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Autore: Hatsumi    23/12/2014    0 recensioni
Raccolta a tema natalizio con i protagonisti delle mie due storie originali qui su EFP "Hard to say I'm sorry" e "I'll stand by you". Ogni capitolo equivale ad un racconto relativo ad un preciso Natale (o Capodanno) ed è auto conclusivo.
Il primo racconto è relativo al Natale 2011 e si colloca dopo il capitolo finale di "Hard to say I'm sorry". Vi sconsiglio pertanto di leggere questo primo racconto se non avete terminato quella storia.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Jonathan & Christian'
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!! AVVERTENZE !!

Questa storia è una sorta di “speciale” di Hard to say I’m sorry. Se non avete letto quella storia FINO ALLA FINE, vi sconsiglio di proseguire nella lettura e vi invito a riprendere questo racconto solo quando avrete finito di leggere.

Per chi invece volesse leggerla come storia “one shot”, vi ho scritto qui sotto un breve e scarno riassunto.

Per tutti gli altri:  saltate direttamente questa parte in corsetto e il riassunto e andate alla storia. Noterete inoltre che ho aggiunto l’epilogo, che come vi avevo anticipato si colloca proprio nel mezzo della storia natalizia. Se l’avete già letto, saltate pure il pezzo :D

Vi avviso che essendo un racconto è MOLTO LUNGO, quindi abbiate pazienza ^^

Non mi resta che darvi “appuntamento” in fondo al testo e augurarvi

 

BUONA LETTURA!

 

BREVE RIASSUNTO

Jonathan e Christian sono una coppia omosessuale con alle spalle ben quindici anni di profonda e intensa relazione sentimentale e un figlio adottivo di quindici anni, Kyle.  Dopo un tradimento apparentemente inaspettato da parte di Jonathan i due si separano. La loro separazione dura all’incirca otto mesi durante i quali si susseguono innumerevoli scontri, confronti e confessioni. A seguito di una tragedia sfiorata, Jonathan e Christian si ricongiungono per decidere insieme le sorti della loro relazione traballante. Decidono di restare comunque separati, per poter vivere per la prima volta da esseri singoli e non come coppia, per imparare a conoscere se stessi. Ammettono però di essere ancora profondamente innamorati l’uno dell’altro, riconoscendo l’importanza reciproca nelle proprie vite. Nel frattempo Kyle, oltre a vivere il difficile momento familiare, inizia a sperimentare le prime cotte e le prime esperienze adolescenziali. Si scopre innamorato di un compagno di classe, Anthony, quarterback della squadra di football del suo liceo. Dopo non poche difficoltà i due intrecciano una tenera relazione sentimentale dalla durata breve, dal momento che Anthony viene mandato in collegio dai genitori che non accettano e non comprendono la sua sessualità.

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CHRISTMAS 2011

23 Dicembre

Christian sta facendo colazione. Non è seduto al tavolo, come di consueto ma sta gironzolando per casa con la tazza di caffellatte bollente in mano. Una moltitudine di pensieri si affollano nella sua testa ma nessuno di essi è sufficientemente forte da prevalere, facendo sì che il suo umore sia tutt’altro che stabile. Si ferma per un momento davanti alla portafinestra che conduce al balcone. Alza lo sguardo e osserva il cielo grigio e cupo che ormai aleggia sulla città da diversi giorni. Non è nevicato, nonostante la presenza di un aria frizzante e fresca. Christian ha un rapporto particolare con la neve, durante tutto l’inverno la teme e la maledice, perché rende impossibile tutti i suoi spostamenti, mentre nei giorni precedenti a Natale non può fare a meno di controllare puntualmente attraverso ogni porta o finestra disponibile la situazione meteorologica, sperando ogni volta di scorgere un fiocco, il primo piccolo e quasi invisibile fiocco che poi dovrà dare inizio ad una vera tempesta di neve. Adora vedere tetti, strade e alberi coperti di neve, gli ricordano quelle deliziose riproduzioni di paesaggi ottocenteschi che ogni anno ammira nelle vetrine addobbate per le feste di New York.

Non ha mai avuto il coraggio di comprare uno di quei modellini. Ha sempre temuto che se avesse iniziato a comprarne avrebbe dato il via ad una collezione incontenibile, essendo ogni piccolo paesaggio, ogni piccola riproduzione, un pezzo unico, meraviglioso e impossibile da lasciarsi sfuggire. Ne ha visti almeno un centinaio in quei suoi quindici anni a New York e crede non smetterà mai di incantarsi a fissarli ogni anno, rimanendo estasiato dalle luci, dai meccanismi e dai piccoli e impeccabili particolari.

-Profumo di biscotti allo zenzero!

Esclama Kyle, alle sue spalle. Christian si gira e lo vede uscire dalla sua stanza, stiracchiandosi come un gatto, ancora con il pigiama addosso. Dà poi uno sguardo all’orologio da parete sopra il tavolo in salotto e nota con sua gran sorpresa che sono solo le nove. È praticamente un miracolo che Kyle si alzi ad un orario ragionevole durante le vacanze.

-Sì, li ho preparati appena sveglio.

Risponde Christian, che infatti ha lasciato i biscotti ancora nella teglia, posati sul piano cottura per far sì che riposassero e raffreddassero. Kyle si precipita in cucina ed immediatamente ne preleva una manciata. I biscotti allo zenzero sono un tipico dolce natalizio americano, che Christian ha iniziato a preparare quando Kyle era ancora bambino, il primo Natale trascorso in sua compagnia. Avendo accolto un grande successo, non solo da parte di Kyle, sono immediatamente divenuti una tradizione e Christian solitamente li prepara la vigilia di Natale.

-Pensavo li preparassi domani!

Esclama Kyle, in modo incomprensibile avendo la bocca piena. Christian porta gli occhi al cielo, osservando l’ennesima cattiva abitudine del figlio.

-Per favore tesoro, finisci di masticare prima di parlare.

Lo rimprovera, dopodiché gli indica di mettersi a sedere, poiché le briciole dei biscotti stanno finendo su tutto il pavimento. Kyle mastica e ingoia il biscotto, dopodiché si siede.

-Li ho preparati oggi perché domani la giornata sarà abbastanza impegnativa, dovrò anche andare all’aeroporto a prendere la nonna.

Risponde Christian, mettendosi a sedere accanto al figlio. Appoggia la tazza ormai vuota sul tavolo e allunga una mano per afferrare uno dei biscotti ancora intatti, a forma di omino, al quale stacca una gamba.

-Ehi!

Esclama Kyle gelosamente, allontanando ciò che rimane del biscotto e rivolgendo a Christian uno sguardo che dovrebbe essere minaccioso mentre il realtà sembra soltanto buffo.

-Che c’è? Li ho preparati io, avrò pur il diritto di assaggiare!

Ribatte Christian, sorridendo per l’espressione buffa e infantile del figlio.

-Non pensavo saresti andato tu a prendere la nonna all’aeroporto. Di solito…

Si blocca, abbassando lo sguardo. Christian sa bene cosa Kyle volesse dire;  di solito era Jonathan a prendere l’auto e portare Angela a casa loro. Era sempre stato così e infatti era capitato in più di un’occasione che l’arrivo di Angela e, prima che si ammalasse, di Jack fosse una sorpresa per Christian. Jonathan semplicemente spariva durante la vigilia o il giorno precedente motivando la sua assenza con qualche scusa, per poi apparire solo un paio d’ore più tardi in compagnia dei genitori di Christian.

-È giusto che ci vada io.

Ribatte Christian, mangiando poi il pezzo di biscotto preso da Kyle.

-Ma lui verrà comunque a Natale.

Aggiunge Kyle, timoroso. Utilizza un tono tanto basso da sembrare un sussurro che Christian comunque riesce ad udire chiaramente.

-Kyle, lo sai che questo Natale sarà un po’ diverso.

Kyle annuisce, abbassando lo sguardo. Christian si alza, si avvicina di più al figlio e gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoglieli ulteriormente.

-Ci sarà qualche cambiamento ma sarà comunque un bel Natale. Vado a prepararti un caffellatte.

Va’ in cucina, apre il frigorifero ed estrae il cartone del latte, versa un po’ del contenuto nel pentolino lasciato sul fuoco e utilizzato da lui poco prima, accende il fornello e poi sospira. Nonostante stia cercando di restare positivo e rilassato in presenza di Kyle, in realtà ha più di un dubbio circa le festività di quell’anno. Non crede ad una parola di ciò che ha appena detto a suo figlio ed è lui probabilmente quello sentirà di più l’assenza di tutte quelle piccole attività di rito che ha svolto sempre con piacere negli ultimi quindici anni. Certo, passeranno comunque la Festa in compagnia di Jonathan ma lui ora non c’è e la sua assenza è impossibile da ignorare.

La verità è che se non si fosse buttato nella preparazione dei biscotti sarebbe impazzito. Si è meravigliato di se stesso per la calma mantenuta durante le ultime due settimane, dopo aver deciso di festeggiare il Natale con Jonathan, in casa. Avendo scelto di proseguire il congedo e di non andare a lavorare, come da previsione, ha avuto molto più tempo libero a sua disposizione e i momenti nel quali si è trovato da solo e abbandonato ai propri pensieri sono stati molti. Fortunatamente, fino a quel giorno, è sempre riuscito a mantenere integrità e compostezza. La parte più difficile è stata sicuramente la disposizione degli addobbi natalizi.

Si gira e osserva l’albero di Natale posizionato nell’angolo tra il divano e la portafinestra. Si tratta del solito abete artificiale da due metri, decorato con fiocchi, palline e luci rosse e bianche come da diversi anni a questa parte. L’albero, insieme alla ghirlanda collocata all’esterno sulla porta d’ingresso, è l’unico vero simbolo natalizio in quella casa per quell’anno. Non se l’è sentita di tirare fuori tutto quanto e lo stesso albero è stato addobbato in poco meno di una ventina di minuti, solo un paio di giorni prima.

Le palline di neve, le candele a forma di angelo, il centro tavola con pigne, aghi di pino e agrifoglio, le tovaglie e i runner rossi e tantissime altre decorazioni generalmente riservate al periodo di Natale sono rimaste nel solito scatolone bianco, nel ripiano più altro della cabina armadio etichettati con l’oramai sbiadito pezzo di nastro da pacco marrone sotto la scritta “Xmas”. Aveva tentato di prenderlo, cercando di fare finta che tutto fosse regolare, che si trattasse di un Natale come gli altri ma non riuscendo a raggiungere lo scatolone senza l’aiuto di una scaletta, il suo pensiero l’aveva immediatamente portato a Jonathan, alla sua assenza. Era lui a posare le cose nei ripiani più alti, era stato lui a mettere quello scatolone in quel posto e sarebbe stato lui, se tutto fosse rimasto invariato, a recuperare quella scatola. Decidendo di ignorare quel ricordo aveva deciso di lasciar perdere, preferendo occuparsi esclusivamente dell’albero, riposto in cantina in un armadietto facilmente accessibile.

Osservare l’ambiente così spoglio, però, non fa che alimentare la sua tristezza e finalmente un pensiero inizia a prevalere su tutti quanti.

“Sarà sempre così, ti devi abituare.”

Una voce nella sua testa gli suggerisce che la situazione che sta vivendo, ai suoi occhi ancora precaria e volta al miglioramento, diventerà permanente. Tutti i bei momenti di festa e di amore, di calore familiare, passati con Jonathan sono solo un bel ricordo e ciò che accadrà da lì ai prossimi anni sarà solo tristezza, amarezza e desolazione. Distoglie lo sguardo, giusto in tempo per evitare che il latte preparato per Kyle ormai giunto ad ebollizione strabordi dal pentolino. Si affretta a spegnere il fuoco, recupera una tazza dallo scolapiatti e versa il contenuto in essa, aggiungendo poi un po’ di caffè avanzato e lasciato nella moka elettrica. Prima di raggiungere Kyle, però, dà uno sguardo al proprio riflesso nella porta di luminoso acciaio del frigorifero, dà una sistemata ai capelli e fa del suo meglio per mostrare un sorriso. Kyle ha già sopportato abbastanza negli ultimi mesi e vuole che almeno il  Natale trascorra in modo sereno.

***

Jonathan è seduto al tavolo del suo loft. Al centro di esso è posizionato il regalo di Natale di Kyle, un iPad 2. Ha comprato quell’oggetto di impulso, sicuro che a Kyle sarebbe piaciuto e che l’avrebbe apprezzato. Ha effettuato l’acquisto in largo anticipo, riuscendo anche a comprare una custodia da abbinargli, nera in pelle con il supporto da tavolo. Per tutto il tragitto dal negozio di elettronica a casa si era sentito soddisfatto per il proprio acquisto in quel momento però, a poco meno di ventiquattro ore alla consegna del regalo, inizia ad avere dei dubbi.

Avendo ripreso a frequentare Kyle regolarmente, ha avuto modo di ascoltare i suoi desideri e prestare attenzione alle sue richieste. Kyle non è mai stato il tipo di persona in grado di celare i propri desideri e sin dall’infanzia, dopo aver preso confidenza con Christian e lui, ha sempre espresso a gran voce le sue preferenze. In realtà il vero e proprio regalo è una piccola auto utilitaria, comprata e ordinata poco dopo il conseguimento della patente di guida di Kyle e in consegna nel mese successivo. Proprio perché l’auto verrà consegnata dopo Natale, sia lui sia Christian hanno convenuto di prendere comunque un regalo di  Natale per Kyle per permettergli di avere un dono da scartare, essendo sempre stato per lui il momento dell’apertura dei regali qualcosa di magico, che aspetta con ansia per settimane. È però la prima volta che Jonathan si ritrova a dover scegliere un regalo per Kyle completamente solo. Non è mai stato bravo a scegliere il regalo giusto. Ha spesso paura di acquistare qualcosa di troppo o qualcosa di eccessivamente simbolico. Per sua fortuna ha sempre pensato Christian ai regali, suggerendo l’alternativa migliore. Non ha parlato con lui del regalo per Kyle e quindi non sa cosa lui possa aver scelto. Ha paura che abbiano avuto la stessa idea e al tempo stesso non ha il coraggio di fargli una telefonata per chiedere.

