornate sul divano, al terzo giorno ha iniziato ad avvertire il
bisogno di
fare qualcosa, qualsiasi cosa. Così, spulciando tra la
posta, dividendo come di
consueto le lettere delle bollette da quelle della
pubblicità, gli è capitato
in mano l’ennesimo volantino di invito alla sezione del
centro gay e lesbiche
del suo quartiere. Il volantino in questione invitava ad un incontro
nel quale
si sarebbe parlato di un ipotetico spettacolo natalizio di beneficenza,
il cui
ricavato sarebbe stato da destinarsi alle “famiglie
arcobaleno” in difficoltà.
Dopo averci pensato e ripensato per un paio di giorni, aveva deciso di
partecipare all’incontro e nonostante la diffidenza iniziale,
si era trovato
bene.
Il
gruppo nel quale è entrato a
far parte non conta più di una ventina di membri,
all’attivo. Si tratta di
uomini e donne alla mano, socievoli e ben disposti ad aiutare il
prossimo. Dopo
un paio di serate nelle quali è rimasto in disparte,
limitandosi ad ascoltare i
discorsi degli altri e magari asserire di tanto in tanto, ha iniziato a
farsi
sentire, proponendo e discutendo, inserendosi quindi in modo attivo
nelle
discussioni. Si è da subito interessato
all’organizzazione dello spettacolo di
beneficienza natalizio, offrendo i suoi consigli di artista e di amante
della
musica e delle arti visive. Inizialmente non intendeva partecipare
direttamente
allo spettacolo, voleva che il suo contributo rimanesse dietro alle
quinte. Non
cantava da ormai diversi anni e l’idea di farlo di nuovo lo
imbarazzava.
Successivamente però, a seguito di alcune assenze durante le
prove, si era
trovato a sostituire alcune voci del coro. Le sue capacità
canore erano state
da subito notate da diversi membri del gruppo che l’avevano
spinto a farsi
sentire meglio, a provare un pezzo da solista. Il risultato
è stato che da
semplice sostituto di un corista, è diventato la voce
principale dell’intero
spettacolo.
Christian
entra nel locale, notando che quasi
tutto il gruppo è già arrivato e pronto a
sostenere l’ultima prova prima della
grande serata. Il teatro è piuttosto spazioso, i posti a
sedere sono
all’incirca trecento e l’ambiente in generale
possiede un’aria moderna e
fresca. Non si tratta di uno di quei vecchi teatri polverosi che spesso
si
trovano nei quartieri periferici delle grandi città.
Christian si sente
sorprendentemente a suo agio in quel posto e sorride,
nell’osservare il
montaggio delle scenografie sul palco. Velocizza il passo e raggiunge
subito il
gruppo, per rendersi utile.
-Già
all’opera?
Chiede,
presentandosi. Tutti i
presenti lo salutano ma il primo a rivolgergli la parola è
Lamar, l’effettivo
leader del gruppo, nonché presidente del distaccamento del
quartiere.
-Certo!
Tu sei la nostra star e
puoi farti attendere ma noi altri dobbiamo rimboccarci le maniche!
Christian
sorride. Non è la prima
volta che Lamar lo definisce “la star”, sa che sta
scherzando e ribatte quindi
a tono.
-Se
le cose stanno così allora
posso anche sedermi e aspettare di essere richiesto in scena!
Pronuncia
la frase utilizzando un
parlata finto-snob, dopodiché si siede su di una delle
poltroncine in prima
fila a gambe accavallate e sospira.
-Mi
spiace deluderti, Lana Turner,
ma questo è solo uno spettacolo di quartiere, quindi alza le
tue chiappette
snob e va’ dietro le quinte a prendere un pannello.
Christian
scoppia a ridere
dopodiché si alza e si dà da fare. Tra lui e
Lamar si è creato un bel rapporto
di amicizia e di complicità, nonostante si conoscano da
pochi mesi e i loro
incontri si limitino ad un paio di sere a settimana, in quel teatro.
È stato la
prima persona a presentarsi a lui, a rivolgergli la parola e in un
certo senso
ad introdurlo nel gruppo. Il gruppo del centro, infatti, è
piuttosto compatto e
quasi tutti i membri si conoscono da diversi anni. Christian temeva che
sarebbe
stato difficile introdursi tra di loro ma grazie a Lamar e alle sue
battute
rompighiaccio, non ha avuto troppe difficoltà ed
è stato accettato quasi subito
da tutti quanti.
Lamar
è un uomo di circa
quarant’anni piuttosto avvenente, di etnia afroamericana e
parecchio alto, con
capelli castani e profondi occhi nocciola. Ha un fisico curato e
probabilmente
frequenta spesso la palestra. Non è solo un
bell’uomo ma anche e soprattutto
una brava persona. In qualità di presidente del
distaccamento di quartiere da
più di una decina d’anni, si è sempre
impegnato per aiutare la sua comunità. Ha
spesso organizzato raccolte di beneficienza e incontri per adolescenti
alle prese
con l’accettazione della propria identità
sessuale. Inoltre gestisce e redige
un piccolo giornale semestrale che spedisce tramite posta a tutti i
soci dell’associazione,
una testata gratuita che chiede in cambio solo una piccola offerta
libera per
aiutare nella gestione del centro.
-Aspetta,
Maggie, lascia fare a
me!
Esclama,
correndo in soccorso
della donna. Margareth, detta Maggie, è un altro membro del
gruppo e si occupa
in particolare delle ragazze più giovani del centro.
È una donna socievole, sulla
cinquantina, una persona gentile e dall’innegabile aria
materna. Non per niente
vanta una prole di ben quattro figli.
-Oh,
grazie Christian, sei un
tesoro!
Christian
la aiuta a sollevare il
pannello e a posizionarlo sul palco.
-Sono
venuti bene, non pensi?
Domanda,
osservando l’ultimo
pezzo dello scenario. Si tratta di alcune sagome stilizzate della
città di New
York che ha personalmente disegnato e dipinto.
-C’è
forse una cosa che non sai
fare, Christian?
Chiede
Maggie, sorridendogli.
-Veramente
ce ne sono parecchie
ma… grazie per il complimento!
Il
tempo di contemplazione è però
molto breve, infatti Lamar chiama presto tutti i partecipanti allo
spettacolo
per cominciare a provare.
Le
prove durano complessivamente
un paio d’ore, dopodiché tutti quanti si
apprestano a sistemare, dopo aver
portato a termine gli ultimi preparativi. Il centro rapidamente si
svuota, gli
ultimi a rimanere sono Lamar, Maggie, Barbara che ha il ruolo di
vicepresidente
e ovviamente Christian.
-Bene
ragazzi, direi che possiamo
anche tornarcene a casa!
Esclama
Lamar, spegnendo le luci
a riflettore del palco e tirando le tende del sipario.
-Meno
male! Ho già visto sul mio
cellulare un paio di chiamate perse da parte dei miei figli e di mia
moglie,
spero che non abbiano dato fuoco alla casa in mia assenza!
Esclama
Maggie, riponendo il
cellulare nella propria borsa.
-Immagino
non sia facile
occuparsi di così tante persone. Io ho un solo ragazzo,
già abbastanza grande,
che comunque a volte fa per tre.
Commenta
Christian, pensando a
Kyle.
-Lo
stesso vale anche per mia
figlia Jessica! La sua adolescenza sa essere una vera sfida, il
più delle
volte. Pensate che ho dovuto quasi litigarci per convincerla a venire
allo
spettacolo domani sera! Porterete anche voi le vostre famiglie?
Domanda
Barbara. Maggie annuisce
immediatamente e cerca di ribattere ma Lamar la precede, inserendosi
nel
discorso.
-Verrà
anche la tua famiglia,
Christian? Potremmo finalmente fare la loro conoscenza?
Domanda,
raggiungendo il gruppo.
-Ci
sarà mio figlio ovviamente e
mio… marito.
Esita,
prima di pronunciare la
parola “marito”. Nonostante la sua situazione
complicata con Jonathan e la loro
attuale separazione, sono ancora legalmente sposati e quindi
è, a conti fatti,
ancora suo marito. È la prima volta in due mesi che si trova
dover affrontare
l’argomento. Presentandosi il primo giorno ha dichiarato di
far parte di una
famiglia lgbt ma non hai mai parlato nello specifico della sua
situazione
familiare.
-Oh,
verrà anche mia madre dalla
California per le feste e naturalmente la porterò qui!
Aggiunge,
facendo il possibile
per mascherare il suo attimo di difficoltà, sperando che
nessuno si sia accorto
della sua esitazione.
-Wow,
una persona che verrà così
da lontano per vedere il nostro spettacolo!
Esclama
Maggie, con entusiasmo.
-Tu
Lamar, porterai qualcuno
della tua famiglia?
Domanda
Christian,
spontaneamente. Anche Lamar non parla mai della propria situazione
familiare e
Christian si è chiesto più volte se avesse
qualcuno a casa ad aspettarlo.
-No,
sfortunatamente dovrete
accontentarvi solo della mia presenza.
Risponde,
frettolosamente.
Dopodiché tutti quanti si salutano e ognuno prendere
direzioni differenti, per
raggiungere auto o mezzi pubblici. Christian prima di mettere in moto
dà un
ultimo sguardo alla struttura nella quale è collocato il
centro. Gli era
capitato diverse volte di passarvi davanti nel corso degli ultimi anni
ma mai
pensava che ci avrebbe messo piede per davvero. In realtà
deve molto a quel
posto e al suo nuovo gruppo di amici, poiché se non fosse
stato per la loro
presenza e per quei due impegni settimanali, probabilmente sarebbe
caduto nello
sconforto, sempre intento a pensare alla sua situazione controversa.
24 Dicembre
-Mamma!
Christian
cerca di attirare
l’attenzione di sua madre, che è appena comparsa
dal gate. La donna si guarda
attorno cercando di capire da dove provenga la sua voce
dopodiché, una volta
riconosciuto il viso del figlio tra la folla, sorride e lo raggiunge.
-Chris!
Esclama
Angela, abbandonando a
terra il trolley per poter abbracciare con forza il figlio.
L’abbraccio dura
almeno un minuto, un abbraccio intenso del quale entrambi sembrano aver
bisogno.
-Com’è
stato il viaggio?
Domanda
poi Christian,
affrettandosi a recuperare la valigia della madre.
-Chiassoso
ma… senza intoppi!
Risponde
lei, continuando a
sorridergli. I due non si vedono da luglio, dal funerale del padre di
Christian, Jack. Angela nonostante sia ormai vicina alla settantina
conserva
ancora tutta la sua bellezza e tutto il suo fascino. Nonostante le
numerose ore
di viaggio è vestita e truccata in modo impeccabile,
sfoggiando come sempre un
brillante rossetto rosso e una delle tante spille tempestate di
brillantini tra
i capelli impiegata per fermare un elegante chignon. Christian ha
sempre
invidiato l’eleganza naturale di sua madre, dote che sa
purtroppo di non aver
ereditato.
-Mi
ero dimenticato di quanto
fosse affollato il JFK durante le feste.
Commenta
Christian, iniziando ad
incamminarsi verso l’uscita e invitando la madre a seguirlo.