Una parte di lui lo porta a credere che Christian non avrebbe potuto scegliere un dono tanto costoso per Kyle, specialmente perché attualmente ha preso una pausa dal suo lavoro, un congedo. Un'altra, proprio per questo motivo, gli pone il dubbio di aver esagerato, di aver strafatto. L’auto per Kyle è stata di certo una spesa importante e un piccolo pensiero sarebbe quindi stato sufficiente. Inizia a temere che Christian possa avergli regalato qualcosa di molto più semplice e teme che presentandosi con quel prodotto high-tech ed estremamente snob possa offenderlo o sminuirlo agli occhi di Kyle. Allunga il braccio per afferrare la scatola, piccola sottile ed estremamente leggera, che passa e ripassa tra le mani per almeno la ventesima volta nell’ultimo giorno. Sbuffa, appoggiandola di nuovo sul tavolo. Non ha idea di cosa fare ma è certo che la risposta non la troverà in quel momento, motivo per cui sceglie di nuovo di rimandare.

Si alza ed inizia a camminare nervosamente lungo il salone. Il suo appartamento affaccia su Manhattan e New York è, come risaputo, una città assolutamente devota alle festività. Il periodo natalizio in particolare la città e il suo centro più rinomato, si addobbano a festa rendendo impossibile a chiunque dimenticare il giorno di Natale tra:  mercatini, addobbi, illuminazioni, ghirlande, alberi decorati, le numerose piste da pattinaggio, le bancarelle che vendono eggnogg e le vetrine dei negozi stracariche di festoni di pacchi regali dai colori sgargianti e non ultime musiche natalizie martellanti e onnipresenti. Jonathan guarda ancora la città e poi il suo appartamento, totalmente spoglio di qualsiasi simbolo natalizio.

Tutte le decorazioni e gli ornamenti che ha comprato sono rimasti nell’altra casa, nell’appartamento che ancora ritiene suo. Per poter decorare il loft avrebbe dovuto sceglierne e comprarne di nuove e non ha avuto il coraggio né l’interesse di farlo. La procedura di decorazione è sempre stato uno dei compiti di Christian, una delle sue attività preferite che svolgeva con grande gioia ed entusiasmo. Lui si limitava ad aiutarlo qua e là, spostando oggetti o passandogli qualche pallina o luce. Non ha mai decorato un albero di Natale da solo, nemmeno da ragazzo a casa sua in Texas poiché era la servitù ad occuparsi del gigantesco abete in sala. Se anche decidesse di comprare un albero, non avrebbe la benché minima idea di come addobbarlo e finirebbe per creare un accozzaglia di cose poco piacevoli alla vista o addirittura lascerebbe il lavoro incompleto. Inoltre darebbe il via ad una nuova abitudine, abbandonando definitivamente tutti i riti che l’avevano accompagnato in quegli ultimi quindici anni della sua vita.

Ha già un suo albero, delle palline e dei decori e non se la sente di comprarne degli altri, non riuscirebbe mai a sentirli propri e ad affezionarvisi come ha fatto con i bastoncini di zucchero plastificati comprati con Christian durante il loro secondo Natale insieme o ancora alle tre casette di marzapane create da Kyle alle elementari. Sa bene che probabilmente questo suo rifiuto in realtà è un semplice disperato tentativo di rimandare qualcosa che potrebbe dover affrontare l’anno successivo, ma ancora non si sente pronto e non vuole sentirsi tale. Sospetta però che anche Christian si trovi nelle sue stesse condizioni, pur avendolo trovato insolitamente tranquillo durante la sua ultima visita a casa. Ha notato che nonostante mancasse poco più di una settimana a Natale, nell’appartamento non era comparso nulla di natalizio. Si era aspettato almeno le palline con la neve o le tovagliette rosse sul tavolino e sotto il mobile della tv, generalmente le prime a comparire. Eppure, nulla. Sicuramente quando andrà di nuovo l’indomani troverà tutto quanto, perché non crede che Christian rinuncerebbe mai ai decori natalizi, se non altro per non turbare ulteriormente Kyle. Ha tuttavia trovato insolito quel ritardo, per niente da Christian.

Raggiunge il cappotto posato un paio di ore prima sulla spalliera del divano, allo scopo di recuperare  un pacchetto di sigarette. La tensione si sta facendo insostenibile e avverte il forte desiderio di fumare una sigaretta per distendere i nervi. Nell’ultimo periodo ha ridotto drasticamente il consumo di sigarette, perché si è reso conto di aver ecceduto troppo, era arrivato a fumare più di un pacchetto e mezzo al giorno a settembre e la sua salute iniziava ad accusarne i colpi. Il pacchetto che trova in tasca, infatti, ne contiene una solamente. Non ne fuma più di quattro o cinque al giorno e, nel caso le finisse, cerca di non correre disperatamente verso il primo distributore disponibile per comprarne delle altre. Dopo qualche attimo di contemplazione decide di chiudere il pacchetto e di riporlo di nuovo nella tasca nella quale l’ha trovato. Quella è la sua ultima sigaretta per quella giornata ed essendo solo le tre di pomeriggio preferisce conservarla per la sera, quando sa che i pensieri si faranno più pesanti e più persistenti. Riponendo il pacchetto estrae anche involontariamente un biglietto di carta.

Si tratta dell’invito allo spettacolo di beneficenza di Natale realizzato da un gruppo del centro gay e lesbiche di New York per l’indomani, nel quale Christian canterà. Quando ha ricevuto l’invito, circa un paio di settimane prima, era rimasto stupito da quella notizia. Da veramente tantissimi anni non ha più avuto il piacere di sentir cantare Christian seriamente, come una volta. Escludendo le canzoncine cantate a Kyle, le sue capacità vocali sembravano essere sparite per sempre. Jonathan ha sentito spesso la mancanza di quell’elemento che forse era stato il primo a colpirlo in Christian, escludendo i suoi occhi. Sentirlo cantare gli ha sempre fatto piacere e anche in questo momento, leggendo l’intestazione del biglietto e pensando a Christian e alla sua voce così particolare, il suo cuore inizia a battere. Si sente un po’ sciocco ma temeva che un momento del genere non l’avrebbe mai più rivissuto e anche se le cose sono cambiate, anche se la situazione tra lui e Christian non è ancora delle più rosee, sapere che canterà e che per secondo riuscirà a riportargli alla mente ciò che sono stati, permettendogli un ipotetico viaggio nel tempo, lo rincuora.

***

Kyle si trova a casa di Morgan. I genitori della ragazza staranno fuori tutto il giorno per svolgere le ultime compere, il che ha permesso ai due ragazzi di trascorrere l’intero pomeriggio insieme bevendo cioccolata, mangiando biscotti e guardando vecchi film natalizi che amano da quando erano bambini come “Il Grinch” ed “Elf”. In questo momento sono seduti sul divano del salotto, avvolti in una copertina di pile rossa, Kyle da un lato e Morgan dall’altro. La loro maratona filmica per il momento è terminata e stanno semplicemente chiacchierando, godendosi il bel momento di amicizia.

-Vorrei poter stare così tutte le vacanze.

Esclama Morgan sbuffando e tirando il proprio lato della copertina fin sopra al naso.

-Non essere sempre così tragica! Andrai a trovare i tuoi nonni in Montana, è un bel posto per passare il Natale. Ci sono laghi, montagne, casette di legno…

Kyle cerca di rincuorare l’amica, ben poco propensa a partire.

-Anche a New York c’è tutto questo!

Esclama a gran voce la ragazza, emergendo di nuovo dalla coperta.

-A New York è tutto costruito, laggiù invece è molto più naturale. Sai che ti divertirai, dai! E poi, scusa, dopo esserti lasciata con Ethan hai detto che ti sarebbe servita una vacanza.

Le ricorda Kyle, stiracchiandosi. Da diverse ore si trovano sdraiati in modo scomposto su quel divano e le sue articolazioni si sono completamente addormentate.

-Avrei preferito una vacanza in qualche posto esotico, non in uno sperduto paesino di montagna in confine con il Canada dove temo dovrò fare una gita! Ti ho già detto quanto odio il Canada e i miei cugini candesi, vero?

Kyle annuisce. Da circa un mese Morgan è stata informata della partenza per il Montana, durante le vacanze di Natale. La famiglia della madre di Morgan proviene proprio da quello Stato e buona parte dei parenti risiede in Canada. Morgan non ha fatto che lamentarsi dei suoi cugini canadesi, giorno dopo giorno nell’ultimo periodo. Kyle non crede realmente che tutti quanti siano così noiosi o terribili come la ragazza glieli ha descritti, sa bene che Morgan spesso tende ad esagerare ed è sicuro che quando si rivedranno, dopo Capodanno, i suoi discorsi saranno estremamente positivi.   

-Magari ti insegneranno un po’ di francese, chérie.

Cerca come sempre di mostrarle il lato positivo di tutta quella faccenda per lei tanto scomoda ma il suo tentativo ottiene risultati opposti, facendo alterare ancor di più la ragazza che lancia la coperta e balza a sedere diritta.

-Cosa? Stai scherzando? Come loro solito utilizzeranno i loro “fi fi fi” e “qua qua qua” per prendersi gioco di me alle mie spalle, perché sanno che non capisco nulla!

Kyle scoppia a ridere per la terribile imitazione dei suoni del francese di Morgan, che di risposta assume un’espressione indignata ed irritata.

-Pensa… che almeno tu hai una famiglia unita e felice che non vede l’ora di passare le feste con te. Vuol dire molto, sai?

Non voleva tirar fuori un argomento del genere, perché non era sua intenzione mettere Morgan a disagio eppure, non è riuscito a farne a meno.

-Oh, Kyle…

Commenta lei, abbandonando tutto il suo spirito combattivo.

-Quanto sono stupida! Non ho fatto altro che romperti le scatole con le mie paranoie e le mie lamentele, raccontandoti di tutte le stupide usanze della mia famiglia quando tu… oh, Kyle! Scusami tanto.

Kyle scuote il capo, sorridendole.

-No, nessun problema. Non l’ho detto per farti sentire in colpa ma solo perché volevo che ti rendessi conto che quello che hai è prezioso.

La ragazza annuisce. Si avvicina di più a Kyle e gli stringe le mani, nel tentativo di dimostrargli tutto il suo appoggio e il suo affetto.

-Vorrei rimanere a New York anche per stare con te. Kyle, anche se io andrò via domani sera sappi che ci sempre per te, ventiquattro ore su ventiquattro! Chiamami quanto vuoi ok? Anzi, vediamoci già domani prima di pranzo! Staremo insieme fino alla mia partenza, ti va?

Kyle scuote il capo. Ha un impegno per quell’ora, impegno che non ha ancora comunicato a Morgan.

-Cosa? Perché no?

Domanda la ragazza preoccupata. Kyle avrebbe voluto non dirle niente, avendo deciso di tenere tutto per sé ma sa che prima o poi la cosa sarebbe saltata fuori così, preparandosi per una reazione sicuramente eccessiva da parte sua, decide di confessarle tutto.

-Vedrò Anthony.

Risponde, cercando di mostrarsi impassibile. Morgan dapprima spalanca la bocca poi stringe ancor più forte le mani di Kyle, iniziando ad urlare.

-Cosa? Ma quando? Come? Perché? Per quale motivo non me l’hai detto?

La tempesta di domande di Morgan travolge Kyle, che non sa come né a cosa rispondere.

-Ho letto sulla sua pagina Facebook che tornerà per le vacanze di Natale e… gli ho mandato un messaggio.

Confessa, con sincerità.

-Oh e… cosa vorresti dirgli?

I modi di Morgan si ammorbidiscono e il suo tono di voce riprende una tonalità accettabile e non  più assordante.

-Sinceramente? Non ne ho idea. Credo di aver bisogno di vederlo e magari, una volta davanti a lui, troverò le parole.

Spiega Kyle, facendo spallucce. Morgan storce il naso e gli rivolge un’occhiata dubbiosa. Una smorfia di dissenso  pian piano si forma sul suo viso.

-Non credo tu possa dargli una giustificazione valida per non esserti presentato a salutarlo.

L’affermazione di Morgan non offende Kyle, sa che l’amica ha ragione.

-No, lo so. Però non posso lasciarmi scappare l’occasione di vederlo di nuovo. Chissà se sarà cambiato, durante questi ultimi tre mesi.

Pensa, sospirando.

-Mi dovrai raccontare tutto quanto, domani pomeriggio quando ci vedremo per salutarci. Promettimelo!

Esclama Morgan, con tono deciso, distogliendo Kyle dalle sue fantasie e dalle sue ipotesi. Il ragazzo le sorride e annuisce.

-Ci puoi giurare!

***

Christian ha appena raggiunto il piccolo teatro di quartiere che ha iniziato a frequentare da circa due mesi a questa parte. Si tratta in realtà di una vecchia palestra scolastica, dismessa e ceduta ad un gruppo del centro gay e lesbiche di New York che si occupa di incontri ed eventi.  Christian non ha mai frequentato quel tipo di associazioni, pur facendone parte da diversi anni. Non gli è mai interessato e ha sempre trovato tutto quanto un enorme spreco di tempo.

In effetti con il lavoro in università, la casa da gestire e ovviamente Kyle da seguire, ad eccezione del weekend non ha mai avuto troppo tempo libero a disposizione. I suoi limitati momenti di libertà li ha sempre trascorsi sistemando, facendo compere o leggendo qualche libro. Avendo deciso di non rinunciare al suo anno di congedo, si è ritrovato tutto d’un tratto ad avere così tanto tempo libero a disposizione da non saper più come impiegare tutte quelle ore di nullafacenza.  Dopo un primo mese nel quale ha ribaltato da cima a fondo ogni singolo cassetto, mobile e angolo di casa occupandosi di riparazioni, sostituzioni e qualsiasi tipo di cambiamento utile, la noia ha iniziato a prendere il sopravvento. Christian non è mai stato abituato a restarsene con le mani in mano e sebbene si sia goduto un paio di pigre giornate sul divano, al terzo giorno ha iniziato ad avvertire il bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Così, spulciando tra la posta, dividendo come di consueto le lettere delle bollette da quelle della pubblicità, gli è capitato in mano l’ennesimo volantino di invito alla sezione del centro gay e lesbiche del suo quartiere. Il volantino in questione invitava ad un incontro nel quale si sarebbe parlato di un ipotetico spettacolo natalizio di beneficenza, il cui ricavato sarebbe stato da destinarsi alle “famiglie arcobaleno” in difficoltà. Dopo averci pensato e ripensato per un paio di giorni, aveva deciso di partecipare all’incontro e nonostante la diffidenza iniziale, si era trovato bene.