In effetti l’aeroporto
è ancor più popolato del solito, schiere di
persone partono e tornano senza
sosta. L’aria festiva di New York, inoltre, non si
è certo dimenticata di
fermarsi nel suo aeroporto principale: lunghe ghirlande di aghi di pino
adornano i tornelli dei gate e delle maestose installazioni luminose
scendono
dal soffitto riempiendo l’ambiente con una calda luce dorata,
per non parlare
delle melodie natalizie, riprodotte senza sosta dagli altoparlanti tra
un
annuncio e l’altro.
-Anche
io. Non vengo a New York a
Natale da un paio di anni.
Commenta
Angela, salendo
sull’auto di Christian. Prima di mettere piede
nell’abitacolo scruta tutto il
veicolo, con interesse. Non è mai salita sulla sua auto e
anzi, da quanto possa ricordarsi, non è mai
salita a bordo di una qualsiasi auto guidata da Christian.
-Non
è esattamente quello a cui
ti sei abituata, vero?
Domanda
lui, accortosi
dell’esitazione della madre. La sua auto, a differenza di
quella di Jonathan
sulla quale Angela era abituata salire, è molto
più piccola. Si tratta di un
modello di Toyota Corolla, comprata almeno tre anni prima, un veicolo
comodo e
pratico che Christian riesce a parcheggiare senza difficoltà
anche nei più
stretti posteggi del centro.
-Non
l’avevo mai vista la tua
auto, tutto qui.
Spiega
Angela, sperando di non
sconvolgere ulteriormente il figlio.
Christian
non ribatte e mette in
moto l’auto. Il tragitto dall’aeroporto a casa
è di all’incirca tre quarti
d’ora. Nonostante sia la vigilia di Natale, sono solo le nove
di mattina e
buona parte dei negozi aprirà non prima delle dieci,
ritardando quindi
l’affollarsi di compratori dell’ultimo minuto.
Christian ha comprato i propri
regali di Natale in anticipo, come suo solito, per aver la
possibilità di
scegliere con tutta calma e soprattutto per assicurarsi che ogni dono
scelto
fosse ancora disponibile.
-Kyle,
c’è la nonna!
Esclama
Christian entrando in
casa e aspettando che sua madre entri a sua volta, prima di portar
dentro la
valigia e chiudere la porta. Nessuna risposta.
-Kyle?!
Lo
chiama nuovamente, alzando il
tono di voce. Immediatamente si precipita nella sua stanza per cercarlo
ma non
lo trova. Non è nemmeno in bagno, né in cucina.
Christian inizia a
preoccuparsi, non essendo stato informato di una sua eventuale uscita.
-Vorrei
proprio sapere che fine
abbia fatto quel ragazzo!
Esclama
poi, in uno stato d’animo
misto tra la collera e la preoccupazione. Angela si guarda attorno,
dopodiché
nota un biglietto bianco sul tavolo della sala da pranzo, lo afferra e
lo
legge.
-“Sono
uscito per alcuni acquisti,
torno per l’ora di pranzo. Kyle”
Legge
ad alta voce, permettendo
quindi anche a Christian di venire a conoscenza del contenuto del
biglietto.
-Oh,
bene! Con tutti i mezzi che
la tecnologia offre al giorno d’oggi mi lascia due righe sul
tavolo, senza
avermi neanche anticipato nulla!
Borbotta
Christian, infastidito.
Angela posa il biglietto sul tavolo e sorride, divertita
dall’eccessivo momento
di collera del figlio.
-Oh,
Chris! Tu con me hai fatto
anche peggio.
Commenta,
difendendo il
comportamento di Kyle. Christian aggrotta la fronte e le rivolge uno
sguardo
stupito.
-Vuoi
giustificarlo? Ma dai!
Sapeva che saresti arrivata e non si è neanche fermato per
salutarti. Io di
certo non l’ho educato così.
Ribatte.
Dopodiché prende la
valigia di sua madre, lasciata davanti all’ingresso, per
portarla in camera di
Kyle, dove Angela dormirà durante il suo periodo di
permanenza.
-Gli
avevo anche chiesto di
rifare il letto e dare una sistemata! Qui dentro sembra essere esplosa
una
bomba!
La
cameretta di Kyle infatti è
completamente sottosopra. Il pavimento e la sedia della scrivania sono
coperte
di vestiti, il letto è sfatto e le coperte sono
appallottolate ai piedi di
esso. Per non parlare di libri e fogli pasticciati su qualsiasi
superficie
disponibile. Christian per poco non calpesta la tavoletta grafica di
Kyle, nel
tentativo di fare un po’ d’ordine.
-Anche
io lasciavo la camera in
questo stato, mamma?
Domanda
con soddisfazione alla
madre, invitandola ad osservare lo scenario ben poco piacevole. Angela
scuote
il capo.
-Eri
abbastanza ordinato, anche
se di sicuro non eri affatto il perfettino rompiscatole che sei adesso.
Christian
ignora l’appunto della
madre e continua a sistemare, per quanto possibile.
-È
colpa sua se è così
disordinato.
Commenta
iniziando a ricomporre
il letto sfatto, dà le spalle a sua madre, ancora sulla
soglia della stanza.
-Di
Jonathan, intendo. Lui non
gli ha mai detto nulla da bambino per tutti i… lego, action
man e macchinine
varie che lasciava in giro per casa e in cameretta. Anzi, ha
sempre sminuito i miei rimproveri davanti
a lui dicendo che era un bambino e che era giusto che a queste cose non
ci
pensasse. Bell’insegnamento!
Angela
entra nella stanza. Posa
una mano sulla spalla del figlio, invitandolo a girarsi. Gli rivolge
uno sguardo
tenero, di comprensione.
-Va’
ancora così male?
Chiede
poi, sedendosi sul letto
ancora mezzo sfatto e suggerisce al figlio di accomodarsi accanto a
lei,
picchiettando il materasso con le dita.
-Non
va in nessun modo, a dirti
la verità.
Confessa,
sedendosi.
-Viene
qui spesso: cena con noi,
si ferma a vedere dei telefilm con Kyle e lo aiuta con i compiti di
matematica.
Si
blocca, davanti ad un risolino
della madre.
-Sì,
è negato in matematica come
me. Comunque… è tutto così meccanico,
così impersonale. Non abbiamo fatto dei
grandi progressi anzi, non ne abbiamo fatto nessuno.
Conclude,
abbassando lo sguardo
ed iniziando a giocherellare nervosamente con le dita.
-Sono
passati solo tre mesi, ci
vuole tempo per rimarginare certe ferite.
Angela
cerca di consolarlo ma
Christian scuote il capo.
-Forse
è una di quelle ferite
destinate a non rimarginarsi mai, forse più che una
guarigione questa è una
lenta e dissanguante agonia.
Le
sue parole sono forti, cariche
di sconforto e pessimismo. Il pensiero appena espresso però
non è nuovo, ha
formulato quell’ipotesi, quella metafora, già da
diverso tempo riflettendo
circa le possibilità di recupero del suo rapporto con
Jonathan. È
però la prima
volta che riesce a confessarlo
a qualcuno ad alta voce e avverte un colpo al cuore nel sentire il
proprio
pensiero prendere forma.
-Lo
sarà, se non comincerai ad
agire e fare qualcosa di concreto.
Conferma
Angela, spiazzandolo.
Christian si aspettava una risposta totalmente diversa dalla madre,
rincuorante
magari. Sentirla confermare quanto ha appena espresso lo disorienta.
Alza lo
sguardo e la scruta, confuso.
-Non
credere che non mi sia
accorta di quanto sia triste e deprimente questo posto! Insomma, caro,
te
l’hanno detto che è Natale? Dove sono le palline
di neve? I centrotavola rossi,
il portacandele dorato, la ghirlanda attorno alle mensole del
televisore?
Christian
cerca di aprir bocca
per spiegarsi ma Angela continua a parlare.
-Questo
appartamento è sempre
sembrato un’assurda versione della casa di Babbo Natale! Non
vedo nulla che mi
ricordi che è Natale, tranne quell’alberino
striminzito messo in castigo in un
angolo!
Si
sporge per indicare l’albero
di Natale in salotto.
-È
che…
Ancora
una volta Christian cerca
di spiegarsi ma Angela glielo impedisce, si alza addirittura dal letto.
-Lo
vedi? Vuoi che le cose
tornino come prima? Fa’ quello che hai sempre fatto: tira
fuori tutto quanto e
addobba, decora, canta canzoni, fai festa! Anzi, facciamo festa, tutti
quanti
insieme, visto che sono venuta fino a New York proprio per questo
motivo!
Rimanendotene qui arrabbiato con il mondo intero a formulare sciocche e
deprimenti metafore non risolverai proprio niente, figlio mio!
Coraggio, alzati
da quel letto. Sono tua madre e te lo ordino!
***
Kyle
è seduto ad un tavolino di
un bar in centro, è solo ma non lo sarà ancora
per molto. Osserva attraverso
l’enorme finestra accanto a sé le persone
camminare frenetiche con buste,
pacchi e sacchetti lungo la Fifth Avenue, tutti stretti nelle loro
giacche e
nei loro cappotti. La temperatura all’esterno è
gelida e l’aria tagliente
suggerisce che una tempesta di neve arriverà a breve. Kyle
ha percorso almeno
un paio di chilometri a piedi per poter raggiungere quel posto e una
bella
bevanda calda sarebbe perfetta in questo momento, ma ha preferito per
educazione e per rispetto aspettare che la sedia davanti a lui
venga
riempita.
Il
locale nel quale si trova è un
piccolo Cafè a Manhattan, principalmente frequentato da
studenti universitari
riconoscibili osservando i loro tavolini coperti da libri e Macbook.
Non ha
scelto quel posto secondo un particolare criterio, gli è
solo sembrato moderno,
fresco e piacevole alla vista. Essendo sotto le feste
l’intero ambiente è
invaso dall’atmosfera natalizia: ghirlande decorate da
ghiande di pino e
palline dorate decorano il bancone e le finestre, la tipiche canzoni
natalizie
popolari vengono riprodotte a tutto volume e all’ingresso, su
di una
lavagnetta, ha potuto notare un disegno di una renna e una scritta
“EggNog a
soli 2,95$”.
Non
ama particolarmente l’eggnog,
perché l’alcool è
l’ingrediente principale e lui odia l’alcool, non
lo
sopporta. Ciò nonostante ha sempre cercato sempre di berne
almeno un bicchiere
alla vigilia o durante il giorno di Natale, semplicemente
perché fa parte di
quelle piccole abitudini Natalizie che si ripetono di anno in anno,
qualsiasi
cosa succeda. Il rapporto di Kyle con il Natale, annessi e connessi,
è
piuttosto lungo e controverso. Non ha mai saputo cosa fosse realmente
durante
il periodo che ha trascorso nell’orfanotrofio, proprio per
questo motivo in
quegli anni di prima infanzia non gli è mai interessato
granché né dei doni
(del tutto assenti in orfanotrofio, ad esclusione di qualche caramella)
né
delle canzoni e tantomeno del significato della festa stessa.
Ovviamente
tutto questo è
cambiato da quando è stato adottato da Jonathan e Christian.
A partire da quel
suo primo Natale in casa Wallace-Simmons, avvenuto solo un paio di mesi
dopo il
suo trasferimento, quella festa per lui aveva assunto un significato
magico,
unico. Natale era diventato una bella fiaba grazie alla quale tutte le
persone
diventavano buone, era concesso mangiare dolci anche più del
solito ed ultimo
ma decisamente non meno importante: veniva trattato come un principe
con doni e
attenzioni di ogni tipo. Jonathan e Christian non gli hanno mai fatto
mancare
nulla e hanno sempre fatto il possibile per rendere ogni Natale, dal
primo
all’ultimo indimenticabile, perfetto, portandolo ad aspettare
non solo la
fatidica data con ansia bensì il mese stesso che
d’abitudine era dedicato alla
ricerca dell’albero e degli addobbi.