Il gruppo nel quale è entrato a far parte non conta più di una ventina di membri, all’attivo. Si tratta di uomini e donne alla mano, socievoli e ben disposti ad aiutare il prossimo. Dopo un paio di serate nelle quali è rimasto in disparte, limitandosi ad ascoltare i discorsi degli altri e magari asserire di tanto in tanto, ha iniziato a farsi sentire, proponendo e discutendo, inserendosi quindi in modo attivo nelle discussioni. Si è da subito interessato all’organizzazione dello spettacolo di beneficienza natalizio, offrendo i suoi consigli di artista e di amante della musica e delle arti visive. Inizialmente non intendeva partecipare direttamente allo spettacolo, voleva che il suo contributo rimanesse dietro alle quinte. Non cantava da ormai diversi anni e l’idea di farlo di nuovo lo imbarazzava. Successivamente però, a seguito di alcune assenze durante le prove, si era trovato a sostituire alcune voci del coro. Le sue capacità canore erano state da subito notate da diversi membri del gruppo che l’avevano spinto a farsi sentire meglio, a provare un pezzo da solista. Il risultato è stato che da semplice sostituto di un corista, è diventato la voce principale dell’intero spettacolo.

 Christian entra nel locale, notando che quasi tutto il gruppo è già arrivato e pronto a sostenere l’ultima prova prima della grande serata. Il teatro è piuttosto spazioso, i posti a sedere sono all’incirca trecento e l’ambiente in generale possiede un’aria moderna e fresca. Non si tratta di uno di quei vecchi teatri polverosi che spesso si trovano nei quartieri periferici delle grandi città. Christian si sente sorprendentemente a suo agio in quel posto e sorride, nell’osservare il montaggio delle scenografie sul palco. Velocizza il passo e raggiunge subito il gruppo, per rendersi utile.

-Già all’opera?

Chiede, presentandosi. Tutti i presenti lo salutano ma il primo a rivolgergli la parola è Lamar, l’effettivo leader del gruppo, nonché presidente del distaccamento del quartiere.

-Certo! Tu sei la nostra star e puoi farti attendere ma noi altri dobbiamo rimboccarci le maniche!

Christian sorride. Non è la prima volta che Lamar lo definisce “la star”, sa che sta scherzando e ribatte quindi a tono.

-Se le cose stanno così allora posso anche sedermi e aspettare di essere richiesto in scena!

Pronuncia la frase utilizzando un parlata finto-snob, dopodiché si siede su di una delle poltroncine in prima fila a gambe accavallate e sospira.

-Mi spiace deluderti, Lana Turner, ma questo è solo uno spettacolo di quartiere, quindi alza le tue chiappette snob e va’ dietro le quinte a prendere un pannello.

Christian scoppia a ridere dopodiché si alza e si dà da fare. Tra lui e Lamar si è creato un bel rapporto di amicizia e di complicità, nonostante si conoscano da pochi mesi e i loro incontri si limitino ad un paio di sere a settimana, in quel teatro. È stato la prima persona a presentarsi a lui, a rivolgergli la parola e in un certo senso ad introdurlo nel gruppo. Il gruppo del centro, infatti, è piuttosto compatto e quasi tutti i membri si conoscono da diversi anni. Christian temeva che sarebbe stato difficile introdursi tra di loro ma grazie a Lamar e alle sue battute rompighiaccio, non ha avuto troppe difficoltà ed è stato accettato quasi subito da tutti quanti.

Lamar è un uomo di circa quarant’anni piuttosto avvenente, di etnia afroamericana e parecchio alto, con capelli castani e profondi occhi nocciola. Ha un fisico curato e probabilmente frequenta spesso la palestra. Non è solo un bell’uomo ma anche e soprattutto una brava persona. In qualità di presidente del distaccamento di quartiere da più di una decina d’anni, si è sempre impegnato per aiutare la sua comunità. Ha spesso organizzato raccolte di beneficienza e incontri per adolescenti alle prese con l’accettazione della propria identità sessuale. Inoltre gestisce e redige un piccolo giornale semestrale che spedisce tramite posta a tutti i soci dell’associazione, una testata gratuita che chiede in cambio solo una piccola offerta libera per aiutare nella gestione del centro.

-Aspetta, Maggie, lascia fare a me!

Esclama, correndo in soccorso della donna. Margareth, detta Maggie, è un altro membro del gruppo e si occupa in particolare delle ragazze più giovani del centro. È una donna socievole, sulla cinquantina, una persona gentile e dall’innegabile aria materna. Non per niente vanta una prole di ben quattro figli.

-Oh, grazie Christian, sei un tesoro!

Christian la aiuta a sollevare il pannello e a posizionarlo sul palco.

-Sono venuti bene, non pensi?

Domanda, osservando l’ultimo pezzo dello scenario. Si tratta di alcune sagome stilizzate della città di New York che ha personalmente disegnato e dipinto.

-C’è forse una cosa che non sai fare, Christian?

Chiede Maggie, sorridendogli.

-Veramente ce ne sono parecchie ma… grazie per il complimento!

Il tempo di contemplazione è però molto breve, infatti Lamar chiama presto tutti i partecipanti allo spettacolo per cominciare a provare.

Le prove durano complessivamente un paio d’ore, dopodiché tutti quanti si apprestano a sistemare, dopo aver portato a termine gli ultimi preparativi. Il centro rapidamente si svuota, gli ultimi a rimanere sono Lamar, Maggie, Barbara che ha il ruolo di vicepresidente e ovviamente Christian.

-Bene ragazzi, direi che possiamo anche tornarcene a casa!

Esclama Lamar, spegnendo le luci a riflettore del palco e tirando le tende del sipario.

-Meno male! Ho già visto sul mio cellulare un paio di chiamate perse da parte dei miei figli e di mia moglie, spero che non abbiano dato fuoco alla casa in mia assenza!

Esclama Maggie, riponendo il cellulare nella propria borsa.

-Immagino non sia facile occuparsi di così tante persone. Io ho un solo ragazzo, già abbastanza grande, che comunque a volte fa per tre.

Commenta Christian, pensando a Kyle.

-Lo stesso vale anche per mia figlia Jessica! La sua adolescenza sa essere una vera sfida, il più delle volte. Pensate che ho dovuto quasi litigarci per convincerla a venire allo spettacolo domani sera! Porterete anche voi le vostre famiglie?

Domanda Barbara. Maggie annuisce immediatamente e cerca di ribattere ma Lamar la precede, inserendosi nel discorso.

-Verrà anche la tua famiglia, Christian? Potremmo finalmente fare la loro conoscenza?

Domanda, raggiungendo il gruppo.

-Ci sarà mio figlio ovviamente e mio… marito.

Esita, prima di pronunciare la parola “marito”. Nonostante la sua situazione complicata con Jonathan e la loro attuale separazione, sono ancora legalmente sposati e quindi è, a conti fatti, ancora suo marito. È la prima volta in due mesi che si trova dover affrontare l’argomento. Presentandosi il primo giorno ha dichiarato di far parte di una famiglia lgbt ma non hai mai parlato nello specifico della sua situazione familiare.

-Oh, verrà anche mia madre dalla California per le feste e naturalmente la porterò qui!

Aggiunge, facendo il possibile per mascherare il suo attimo di difficoltà, sperando che nessuno si sia accorto della sua esitazione.

-Wow, una persona che verrà così da lontano per vedere il nostro spettacolo!

Esclama Maggie, con entusiasmo.

-Tu Lamar, porterai qualcuno della tua famiglia?

Domanda Christian, spontaneamente. Anche Lamar non parla mai della propria situazione familiare e Christian si è chiesto più volte se avesse qualcuno a casa ad aspettarlo.

-No, sfortunatamente dovrete accontentarvi solo della mia presenza.

Risponde, frettolosamente. Dopodiché tutti quanti si salutano e ognuno prendere direzioni differenti, per raggiungere auto o mezzi pubblici. Christian prima di mettere in moto dà un ultimo sguardo alla struttura nella quale è collocato il centro. Gli era capitato diverse volte di passarvi davanti nel corso degli ultimi anni ma mai pensava che ci avrebbe messo piede per davvero. In realtà deve molto a quel posto e al suo nuovo gruppo di amici, poiché se non fosse stato per la loro presenza e per quei due impegni settimanali, probabilmente sarebbe caduto nello sconforto, sempre intento a pensare alla sua situazione controversa.

 

24 Dicembre

-Mamma!

Christian cerca di attirare l’attenzione di sua madre, che è appena comparsa dal gate. La donna si guarda attorno cercando di capire da dove provenga la sua voce dopodiché, una volta riconosciuto il viso del figlio tra la folla, sorride e lo raggiunge.

-Chris!

Esclama Angela, abbandonando a terra il trolley per poter abbracciare con forza il figlio. L’abbraccio dura almeno un minuto, un abbraccio intenso del quale entrambi sembrano aver bisogno.

-Com’è stato il viaggio?

Domanda poi Christian, affrettandosi a recuperare la valigia della madre.

-Chiassoso ma… senza intoppi!

Risponde lei, continuando a sorridergli. I due non si vedono da luglio, dal funerale del padre di Christian, Jack. Angela nonostante sia ormai vicina alla settantina conserva ancora tutta la sua bellezza e tutto il suo fascino. Nonostante le numerose ore di viaggio è vestita e truccata in modo impeccabile, sfoggiando come sempre un brillante rossetto rosso e una delle tante spille tempestate di brillantini tra i capelli impiegata per fermare un elegante chignon. Christian ha sempre invidiato l’eleganza naturale di sua madre, dote che sa purtroppo di non aver ereditato.

-Mi ero dimenticato di quanto fosse affollato il JFK durante le feste.

Commenta Christian, iniziando ad incamminarsi verso l’uscita e invitando la madre a seguirlo. In effetti l’aeroporto è ancor più popolato del solito, schiere di persone partono e tornano senza sosta. L’aria festiva di New York, inoltre, non si è certo dimenticata di fermarsi nel suo aeroporto principale: lunghe ghirlande di aghi di pino adornano i tornelli dei gate e delle maestose installazioni luminose scendono dal soffitto riempiendo l’ambiente con una calda luce dorata, per non parlare delle melodie natalizie, riprodotte senza sosta dagli altoparlanti tra un annuncio e l’altro.

-Anche io. Non vengo a New York a Natale da un paio di anni.

Commenta Angela, salendo sull’auto di Christian. Prima di mettere piede nell’abitacolo scruta tutto il veicolo, con interesse. Non è mai salita sulla sua auto  e anzi, da quanto possa ricordarsi, non è mai salita a bordo di una qualsiasi auto guidata da Christian.

-Non è esattamente quello a cui ti sei abituata, vero?

Domanda lui, accortosi dell’esitazione della madre. La sua auto, a differenza di quella di Jonathan sulla quale Angela era abituata salire, è molto più piccola. Si tratta di un modello di Toyota Corolla, comprata almeno tre anni prima, un veicolo comodo e pratico che Christian riesce a parcheggiare senza difficoltà anche nei più stretti posteggi del centro.

-Non l’avevo mai vista la tua auto, tutto qui.

Spiega Angela, sperando di non sconvolgere ulteriormente il figlio.

Christian non ribatte e mette in moto l’auto. Il tragitto dall’aeroporto a casa è di all’incirca tre quarti d’ora. Nonostante sia la vigilia di Natale, sono solo le nove di mattina e buona parte dei negozi aprirà non prima delle dieci, ritardando quindi l’affollarsi di compratori dell’ultimo minuto. Christian ha comprato i propri regali di Natale in anticipo, come suo solito, per aver la possibilità di scegliere con tutta calma e soprattutto per assicurarsi che ogni dono scelto fosse ancora disponibile.

-Kyle, c’è la nonna!

Esclama Christian entrando in casa e aspettando che sua madre entri a sua volta, prima di portar dentro la valigia e chiudere la porta. Nessuna risposta.

-Kyle?!

Lo chiama nuovamente, alzando il tono di voce. Immediatamente si precipita nella sua stanza per cercarlo ma non lo trova. Non è nemmeno in bagno, né in cucina. Christian inizia a preoccuparsi, non essendo stato informato di una sua eventuale uscita.

-Vorrei proprio sapere che fine abbia fatto quel ragazzo!

Esclama poi, in uno stato d’animo misto tra la collera e la preoccupazione. Angela si guarda attorno, dopodiché nota un biglietto bianco sul tavolo della sala da pranzo, lo afferra e lo legge.

-“Sono uscito per alcuni acquisti, torno per l’ora di pranzo. Kyle”

Legge ad alta voce, permettendo quindi anche a Christian di venire a conoscenza del contenuto del biglietto.

-Oh, bene! Con tutti i mezzi che la tecnologia offre al giorno d’oggi mi lascia due righe sul tavolo, senza avermi neanche anticipato nulla!

Borbotta Christian, infastidito. Angela posa il biglietto sul tavolo e sorride, divertita dall’eccessivo momento di collera del figlio.

-Oh, Chris! Tu con me hai fatto anche peggio.

Commenta, difendendo il comportamento di Kyle. Christian aggrotta la fronte e le rivolge uno sguardo stupito.

-Vuoi giustificarlo? Ma dai! Sapeva che saresti arrivata e non si è neanche fermato per salutarti. Io di certo non l’ho educato così.

Ribatte. Dopodiché prende la valigia di sua madre, lasciata davanti all’ingresso, per portarla in camera di Kyle, dove Angela dormirà durante il suo periodo di permanenza.

-Gli avevo anche chiesto di rifare il letto e dare una sistemata! Qui dentro sembra essere esplosa una bomba!

La cameretta di Kyle infatti è completamente sottosopra. Il pavimento e la sedia della scrivania sono coperte di vestiti, il letto è sfatto e le coperte sono appallottolate ai piedi di esso. Per non parlare di libri e fogli pasticciati su qualsiasi superficie disponibile. Christian per poco non calpesta la tavoletta grafica di Kyle, nel tentativo di fare un po’ d’ordine.