Quest’anno
però sa che le cose si
svolgeranno diversamente.
I
preparativi si sono concentrati
solo all’ultima settimana e gli addobbi in casa sono stati
ridotti allo stretto
necessario. Ne ha sofferto inizialmente ma poi ha deciso di farsene una
ragione
perché dopotutto, se anche non fosse successo ciò
che è successo durante
quell’ultimo e intenso anno, le cose sarebbero cambiate
comunque. Ha compiuto
sedici anni a luglio di quell’anno e ha ottenuto la patente
recentemente.
Inoltre è certo, avendo intercettato delle fatture
da Jonathan, che i suoi
genitori abbiano deciso di regalargli un auto nuova per
Natale. A sedici
anni la strada per la vita degli adulti diventa sempre più
breve, si iniziano
ad abbandonare le abitudini da bambini, certe cose semplicemente
“non sono più
necessarie”. Eppure Kyle sente in cuor suo che se tutto fosse
rimasto
esattamente com’era sempre stato, gli sarebbe stato concesso
altro tempo
spensierato senza doversi rendere conto così,
dall’oggi al domani, di essere
cresciuto.
Sospira.
Non vuole pensarci,
dopotutto sarà sì diverso ma non è
detto che sia terribile, né che sia peggio.
Il vero incubo sembra passato anche se difficilmente tutto
tornerà come prima
e, se fosse, ci vorrà del tempo, molto tempo, prima che le
cose assumano un
aspetto vagamente simile a quello originario. Inoltre tra un paio
d’anni si
ritroverà al college, un periodo che da un lato brama e che
dall’altro teme.
Sarà un ulteriore cambiamento, un grande cambiamento, che
questa volta lo
coinvolgerà in prima persona portandolo ad essere lui stesso
responsabile di
scegliere.
Accanto
a sé, sotto al tavolino,
ci sono due sacchetti: uno nero ed uno rosso. Ha approfittato
dell’uscita per
effettuare alcune compere Natalizie. Il sacchetto rosso contiene una
palette di
cosmetici di una marca molto amata da Morgan, acquistata da Sephora,
per la
quale ha dovuto sorbirsi una fila di quasi mezz’ora.
Raramente gli è capitato
di dover entrare in una profumeria e si ritiene fortunato a
non essere una
donna e quindi non essere soggetto ad interessarsi di cosmesi o
particolari
cure per il corpo, in questo modo è costretto ad entrare in
quei posti
assurdamente affollati, rumorosi e soprattutto odorosi, solo in
limitate
occasioni.
Troppo
distratto ad osservare i
pacchetti accanto a sé, riflettendo se le scelte che ha
fatto si riveleranno o
meno soddisfacenti, non si accorge che la persona che stava aspettando
è
entrata e che in quel momento si trova proprio accanto a lui.
-Ciao.
Si
limita a dire. Kyle si alza di
scatto, rivolgendo ad essa uno sguardo stupito.
-Ciao.
Ripete,
successivamente. Quella
persona è Anthony e vederlo, nonostante aspettasse il suo
arrivo da un momento
all’altro, lo paralizza. Anthony al contrario sembra
piuttosto rilassato, si
siede sulla sedia vuota di fronte a Kyle e prende subito in mano il
breve menù,
che altro non è se una breve lista su
carta bianca plastificata.
Kyle approfitta di quel momento di stallo per osservare Anthony. Non ha
avuto
modo di guardarlo con attenzione quando è entrato ma
è sicuro, osservando anche
l’ampiezza delle sue spalle e la lunghezza delle sue braccia,
che è diventato
anche più alto dall’ultima volta in cui
l’ha visto. Indossa un cappotto nero
classico. Non crede di averlo mai visto indossare qualcosa di diverso
dall’abbigliamento sportivo. Tuttavia questa sia versione
più classica, più
matura sotto un certo punto di vista, si addice perfettamente alle
forme del
suo corpo.
-Credo
prenderò un eggnog!
È pur sempre Natale, no?
Afferma
Anthony alzando lo
sguardo dal menù per indirizzarlo verso Kyle. Uno sguardo
strano, incerto. I
suoi occhi, benché puntati in direzione di Kyle, sembrano
voler guardare
altrove e sulle sue labbra si fa spazio un sorriso debole, a malapena
percettibile. Sembra tranquillo, rilassato e completamente a suo agio
eppure il
suo viso lo tradisce: Kyle riesce a scorgere una grande inquietudine
dietro ai
suoi occhi e forse, rassegnazione. Un cameriere arriva al loro tavolo e
Anthony
ordina, come annunciato, una tazza di eggnogg mentre Kyle opta per la
cioccolata calda. Anthony si toglie il cappotto. Nel locale in effetti
la
temperatura è piuttosto alta e Kyle iniziava a chiedersi per
quale motivo non
se lo togliesse. Al di sotto di esso indossa una camicia beige,
anch’essa un
capo piuttosto fuori dall’ordinario per Anthony. Questa volta
Kyle decide di
farglielo notare, utilizzando l’abbigliamento come pretesto
per rompere
finalmente il ghiaccio ed iniziare la conversazione.
-Noto
che hai cambiato stile.
Anthony
dà un’occhiata alla
propria camicia, probabilmente cercando di capire se Kyle si riferisca
proprio
a quella.
-Sì,
nel mio collegio
l’abbigliamento casual sportivo è concesso solo in
palestra. Mi ci sono
adattato e credo mi stia anche piuttosto bene.
Kyle
annuisce.
-Sì,
lo credo anche io.
Ammette,
con non poco imbarazzo.
Qualche istante dopo sopraggiunge il cameriere che posa sul tavolo le
loro
ordinazioni. Kyle si lascia inebriare dal profumo di cioccolata calda
intenso,
dolce e avvolgente con una delicata punta di cannella, come indicato
sul menù.
Socchiude quasi gli occhi e per un attimo non si trova più
in quel bar con
Anthony ma in montagna, qualche anno prima, nella casetta che Jonathan
affittava per loro tre un paio di settimane a fine agosto.
-Tutto
bene a casa?
Domanda
Anthony con tono pacato.
-Oh
no, assolutamente.
Risponde
Kyle, terminando una
frase con un risolino di rassegnazione. Anthony gli rivolge uno sguardo
dubbioso, esortandolo a spiegarsi, ad andare oltre.
-Diciamo
che va’ meglio di prima:
i miei genitori ora si parlano, John viene spesso a cenare o a guardare
un film
e questo Natale lo passeremo comunque insieme, a casa.
Arriverà anche mia nonna
Angela, da Santa Monica.
Spiega,
in maniera sbrigativa.
-Non
mi sembra che vada così
tanto male.
Afferma
Anthony, di parere del
tutto opposto a quello di Kyle che, effettivamente, ha esagerato. Dando
uno
sguardo al passato, a soltanto un paio di mesi prima, non sarebbe
eccessivo
affermare che Jonathan e Christian abbiano fatto dei passi da gigante
nel ricostruire
e riconsiderare la loro relazione.
-Non
lo so, non se torneranno mai
insieme davvero. Christian oltretutto ha deciso di tenere
l’aspettativa di un
anno dal lavoro che aveva preso per andare a Santa Monica, ha
ricominciato a
cantare e questa sera canterà al centro “Gay e
Lesbiche di NYC”, per
beneficenza. Lo vedo davvero felice e spensierato. Forse restare soli e
dedicarsi completamene a sé stessi fa bene.
Conclude
Kyle, pensando a quanto
entusiasmo ed impegno Christian abbia messo
nell’organizzazione e nelle prove
di quel piccolo concerto di Natale. Non ricorda l’ultima
volta nel quale è
riuscito a vederlo così felice, così realizzato.
Nemmeno il suo stesso lavoro,
la sua adorata storia dell’arte, avevano su di lui
quell’effetto rilassante.
- È questo
il motivo
per cui non sei venuto a salutarmi quella sera? Avevi deciso di restare
solo
per te stesso?
Le
parole di Anthony servono
prontamente a riportare Kyle alla realtà, avrebbe dovuto
aspettarsela quella
domanda, che ha lo stesso ruolo del fantomatico “elefante
rosa” nella
stanza. Kyle però non è pronto
per un faccia a faccia con il suo
personale “elefante”, voleva essere lui ad
introdurre l’argomento, arrivandoci
magari alla lontana con discorsi apparentemente sconnessi. Anthony
è stato
improvviso, brutale e diretto, caratteristiche che ha sempre ritenuto
notevoli
in lui. Cerca di aprire la bocca ma non gli esce alcun suono, le sue
stesse
labbra sembrano essersi incollate e fatica a separarle l’una
dall’altra.
-No
e vorrei…
La
voce gli si spezza in gola,
impedendogli di proseguire. Deglutisce e cerca di farsi forza.
È stato lui ad
invitare Anthony quel pomeriggio, ha impiegato almeno un paio di
settimane
riflettendo sui pro e i contro di un eventuale incontro con lui e
nonostante i
contro, includenti principalmente una serie di paure, fossero
più pesanti dei
pro aveva deciso di affrontarlo, aveva creduto di potercela fare. Si
sbagliava,
lo capisce solo in questo momento. Tuttavia deve riuscire comunque ad
andare
avanti, a portare a termine ciò che ha deciso di fare e
fornire una spiegazione
quanto più onesta ad Anthony.
-Vorrei
dirti che…
Sospira,
sperando che quella sia
la sua ultima pausa. Si prepara a pronunciare il discorso che intende
rivolgere
ad Anthony tutto d’un fiato, senza fermarsi, senza
permettergli di intervenire,
di fare domande.
-Vorrei
dirti che l’ho fatto per
via della situazione che ho a casa, perché sono stato
trasportato degli eventi
dei miei genitori, della mia famiglia. Sarebbe una spiegazione
giustificabile,
l’unica probabilmente. Tuttavia non è quella
esatta. La verità è che non ne ho
avuto il coraggio.
Deve
fermarsi, deve prendere
fiato. Anthony non sembra tuttavia interessato ad inserirsi nel
discorso, deve
aver capito che non ha terminato tutto ciò che intende
dirgli.
-Ti
ho detto addio il momento nel
quale me ne sono andato dal parco, quel pomeriggio. Non avrei davvero
potuto
farlo di nuovo, il giorno dopo.
Anthony
scuote il capo. La sua
espressione è cambiata, l’aria cordiale che aveva
avuto fino a quel momento è
sparita. Kyle riesce a scorgere la delusione nei suoi occhi.
-Ti
ho aspettato davanti al
cinema per quasi un’ora. Ho litigato per l’ennesima
volta con mio padre,
rischiando di perdere il treno, perché speravo saresti
arrivato da un momento
all’altro.
Kyle
vorrebbe alzarsi e scappare
via. Quell’incontro è stata una pessima idea,
è evidente.
-Posso
capire che tu sia venuto
all’incontro per avere una spiegazione e te la meriteresti,
lo so. Eppure… è
tutto qui, davvero.
Aggiunge
Kyle, con tono
conciliatore.
-Sono
venuto perché ho voluto
darti una seconda possibilità e forse avrei fatto bene a non
venire.
Conclude
Anthony. Dopodiché cerca
nella tasca del cappotto appeso sulla spalliera della sua sedia il
portafogli,
dal quale estrae una banconota da cinque dollari che posa sul tavolino.
Se ne
sta andando. Kyle non vuole che se ne vada, nonostante sia chiaro la
loro
discussione non porti a nessun’altra
soluzione.
-Non
andare via.
Lo
invita, con voce affranta,
quasi sul punto di scoppiare a piangere. Nervosismo forse o
più semplicemente
delusione, delusione per se stesso, per come si è
comportato, per la sua stessa
incapacità di agire da ragazzo cresciuto quale dovrebbe e
vorrebbe essere.
Anthony esita per un istante dopodiché si alza ed afferra il
cappotto, infilando
lorapidamente.
-Troppo
tardi, Kyle.
Evidentemente non era destino.
Abbottona
il cappotto, con la
testa bassa. Kyle lo osserva, senza avere il coraggio di dire altro.
-In
ogni caso, mi è stata offerta
una borsa di studio per Yale. Prima o poi me ne sarei andato comunque e
sarebbe
finita.
Anthony
sospira profondamente, un
sospiro talmente profondo da essere chiaramente udibile a Kyle. Un
sospiro
rassegnato che racchiude la delusione e al tempo stesso la collera.
-Buon
Natale.
Esclama
infine, scappando via.
Kyle lo segue con lo sguardo: lo vede attraversare la strada, chiamare
un taxi
ed andare via.
Allungando
le gambe rimaste
troppo tempo fisse, quasi inchiodate al pavimento, urta uno dei due
sacchetti
fino a quel momento appoggiati sotto al tavolino. Si
tratta di
quello nero da quale esce un pacchetto sottile ma ingombrante, dorato.
Sotto la
carta dorata di quel pacchetto si nasconde un vinile da collezione del
disco “Let
it be” dei Beatles,
canzone
preferita di Anthony che aveva canticchiato spesso, in sua presenza, la
scorsa
estate. Si sente così stupido per essersi fermato apposta in
quel negozio di
dischi e averlo comprato. Si sente stupido per aver anche solo pensato
che il
suo incontro con Anthony dopo due mesi, dopo non essersi presentato
quella
sera, rifiutandosi di salutarlo, cancellando, ignorando, tutti quei bei
momenti
che avevano vissuto insieme, si sarebbe risolto in modo positivo.
Prima
lezione del mondo degli
adulti: ogni azione ha una sua conseguenza. La conseguenza a quel suo
essere così
infantile a quella sua paura che tutto sia
“troppo”, che tutto sia
“doloroso” o
che faccia troppo male per essere sopportato è stata quella
di dover perdere
Anthony, che lo aveva fatto sentire così bene, che era stato
l’unico a
restituirgli il sorriso dopo mesi di lacrime e sofferenza. Dopo aver
raccolto
in fretta il pacchetto raduna le sue cose. Prende la banconota di
cinque
dollari lasciata da Anthony, sufficiente per entrambe le consumazioni ,
va’ a
pagare ed esce in fretta da quel café, dirigendosi verso
casa.
***
Jonathan
maledice se stesso per
aver deciso di prendere l’auto quel pomeriggio, pur sapendo
che sarebbe rimasto
bloccato nel traffico. La frenesia per gli acquisti natalizi
dell’ultimo minuto
è in grado di paralizzare l’intera
città, strade comprese. Il loft di Jonathan
si trova nell’Upper West Side ma ha dovuto prendere
l’auto e recarsi fuori dal
quartiere per alcune commissioni. Si trova nei pressi della propria
abitazione
ma non potendo svoltare in direzione del proprio parcheggio per via del
congestionamento del traffico, si trova completamente immobile da
almeno una
ventina di minuti.
Sui
sedili posteriori sono posate
alcune buste, principalmente contenenti
regali di Natale. Sul sedile
del passeggero accanto a sé ha invece una
singola borsa
rossa, decorata con
disegni di pacchi dono e babbi natale di diverse forme. Si tratta del
regalo di
Kyle, l’iPad, che ha deciso di non cambiare ma per il quale
ha acquistato un
sacchetto, essendo totalmente incapace nel confezionare i pacchetti
natalizi.
Quando finalmente riesce a svoltare e parcheggiare tira un respiro di
sollievo,
slaccia la cintura rapidamente e si dà una sistemata ai
capelli, osservandosi
nello specchietto retrovisore. Distrattamente urta una lente degli
occhiali e
sbuffa, infastidito. Ha iniziato a portarli ormai da diversi mesi,
specialmente
alla guida, ciononostante non se n’è ancora
abituato. Il paio che indossa ora è
recente, li ha acquistati solo un paio di giorni prima. Si tratta di un
occhiale
da vista con montatura
bombata
in acetato nera, visibile solo nella parte superiore, che considera il
suo auto
regalo di Natale. Detesta l’idea di dover portare degli
occhiali e ha quindi
deciso di prenderne un paio che gli piacesse particolarmente, per
sentirsi
invogliato ad indossarli.
-Terribili.
Commenta,
arreso, togliendoli e
riponendoli nella loro custodia che poi fa scivolare in una tasca del
cappotto.
Scende dall’auto ma esita prima di recuperare i sacchetti.
Sono già le cinque e
trenta e tra poche ore dovrà prendere di nuovo
l’auto per raggiungere il teatro
nel quale Christian si esibirà per lo spettacolo natalizio.
È indeciso se
portare in casa le borse o se lasciarle direttamente in auto, dovendole
comunque portare con sé. Apre la portiera posteriore e si
perde nei pensieri,
in particolare davanti ad un sacchetto argentato.
“Chissà se
avrò fatto bene a prendere questo.”
Pensa.
Si tratta ovviamente del
regalo di Natale di Christian. Non aveva dubbi di dovergliene fare uno,
gliel’avrebbe
fatto anche se le cose tra di loro non si fossero, in qualche modo,
sistemate.
Prendere un dono per Christian è sempre stato piuttosto
facile, principalmente
perché, provenendo da lui, ha sempre accettato tutto quanto
con un gran sorriso,
senza mai dimostrare delusione o disinteresse.
Quest’anno
però le cose saranno diverse e Christian potrebbe avere un
atteggiamento completamente differente. Inoltre, il regalo scelto
è abbastanza
particolare e forse un po’ troppo azzardato. Jonathan teme
che possa non
accettarlo. Proprio per questo motivo ha aspettato l’ultimo
giorno prima di
decidersi di andare a comprarlo, rischiando anche di non trovare nulla.
Chiude
la portiera, sbattendola.
-John!
Sei proprio tu?
Una
voce alle sue spalle attira
la sua attenzione. Jonathan si gira, pur avendo un sospetto di chi
possa essere
quella persona.
-Daniel…
Si
tratta di Daniel, come aveva
ipotizzato.
-Ho
saputo del tuo trasferimento
ma non credevo che fossi finito davvero nell’Upper West Side.
Commenta
il ragazzo,
sorridendogli. Jonathan non lo vede da diversi mesi, precisamente da
quella
maledetta sera nella quale ha compiuto lo sconsiderato gesto di tradire
Christian e di andare a letto con lui. Non sa come reagire,
trovandoselo
davanti. Daniel sta sorridendo, sembra essere contento di vederlo.
-Speravo
proprio di incontrarti
per farti gli auguri Natale.
Aggiunge,
notando l’esitazione di
Jonathan.
-Beh,
Buon Natale anche a te.
Risponde,
voltandogli le spalle.
-Sapevo
avresti reagito in questo
modo.
Confessa
Daniel, con tono
affranto. Jonathan fa un respiro profondo e si gira di nuovo. Osserva
Daniel,
quasi con timore. Sembra cresciuto in quegli ultimi mesi, indossa un
lungo
cappotto verde scuro, degli scarponcini neri e ha in mano svariate
borse e
sacchetti. La prima differenza che Jonathan nota nel suo aspetto fisico
sono i
capelli, corti e rasati a zero. Il fatto di averli così
corti in parte lo
spoglia di quella somiglianza con Christian che tanto aveva attratto
Jonathan.
-Cosa
dovrei dire, Daniel?
Chiede,
cercando di non mostrarsi
eccessivamente seccato.
-Non
mi fraintendere.
Non ho detto di non
comprendere i tuoi
motivi, solo me l’aspettavo.
Jonathan
fa un impercettibile
cenno di assenso con il capo, senza aggiungere altro. Non era preparato
per affrontare
una simile situazione. È infatti ancora Daniel a parlare.
-Era
così
bello passare il giorno di Natale a casa
vostra,
tutto era così
luminoso, così
natalizio, fiabesco. Ogni Natale trascorso con voi è stato
bel ricordo.
Daniel
ha infatti trascorso
alcune feste di Natale in loro compagnia, da quando aveva dodici anni
fino
all’ultimo Natale, solo un paio di mesi prima del tradimento,
della
separazione, del caos.
-Da
quando è arrivato Kyle, poi,
tutto è diventato ancor più
magico. Come
sta lui, a proposito?
Domanda,
proseguendo con il suo
discorso. Jonathan riesce a percepire una nota di nervosismo nelle sue
parole,
oltre ad un piuttosto sincero senso di rimpianto. Non crede che Daniel
l’abbia
fermato per infastidirlo o per infierire in qualche modo sulla
situazione. Per
quanto quella discussione sia strana, scomoda e imbarazzante, coglie
solo
sincerità e spontaneità nel suo discorso.
-Sta
abbastanza bene, passeremo
il Natale tutti insieme anche quest’anno.
Risponde
Jonathan. Daniel
spalanca gli occhi e sorride, un sorriso brillante, sincero e di cuore.
-Oh,
mi fa piacere. Davvero,
davvero piacere!
Aggiunge,
con entusiasmo. Ancora
una volta le sue parole sono limpide ed oneste.
-Io
lo passerò con il mio
ragazzo, Thomas. Abita qui, da queste parti. È per questo
motivo che mi trovo
in queste zone, non ti sto pedinando, te lo giuro.
Spiega,
indicando anche un
palazzo poco distante, dove probabilmente abita il suo ragazzo.
-So
che non mi crederai ma… sarei
davvero felice se le cose tra te e Christian si sistemassero.
Jonathan
annuisce, sempre senza
dire una parola. La verità è che gli crede, crede
in ciò che dice. Conosce
Daniel sufficientemente bene da capire se sia sincero o no e in questo
caso lo
è. Per la prima volta riesce a rivedere in lui lo stesso
ragazzino dodicenne a
cui Christian faceva ripetizioni qualche anno addietro e al quale si
erano
entrambi affezionati al punto di considerarlo come un figlio, prima
ancora di
adottare Kyle.
-Beh,
devo proprio andare ora!
Buon Natale, a tutti quanti voi.
Conclude
Daniel, allontanandosi
rapidamente. Jonathan lo osserva andare via e poi svoltare per
raggiungere la
propria destinazione. Nonostante provi ancora rancore nei confronti del
ragazzo, che altro non è stato se non suo complice
nell’atto di adulterio a spese
di Christian, una parte di lui si dispiace per averlo trattato con
tanta
sufficienza. Daniel è stato comunque una persona importante
nella vita sua e di
Christian, l’ha visto crescere e pian piano diventare uomo.
Non potrà mai
perdonarlo per ciò che è successo, come non
potrà mai perdonare se stesso per
essersi lasciato convincere.
Scuote
il capo, cercando anche di
riordinare in qualche modo le idee. Decide di salire nel proprio
appartamento e
prepararsi alla serata.