-Anche io lasciavo la camera in questo stato, mamma?

Domanda con soddisfazione alla madre, invitandola ad osservare lo scenario ben poco piacevole. Angela scuote il capo.

-Eri abbastanza ordinato, anche se di sicuro non eri affatto il perfettino rompiscatole che sei adesso.

Christian ignora l’appunto della madre e continua a sistemare, per quanto possibile.

-È colpa sua se è così disordinato.

Commenta iniziando a ricomporre il letto sfatto, dà le spalle a sua madre, ancora sulla soglia della stanza.

-Di Jonathan, intendo. Lui non gli ha mai detto nulla da bambino per tutti i… lego, action man e macchinine varie che lasciava in giro per casa e in cameretta. Anzi,  ha sempre sminuito i miei rimproveri davanti a lui dicendo che era un bambino e che era giusto che a queste cose non ci pensasse. Bell’insegnamento!

Angela entra nella stanza. Posa una mano sulla spalla del figlio, invitandolo a girarsi. Gli rivolge uno sguardo tenero, di comprensione.

-Va’ ancora così male?

Chiede poi, sedendosi sul letto ancora mezzo sfatto e suggerisce al figlio di accomodarsi accanto a lei, picchiettando il materasso con le dita.

-Non va in nessun modo, a dirti la verità.

Confessa, sedendosi.

-Viene qui spesso: cena con noi, si ferma a vedere dei telefilm con Kyle e lo aiuta con i compiti di matematica.

Si blocca, davanti ad un risolino della madre.

-Sì, è negato in matematica come me. Comunque… è tutto così meccanico, così impersonale. Non abbiamo fatto dei grandi progressi anzi, non ne abbiamo fatto nessuno.

Conclude, abbassando lo sguardo ed iniziando a giocherellare nervosamente con le dita.

-Sono passati solo tre mesi, ci vuole tempo per rimarginare certe ferite.

Angela cerca di consolarlo ma Christian scuote il capo.

-Forse è una di quelle ferite destinate a non rimarginarsi mai, forse più che una guarigione questa è una lenta e dissanguante agonia.

Le sue parole sono forti, cariche di sconforto e pessimismo. Il pensiero appena espresso però non è nuovo, ha formulato quell’ipotesi, quella metafora, già da diverso tempo riflettendo circa le possibilità di recupero del suo rapporto con Jonathan. È  però la prima volta che riesce a confessarlo a qualcuno ad alta voce e avverte un colpo al cuore nel sentire il proprio pensiero prendere forma.

-Lo sarà, se non comincerai ad agire e fare qualcosa di concreto.

Conferma Angela, spiazzandolo. Christian si aspettava una risposta totalmente diversa dalla madre, rincuorante magari. Sentirla confermare quanto ha appena espresso lo disorienta. Alza lo sguardo e la scruta, confuso.

-Non credere che non mi sia accorta di quanto sia triste e deprimente questo posto! Insomma, caro, te l’hanno detto che è Natale? Dove sono le palline di neve? I centrotavola rossi, il portacandele dorato, la ghirlanda attorno alle mensole del televisore?

Christian cerca di aprir bocca per spiegarsi ma Angela continua a parlare.

-Questo appartamento è sempre sembrato un’assurda versione della casa di Babbo Natale! Non vedo nulla che mi ricordi che è Natale, tranne quell’alberino striminzito messo in castigo in un angolo!

Si sporge per indicare l’albero di Natale in salotto.

-È che…

Ancora una volta Christian cerca di spiegarsi ma Angela glielo impedisce, si alza addirittura dal letto.

-Lo vedi? Vuoi che le cose tornino come prima? Fa’ quello che hai sempre fatto: tira fuori tutto quanto e addobba, decora, canta canzoni, fai festa! Anzi, facciamo festa, tutti quanti insieme, visto che sono venuta fino a New York proprio per questo motivo! Rimanendotene qui arrabbiato con il mondo intero a formulare sciocche e deprimenti metafore non risolverai proprio niente, figlio mio! Coraggio, alzati da quel letto. Sono tua madre e te lo ordino!

***

Kyle è seduto ad un tavolino di un bar in centro, è solo ma non lo sarà ancora per molto. Osserva attraverso l’enorme finestra accanto a sé le persone camminare frenetiche con buste, pacchi e sacchetti lungo la Fifth Avenue, tutti stretti nelle loro giacche e nei loro cappotti. La temperatura all’esterno è gelida e l’aria tagliente suggerisce che una tempesta di neve arriverà a breve. Kyle ha percorso almeno un paio di chilometri a piedi per poter raggiungere quel posto e una bella bevanda calda sarebbe perfetta in questo momento, ma ha preferito per educazione e per rispetto aspettare che la sedia davanti a lui venga riempita.

Il locale nel quale si trova è un piccolo Cafè a Manhattan, principalmente frequentato da studenti universitari riconoscibili osservando i loro tavolini coperti da libri e Macbook. Non ha scelto quel posto secondo un particolare criterio, gli è solo sembrato moderno, fresco e piacevole alla vista. Essendo sotto le feste l’intero ambiente è invaso dall’atmosfera natalizia: ghirlande decorate da ghiande di pino e palline dorate decorano il bancone e le finestre, la tipiche canzoni natalizie popolari vengono riprodotte a tutto volume e all’ingresso, su di una lavagnetta, ha potuto notare un disegno di una renna e una scritta “EggNog a soli 2,95$”.

Non ama particolarmente l’eggnog, perché l’alcool è l’ingrediente principale e lui odia l’alcool, non lo sopporta. Ciò nonostante ha sempre cercato sempre di berne almeno un bicchiere alla vigilia o durante il giorno di Natale, semplicemente perché fa parte di quelle piccole abitudini Natalizie che si ripetono di anno in anno, qualsiasi cosa succeda. Il rapporto di Kyle con il Natale, annessi e connessi, è piuttosto lungo e controverso. Non ha mai saputo cosa fosse realmente durante il periodo che ha trascorso nell’orfanotrofio, proprio per questo motivo in quegli anni di prima infanzia non gli è mai interessato granché né dei doni (del tutto assenti in orfanotrofio, ad esclusione di qualche caramella) né delle canzoni e tantomeno del significato della festa stessa.

Ovviamente tutto questo è cambiato da quando è stato adottato da Jonathan e Christian. A partire da quel suo primo Natale in casa Wallace-Simmons, avvenuto solo un paio di mesi dopo il suo trasferimento, quella festa per lui aveva assunto un significato magico, unico. Natale era diventato una bella fiaba grazie alla quale tutte le persone diventavano buone, era concesso mangiare dolci anche più del solito ed ultimo ma decisamente non meno importante: veniva trattato come un principe con doni e attenzioni di ogni tipo. Jonathan e Christian non gli hanno mai fatto mancare nulla e hanno sempre fatto il possibile per rendere ogni Natale, dal primo all’ultimo indimenticabile, perfetto, portandolo ad aspettare non solo la fatidica data con ansia bensì il mese stesso che d’abitudine era dedicato alla ricerca dell’albero e degli addobbi.

Quest’anno però sa che le cose si svolgeranno diversamente.

I preparativi si sono concentrati solo all’ultima settimana e gli addobbi in casa sono stati ridotti allo stretto necessario. Ne ha sofferto inizialmente ma poi ha deciso di farsene una ragione perché dopotutto, se anche non fosse successo ciò che è successo durante quell’ultimo e intenso anno, le cose sarebbero cambiate comunque. Ha compiuto sedici anni a luglio di quell’anno e ha ottenuto la patente recentemente. Inoltre è certo, avendo intercettato delle fatture da Jonathan, che i suoi genitori abbiano deciso di regalargli un auto nuova per Natale.  A sedici anni la strada per la vita degli adulti diventa sempre più breve, si iniziano ad abbandonare le abitudini da bambini, certe cose semplicemente “non sono più necessarie”. Eppure Kyle sente in cuor suo che se tutto fosse rimasto esattamente com’era sempre stato, gli sarebbe stato concesso altro tempo spensierato senza doversi rendere conto così, dall’oggi al domani, di essere cresciuto.  

Sospira. Non vuole pensarci, dopotutto sarà sì diverso ma non è detto che sia terribile, né che sia peggio. Il vero incubo sembra passato anche se difficilmente tutto tornerà come prima e, se fosse, ci vorrà del tempo, molto tempo, prima che le cose assumano un aspetto vagamente simile a quello originario. Inoltre tra un paio d’anni si ritroverà al college, un periodo che da un lato brama e che dall’altro teme. Sarà un ulteriore cambiamento, un grande cambiamento, che questa volta lo coinvolgerà in prima persona portandolo ad essere lui stesso responsabile di scegliere.

Accanto a sé, sotto al tavolino, ci sono due sacchetti: uno nero ed uno rosso. Ha approfittato dell’uscita per effettuare alcune compere Natalizie. Il sacchetto rosso contiene una palette di cosmetici di una marca molto amata da Morgan, acquistata da Sephora, per la quale ha dovuto sorbirsi una fila di quasi mezz’ora. Raramente gli è capitato di dover entrare in una profumeria e si ritiene fortunato a non essere una donna e quindi non essere soggetto ad interessarsi di cosmesi o particolari cure per il corpo, in questo modo è costretto ad entrare in quei posti assurdamente affollati, rumorosi e soprattutto odorosi, solo in limitate occasioni. 

Troppo distratto ad osservare i pacchetti accanto a sé, riflettendo se le scelte che ha fatto si riveleranno o meno soddisfacenti, non si accorge che la persona che stava aspettando è entrata e che in quel momento si trova proprio accanto a lui.

-Ciao.

Si limita a dire. Kyle si alza di scatto, rivolgendo ad essa uno sguardo stupito.

-Ciao.

Ripete, successivamente. Quella persona è Anthony e vederlo, nonostante aspettasse il suo arrivo da un momento all’altro, lo paralizza. Anthony al contrario sembra piuttosto rilassato, si siede sulla sedia vuota di fronte a Kyle e prende subito in mano il breve menù, che altro non è se una  breve lista su carta bianca plastificata. Kyle approfitta di quel momento di stallo per osservare Anthony. Non ha avuto modo di guardarlo con attenzione quando è entrato ma è sicuro, osservando anche l’ampiezza delle sue spalle e la lunghezza delle sue braccia, che è diventato anche più alto dall’ultima volta in cui l’ha visto. Indossa un cappotto nero classico. Non crede di averlo mai visto indossare qualcosa di diverso dall’abbigliamento sportivo. Tuttavia questa sia versione più classica, più matura sotto un certo punto di vista, si addice perfettamente alle forme del suo corpo.

-Credo prenderò un eggnog! È  pur sempre Natale, no?

Afferma Anthony alzando lo sguardo dal menù per indirizzarlo verso Kyle. Uno sguardo strano, incerto. I suoi occhi, benché puntati in direzione di Kyle, sembrano voler guardare altrove e sulle sue labbra si fa spazio un sorriso debole, a malapena percettibile. Sembra tranquillo, rilassato e completamente a suo agio eppure il suo viso lo tradisce: Kyle riesce a scorgere una grande inquietudine dietro ai suoi occhi e forse, rassegnazione. Un cameriere arriva al loro tavolo e Anthony ordina, come annunciato, una tazza di eggnogg mentre Kyle opta per la cioccolata calda. Anthony si toglie il cappotto. Nel locale in effetti la temperatura è piuttosto alta e Kyle iniziava a chiedersi per quale motivo non se lo togliesse. Al di sotto di esso indossa una camicia beige, anch’essa un capo piuttosto fuori dall’ordinario per Anthony. Questa volta Kyle decide di farglielo notare, utilizzando l’abbigliamento come pretesto per rompere finalmente il ghiaccio ed iniziare la conversazione.

-Noto che hai cambiato stile.

Anthony dà un’occhiata alla propria camicia, probabilmente cercando di capire se Kyle si riferisca proprio a quella.

-Sì, nel mio collegio l’abbigliamento casual sportivo è concesso solo in palestra. Mi ci sono adattato e credo mi stia anche piuttosto bene.

Kyle annuisce.

-Sì, lo credo anche io.

Ammette, con non poco imbarazzo. Qualche istante dopo sopraggiunge il cameriere che posa sul tavolo le loro ordinazioni. Kyle si lascia inebriare dal profumo di cioccolata calda intenso, dolce e avvolgente con una delicata punta di cannella, come indicato sul menù. Socchiude quasi gli occhi e per un attimo non si trova più in quel bar con Anthony ma in montagna, qualche anno prima, nella casetta che Jonathan affittava per loro tre un paio di settimane a fine agosto.

-Tutto bene a casa?

Domanda Anthony con tono pacato.

-Oh no, assolutamente.

Risponde Kyle, terminando una frase con un risolino di rassegnazione. Anthony gli rivolge uno sguardo dubbioso, esortandolo a spiegarsi, ad andare oltre.

-Diciamo che va’ meglio di prima: i miei genitori ora si parlano, John viene spesso a cenare o a guardare un film e questo Natale lo passeremo comunque insieme, a casa. Arriverà anche mia nonna Angela, da Santa Monica.

Spiega, in maniera sbrigativa.

-Non mi sembra che vada così tanto male.

Afferma Anthony, di parere del tutto opposto a quello di Kyle che, effettivamente, ha esagerato. Dando uno sguardo al passato, a soltanto un paio di mesi prima, non sarebbe eccessivo affermare che Jonathan e Christian abbiano fatto dei passi da gigante nel ricostruire e riconsiderare la loro relazione.

-Non lo so, non se torneranno mai insieme davvero. Christian oltretutto ha deciso di tenere l’aspettativa di un anno dal lavoro che aveva preso per andare a Santa Monica, ha ricominciato a cantare e questa sera canterà al centro “Gay e Lesbiche di NYC”, per beneficenza. Lo vedo davvero felice e spensierato. Forse restare soli e dedicarsi completamene a sé stessi fa bene.

Conclude Kyle, pensando a quanto entusiasmo ed impegno Christian abbia messo nell’organizzazione e nelle prove di quel piccolo concerto di Natale. Non ricorda l’ultima volta nel quale è riuscito a vederlo così felice, così realizzato. Nemmeno il suo stesso lavoro, la sua adorata storia dell’arte, avevano su di lui quell’effetto rilassante.