***
Kyle
è in ritardo. La sua intenzione
era quella di rincasare per l’ora di pranzo e di dare
successivamente appuntamento
a Morgan per raccontarle del suo incontro
con Anthony. Purtroppo, essendosi il suddetto incontro svolto in modo
fin
troppo spiacevole, Kyle ha preferito non ritornare a casa e ha chiesto
a Morgan
di incontrarsi a pranzo. L’incontro con l’amica
è riuscito in parte a
risollevare il suo umore a pezzi e spera, nelle prossime ore, di non
subire
ulteriori sbalzi.
Si
trova a pochi gradini dalla
porta di casa. Non ha il coraggio di entrare subito perché
ha ignorato un paio
di telefonate di Christian, durante la giornata. Prima di uscire ha
scritto un
biglietto dicendo che sarebbe tornato per l’ora di pranzo e
ha successivamente
inviato un sms per avvisare che invece sarebbe rincasato nel
pomeriggio.
Christian si era subito precipitato a chiamarlo ma lui non aveva avuto
il
coraggio né il desiderio di rispondere. Sapeva
già che tutto sarebbe sfociato
in una ramanzina e in quel momento il suo stato d’animo era
troppo instabile per
poter starlo a sentire senza uscirsene con qualche frase stupida ed
irrispettosa, per la quale si sarebbe pentito una volta tornato in
sé. Sa anche
che la sfuriata di Christian arriverà comunque e
ciò probabilmente avverrà tra
poco, nel momento in cui poggerà piede in casa. Prende
coraggio, fa un respiro
lunghissimo e sale due a
due gli ultimi
gradini. Posa la mano sulla maniglia della porta ed entra.
-Ciao…
Esordisce,
entrando timidamente e
tenendo lo sguardo basso.
-Oh,
sei arrivato!
Esclama
Christian, in tono
sorprendentemente tranquillo. Kyle alza gli occhi per guardarlo e lo
trova su
una scaletta a tre gradini, impegnato ad attaccare una ghirlanda lungo
il bordo
della portafinestra.
-Kyle!
Nonna
Angela esce dalla cucina. Anche
lei ha in mano delle decorazioni, che posa immediatamente sul divano
precipitandosi a raggiungerlo. Lo guarda e dopo avergli scompigliato i
capelli
lo abbraccia.
-Sei
cresciuto ancora, tesoro.
Esclama, costretta
ad alzare gli occhi per guardarlo.
Kyle non se n’è accorto ma effettivamente
l’ultima volta nella quale si sono
incontrati erano all’incirca della stessa altezza.
-Ancora
un paio di mesi e
diventerai più alto di Christian!
Commenta,
pizzicandogli le
guance.
-Non
che ci voglia molto,
ovviamente.
Aggiunge,
stuzzicando il figlio
che immediatamente emette un suono di disappunto. Kyle si guarda
attorno e nota
che l’ambiente è completamente decorato, come lo
è sempre stato. Ogni
accessorio, luce, orpello natalizio si trova al rispettivo posto.
-Doveva
proprio arrivare la nonna
a dare un po’ di vita a questo posto, eh!
Esclama
Angela, accortasi degli
sguardi inquisitori di Kyle. Christian nel frattempo ha terminato di
posizionare ghirlanda. Scende dalla scaletta che poi chiude e appoggia
contro
il muro. Si allontana un po’ da sotto la porta per vedere
l’effetto della
decorazione appena posizionata e asserisce col capo, con compiaciuta
soddisfazione.
-Credo
che ci sia tutto.
Conclude,
dopo aver contemplato
l’ambiente. Si gira verso Kyle e lo osserva con piglio
severo, il ragazzo teme
infatti che sia arrivato il momento della sua strigliata. Si avvicina e
lo
guarda, dopodiché gli passa accanto e lo
colpisce con un delicato buffetto sulla testa.
-La
prossima volta che non
rispondi al telefono te la faccio pagare seriamente. Ora renditi utile
e dai
una mano alla nonna ad apparecchiare la tavola.
Kyle
annuisce e guarda sua nonna
che sta cercando di trattenersi dal ridere, probabilmente per la sua
espressione, in quel momento sembrava infatti un cagnolino con le
orecchie
basse, pronto a ricevere una sgridata dal suo padrone, consapevole di
aver
fatto qualche dispetto.
-Vieni
tesoro, mettiamo la
tovaglia.
Suggerisce,
posandogli una mano
sulla spalla. Kyle e Angela preparano insieme la tavola, come indicato
da
Christian che si sta invece vestendo per lo spettacolo natalizio del
centro. Lo
spettacolo avrà inizio alle diciannove, ceneranno infatti al
termine di esso,
fino ad arrivare alla mezzanotte per poter finalmente farsi gli auguri
e
scartare i regali. La disposizione di ogni singolo elemento
è un vero e proprio
rito, ogni cosa ha il suo personale posto. La tovaglia natalizia
è un
bellissimo pezzo di stoffa in cotone e inserti di uncinetto bianca e
rossa.
Anche le stoviglie sono festive: i bicchieri in cristallo dal leggero
stile retrò
hanno un piccolo bordo dorato alla base e attorno al cerchio e sono
abbinati
alle posate in acciaio con manico dorato. I piatti, tre per la
precisione,
alternano i colori di oro e rosso e nel mezzo del tavolo viene
posizionata
un’alzatina di vetro all’interno della quale
è posata una tovaglietta di
cartoncino rossa. Al momento è vuota ma presto
conterrà la Angel Cake che
Christian prepara ogni anno e che si trova ancora in forno a cuocere.
Inoltre,
i biscottini allo zenzero cucinati il giorno prima vengono sparsi qua e
là
lungo la tovaglia.
-Avete
già finito, che bravi!
Commenta
compiaciuto Christian,
uscendo dalla stanza da letto. Indossa un paio di pantaloni lucidi
neri, una
camicia in seta bianca e un papillon rosso, probabilmente nuovo,
perché Kyle
non l’ha mai visto prima d’ora.
-Che
eleganza Chris ma… il
pupazzetto dov’è?
Domanda
Angela, osservando il
figlio.
-Quale
pupazzetto?
Chiede
lui, non capendo a cosa si
riferisca. Anche Kyle non capisce ma sa che si tratta
dell’ennesimo tentativo
di Angela di prendere in giro Christian.
-Sì,
non sei un ventriloquo? Sai,
con quell’adorabile farfallino rosso, pensavo lo fossi!
Christian
ride, abbassando lo
sguardo e dando un’occhiata al brillante papillon allacciato
attorno alla sua
gola.
-Questa
è buona, te lo concedo.
Comunque io esco ora. Vi porterà Jonathan al centro, va bene?
Chiede,
prendendo il cappotto
dall’appendiabiti.
-Abbiamo
i posti riservati?
Chiede
Kyle. Sta mangiucchiando
uno dei biscotti allo zenzero sparsi sul tavolo. Christian ovviamente
se ne
accorge e gli fa cenno di allontanarsi dalla tavola.
-Ovviamente
no Kyle, non siamo a
Broadway e… se quando torniamo scopro che hai mangiato altri
biscotti ti taglio
le mani.
Minaccia.
Si infila il cappotto e
poi esce.
***
Jonathan,
Angela e Kyle sono
appena arrivati a teatro. Il parcheggio è completamente
pieno e un numeroso
gruppo di persone sta entrando nel teatro. Jonathan non pensava che un
semplice
spettacolo di beneficenza potesse riscuotere un simile successo.
È la prima
volta che mette piede in quella struttura, nonostante sotto consiglio
di
Christian sia socio dell’associazione da diversi anni.
Raggiunto finalmente
l’ingresso, prende il proprio biglietto e quelli di Angela e
Kyle che consegna
e paga alla cassa.
Il
locale è ben più spartano di
quanto se lo immaginasse e per un certo verso gli riporta alla mente le
numerose recite scolastiche natalizie di Kyle alle quali ha dovuto
assistere
durante gli anni, recite che ha sempre seguito con ben poco interesse.
Normalmente non apprezza quel tipo di spettacolo amatoriale e
sicuramente se
Christian non cantasse non avrebbe mai neanche considerato
l’ipotesi di mettere
piede in quel posto. Il pensiero di poter sentirlo ancora cantare, dopo
così
tanto tempo, lo emoziona in modo quasi imbarazzante. Kyle e Angela
hanno
parlato in auto dello spettacolo, principalmente scherzando su
Christian e sul
suo abbigliamento, a detta loro, infantile. Jonathan ha preferito
sorridere ma
è rimasto in silenzio perché a differenza loro sa
quanto la sua voce sia
potente, speciale e unica nel suo genere. Non ha idea di cosa e quanto
canterà ma
è sicuro di non rimanerne deluso.
Quando
entrano nella sala nella
quale si svolgerà lo spettacolo, quasi tutti i posti sono
stati riempiti.
Riescono a trovare tre sedie libere in una delle prime file e ne
approfittano
per sedersi. Jonathan lascia passare avanti Angela e poi Kyle, prima di
prendere posto. L’ambiente è finemente decorato e
la musica trasmessa negli
altoparlanti e il chiacchiericcio generale contribuiscono a creare un
atmosfera
rilassata, serena, quasi tipica delle feste in famiglia. Gli spettatori
sono
principalmente famiglie con bambini più o meno grandi che
interagiscono tra
loro con spontaneità e cordialità.
Angela in particolare si
mette a chiacchierare con una signora, un’altra
nonna, dimenticandosi quasi di essere in compagnia sua e di Kyle.
-Credi
che durerà tanto?
Chiede
il ragazzo, girandosi
verso di lui.
-Non
credo più di un paio d’ore.
Perché?
Kyle
sbuffa e scivola lungo la
poltroncina sulla quale è seduto.
-Ci
sono dei biscotti a casa che
mi aspettano.
Commenta,
borbottando. Jonathan
scoppia a ridere e si rallegra nel vedere Kyle così
rilassato e sereno. Non fa
in tempo a parlare di nuovo, poiché lo spettacolo ha inizio.
Sul palco appare
un uomo, probabilmente conosciuto da buona parte degli spettatori
perché ancor
prima che apra bocca viene accolto da un fragoroso applauso.
È piuttosto
attraente e potrebbe avere all’incirca
l’età di Jonathan, alto, afroamericano e
con una voce molto profonda e autoritaria.
-Buonasera
a tutti e benvenuti al
nostro spettacolo.
Esordisce,
ricevendo ulteriori
applausi. Fa un breve inchino, prima di proseguire a parlare.
-Voglio
ringraziarvi per la
vostra presenza, che come sapete contribuisce al fondo di aiuto per le
famiglie
arcobaleno in difficoltà del nostro distaccamento. Io sono
Lamar Johnson,
presidente del distaccamento. Stasera in veste del tutto eccezionale
sarò anche
un presentatore.
Inizia
a leggere qualche riga su
un foglio che tiene in mano, allo scopo di presentare lo spettacolo. Si
tratta
di una breve recita musicata in soli tre atti che ha come argomento la
diversità e l’accettazione di sé. Il
tema è abbastanza banale e scontato ma
Jonathan confida che essendo Christian protagonista,
riuscirà comunque a godersi
lo spettacolo. Terminata la presentazione, il sipario fino a quel
momento
ancora calato alle spalle di quell’uomo, Lamar, si alza. Le
luci si accendono
illuminando sul palco cinque persone in fila, tra le quali è
presente Christian.