- È questo il motivo per cui non sei venuto a salutarmi quella sera? Avevi deciso di restare solo per te stesso?

Le parole di Anthony servono prontamente a riportare Kyle alla realtà, avrebbe dovuto aspettarsela quella domanda, che ha lo stesso ruolo del fantomatico “elefante rosa” nella stanza.  Kyle però non è pronto per un faccia a faccia con il suo personale “elefante”, voleva essere lui ad introdurre l’argomento, arrivandoci magari alla lontana con discorsi apparentemente sconnessi. Anthony è stato improvviso, brutale e diretto, caratteristiche che ha sempre ritenuto notevoli in lui. Cerca di aprire la bocca ma non gli esce alcun suono, le sue stesse labbra sembrano essersi incollate e fatica a separarle l’una dall’altra.

-No e vorrei…

La voce gli si spezza in gola, impedendogli di proseguire. Deglutisce e cerca di farsi forza. È stato lui ad invitare Anthony quel pomeriggio, ha impiegato almeno un paio di settimane riflettendo sui pro e i contro di un eventuale incontro con lui e nonostante i contro, includenti principalmente una serie di paure, fossero più pesanti dei pro aveva deciso di affrontarlo, aveva creduto di potercela fare. Si sbagliava, lo capisce solo in questo momento. Tuttavia deve riuscire comunque ad andare avanti, a portare a termine ciò che ha deciso di fare e fornire una spiegazione quanto più onesta ad Anthony.

-Vorrei dirti che…

Sospira, sperando che quella sia la sua ultima pausa. Si prepara a pronunciare il discorso che intende rivolgere ad Anthony tutto d’un fiato, senza fermarsi, senza permettergli di intervenire, di fare domande.

-Vorrei dirti che l’ho fatto per via della situazione che ho a casa, perché sono stato trasportato degli eventi dei miei genitori, della mia famiglia. Sarebbe una spiegazione giustificabile, l’unica probabilmente. Tuttavia non è quella esatta. La verità è che non ne ho avuto il coraggio.

Deve fermarsi, deve prendere fiato. Anthony non sembra tuttavia interessato ad inserirsi nel discorso, deve aver capito che non ha terminato tutto ciò che intende dirgli.

-Ti ho detto addio il momento nel quale me ne sono andato dal parco, quel pomeriggio. Non avrei davvero potuto farlo di nuovo, il giorno dopo.

Anthony scuote il capo. La sua espressione è cambiata, l’aria cordiale che aveva avuto fino a quel momento è sparita. Kyle riesce a scorgere la delusione nei suoi occhi.

-Ti ho aspettato davanti al cinema per quasi un’ora. Ho litigato per l’ennesima volta con mio padre, rischiando di perdere il treno, perché speravo saresti arrivato da un momento all’altro.

Kyle vorrebbe alzarsi e scappare via. Quell’incontro è stata una pessima idea, è evidente.

-Posso capire che tu sia venuto all’incontro per avere una spiegazione e te la meriteresti, lo so. Eppure… è tutto qui, davvero.

Aggiunge Kyle, con tono conciliatore.

-Sono venuto perché ho voluto darti una seconda possibilità e forse avrei fatto bene a non venire.

Conclude Anthony. Dopodiché cerca nella tasca del cappotto appeso sulla spalliera della sua sedia il portafogli, dal quale estrae una banconota da cinque dollari che posa sul tavolino. Se ne sta andando. Kyle non vuole che se ne vada, nonostante sia chiaro la loro discussione non porti a nessun’altra soluzione.  

-Non andare via.

Lo invita, con voce affranta, quasi sul punto di scoppiare a piangere. Nervosismo forse o più semplicemente delusione, delusione per se stesso, per come si è comportato, per la sua stessa incapacità di agire da ragazzo cresciuto quale dovrebbe e vorrebbe essere. Anthony esita per un istante dopodiché si alza ed afferra il cappotto, infilando lorapidamente.

-Troppo tardi, Kyle. Evidentemente non era destino.

Abbottona il cappotto, con la testa bassa. Kyle lo osserva, senza avere il coraggio di dire altro.

-In ogni caso, mi è stata offerta una borsa di studio per Yale. Prima o poi me ne sarei andato comunque e sarebbe finita.

Anthony sospira profondamente, un sospiro talmente profondo da essere chiaramente udibile a Kyle. Un sospiro rassegnato che racchiude la delusione e al tempo stesso la collera.

-Buon Natale.

Esclama infine, scappando via. Kyle lo segue con lo sguardo: lo vede attraversare la strada, chiamare un taxi ed andare via.

Allungando le gambe rimaste troppo tempo fisse, quasi inchiodate al pavimento, urta uno dei due sacchetti fino a quel momento appoggiati  sotto al tavolino. Si tratta di quello nero da quale esce un pacchetto sottile ma ingombrante, dorato. Sotto la carta dorata di quel pacchetto si nasconde un vinile da collezione del disco “Let it be” dei Beatles, canzone preferita di Anthony che aveva canticchiato spesso, in sua presenza, la scorsa estate. Si sente così stupido per essersi fermato apposta in quel negozio di dischi e averlo comprato. Si sente stupido per aver anche solo pensato che il suo incontro con Anthony dopo due mesi, dopo non essersi presentato quella sera, rifiutandosi di salutarlo, cancellando, ignorando, tutti quei bei momenti che avevano vissuto insieme, si sarebbe risolto in modo positivo.

Prima lezione del mondo degli adulti: ogni azione ha una sua conseguenza. La conseguenza a quel suo essere così infantile a quella sua paura che tutto sia “troppo”, che tutto sia “doloroso” o che faccia troppo male per essere sopportato è stata quella di dover perdere Anthony, che lo aveva fatto sentire così bene, che era stato l’unico a restituirgli il sorriso dopo mesi di lacrime e sofferenza. Dopo aver raccolto in fretta il pacchetto raduna le sue cose. Prende la banconota di cinque dollari lasciata da Anthony, sufficiente per entrambe le consumazioni , va’ a pagare ed esce in fretta da quel café, dirigendosi verso casa.

***

Jonathan maledice se stesso per aver deciso di prendere l’auto quel pomeriggio, pur sapendo che sarebbe rimasto bloccato nel traffico. La frenesia per gli acquisti natalizi dell’ultimo minuto è in grado di paralizzare l’intera città, strade comprese. Il loft di Jonathan si trova nell’Upper West Side ma ha dovuto prendere l’auto e recarsi fuori dal quartiere per alcune commissioni. Si trova nei pressi della propria abitazione ma non potendo svoltare in direzione del proprio parcheggio per via del congestionamento del traffico, si trova completamente immobile da almeno una ventina di minuti.

Sui sedili posteriori sono posate alcune buste, principalmente contenenti  regali di Natale. Sul sedile del passeggero accanto a sé ha invece una singola borsa  rossa, decorata con disegni di pacchi dono e babbi natale di diverse forme. Si tratta del regalo di Kyle, l’iPad, che ha deciso di non cambiare ma per il quale ha acquistato un sacchetto, essendo totalmente incapace nel confezionare i pacchetti natalizi. Quando finalmente riesce a svoltare e parcheggiare tira un respiro di sollievo, slaccia la cintura rapidamente e si dà una sistemata ai capelli, osservandosi nello specchietto retrovisore. Distrattamente urta una lente degli occhiali e sbuffa, infastidito. Ha iniziato a portarli ormai da diversi mesi, specialmente alla guida, ciononostante non se n’è ancora abituato. Il paio che indossa ora è recente, li ha acquistati solo un paio di giorni prima. Si tratta di un occhiale  da vista con montatura bombata in acetato nera, visibile solo nella parte superiore, che considera il suo auto regalo di Natale. Detesta l’idea di dover portare degli occhiali e ha quindi deciso di prenderne un paio che gli piacesse particolarmente, per sentirsi invogliato ad indossarli.

-Terribili.

Commenta, arreso, togliendoli e riponendoli nella loro custodia che poi fa scivolare in una tasca del cappotto. Scende dall’auto ma esita prima di recuperare i sacchetti. Sono già le cinque e trenta e tra poche ore dovrà prendere di nuovo l’auto per raggiungere il teatro nel quale Christian si esibirà per lo spettacolo natalizio. È indeciso se portare in casa le borse o se lasciarle direttamente in auto, dovendole comunque portare con sé. Apre la portiera posteriore e si perde nei pensieri, in particolare davanti ad un sacchetto argentato.

“Chissà se avrò fatto bene a prendere questo.”

Pensa. Si tratta ovviamente del regalo di Natale di Christian. Non aveva dubbi di dovergliene fare uno, gliel’avrebbe fatto anche se le cose tra di loro non si fossero, in qualche modo, sistemate. Prendere un dono per Christian è sempre stato piuttosto facile, principalmente perché, provenendo da lui, ha sempre accettato tutto quanto con un gran sorriso, senza mai dimostrare delusione o disinteresse.  Quest’anno però le cose saranno diverse e Christian potrebbe avere un atteggiamento completamente differente. Inoltre, il regalo scelto è abbastanza particolare e forse un po’ troppo azzardato. Jonathan teme che possa non accettarlo. Proprio per questo motivo ha aspettato l’ultimo giorno prima di decidersi di andare a comprarlo, rischiando anche di non trovare nulla.

Chiude la portiera, sbattendola.

-John! Sei proprio tu?

Una voce alle sue spalle attira la sua attenzione. Jonathan si gira, pur avendo un sospetto di chi possa essere quella persona.

-Daniel…

Si tratta di Daniel, come aveva ipotizzato.

-Ho saputo del tuo trasferimento ma non credevo che fossi finito davvero nell’Upper West Side.

Commenta il ragazzo, sorridendogli. Jonathan non lo vede da diversi mesi, precisamente da quella maledetta sera nella quale ha compiuto lo sconsiderato gesto di tradire Christian e di andare a letto con lui. Non sa come reagire, trovandoselo davanti. Daniel sta sorridendo, sembra essere contento di vederlo.

-Speravo proprio di incontrarti per farti gli auguri Natale.

Aggiunge, notando l’esitazione di Jonathan.

-Beh, Buon Natale anche a te.

Risponde, voltandogli le spalle.

-Sapevo avresti reagito in questo modo.

Confessa Daniel, con tono affranto. Jonathan fa un respiro profondo e si gira di nuovo. Osserva Daniel, quasi con timore. Sembra cresciuto in quegli ultimi mesi, indossa un lungo cappotto verde scuro, degli scarponcini neri e ha in mano svariate borse e sacchetti. La prima differenza che Jonathan nota nel suo aspetto fisico sono i capelli, corti e rasati a zero. Il fatto di averli così corti in parte lo spoglia di quella somiglianza con Christian che tanto aveva attratto Jonathan.

-Cosa dovrei dire, Daniel?

Chiede, cercando di non mostrarsi eccessivamente seccato.

-Non mi fraintendere.  Non ho detto di non comprendere i tuoi motivi, solo me l’aspettavo.

Jonathan fa un impercettibile cenno di assenso con il capo, senza aggiungere altro. Non era preparato per affrontare una simile situazione. È infatti ancora Daniel a parlare.

-Era  così bello passare il giorno di Natale a casa vostra,  tutto era così luminoso, così natalizio, fiabesco. Ogni Natale trascorso con voi è stato bel ricordo.

Daniel ha infatti trascorso alcune feste di Natale in loro compagnia, da quando aveva dodici anni fino all’ultimo Natale, solo un paio di mesi prima del tradimento, della separazione, del caos.

-Da quando è arrivato Kyle, poi, tutto è diventato ancor  più magico. Come sta lui, a proposito?

Domanda, proseguendo con il suo discorso. Jonathan riesce a percepire una nota di nervosismo nelle sue parole, oltre ad un piuttosto sincero senso di rimpianto. Non crede che Daniel l’abbia fermato per infastidirlo o per infierire in qualche modo sulla situazione. Per quanto quella discussione sia strana, scomoda e imbarazzante, coglie solo sincerità e spontaneità nel suo discorso.

-Sta abbastanza bene, passeremo il Natale tutti insieme anche quest’anno.

Risponde Jonathan. Daniel spalanca gli occhi e sorride, un sorriso brillante, sincero e di cuore.

-Oh, mi fa piacere. Davvero, davvero piacere!

Aggiunge, con entusiasmo. Ancora una volta le sue parole sono limpide ed oneste.

-Io lo passerò con il mio ragazzo, Thomas. Abita qui, da queste parti. È per questo motivo che mi trovo in queste zone, non ti sto pedinando, te lo giuro.

Spiega, indicando anche un palazzo poco distante, dove probabilmente abita il suo ragazzo.

-So che non mi crederai ma… sarei davvero felice se le cose tra te e Christian si sistemassero.

Jonathan annuisce, sempre senza dire una parola. La verità è che gli crede, crede in ciò che dice. Conosce Daniel sufficientemente bene da capire se sia sincero o no e in questo caso lo è. Per la prima volta riesce a rivedere in lui lo stesso ragazzino dodicenne a cui Christian faceva ripetizioni qualche anno addietro e al quale si erano entrambi affezionati al punto di considerarlo come un figlio, prima ancora di adottare Kyle.

-Beh, devo proprio andare ora! Buon Natale, a tutti quanti voi.

Conclude Daniel, allontanandosi rapidamente. Jonathan lo osserva andare via e poi svoltare per raggiungere la propria destinazione. Nonostante provi ancora rancore nei confronti del ragazzo, che altro non è stato se non suo complice nell’atto di adulterio a spese di Christian, una parte di lui si dispiace per averlo trattato con tanta sufficienza. Daniel è stato comunque una persona importante nella vita sua e di Christian, l’ha visto crescere e pian piano diventare uomo. Non potrà mai perdonarlo per ciò che è successo, come non potrà mai perdonare se stesso per essersi lasciato convincere.

Scuote il capo, cercando anche di riordinare in qualche modo le idee. Decide di salire nel proprio appartamento e prepararsi alla serata.