-La
nonna gli ha detto che
assomiglia ad un ventriloquo vestito così.
Gli
sussurra Kyle nell’orecchio.
Jonathan ride divertito, osservando su Christian un abbigliamento tanto
insolito. La prima canzone a partire è tratta dal musical
“Rent”, si tratta di
Seasons of Love. La canzone è principalmente cantata in coro
ma presenta due
pezzi di assolo. Il primo viene cantato da una donna, mentre il secondo
da
Christian. Quando Jonathan lo vede avanzare dalla fila un luminoso
sorriso appare
spontaneamente sulle sue labbra. Eccolo lì: bello, brillante
ed unico. La sua
voce delicata ma graffiante lo riporta a così tanto tempo
prima al giorno nel
quale l’ha visto per la prima volta, il giorno nel quale
l’ha incontrato.
Sfortunatamente
la sua parte in
assolo dura poco e ben presto la canzone termina. Il sipario rimane
comunque
alzato ed è proprio Christian ad iniziare a parlare, a
recitare. Jonathan l’ha
visto ballare e cantare durante gli anni ma mai recitare, eppure crede
che se
la cavi piuttosto bene, data la sua spontaneità. Christian
non è solo un personaggio
dello spettacolo bensì il protagonista principale. Recita il
ruolo di James,
ragazzo fragile e sensibile che fatica ad accettare la propria
identità
sessuale e che nega davanti a tutti quanti ciò che realmente
sente dentro di
sé. Per quanto il tema sia banale, la scelta delle canzoni
è molto azzeccata e
piacevole. Ogni genere musicale viene trattato e mescolato senza
difficoltà.
Jonathan rimane estasiato dall’espressività di
Christian e socchiude gli occhi
ogni volta che canta, per poterlo apprezzare ancora di più,
per poter sentire
la sua voce entrargli dentro e trascinarlo con sé in luoghi
lontani, al di là
del tempo, al di là della memoria.
Riesce
ad apprezzare in
particolare due canzoni cantate da Christian, la prima ha il titolo di
“Alien”
e parla del senso di distacco e di alienazione dalla gente dal mondo.
Un motivo
tutto sommato leggero e dalla base spensierata al quale però
Christian riesce a
dare un certo spessore emotivo, consono al testo piuttosto impegnato.
La seconda,
probabilmente la migliore, porta il titolo di
“Gravity” e ha un tono più cupo e
più intimistico rispetto all’altra. Jonathan pensa
che sia perfetta per
Christian. Chiudendo gli occhi si dimentica di essere in quel teatro,
della
musica, delle scenografie e della gente.
“ I am surrendering to
the gravity and the unknown. Catch me, heal me lift me back up to the
sun. I
choose to live.” (Mi
arrendo
alla gravità e all’ignoto. Prendimi, curami e
rinnalzami al sole. Io scelgo di
vivere.)
Si
lascia guidare dalle parole
della canzone e sente quasi che Christian le stia cantando a lui, per
lui.
“Help me survive the
bottom.” (Aiutami
a non sprofondare)
Riapre
gli occhi e guarda
Christian, ancora intento a cantare. Per un istante è sicuro
che l’abbia
guardato, che abbia rivolto uno sguardo proprio a lui là, in
mezzo alla folla.
Il suo cuore per un secondo smette di battere, per poi riprendere a
farsi
sentire con più forza, con più violenza.
Lo
spettacolo si conclude con un
paio di canzoni ben più allegre e più
spensierate, che testimoniano il processo
di serena accettazione del personaggio. Una volta terminata
l’ultima canzone, “Love
can make you happy.”, le
luci di tutta la sala si riaccendono e il
sipario cala. Quasi tutti i presenti si alzano in piedi per applaudire,
complimenti e applausi riempiono la sala. Anche Kyle, inizialmente
svogliato e
annoiato, sembra sorpreso e soddisfatto per lo spettacolo.
-Ma
è un fenomeno! Perché diavolo
fa il professore se canta così?
Esclama,
quasi urlando per farsi
sentire. Jonathan gli sorride e si avvicina al suo orecchio, per non
essere
costretto ad alzare la voce.
-Se
lo pensi davvero diglielo,
diglielo spesso. Io ci ho provato per anni e non mi ha mai ascoltato.
Gli
applausi pian piano terminano
e sul palco appare di nuovo il presentatore di inizio spettacolo, Lamar.
-Noto
con piacere che il nostro
spettacolo è stato di vostro gradimento e vi ringrazio
ancora. Voglio però
chiamare qui sul palco tutti i ragazzi che si sono esibiti per voi
stasera.
Il
sipario si alza di nuovo alle
sue spalle e tutti i cantanti, gli attori e i figuranti che si sono
esibiti in
quell’ultima ora e mezza si presentano uno dopo
l’altro in fila. L’ultimo è
proprio Christian.
-E
in fine, lui l’ho lasciato per
ultimo perché merita l’applauso più
importante. Christian nostro protagonista,
nostra “star”, come l’ho spesso chiamato
durante le prove.
Il
primo applauso si alza ma si
arresta quando Lamar prosegue a parlare.
-A
lui dobbiamo anche la scelta
delle canzoni, parte della sceneggiatura e le scenografie. Forza,
fategli
sentire il vostro entusiasmo!
Questa
volta l’applauso parte con
ancor più vigore. Jonathan però non si unisce al
pubblico. Christian si è
occupato anche della scelta delle canzoni. A questo punto è
certo che quel
brano che l’ha tanto colpito, quella strofa,
l’abbia scelta pensando a lui.
Il
teatro si svuota. Angela,
Jonathan e Kyle sono ancora seduti ad aspettare che Christian li
raggiunga.
Sono quasi le nove e tutti e tre non vedono l’ora di poter
cenare.
-Se
io guidassi fino a casa ed
iniziassi a mangiare?
Propone
Kyle, per la terza volta.
Angela sorride mentre Jonathan scuote il capo, invitandolo a stare
tranquillo.
-Johnny,
se Kyle ha fame puoi
accompagnarlo a casa, tornerò io con Christian.
Suggerisce
Angela, sicuramente
intenerita dalle richieste del nipote. Jonathan vorrebbe accettare ma
il suo
desiderio di vedere Christian, di parlare con lui ed esprimere tutto il
suo
apprezzamento, è troppo forte.
-Ma
no dai, sono sicuro che
arriverà tra poco.
Afferma,
dando l’ennesimo sguardo
al palco. Fortunatamente la sua previsione si rivela reale, infatti
Christian
li raggiunge, già vestito e pronto per andare.
-Credevo
mi aveste abbandonato.
Esclama,
avvicinandosi a loro.
Kyle immediatamente gli corre in contro, per abbracciarlo.
-Sei
stato bravissimo e poi mi
spiegherai perché non ti ho mai sentito cantare
però ora… possiamo andare a
mangiare?
Chiede,
affondando il capo nel
suo petto. Christian scoppia immediatamente a ridere, la sua solita
risata
meravigliosamente scomposta che Jonathan adora ascoltare.
-Scusate,
è qui la star?
Chiede
una voce, proveniente alle
spalle di Christian. Si tratta di Lamar, il presentatore.
-Lamar!
Esclama
Christian, sciogliendo
l’abbraccio con Kyle e girandosi verso di lui.
L’uomo immediatamente gli prende
le mani, entrambe, stringendole. Il gesto per quanto amichevole possa
essere,
infastidisce Jonathan.
-Quando
è terminato lo spettacolo
sono stato trattenuto da alcune persone e non sono riuscito a farti i
complimenti: sei stato splendido, una vera star. Questa volta ti giuro
che non
ti prendo in giro.
Christian
gli sorride. Nei suoi
occhi è possibile intravedere un certo imbarazzo, condiviso
dalla sua famiglia
che osserva quell’aria confidenziale tra lui e Lamar con
sospetto e curiosità.
-Perdonate
la mia maleducazione,
mi chiamo Lamar.
Lamar,
accortosi della situazione
di impasse, lascia andare Christian e si presenta. Porge la mano ad
Angela.
-Immagino
che lei sia la madre di
Christian, vi assomigliate molto.
Angela
annuisce.
-Sarà
sicuramente fiera di suo
figlio, è davvero un angelo: sa fare ogni cosa!
Esclama,
con marcato entusiasmo.
Subito dopo si presenta a Kyle e infine a Jonathan.
Quest’ultimo esita a
prendergli la mano, la stringe infatti solo dopo qualche istante e non
manca di
rivolgere a Lamar uno sguardo duro, quasi di sfida.
-Suo
marito è un tesoro da tenere
stretto, è un uomo molto fortunato.
Suggerisce.
Jonathan inasprisce
lo sguardo, continuando a stringere la mano di quell’uomo con
forza, quasi si
trattasse di una sfida.
-Ne
sono cosciente.
Replica.
Dopodiché Lamar augura a
tutta la famiglia Buon Natale e si allontana.
Come
per la disposizione delle
stoviglie a tavola, anche le portate della cena natalizia sono un rito.
La
prima portata è composta da verdure stufate o grigliate di
vario tipo,
accompagnate da prosciutto cotto al forno. Segue un primo piatto di
zuppa calda
e successivamente la portata principale: il tacchino ripieno con
accompagnamento di patate al forno e salsa al mirtillo.
Jonathan
è abituato a quel tipo
di cenone, in realtà molto simile a quello che consumava da
ragazzo in Texas,
da diversi anni e l’ha sempre consumato e apprezzato.
Tuttavia quest’anno lo
trova, se possibile, ancor più gustoso. Assapora ogni
piccolo boccone con
calma, lasciando che i sapori e gli odori lo pervadano, passando prima
per
l’olfatto e successivamente alle papille gustative. Temeva
che una situazione
come quella che sta vivendo, a lui tanto cara, non avrebbe potuto
riviverla.
Per quanto quel Natale sia insolito e diverso, riesce comunque a
sentirsi a suo
agio, a sentirsi a casa.
Osserva
Kyle divorare con
voracità ogni pietanza gli venga posata davanti e si sente
sollevato, nel
vedere che il tentativo suo e di Christian per far sì che
tutto fosse
quantomeno simile all’ordinario, sia riuscito.
Rivolge poi lo sguardo a
Christian, indaffarato come sempre a
sparecchiare, impiattare e naturalmente riprendere Kyle, impedendogli
di
esagerare con il cibo. Lo vede tutto sommato abbastanza tranquillo, forse
perché è troppo impegnato per poter
riflettere realmente sulla situazione attuale delle cose. Lo conosce
troppo
bene per potersi fermare alla superficialità,
all’apparenza. È nervoso, anche
se non lo dà a vedere. Sta inoltre facendo il possibile per
evitare lo sguardo
di Jonathan, anche il più furtivo. Non si sono ancora
parlati durante la
serata, tranne per qualche parola in un discorso introdotto da Kyle o
da
Angela. Non è inoltre riuscito a complimentarsi con lui per
lo spettacolo.
-Vuoi
delle altre patate,
Jonathan?
Gli
chiede, interrompendo il
flusso dei suoi pensieri. Ancora una volta non lo guarda, non lo fissa.
Si
limita a rivolgergli una rapida occhiata per poi tornare a posare lo
sguardo
sul piatto che tiene in mano.
-No,
ti ringrazio.
Christian
fa un impercettibile
cenno col capo per indicare di aver capito la sua risposta ed
immediatamente
gli volta le spalle, mettendosi a sedere al proprio posto. Jonathan
continua ad
osservarlo, iniziando a notare nelle sue maniere qualche piccolo segno
di
cedimento.