***

Kyle è in ritardo. La sua intenzione era quella di rincasare per l’ora di pranzo e di  dare  successivamente appuntamento a Morgan per raccontarle del suo incontro con Anthony. Purtroppo, essendosi il suddetto incontro svolto in modo fin troppo spiacevole, Kyle ha preferito non ritornare a casa e ha chiesto a Morgan di incontrarsi a pranzo. L’incontro con l’amica è riuscito in parte a risollevare il suo umore a pezzi e spera, nelle prossime ore, di non subire ulteriori sbalzi.

Si trova a pochi gradini dalla porta di casa. Non ha il coraggio di entrare subito perché ha ignorato un paio di telefonate di Christian, durante la giornata. Prima di uscire ha scritto un biglietto dicendo che sarebbe tornato per l’ora di pranzo e ha successivamente inviato un sms per avvisare che invece sarebbe rincasato nel pomeriggio. Christian si era subito precipitato a chiamarlo ma lui non aveva avuto il coraggio né il desiderio di rispondere. Sapeva già che tutto sarebbe sfociato in una ramanzina e in quel momento il suo stato d’animo era troppo instabile per poter starlo a sentire senza uscirsene con qualche frase stupida ed irrispettosa, per la quale si sarebbe pentito una volta tornato in sé. Sa anche che la sfuriata di Christian arriverà comunque e ciò probabilmente avverrà tra poco, nel momento in cui poggerà piede in casa. Prende coraggio, fa un respiro lunghissimo e sale due  a due gli ultimi gradini. Posa la mano sulla maniglia della porta ed entra.

-Ciao…

Esordisce, entrando timidamente e tenendo lo sguardo basso.

-Oh, sei arrivato!

Esclama Christian, in tono sorprendentemente tranquillo. Kyle alza gli occhi per guardarlo e lo trova su una scaletta a tre gradini, impegnato ad attaccare una ghirlanda lungo il bordo della portafinestra.

-Kyle!

Nonna Angela esce dalla cucina. Anche lei ha in mano delle decorazioni, che posa immediatamente sul divano precipitandosi a raggiungerlo. Lo guarda e dopo avergli scompigliato i capelli lo abbraccia.

-Sei cresciuto ancora, tesoro.

Esclama,  costretta ad alzare gli occhi per guardarlo. Kyle non se n’è accorto ma effettivamente l’ultima volta nella quale si sono incontrati erano all’incirca della stessa altezza.

-Ancora un paio di mesi e diventerai più alto di Christian!

Commenta, pizzicandogli le guance.

-Non che ci voglia molto, ovviamente.

Aggiunge, stuzzicando il figlio che immediatamente emette un suono di disappunto. Kyle si guarda attorno e nota che l’ambiente è completamente decorato, come lo è sempre stato. Ogni accessorio, luce, orpello natalizio si trova al rispettivo  posto.

-Doveva proprio arrivare la nonna a dare un po’ di vita a questo posto, eh!

Esclama Angela, accortasi degli sguardi inquisitori di Kyle. Christian nel frattempo ha terminato di posizionare ghirlanda. Scende dalla scaletta che poi chiude e appoggia contro il muro. Si allontana un po’ da sotto la porta per vedere l’effetto della decorazione appena posizionata e asserisce col capo, con compiaciuta soddisfazione.

-Credo che ci sia tutto.

Conclude, dopo aver contemplato l’ambiente. Si gira verso Kyle e lo osserva con piglio severo, il ragazzo teme infatti che sia arrivato il momento della sua strigliata. Si avvicina e lo guarda, dopodiché gli passa accanto e  lo colpisce con un delicato buffetto sulla testa.

-La prossima volta che non rispondi al telefono te la faccio pagare seriamente. Ora renditi utile e dai una mano alla nonna ad apparecchiare la tavola.

Kyle annuisce e guarda sua nonna che sta cercando di trattenersi dal ridere, probabilmente per la sua espressione, in quel momento sembrava infatti un cagnolino con le orecchie basse, pronto a ricevere una sgridata dal suo padrone, consapevole di aver fatto qualche dispetto.

-Vieni tesoro, mettiamo la tovaglia.

Suggerisce, posandogli una mano sulla spalla. Kyle e Angela preparano insieme la tavola, come indicato da Christian che si sta invece vestendo per lo spettacolo natalizio del centro. Lo spettacolo avrà inizio alle diciannove, ceneranno infatti al termine di esso, fino ad arrivare alla mezzanotte per poter finalmente farsi gli auguri e scartare i regali. La disposizione di ogni singolo elemento è un vero e proprio rito, ogni cosa ha il suo personale posto. La tovaglia natalizia è un bellissimo pezzo di stoffa in cotone e inserti di uncinetto bianca e rossa. Anche le stoviglie sono festive: i bicchieri in cristallo dal leggero stile retrò hanno un piccolo bordo dorato alla base e attorno al cerchio e sono abbinati alle posate in acciaio con manico dorato. I piatti, tre per la precisione, alternano i colori di oro e rosso e nel mezzo del tavolo viene posizionata un’alzatina di vetro all’interno della quale è posata una tovaglietta di cartoncino rossa. Al momento è vuota ma presto conterrà la Angel Cake che Christian prepara ogni anno e che si trova ancora in forno a cuocere. Inoltre, i biscottini allo zenzero cucinati il giorno prima vengono sparsi qua e là lungo la tovaglia.

-Avete già finito, che bravi!

Commenta compiaciuto Christian, uscendo dalla stanza da letto. Indossa un paio di pantaloni lucidi neri, una camicia in seta bianca e un papillon rosso, probabilmente nuovo, perché Kyle non l’ha mai visto prima d’ora.

-Che eleganza Chris ma… il pupazzetto dov’è?

Domanda Angela, osservando il figlio.

-Quale pupazzetto?

Chiede lui, non capendo a cosa si riferisca. Anche Kyle non capisce ma sa che si tratta dell’ennesimo tentativo di Angela di prendere in giro Christian.

-Sì, non sei un ventriloquo? Sai, con quell’adorabile farfallino rosso, pensavo lo fossi!

Christian ride, abbassando lo sguardo e dando un’occhiata al brillante papillon allacciato attorno alla sua gola.

-Questa è buona, te lo concedo. Comunque io esco ora. Vi porterà Jonathan al centro, va bene?

Chiede, prendendo il cappotto dall’appendiabiti.

-Abbiamo i posti riservati?

Chiede Kyle. Sta mangiucchiando uno dei biscotti allo zenzero sparsi sul tavolo. Christian ovviamente se ne accorge e gli fa cenno di allontanarsi dalla tavola.

-Ovviamente no Kyle, non siamo a Broadway e… se quando torniamo scopro che hai mangiato altri biscotti ti taglio le mani.

Minaccia. Si infila il cappotto e poi esce.

***

Jonathan, Angela e Kyle sono appena arrivati a teatro. Il parcheggio è completamente pieno e un numeroso gruppo di persone sta entrando nel teatro. Jonathan non pensava che un semplice spettacolo di beneficenza potesse riscuotere un simile successo. È la prima volta che mette piede in quella struttura, nonostante sotto consiglio di Christian sia socio dell’associazione da diversi anni. Raggiunto finalmente l’ingresso, prende il proprio biglietto e quelli di Angela e Kyle che consegna e paga alla cassa.

Il locale è ben più spartano di quanto se lo immaginasse e per un certo verso gli riporta alla mente le numerose recite scolastiche natalizie di Kyle alle quali ha dovuto assistere durante gli anni, recite che ha sempre seguito con ben poco interesse. Normalmente non apprezza quel tipo di spettacolo amatoriale e sicuramente se Christian non cantasse non avrebbe mai neanche considerato l’ipotesi di mettere piede in quel posto. Il pensiero di poter sentirlo ancora cantare, dopo così tanto tempo, lo emoziona in modo quasi imbarazzante. Kyle e Angela hanno parlato in auto dello spettacolo, principalmente scherzando su Christian e sul suo abbigliamento, a detta loro, infantile. Jonathan ha preferito sorridere ma è rimasto in silenzio perché a differenza loro sa quanto la sua voce sia potente, speciale e unica nel suo genere. Non ha idea di cosa e quanto canterà  ma è sicuro di non rimanerne deluso.

Quando entrano nella sala nella quale si svolgerà lo spettacolo, quasi tutti i posti sono stati riempiti. Riescono a trovare tre sedie libere in una delle prime file e ne approfittano per sedersi. Jonathan lascia passare avanti Angela e poi Kyle, prima di prendere posto. L’ambiente è finemente decorato e la musica trasmessa negli altoparlanti e il chiacchiericcio generale contribuiscono a creare un atmosfera rilassata, serena, quasi tipica delle feste in famiglia. Gli spettatori sono principalmente famiglie con bambini più o meno grandi che interagiscono tra loro con spontaneità e cordialità.  Angela in particolare si mette a chiacchierare con una signora, un’altra nonna, dimenticandosi quasi di essere in compagnia sua e di Kyle.

-Credi che durerà tanto?

Chiede il ragazzo, girandosi verso di lui.

-Non credo più di un paio d’ore. Perché?

Kyle sbuffa e scivola lungo la poltroncina sulla quale è seduto.

-Ci sono dei biscotti a casa che mi aspettano.

Commenta, borbottando. Jonathan scoppia a ridere e si rallegra nel vedere Kyle così rilassato e sereno. Non fa in tempo a parlare di nuovo, poiché lo spettacolo ha inizio. Sul palco appare un uomo, probabilmente conosciuto da buona parte degli spettatori perché ancor prima che apra bocca viene accolto da un fragoroso applauso. È piuttosto attraente e potrebbe avere all’incirca l’età di Jonathan, alto, afroamericano e con una voce molto profonda e autoritaria.

-Buonasera a tutti e benvenuti al nostro spettacolo.

Esordisce, ricevendo ulteriori applausi. Fa un breve inchino, prima di proseguire a parlare.

-Voglio ringraziarvi per la vostra presenza, che come sapete contribuisce al fondo di aiuto per le famiglie arcobaleno in difficoltà del nostro distaccamento. Io sono Lamar Johnson, presidente del distaccamento. Stasera in veste del tutto eccezionale sarò anche un presentatore.

Inizia a leggere qualche riga su un foglio che tiene in mano, allo scopo di presentare lo spettacolo. Si tratta di una breve recita musicata in soli tre atti che ha come argomento la diversità e l’accettazione di sé. Il tema è abbastanza banale e scontato ma Jonathan confida che essendo Christian protagonista, riuscirà comunque a godersi lo spettacolo. Terminata la presentazione, il sipario fino a quel momento ancora calato alle spalle di quell’uomo, Lamar, si alza. Le luci si accendono illuminando sul palco cinque persone in fila, tra le quali  è presente Christian.

-La nonna gli ha detto che assomiglia ad un ventriloquo vestito così.

Gli sussurra Kyle nell’orecchio. Jonathan ride divertito, osservando su Christian un abbigliamento tanto insolito. La prima canzone a partire è tratta dal musical “Rent”, si tratta di Seasons of Love. La canzone è principalmente cantata in coro ma presenta due pezzi di assolo. Il primo viene cantato da una donna, mentre il secondo da Christian. Quando Jonathan lo vede avanzare dalla fila un luminoso sorriso appare spontaneamente sulle sue labbra. Eccolo lì: bello, brillante ed unico. La sua voce delicata ma graffiante lo riporta a così tanto tempo prima al giorno nel quale l’ha visto per la prima volta, il giorno nel quale l’ha incontrato.

Sfortunatamente la sua parte in assolo dura poco e ben presto la canzone termina. Il sipario rimane comunque alzato ed è proprio Christian ad iniziare a parlare, a recitare. Jonathan l’ha visto ballare e cantare durante gli anni ma mai recitare, eppure crede che se la cavi piuttosto bene, data la sua spontaneità. Christian non è solo un personaggio dello spettacolo bensì il protagonista principale. Recita il ruolo di James, ragazzo fragile e sensibile che fatica ad accettare la propria identità sessuale e che nega davanti a tutti quanti ciò che realmente sente dentro di sé. Per quanto il tema sia banale, la scelta delle canzoni è molto azzeccata e piacevole. Ogni genere musicale viene trattato e mescolato senza difficoltà. Jonathan rimane estasiato dall’espressività di Christian e socchiude gli occhi ogni volta che canta, per poterlo apprezzare ancora di più, per poter sentire la sua voce entrargli dentro e trascinarlo con sé in luoghi lontani, al di là del tempo, al di là della memoria.

Riesce ad apprezzare in particolare due canzoni cantate da Christian, la prima ha il titolo di “Alien” e parla del senso di distacco e di alienazione dalla gente dal mondo. Un motivo tutto sommato leggero e dalla base spensierata al quale però Christian riesce a dare un certo spessore emotivo, consono al testo piuttosto impegnato. La seconda, probabilmente la migliore, porta il titolo di “Gravity” e ha un tono più cupo e più intimistico rispetto all’altra. Jonathan pensa che sia perfetta per Christian. Chiudendo gli occhi si dimentica di essere in quel teatro, della musica, delle scenografie e della gente.

“ I am surrendering to the gravity and the unknown. Catch me, heal me lift me back up to the sun. I choose to live.” (Mi arrendo alla gravità e all’ignoto. Prendimi, curami e rinnalzami al sole. Io scelgo di vivere.)

Si lascia guidare dalle parole della canzone e sente quasi che Christian le stia cantando a lui, per lui.

“Help me survive the bottom.” (Aiutami a non sprofondare)

Riapre gli occhi e guarda Christian, ancora intento a cantare. Per un istante è sicuro che l’abbia guardato, che abbia rivolto uno sguardo proprio a lui là, in mezzo alla folla. Il suo cuore per un secondo smette di battere, per poi riprendere a farsi sentire con più forza, con più violenza.

Lo spettacolo si conclude con un paio di canzoni ben più allegre e più spensierate, che testimoniano il processo di serena accettazione del personaggio. Una volta terminata l’ultima canzone, “Love can make you happy.”,  le luci di tutta la sala si riaccendono e il sipario cala. Quasi tutti i presenti si alzano in piedi per applaudire, complimenti e applausi riempiono la sala. Anche Kyle, inizialmente svogliato e annoiato, sembra sorpreso e soddisfatto per lo spettacolo.

-Ma è un fenomeno! Perché diavolo fa il professore se canta così?

Esclama, quasi urlando per farsi sentire. Jonathan gli sorride e si avvicina al suo orecchio, per non essere costretto ad alzare la voce.

-Se lo pensi davvero diglielo, diglielo spesso. Io ci ho provato per anni e non mi ha mai ascoltato.

Gli applausi pian piano terminano e sul palco appare di nuovo il presentatore di inizio spettacolo, Lamar.

-Noto con piacere che il nostro spettacolo è stato di vostro gradimento e vi ringrazio ancora. Voglio però chiamare qui sul palco tutti i ragazzi che si sono esibiti per voi stasera.

Il sipario si alza di nuovo alle sue spalle e tutti i cantanti, gli attori e i figuranti che si sono esibiti in quell’ultima ora e mezza si presentano uno dopo l’altro in fila. L’ultimo è proprio Christian.

-E in fine, lui l’ho lasciato per ultimo perché merita l’applauso più importante. Christian nostro protagonista, nostra “star”, come l’ho spesso chiamato durante le prove.

Il primo applauso si alza ma si arresta quando Lamar prosegue a parlare.

-A lui dobbiamo anche la scelta delle canzoni, parte della sceneggiatura e le scenografie. Forza, fategli sentire il vostro entusiasmo!

Questa volta l’applauso parte con ancor più vigore. Jonathan però non si unisce al pubblico. Christian si è occupato anche della scelta delle canzoni. A questo punto è certo che quel brano che l’ha tanto colpito, quella strofa, l’abbia scelta pensando a lui.

 

Il teatro si svuota. Angela, Jonathan e Kyle sono ancora seduti ad aspettare che Christian li raggiunga. Sono quasi le nove e tutti e tre non vedono l’ora di poter cenare.

-Se io guidassi fino a casa ed iniziassi a mangiare?

Propone Kyle, per la terza volta. Angela sorride mentre Jonathan scuote il capo, invitandolo a stare tranquillo.

-Johnny, se Kyle ha fame puoi accompagnarlo a casa, tornerò io con Christian.

Suggerisce Angela, sicuramente intenerita dalle richieste del nipote. Jonathan vorrebbe accettare ma il suo desiderio di vedere Christian, di parlare con lui ed esprimere tutto il suo apprezzamento, è troppo forte.

-Ma no dai, sono sicuro che arriverà tra poco.

Afferma, dando l’ennesimo sguardo al palco. Fortunatamente la sua previsione si rivela reale, infatti Christian li raggiunge, già vestito e pronto per andare.

-Credevo mi aveste abbandonato.

Esclama, avvicinandosi a loro. Kyle immediatamente gli corre in contro, per abbracciarlo.

-Sei stato bravissimo e poi mi spiegherai perché non ti ho mai sentito cantare però ora… possiamo andare a mangiare?

Chiede, affondando il capo nel suo petto. Christian scoppia immediatamente a ridere, la sua solita risata meravigliosamente scomposta che Jonathan adora ascoltare.

-Scusate, è qui la star?

Chiede una voce, proveniente alle spalle di Christian. Si tratta di Lamar, il presentatore.

-Lamar!

Esclama Christian, sciogliendo l’abbraccio con Kyle e girandosi verso di lui. L’uomo immediatamente gli prende le mani, entrambe, stringendole. Il gesto per quanto amichevole possa essere, infastidisce Jonathan.

-Quando è terminato lo spettacolo sono stato trattenuto da alcune persone e non sono riuscito a farti i complimenti: sei stato splendido, una vera star. Questa volta ti giuro che non ti prendo in giro.

Christian gli sorride. Nei suoi occhi è possibile intravedere un certo imbarazzo, condiviso dalla sua famiglia che osserva quell’aria confidenziale tra lui e Lamar con sospetto e curiosità.

-Perdonate la mia maleducazione, mi chiamo Lamar.

Lamar, accortosi della situazione di impasse, lascia andare Christian e si presenta. Porge la mano ad Angela.

-Immagino che lei sia la madre di Christian, vi assomigliate molto.

Angela annuisce.

-Sarà sicuramente fiera di suo figlio, è davvero un angelo: sa fare ogni cosa!

Esclama, con marcato entusiasmo. Subito dopo si presenta a Kyle e infine a Jonathan. Quest’ultimo esita a prendergli la mano, la stringe infatti solo dopo qualche istante e non manca di rivolgere a Lamar uno sguardo duro, quasi di sfida.

-Suo marito è un tesoro da tenere stretto, è un uomo molto fortunato.

Suggerisce. Jonathan inasprisce lo sguardo, continuando a stringere la mano di quell’uomo con forza, quasi si trattasse di una sfida.

-Ne sono cosciente.

Replica. Dopodiché Lamar augura a tutta la famiglia Buon Natale e si allontana.

 

 

Come per la disposizione delle stoviglie a tavola, anche le portate della cena natalizia sono un rito. La prima portata è composta da verdure stufate o grigliate di vario tipo, accompagnate da prosciutto cotto al forno. Segue un primo piatto di zuppa calda e successivamente la portata principale: il tacchino ripieno con accompagnamento di patate al forno e salsa al mirtillo.

Jonathan è abituato a quel tipo di cenone, in realtà molto simile a quello che consumava da ragazzo in Texas, da diversi anni e l’ha sempre consumato e apprezzato. Tuttavia quest’anno lo trova, se possibile, ancor più gustoso. Assapora ogni piccolo boccone con calma, lasciando che i sapori e gli odori lo pervadano, passando prima per l’olfatto e successivamente alle papille gustative. Temeva che una situazione come quella che sta vivendo, a lui tanto cara, non avrebbe potuto riviverla. Per quanto quel Natale sia insolito e diverso, riesce comunque a sentirsi a suo agio, a sentirsi a casa.

Osserva Kyle divorare con voracità ogni pietanza gli venga posata davanti e si sente sollevato, nel vedere che il tentativo suo e di Christian per far sì che tutto fosse quantomeno simile all’ordinario, sia riuscito.  Rivolge poi lo sguardo a Christian, indaffarato come sempre a sparecchiare, impiattare e naturalmente riprendere Kyle, impedendogli di esagerare con il cibo. Lo vede tutto sommato abbastanza tranquillo,  forse perché è troppo impegnato per poter riflettere realmente sulla situazione attuale delle cose. Lo conosce troppo bene per potersi fermare alla superficialità, all’apparenza. È nervoso, anche se non lo dà a vedere. Sta inoltre facendo il possibile per evitare lo sguardo di Jonathan, anche il più furtivo. Non si sono ancora parlati durante la serata, tranne per qualche parola in un discorso introdotto da Kyle o da Angela. Non è inoltre riuscito a complimentarsi con lui per lo spettacolo.

-Vuoi delle altre patate, Jonathan?

Gli chiede, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Ancora una volta non lo guarda, non lo fissa. Si limita a rivolgergli una rapida occhiata per poi tornare a posare lo sguardo sul piatto che tiene in mano.

-No, ti ringrazio.

Christian fa un impercettibile cenno col capo per indicare di aver capito la sua risposta ed immediatamente gli volta le spalle, mettendosi a sedere al proprio posto. Jonathan continua ad osservarlo, iniziando a notare nelle sue maniere qualche piccolo segno di cedimento.

-Ehi! Sta iniziando a nevicare!

Esclama gioioso Kyle, osservando la finestra. Tutti quanti si avvicinano e notano che dei piccoli fiocchi di neve vanno pian piano a posarsi sul cornicione del palazzo e sul marciapiede sottostante. Manca poco alla mezzanotte e la neve da molti attesa e desiderata per conferire quell’aria fiabesca al giorno di Natale ha finalmente cessato di farsi attendere. Jonathan pensa che quello sarebbe stato il Natale perfetto, se qualcosa non fosse cambiato. Avverte una punta di malinconia nell’osservare l’entusiasmo di Kyle davanti alla finestra, seguito dallo sguardo assente di Christian che al contrario distoglie subito gli occhi dal paesaggio. Allo scoccare della mezzanotte, Angela esclama un sonoro “Buon Natale!” e Jonathan stappa una bottiglia di spumante, messa in tavola per l’occasione. Al momento degli auguri, Christian e Jonathan si guardano negli occhi, paralizzati. Non si scambieranno il solito bacio ed entrambi ne sono a conoscenza. Nessuno dei due però è in grado di fare la prima mossa, di fare qualcosa di diverso.

 -Buon Natale, Chris.

È Jonathan a sbloccare la situazione. Christian annuisce e ricambia gli auguri, a sua volta. Dopo ciò decide di iniziare a sparecchiare la tavola e comincia a raccogliere i piatti sulla tovaglia, impilandoli uno ad uno, per portarli in cucina. Jonathan nota che anche Angela sta osservando il figlio con uno sguardo preoccupato, quando Christian infatti entra in cucina, lo guarda e gli fa cenno  di seguirlo. Naturalmente Jonathan era già della medesima intenzione. Raccoglie i bicchieri utilizzati per lo spumante e segue Christian. Lo trova di spalle, già con le mani immerse nel lavello intento a pulire i piatti con una spugnetta.

-Ti ho… portato i bicchieri.

Esclama, facendolo sobbalzare. Non aveva dubbi che fosse perso nelle proprie riflessioni, i suoi gesti erano troppo meccanici, senza contare che Christian ha da sempre l’abitudine di dedicarsi alle faccende di casa per tenersi occupato, quando qualcosa lo turba e non vuole darlo a vedere.

-Oh, puoi… poggiarli lì.

Risponde, con voce debole e aria persa. Jonathan si fa coraggio e si avvicina di più a lui. Posa i bicchieri direttamente nel lavello e rimane vicino a Christian, al suo fianco, per osservarlo. Quest’ultimo alza lo sguardo e finalmente gli rivolge la sua attenzione. I suoi limpidi occhi cerulei rivelano incertezza, sofferenza. Jonathan ha quasi il sospetto che gli stia chiedendo: “Perché abbiamo deciso di festeggiare questo Natale insieme?”. No,  non è un semplice sospetto, è una certezza. Non ha dubbi che volesse dirgli quello, non ha dubbi che volesse mostrargli il suo senso di disagio, di smarrimento, di dispiacere. Christian soffre perché tutto quello che stanno vivendo è falso, è costruito. Anche Jonathan ha la stessa sensazione, l’empatia tra loro non è mai svanita.

-Lo so.

Afferma, quasi per dichiararsi concorde con ciò che Christian non gli ha detto ma che invece voleva capisse. Rimangono entrambi in silenzio per una ventina di secondi, continuando a guardarsi negli occhi. Vengono interrotti dalla voce di Angela che li chiama entrambi per poter scartare i regali, sotto consiglio di un insistente e sovraeccitato Kyle.

-Arriviamo!

Risponde Jonathan, allontanandosi per primo dalla cucina. Il momento dei regali tanto atteso da Kyle finalmente giunge. Senza nemmeno bisogno di deciderlo, è proprio lui il primo a scartare i doni. Riceve una mancia da parte della nonna, dei libri che sembra apprezzare da parte di Christian e l’iPad di Jonathan che fortunatamente è di suo gradimento.

-Ci sarebbe anche questo.

Esclama Jonathan, estraendo dalla tasca dei pantaloni un portachiavi recante il logo dell’auto acquistata per Kyle. Il ragazzo non ha alcun bisogno di spiegazioni, capisce che si tratta della sua nuova e prima automobile e ringrazia entrambi i genitori per il graditissimo dono, esprimendo anche la propria impazienza. L’ultimo regalo aperto è quello di Christian, da parte di Jonathan.

-Spero possa piacerti.

Commenta Jonathan, consegnandogli la borsa argentata. Christian annuisce e prende il sacchetto che apre, estraendone una scatola bianca, che non rivela nulla del proprio contenuto. Quando la apre però, solo dopo un primo sguardo, rimane paralizzato.

-Cos’è? Cos’è?

Chiede Kyle curioso, avvicinandosi alla scatola. Christian quindi estrae l’oggetto, infilato in due grandi blocchi di polistirolo e protetto da un sacchetto di pluriball. Si tratta di un piccolo paesaggio decorativo ottocentesco a tema natalizio: una scuola posizionata in cima ad una montagna ai piedi della quale vi è un grande albero decorato e addobbato collocato al centro di una pista di pattinaggio all’interno della quale vi sono anche numerosi bambini.

-Si accende, ho già inserito delle batterie.

Aggiunge Jonathan, avvicinandosi a Christian  e mostrando una levetta nera posizionata sulla base dell’oggetto. Pigiandola, la pista da pattinaggio inizia a girare e le luci delle finestre dalla scuola, le lanterne posizionate sui tornanti della montagna e le palline dell’albero di Natale, si accendo e spengono in alternanza.

-È molto bello. Non è vero, Chris?

Commenta Angela, probabilmente per sbloccare la situazione di imbarazzo. Christian infatti rimane completamente immuto e immobile, tenendo tra le mani l’oggetto.

-Lo è.

Risponde, con un fil di voce.

***

La tempesta di neve infuria, coprendo con rapidità tetti e strade con un fitto manto. Dopo aver scartato l’ultimo regalo, Kyle convince tutti quanti a giocare una partita a Monopoly. Il gioco, come si sa, è piuttosto lungo e la partita si conclude soltanto attorno alle due di notte.

-No Kyle, è ora di andare a dormire!

Esclama Christian,  soffocando le suppliche del figlio per poter giocare un’altra partita. Tutti quanti accusando una certa stanchezza e non vedono l’ora di potersi finalmente infilare sotto le coperte. Kyle cerca di sfoderare tutte le sue armi, dalle suppliche, agli occhi dolci, senza però ottenere alcun risultato. Infine, dopo aver dato la buonanotte a Jonathan e a sua nonna, si decide ad andare a letto. Dormirà in camera con Christian durante la permanenza di Angela. Si chiude quindi nella stanza, portando con sé il suo nuovo iPad.

-Credo che andrò a letto anche io, buonanotte a tutti e due. Ci vediamo domani, Johnny?

Chiede Angela.

-Non lo so se…

Jonathan cerca di rispondere, pur non sapendo cosa dire. Christian nota il suo imbarazzo e d’istinto, guardando di nuovo la finestra, prende una decisione per la quale spera di non pentirsi.

-Forse faresti bene a fermarti, sta nevicando molto.