-Ehi!
Sta iniziando a nevicare!
Esclama
gioioso Kyle, osservando
la finestra. Tutti quanti si avvicinano e notano che dei piccoli
fiocchi di
neve vanno pian piano a posarsi sul cornicione del palazzo e sul
marciapiede
sottostante. Manca poco alla mezzanotte e la neve da molti attesa e
desiderata
per conferire quell’aria fiabesca al giorno di Natale ha
finalmente cessato di
farsi attendere. Jonathan pensa che quello sarebbe stato il Natale
perfetto, se
qualcosa non fosse cambiato. Avverte una punta di malinconia
nell’osservare
l’entusiasmo di Kyle davanti alla finestra, seguito dallo
sguardo assente di
Christian che al contrario distoglie subito gli occhi dal paesaggio.
Allo
scoccare della mezzanotte, Angela esclama un sonoro “Buon Natale!”
e Jonathan stappa una bottiglia di spumante, messa
in tavola per l’occasione. Al momento degli auguri, Christian
e Jonathan si
guardano negli occhi, paralizzati. Non si scambieranno il solito bacio
ed
entrambi ne sono a conoscenza. Nessuno dei due però
è in grado di fare la prima
mossa, di fare qualcosa di diverso.
-Buon
Natale, Chris.
È
Jonathan a sbloccare la
situazione. Christian annuisce e ricambia gli auguri, a sua volta. Dopo
ciò
decide di iniziare a sparecchiare la tavola e comincia a raccogliere i
piatti
sulla tovaglia, impilandoli uno ad uno, per portarli in cucina.
Jonathan nota
che anche Angela sta osservando il figlio con uno sguardo preoccupato,
quando
Christian infatti entra in cucina, lo guarda e gli fa cenno di
seguirlo. Naturalmente Jonathan era già
della medesima intenzione. Raccoglie i bicchieri utilizzati per lo
spumante e
segue Christian. Lo trova di spalle, già con le mani immerse
nel lavello
intento a pulire i piatti con una spugnetta.
-Ti
ho… portato i bicchieri.
Esclama,
facendolo sobbalzare.
Non aveva dubbi che fosse perso nelle proprie riflessioni, i suoi gesti
erano
troppo meccanici, senza contare che Christian ha da sempre
l’abitudine di
dedicarsi alle faccende di casa per tenersi occupato, quando qualcosa
lo turba
e non vuole darlo a vedere.
-Oh,
puoi… poggiarli lì.
Risponde,
con voce debole e aria
persa. Jonathan si fa coraggio e si avvicina di più a lui.
Posa i bicchieri
direttamente nel lavello e rimane vicino a Christian, al suo fianco,
per
osservarlo. Quest’ultimo alza lo sguardo e finalmente gli
rivolge la sua
attenzione. I suoi limpidi occhi cerulei rivelano incertezza,
sofferenza.
Jonathan ha quasi il sospetto che gli stia chiedendo: “Perché abbiamo deciso
di festeggiare questo Natale insieme?”.
No,
non è un semplice
sospetto, è una
certezza. Non ha dubbi che volesse dirgli quello, non ha dubbi che
volesse
mostrargli il suo senso di disagio, di smarrimento, di dispiacere.
Christian
soffre perché tutto quello che stanno vivendo è
falso, è costruito. Anche Jonathan
ha la stessa sensazione, l’empatia tra loro non è
mai svanita.
-Lo
so.
Afferma,
quasi per dichiararsi
concorde con ciò che Christian non gli ha detto ma che
invece voleva capisse.
Rimangono entrambi in silenzio per una ventina di secondi, continuando
a
guardarsi negli occhi. Vengono interrotti dalla voce di Angela che li
chiama
entrambi per poter scartare i regali, sotto consiglio di un insistente
e
sovraeccitato Kyle.
-Arriviamo!
Risponde
Jonathan, allontanandosi
per primo dalla cucina. Il momento dei regali tanto atteso da Kyle
finalmente
giunge. Senza nemmeno bisogno di deciderlo, è proprio lui il
primo a scartare i
doni. Riceve una mancia da parte della nonna, dei libri che sembra
apprezzare
da parte di Christian e l’iPad di Jonathan che fortunatamente
è di suo
gradimento.
-Ci
sarebbe anche questo.
Esclama
Jonathan, estraendo dalla
tasca dei pantaloni un portachiavi recante il logo dell’auto
acquistata per
Kyle. Il ragazzo non ha alcun bisogno di spiegazioni, capisce che si
tratta
della sua nuova e prima automobile e ringrazia entrambi i genitori per
il
graditissimo dono, esprimendo anche la propria impazienza.
L’ultimo regalo
aperto è quello di Christian, da parte di Jonathan.
-Spero
possa piacerti.
Commenta
Jonathan, consegnandogli
la borsa argentata. Christian annuisce e prende il sacchetto che apre,
estraendone una scatola bianca, che non rivela nulla del proprio
contenuto.
Quando la apre però, solo dopo un primo sguardo, rimane
paralizzato.
-Cos’è?
Cos’è?
Chiede
Kyle curioso,
avvicinandosi alla scatola. Christian quindi estrae
l’oggetto, infilato in due
grandi blocchi di polistirolo e protetto da un sacchetto di pluriball.
Si
tratta di un piccolo paesaggio decorativo ottocentesco a tema
natalizio: una
scuola posizionata in cima ad una montagna ai piedi della quale vi
è un grande
albero decorato e addobbato collocato al centro di una pista di
pattinaggio
all’interno della quale vi sono anche numerosi bambini.
-Si
accende, ho già inserito
delle batterie.
Aggiunge
Jonathan, avvicinandosi
a Christian
e mostrando una levetta nera
posizionata sulla base dell’oggetto. Pigiandola, la pista da
pattinaggio inizia
a girare e le luci delle finestre dalla scuola, le lanterne posizionate
sui
tornanti della montagna e le palline dell’albero di Natale,
si accendo e
spengono in alternanza.
-È
molto bello. Non è vero,
Chris?
Commenta
Angela, probabilmente
per sbloccare la situazione di imbarazzo. Christian infatti rimane
completamente immuto e immobile, tenendo tra le mani
l’oggetto.
-Lo
è.
Risponde,
con un fil di voce.
***
La
tempesta di neve infuria,
coprendo con rapidità tetti e strade con un fitto manto.
Dopo aver scartato
l’ultimo regalo, Kyle convince tutti quanti a giocare una
partita a Monopoly.
Il gioco, come si sa, è piuttosto lungo e la partita si
conclude soltanto
attorno alle due di notte.
-No
Kyle, è ora di andare a
dormire!
Esclama
Christian,
soffocando le suppliche del
figlio per poter
giocare un’altra partita. Tutti quanti accusando una certa
stanchezza e non
vedono l’ora di potersi finalmente infilare sotto le coperte.
Kyle cerca di
sfoderare tutte le sue armi, dalle suppliche, agli occhi dolci, senza
però
ottenere alcun risultato. Infine, dopo aver dato la buonanotte a
Jonathan e a
sua nonna, si decide ad andare a letto. Dormirà in camera
con Christian durante
la permanenza di Angela. Si chiude quindi nella stanza, portando con
sé il suo
nuovo iPad.
-Credo
che andrò a letto anche
io, buonanotte a tutti e due. Ci vediamo domani, Johnny?
Chiede
Angela.
-Non
lo so se…
Jonathan
cerca di rispondere, pur
non sapendo cosa dire. Christian nota il suo imbarazzo e
d’istinto, guardando
di nuovo la finestra, prende una decisione per la quale spera di non
pentirsi.
-Forse
faresti bene a fermarti,
sta nevicando molto.
Esclama,
tutto d’un fiato. Non
riesce però a sostenere lo sguardo di Jonathan.
-Non
vorrei disturbare.
Risponde
lui, rapidamente.
-È
casa tua…
Ribadisce
Christian, sempre più
insicuro. Angela, probabilmente accortasi della situazione li saluta di
nuovo e
si ritira nella stanza di Kyle. Christian senza aspettare
un’ulteriore risposta
da parte di Jonathan apre l’armadietto al di sotto del
televisore ed estrae una
coperta in pile, riservata generalmente alle pigre domeniche invernali
e gliela
porge.
-Buonanotte.
Aggiunge,
voltandosi
immediatamente per andare in camera da letto. Una volta entrato si
chiude la
porta alle spalle e fa un sospiro lungo, di sollievo. Sente che non
avrebbe
dovuto invitare Jonathan a restare a dormire, le cose tra di loro sono
ancora
troppo instabili e non vuole che Kyle si illuda, quando lui stesso
è ancora
incerto di cosa accadrà.
Nota
con sorpresa che la luce in
camera è spenta e Kyle si è già
addormentato. Ha ancora il suo iPad accesso tra
le mani. Christian sorride e si avvicina lentamente per non svegliarlo.
Sfila
l’apparecchio elettronico dalle dita di Kyle, lo spegne e lo
posa sul comodino,
dopodiché si sveste e si infila il pigiama. Si mette a
letto, sistemando la
coperta. Non ha sonno e quel poco di stanchezza avvertita poco prima
durante la
partita a Monopoly sembra essere svanita nel nulla.
-Grazie.
Afferma
Kyle. Christian si gira
verso di lui e nota che, nonostante stia parlando, tiene gli occhi
chiusi.
-Per
cosa, tesoro?
Domanda,
mettendosi di fianco.
Kyle però non risponde e torna invece a dormire. Christian
si gira di nuovo
sulla schiena e si ritrova a fissare il soffitto, incapace di fare
altro. Non
credeva di riuscire a passare inerme quella giornata verso la quale
provava in
parte angoscia e in parte terrore. Era certo che in un qualsiasi
momento
sarebbe impazzito, sbottando o scoppiando in lacrime. Non che non ci
siano
stati dei momenti, durante la cena, nei quali avrebbe voluto mandare
all’aria
tutto quanto per scappare via e andarsene fuori da quella casa, senza
una
destinazione, senza una meta. Tuttavia, si sente oltremodo felice che
tutto
quanto si sia risolto per il meglio. Kyle è sereno, da come
può notare dal
mezzo sorriso che ha nel sonno sulle labbra. La presenza e
l’aiuto di sua madre
è stato senza dubbio provvidenziale ma deve ammettere che
anche Jonathan si è
comportato in modo impeccabile. Pensa a solo un paio di ore prima,
quando è
scappato in cucina per sventare uno dei tanti attacchi di panico
avvertiti
durante la serata e guardandosi, si sono capiti alla perfezione, come
era
sempre stato. Inoltre Jonathan ha evitato di forzarlo, di intavolare
dei
discorsi con lui a forza, lasciandogli i suoi spazi e stando
ai suoi tempi, senza che nulla gli
fosse stato chiesto. Si tratta dell’ennesima prova che
nonostante tutto,
nonostante ciò è successo in
quell’ultimo anno, il Jonathan che ha sempre amato
e apprezzato, l’unica persona in grado di comprenderlo fino
in fondo, non se ne
sia mai andato. È proprio in onore di quel pensiero che ha
deciso di invitarlo
a restare per la notte. Certo, la sua decisione è dovuta
principalmente alla
sua naturale indole apprensiva, tuttavia una parte di sé,
nel profondo del suo
cuore, ha avvertito il bisogno che restasse. Non sarebbe stato Natale
senza
averlo in casa e poco importa che si trovi sul divano in sala e non
lì accanto
a lui, ciò che conta è la sua presenza.