Esclama, tutto d’un fiato. Non riesce però a sostenere lo sguardo di Jonathan.

-Non vorrei disturbare.

Risponde lui, rapidamente.

-È casa tua…

Ribadisce Christian, sempre più insicuro. Angela, probabilmente accortasi della situazione li saluta di nuovo e si ritira nella stanza di Kyle. Christian senza aspettare un’ulteriore risposta da parte di Jonathan apre l’armadietto al di sotto del televisore ed estrae una coperta in pile, riservata generalmente alle pigre domeniche invernali e gliela porge.

-Buonanotte.

Aggiunge, voltandosi immediatamente per andare in camera da letto. Una volta entrato si chiude la porta alle spalle e fa un sospiro lungo, di sollievo. Sente che non avrebbe dovuto invitare Jonathan a restare a dormire, le cose tra di loro sono ancora troppo instabili e non vuole che Kyle si illuda, quando lui stesso è ancora incerto di cosa accadrà.

Nota con sorpresa che la luce in camera è spenta e Kyle si è già addormentato. Ha ancora il suo iPad accesso tra le mani. Christian sorride e si avvicina lentamente per non svegliarlo. Sfila l’apparecchio elettronico dalle dita di Kyle, lo spegne e lo posa sul comodino, dopodiché si sveste e si infila il pigiama. Si mette a letto, sistemando la coperta. Non ha sonno e quel poco di stanchezza avvertita poco prima durante la partita a Monopoly sembra essere svanita nel nulla.

-Grazie.

Afferma Kyle. Christian si gira verso di lui e nota che, nonostante stia parlando, tiene gli occhi chiusi.

-Per cosa, tesoro?

Domanda, mettendosi di fianco. Kyle però non risponde e torna invece a dormire. Christian si gira di nuovo sulla schiena e si ritrova a fissare il soffitto, incapace di fare altro. Non credeva di riuscire a passare inerme quella giornata verso la quale provava in parte angoscia e in parte terrore. Era certo che in un qualsiasi momento sarebbe impazzito, sbottando o scoppiando in lacrime. Non che non ci siano stati dei momenti, durante la cena, nei quali avrebbe voluto mandare all’aria tutto quanto per scappare via e andarsene fuori da quella casa, senza una destinazione, senza una meta. Tuttavia, si sente oltremodo felice che tutto quanto si sia risolto per il meglio. Kyle è sereno, da come può notare dal mezzo sorriso che ha nel sonno sulle labbra. La presenza e l’aiuto di sua madre è stato senza dubbio provvidenziale ma deve ammettere che anche Jonathan si è comportato in modo impeccabile. Pensa a solo un paio di ore prima, quando è scappato in cucina per sventare uno dei tanti attacchi di panico avvertiti durante la serata e guardandosi, si sono capiti alla perfezione, come era sempre stato. Inoltre Jonathan ha evitato di forzarlo, di intavolare dei discorsi con lui a forza, lasciandogli i suoi spazi e  stando ai suoi tempi, senza che nulla gli fosse stato chiesto. Si tratta dell’ennesima prova che nonostante tutto, nonostante ciò è successo in quell’ultimo anno, il Jonathan che ha sempre amato e apprezzato, l’unica persona in grado di comprenderlo fino in fondo, non se ne sia mai andato. È proprio in onore di quel pensiero che ha deciso di invitarlo a restare per la notte. Certo, la sua decisione è dovuta principalmente alla sua naturale indole apprensiva, tuttavia una parte di sé, nel profondo del suo cuore, ha avvertito il bisogno che restasse. Non sarebbe stato Natale senza averlo in casa e poco importa che si trovi sul divano in sala e non lì accanto a lui, ciò che conta è la sua presenza.

Rimane almeno una decina di minuti ad osservare il soffitto, senza un particolare pensiero in testa, finché si ritrova a pensare al regalo ricevuto da Jonathan. Sa di non essersi mostrato particolarmente riconoscente ma in quel momento a prevalere era stato lo stupore. Pur rimanendo ogni anno incantato davanti alle vetrine di quei piccoli paesaggi,  non ha mai fatto parola a nessuno del suo desiderio di possederne uno, nemmeno a Jonathan. Il fatto che gliel’abbia donato, significa davvero che le parole tra loro non abbiano mai avuto una reale importanza e che, dopotutto, durante tutti quegli anni il loro rapporto è sempre stato più forte di qualsiasi frase mal pronunciata o qualsiasi effimera sillaba. Gira il capo per osservare, sul proprio comodino, l’orologio a sveglia. Segna le tre e mezza. Continua a non avere sonno e qualcosa gli suggerisce che anche Jonathan, in salotto, si trovi nelle sue stesse condizioni. Facendo ben attenzione a non svegliare Kyle sposta il copriletto, scende ed esce, chiudendosi la porta pian piano alle spalle.

Jonathan, come da previsione, non sta affatto dormendo. È seduto sul divano con la coperta di pile sulle gambe e sta giocherellando con il proprio accendino. Un pacchetto di sigarette ancora incartato si trova sul tavolino del salotto.

-Nemmeno tu dormi?

Domanda, avvicinandosi a lui. Jonathan alza lo sguardo e annuisce, mascherando un piccolo sorriso che cerca di apparire sulle sue labbra. Christian si siede sul divano e prima che possa appoggiarsi, Jonathan gli porge un lembo della coperta in pile.

-Sto combattendo una tentazione.

Spiega Jonathan, indicando il pacchetto di sigarette sul tavolino.

-Mi sto impegnando per ridurre il numero di sigarette al minimo. Certo, l’idea sarebbe quella di smettere del tutto ma… è dura!

Prosegue, posando anche l’accendino.

-L’ho notato. Riesco a sentire ancora il tuo profumo e non più quello delle sigarette.

Afferma Christian. Jonathan pare sorpreso dalla sua risposta e non ribatte.

-Oh ehm… non ti ho ringraziato per il regalo di Natale, è bello. Grazie.

Riprende Christian, iniziando a provare un certo imbarazzo per la situazione nella quale si trova.

-Non devi dirlo per forza.

Lo invita Jonathan, immediatamente.

-No, lo dico seriamente. Sai…

Fa una pausa, prima di proseguire a parlare e fa il possibile per guardare Jonathan negli occhi. Non vuole evitare il suo sguardo, non ne ha motivo.

-Mi sono sempre piaciuti quei paesaggi e ho sempre desiderato averne uno ma non sono mai stato in grado di scegliere e…

Jonathan si inserisce nelle sue parole, proseguendo la sua frase.

-Hai sempre avuto paura che comprandone uno avresti finito col riempire tutta casa.

Christian si sorprende per quella risposta. Il fatto che Jonathan abbia capito, un po’ lo spaventa. Annuisce.

-Sì, esattamente. Mi spiace aver scelto per te un regalo tanto banale, io non sono…. forte come te.

Confessa, sentendosi sinceramente dispiaciuto per aver comprato a Jonathan un semplice portafogli in pelle.

-No. Tu non sei forte come me, lo sei di più.

Ribatte Jonathan. Christian lo guarda confuso, non capisce a cosa si stia riferendo.

-Quella canzone nello spettacolo, quelle parole. Le hai rivolte a me, non è vero?

Christian cerca di aprir bocca per rispondergli ma non ci riesce e infine cede, abbassando lo sguardo. Jonathan lo sorprende di nuovo, prendendogli le mani da sotto la coperta. Intreccia le sue dita con le proprie.

-È difficile anche per me e a volte… sì, ho anche io l’impressione di andare a fondo. Questo Natale poi è stato strano, terribilmente strano ma sarebbe stato peggio, se non fossimo stati insieme.

Aggiunge. Christian si fa coraggio e lo guarda, abbozzando anche un debole sorriso, corrisposto immediatamente da Jonathan.

-Mi ha fatto stare bene vederti sul palco e sentirti cantare. Sembravi davvero felice e a tuo agio là sopra.

Christian annuisce, senza però parlare. Sente che Jonathan ha altro da dire, glielo legge sul viso.

-Anche io sto cercando di mettercela tutta, di fare del mio meglio per rimettermi in piedi. È difficile e a volte vorrei davvero buttare tutto all’aria e urlare un sonoro: “Fanculo!”.

Christian trattiene una risatina.

-Però so che lo sto facendo per un motivo, l’unico motivo per il quale mi sia mosso in tutta la mia vita: tu.

Christian spalanca la bocca, rapito dalle parole di Jonathan che però, non sono ancora terminate.

-Non sappiamo ancora come cambieranno le cose né cosa ci accadrà da qui ai prossimi mesi. Perché la strada è ancora davvero lunga però alla fine quel che conta è stare insieme, stare vicini, anche solo per un secondo. Sarei felice di stare con te anche se tu fossi muto e con le mani legate, incapace di toccarmi e di parlarmi.

Questa volta è Christian a stringere più forte le mani di Jonathan che infatti esita, prima di proseguire di nuovo a parlare.

-Noi siamo destinati. Ce lo siamo detti più volte e sono certo che possiamo farcela, prima o poi io e te. Mi sono sbagliato su tante cose nella mia vita ma mai su noi.

Christian toglie una mano dalla presa di Jonathan, la sfila dalla coperta e lentamente si avvicina al viso di Jonathan, per accarezzarlo. Il suo tocco è timido, insicuro e dubbioso. Jonathan però si avvicina ancor di più, assicurandosi il suo tocco.

-Mi prometti… che d’ora in poi le cose miglioreranno, che tutta la sofferenza, il dolore e i rimpianti, svaniranno, a partire da oggi?

Chiede, con un fil di voce.

-No. Non posso prometterti nulla, perché le promesse servono a poco. Ti dico solo di fidarti di noi, di credere in noi.

Lo corregge Jonathan, utilizzando parole che lo colpiscono profondamente e che in un certo senso sono in grado di scaldare il suo cuore.  

-Ora però è tardi, credo sia il caso di andare a dormire. Kyle si alzerà presto domani, lo conosci.

Esclama Jonathan. Christian annuisce, ritirando il braccio. Si alza dalla divano, riposizionando la coperta sulle gambe di Jonathan. Il suo cuore sta battendo forte e nonostante un grande senso di malinconia lo opprima, al punto di voler piangere, inizia a sentirsi un po’ più sereno. Una volta raggiunta la porta della camera da letto posa la mano sulla maniglia ma esita prima di entrare, si gira di nuovo verso di Jonathan.

-John…

Lo chiama, con voce debole. Jonathan alza lo sguardo e attende una sua parola. Christian non ha idea del perché l’abbia chiamato e non riesce a dirgli nulla ma gli sorride, con le labbra, gli occhi e soprattutto il cuore.

-Buonanotte.

Dice, alla fine.

-Buonanotte.

Ribatte lui.

25 Dicembre, mattina

Sono le nove di mattina. Jonathan è andato via, per potersi cambiare e rinfrescare. Tornerà però nel pomeriggio per andare con tutta la famiglia a pattinare in centro. Christian si sta godendo la pace e la tranquillità della mattina, prima che tutti si alzino, prima che la giornata abbia inizio. È davanti alla porta finestra, ancora con la tazza da colazione in mano. Dà uno sguardo alle strade innevate, sotto i suoi occhi. Lo spazzaneve sta passando in questo preciso momento. Il suo sguardo si posa poi sul dono di Jonathan, il paesaggio natalizio, lasciato accanto all’albero. Gli è spontaneo sorridere.

-Se n’è andato?

Domanda Angela, uscendo dalla stanza di Kyle e avvicinandosi a lui.

-Sì, ma tornerà.

Risponde Christian, senza girarsi.

-Tutto bene?

Chiede la donna, appoggiandogli una mano sulla spalla. Christian asserisce, con sincerità.

-Sai, mi sono ripromessa di non mettermi in mezzo nelle tue faccende personali ma credo mi perdonerai se mi permetto di dirti una cosa.

Propone la donna. Christian si gira per osservarla e la invita a parlare.

-Credo… che l’emorragia si sia arrestata e che la ferita ora abbia solo un gran bisogno di essere medicata.

Christian sorride, cogliendo al volo la metafora di sua madre.

-Sì, lo credo anche io.

Conferma, sempre con il sorriso sulle labbra.

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FINITO! Spero di non avervi annoiato troppo, 36 pagine Word (30, escludendo l’epilogo già scritto da tempo) sono veramente tante. Non credevo onestamente di arrivare a scrivere tanto ma quando ho iniziato a battere sulla tastiera le prime righe un fiume di idee  ha iniziato a scorrermi in testa e ho fatto il possibile per organizzarmi e scrivere al meglio, cercando anche di dare un senso a tutto quanto.

Spero abbiate apprezzato questa mia storia che uno speciale ma prosegue un po’ dal finale di “Hard to say I’m sorry”. Vi confesso anche che ho ideato durante la stesura un paio di spunti per poter continuare a scrivere “Hard to say” o meglio, scrivere una nuova storia ma che ne sia il sequel. Ho fin troppi dubbi a riguardo, perché il finale l’ho pensato per anni e ne sono rimasta soddisfatta però…. Non lo so >.< Riprendere in mano questa storia e tornare a scrivere di loro due come sono ora mi ha un po’ fatta sentire nostalgica. Maledetta me che mi affeziono troppo ai miei personaggi!!! Se vi interessa magari scrivetemelo, potrei pensarci :D (non dico che lo farò, dico solo che potrei pensarci più seriamente)

Bene, ora vado con i soliti “appuntamenti”.

Ho già DUE storie in mente per questa raccolta ma non so se riuscirò a scriverle per questo Natale. Quindi non ho una data per il prossimo racconto. Per quanto riguarda “I’ll Stand by you” tornerò DOPO Natale, ovvero nella settimana dal 29 al 04, probabilmente tra il 29 e il 31 perché il primo gennaio partirò e starò via senza pc &co per una settimana circa. Come sempre scrivo sull’altra storia, LEGGETE LA PAGINA BIO PER INFORMAZIONI E AGGIORNAMENTI!!

 

Non mi resta che invitarvi a farvi sentire, dicendomi se vi è piaciuto questo racconto e soprattutto auguravi un  BUON NATALE e semplicemente BUONE FESTE, per chi non festeggerà.

Alla prossima, un abbraccio.

 

  
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