Rimane
almeno una decina di
minuti ad osservare il soffitto, senza un particolare pensiero in
testa, finché
si ritrova a pensare al regalo ricevuto da Jonathan. Sa di non essersi
mostrato
particolarmente riconoscente ma in quel momento a prevalere era stato
lo
stupore. Pur rimanendo ogni anno incantato davanti alle vetrine di quei
piccoli
paesaggi,
non ha mai fatto parola a
nessuno del suo desiderio di possederne uno, nemmeno a Jonathan. Il
fatto che
gliel’abbia donato, significa davvero che le parole tra loro
non abbiano mai
avuto una reale importanza e che, dopotutto, durante tutti quegli anni
il loro
rapporto è sempre stato più forte di qualsiasi
frase mal pronunciata o
qualsiasi effimera sillaba. Gira il capo per osservare, sul proprio
comodino,
l’orologio a sveglia. Segna le tre e mezza. Continua a non
avere sonno e
qualcosa gli suggerisce che anche Jonathan, in salotto, si trovi nelle
sue
stesse condizioni. Facendo ben attenzione a non svegliare Kyle sposta
il
copriletto, scende ed esce, chiudendosi la porta pian piano alle
spalle.
Jonathan,
come da previsione, non
sta affatto dormendo. È seduto sul divano con la coperta di
pile sulle gambe e
sta giocherellando con il proprio accendino. Un pacchetto di sigarette
ancora
incartato si trova sul tavolino del salotto.
-Nemmeno
tu dormi?
Domanda,
avvicinandosi a lui.
Jonathan alza lo sguardo e annuisce, mascherando un piccolo sorriso che
cerca
di apparire sulle sue labbra. Christian si siede sul divano e prima che
possa
appoggiarsi, Jonathan gli porge un lembo della coperta in pile.
-Sto
combattendo una tentazione.
Spiega
Jonathan, indicando il
pacchetto di sigarette sul tavolino.
-Mi
sto impegnando per ridurre il
numero di sigarette al minimo. Certo, l’idea sarebbe quella
di smettere del
tutto ma… è dura!
Prosegue,
posando anche
l’accendino.
-L’ho
notato. Riesco a sentire
ancora il tuo profumo e non più quello delle sigarette.
Afferma
Christian. Jonathan pare
sorpreso dalla sua risposta e non ribatte.
-Oh
ehm… non ti ho ringraziato
per il regalo di Natale, è bello. Grazie.
Riprende
Christian, iniziando a
provare un certo imbarazzo per la situazione nella quale si trova.
-Non
devi dirlo per forza.
Lo
invita Jonathan,
immediatamente.
-No,
lo dico seriamente. Sai…
Fa
una pausa, prima di proseguire
a parlare e fa il possibile per guardare Jonathan negli occhi. Non
vuole
evitare il suo sguardo, non ne ha motivo.
-Mi
sono sempre piaciuti quei
paesaggi e ho sempre desiderato averne uno ma non sono mai stato in
grado di
scegliere e…
Jonathan
si inserisce nelle sue
parole, proseguendo la sua frase.
-Hai
sempre avuto paura che
comprandone uno avresti finito col riempire tutta casa.
Christian
si sorprende per quella
risposta. Il fatto che Jonathan abbia capito, un po’ lo
spaventa. Annuisce.
-Sì,
esattamente. Mi spiace aver
scelto per te un regalo tanto banale, io non sono…. forte
come te.
Confessa,
sentendosi sinceramente
dispiaciuto per aver comprato a Jonathan un semplice portafogli in
pelle.
-No.
Tu non sei forte come me, lo
sei di più.
Ribatte
Jonathan. Christian lo
guarda confuso, non capisce a cosa si stia riferendo.
-Quella
canzone nello spettacolo,
quelle parole. Le hai rivolte a me, non è vero?
Christian
cerca di aprir bocca
per rispondergli ma non ci riesce e infine cede, abbassando lo sguardo.
Jonathan lo sorprende di nuovo, prendendogli le mani da sotto la
coperta.
Intreccia le sue dita con le proprie.
-È
difficile anche per me e a
volte… sì, ho anche io l’impressione di
andare a fondo. Questo Natale poi è
stato strano, terribilmente strano ma sarebbe stato peggio, se non
fossimo
stati insieme.
Aggiunge.
Christian si fa
coraggio e lo guarda, abbozzando anche un debole sorriso, corrisposto
immediatamente da Jonathan.
-Mi
ha fatto stare bene vederti
sul palco e sentirti cantare. Sembravi davvero felice e a tuo agio
là sopra.
Christian
annuisce, senza però parlare.
Sente che Jonathan ha altro da dire, glielo legge sul viso.
-Anche
io sto cercando di
mettercela tutta, di fare del mio meglio per rimettermi in piedi.
È difficile e
a volte vorrei davvero buttare tutto all’aria e urlare un
sonoro: “Fanculo!”.
Christian
trattiene una risatina.
-Però
so che lo sto facendo per
un motivo, l’unico motivo per il quale mi sia mosso in tutta
la mia vita: tu.
Christian
spalanca la bocca,
rapito dalle parole di Jonathan che però, non sono ancora
terminate.
-Non
sappiamo ancora come
cambieranno le cose né cosa ci accadrà da qui ai
prossimi mesi. Perché la
strada è ancora davvero lunga però alla fine quel
che conta è stare insieme,
stare vicini, anche solo per un secondo. Sarei felice di stare con te
anche se
tu fossi muto e con le mani legate, incapace di toccarmi e di parlarmi.
Questa
volta è Christian a
stringere più forte le mani di Jonathan che infatti esita,
prima di proseguire
di nuovo a parlare.
-Noi
siamo destinati. Ce lo siamo
detti più volte e sono certo che possiamo farcela, prima o
poi io e te. Mi sono
sbagliato su tante cose nella mia vita ma mai su noi.
Christian
toglie una mano dalla
presa di Jonathan, la sfila dalla coperta e lentamente si avvicina al
viso di
Jonathan, per accarezzarlo. Il suo tocco è timido, insicuro
e dubbioso.
Jonathan però si avvicina ancor di più,
assicurandosi il suo tocco.
-Mi
prometti… che d’ora in poi le
cose miglioreranno, che tutta la sofferenza, il dolore e i rimpianti,
svaniranno, a partire da oggi?
Chiede,
con un fil di voce.
-No.
Non posso prometterti nulla,
perché le promesse servono a poco. Ti dico solo di fidarti
di noi, di credere
in noi.
Lo
corregge Jonathan, utilizzando
parole che lo colpiscono profondamente e che in un certo senso sono in
grado di
scaldare il suo cuore.
-Ora
però è tardi, credo sia il
caso di andare a dormire. Kyle si alzerà presto domani, lo
conosci.
Esclama
Jonathan. Christian
annuisce, ritirando il braccio. Si alza dalla divano, riposizionando la
coperta
sulle gambe di Jonathan. Il suo cuore sta battendo forte e nonostante
un grande
senso di malinconia lo opprima, al punto di voler piangere, inizia a
sentirsi
un po’ più sereno. Una volta raggiunta la porta
della camera da letto posa la
mano sulla maniglia ma esita prima di entrare, si gira di nuovo verso
di
Jonathan.
-John…
Lo
chiama, con voce debole.
Jonathan alza lo sguardo e attende una sua parola. Christian non ha
idea del
perché l’abbia chiamato e non riesce a dirgli
nulla ma gli sorride, con le
labbra, gli occhi e soprattutto il cuore.
-Buonanotte.
Dice,
alla fine.
-Buonanotte.
Ribatte
lui.
25 Dicembre, mattina
Sono
le nove di mattina. Jonathan
è andato via, per potersi cambiare e rinfrescare.
Tornerà però nel pomeriggio
per andare con tutta la famiglia a pattinare in centro. Christian si
sta godendo
la pace e la tranquillità della mattina, prima che tutti si
alzino, prima che
la giornata abbia inizio. È davanti alla porta finestra,
ancora con la tazza da
colazione in mano. Dà uno sguardo alle strade innevate,
sotto i suoi occhi. Lo
spazzaneve sta passando in questo preciso momento. Il suo sguardo si
posa poi
sul dono di Jonathan, il paesaggio natalizio, lasciato accanto
all’albero. Gli
è spontaneo sorridere.
-Se
n’è andato?
Domanda
Angela, uscendo dalla
stanza di Kyle e avvicinandosi a lui.
-Sì,
ma tornerà.
Risponde
Christian, senza
girarsi.
-Tutto
bene?
Chiede
la donna, appoggiandogli
una mano sulla spalla. Christian asserisce, con sincerità.
-Sai,
mi sono ripromessa di non
mettermi in mezzo nelle tue faccende personali ma credo mi perdonerai
se mi
permetto di dirti una cosa.
Propone
la donna. Christian si
gira per osservarla e la invita a parlare.
-Credo…
che l’emorragia si sia
arrestata e che la ferita ora abbia solo un gran bisogno di essere
medicata.
Christian
sorride, cogliendo al
volo la metafora di sua madre.
-Sì,
lo credo anche io.
Conferma,
sempre con il sorriso
sulle labbra.
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FINITO! Spero di non
avervi
annoiato troppo, 36 pagine Word (30, escludendo l’epilogo
già scritto da tempo)
sono veramente tante. Non credevo onestamente di arrivare a scrivere
tanto ma
quando ho iniziato a battere sulla tastiera le prime righe un fiume di
idee
ha iniziato a scorrermi in
testa e
ho fatto il possibile per organizzarmi e scrivere al meglio, cercando
anche di
dare un senso a tutto quanto.
Spero abbiate apprezzato
questa
mia storia che uno speciale ma prosegue un po’ dal finale di
“Hard to say I’m
sorry”. Vi confesso anche che ho ideato durante la stesura un
paio di spunti
per poter continuare a scrivere “Hard to say” o
meglio, scrivere una nuova
storia ma che ne sia il sequel. Ho fin troppi dubbi a riguardo,
perché il
finale l’ho pensato per anni e ne sono rimasta soddisfatta
però…. Non lo so
>.< Riprendere in mano questa storia e tornare a scrivere
di loro due
come sono ora mi ha un po’ fatta sentire nostalgica.
Maledetta me che mi
affeziono troppo ai miei personaggi!!! Se vi interessa magari
scrivetemelo, potrei pensarci :D (non dico che lo farò, dico
solo che potrei pensarci più seriamente)
Bene, ora vado con i
soliti
“appuntamenti”.
Ho già DUE
storie in mente per
questa raccolta ma non so se riuscirò a scriverle per questo
Natale. Quindi non
ho una data per il prossimo racconto. Per quanto riguarda
“I’ll Stand by you”
tornerò DOPO Natale, ovvero nella settimana dal 29 al 04,
probabilmente tra il
29 e il 31 perché il primo gennaio partirò e
starò via senza pc &co per una
settimana circa. Come sempre scrivo sull’altra storia,
LEGGETE LA PAGINA BIO
PER INFORMAZIONI E AGGIORNAMENTI!!
Non mi resta che
invitarvi a
farvi sentire, dicendomi se vi è piaciuto questo racconto e
soprattutto
auguravi un
BUON NATALE e semplicemente
BUONE FESTE, per chi non festeggerà.
Alla prossima, un
abbraccio.