Serie TV > The 100
Ricorda la storia  |      
Autore: Fannie Fiffi    25/12/2014    4 recensioni
[Bellarke; Modern!AU]
Bellamy Blake è convinto di poter finalmente trascorrere un Natale tranquillo, ma i suoi piani vengono stravolti quando sua sorella, Octavia, bussa alla sua porta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qui con una nuova cosa più leggera e spensierata e, diciamocelo, anche un po' trash. Ma oggi è Natale, quindi facciamo che siamo tutti un po' più buoni (e scemotti). E a tal proposito, spero che tutti voi abbiate passato delle vacanze serene e insieme alle persone che amate, perché questa è sicuramente la cosa più importante di tutte.

E quindi eccoci,

Buona lettura!




 



Bellamy Blake era pronto a passare delle vacanze serene e pacifiche, trascorse all'insegna di vino e film horror.

Per la prima volta dopo tanto tempo avrebbe passato un Natale calmo, privo di drammi famigliari o fidanzate isteriche, e non aveva alcuna intenzione di abbandonarsi ad eccessivi festeggiamenti o lunghe nottate sfrenate.

Il fatto che sua sorella Octavia, poi, trascorresse le vacanze con il suo ragazzo – fidanzato, lo corresse la parte razionale della sua mente – Lincoln, gli infondeva una tuttora strana pace.

Dire che c'erano state questioni irrisolte fra loro tre era un perfetto eufemismo, ma, con il tempo e un'innaturale pazienza, Bellamy era riuscito ad accettare il fatto che non stesse più parlando con una bambina, bensì con una donna capace di considerare e prendere le proprie decisioni da sola e ad accogliere la sua relazione.

Ed era stato questo, senza dubbio, l'unico regalo di Natale che aveva desiderato: riuscire finalmente a capire e farsi capire dell'unico componente della sua famiglia ed essere in grado di affidare la propria fiducia a qualcuno che, invece, non ne faceva – ancora – parte.

Insomma, dopo essersi scambiato gli auguri con i colleghi del Dipartimento, dopo aver lasciato ad Octavia i suoi regali, ora il maggiore dei Blake era pronto a rilassarsi sul proprio divano, un bicchiere di vino in una mano e il telecomando nell'altra.

L’ora di cena della Vigilia si avvicinava, ma non aveva alcuna voglia di mettersi ai fornelli, perciò scrollò le spalle e rimandò l'inevitabile, concentrandosi sulle immagini del notiziario che gli passavano davanti.

Fu nel momento in cui stava per cambiare canale, che il campanello suonò.

Immaginò fossero gruppi di anziani pronti a intonare cori canonici davanti alla sua porta, o alla peggio di ragazzini intenti a cantargli qualche canzoncina natalizia, e per un attimo pensò di non rispondere, di far credere che la casa fosse vuota.

Quando non sentì alcuna risposta, pensò di aver indovinato, ma dopo qualche secondo ci furono due colpi secchi direttamente contro il legno, e fu per questo che si alzò.

Aggrottando le sopracciglia in un'espressione piuttosto scocciata, si limitò a spalancare l'uscio e affrontare chiunque fosse pronto a disturbare un poliziotto nella Vigilia di Natale.

Non ebbe la possibilità di dire niente, però, perché un paio di braccia si strinsero attorno al suo collo e lui colse immediatamente un profumo che conosceva bene.

« Bell! » Esclamò felice sua sorella, staccandosi subito dopo.

«  O? Che ci fai qui? Pensavo... »

«  Pensavi che ti avrei lasciato festeggiare il Natale da solo? » Sua sorella alzò un sopracciglio in segno di sfida, e in quel momento Bellamy lasciò vagare lo sguardo sulla sua figura.

Indossava una giacca di pelle aperta su di un vestito rosso e un cappellino natalizio, e ai suoi piedi sporgevano buste di ogni forma e colore.

« Dov’è Lincoln? » Domandò ancor più confuso, mentre lei gli regalava un sorriso raggiante.

Octavia non rispose, bensì raccolse le buste da terra e lo superò, entrando nel suo appartamento.

Il maggiore dei Blake stava per voltarsi verso di lei, quando colse con la coda dell’occhio dei movimenti vicino alla sua porta e all’improvviso si ritrovò il suddetto ragazzo davanti.

« Buon Natale, Bellamy. »

I due si strinsero la mano, uno dei pochi gesti amichevoli che si erano scambiati fino a quel momento, e l’altro non ebbe tempo di rispondere, perché una terza persona si presentò alla sua porta.

« Miller? » Esclamò sorpreso, spalancando gli occhi e aggrottando le sopracciglia subito dopo.
Il suo partner d’ufficio scrollò le spalle – su cui, fra l’altro, teneva un enorme sacco a pelo – e gli sorrise.

« Non ti liberi di noi, amico. » E lo superò, aggirandolo ed entrando in casa, dove la voce di sua sorella iniziava già a dettare ordini.

« Noi? » Sussurrò il moro spaesato, aggrappandosi un po’ più forte all’uscio della porta.

« Buon Natale! » Urlarono due voci squillanti ed entusiaste subito dopo, e il maggiore dei Blake si trovò stritolato in un abbraccio infernale.

« Jasper? Monty? » Riuscì a dire prima di essere soffocato dai due ragazzi, anch’essi armati di sacchi a pelo e buste di alcolici vari.

« Oh Dio, non ci credo che stiamo festeggiando il Natale nell’appartamento di Bellamy Blake. » Mormorò il primo, staccandosi da lui e stringendogli le spalle.

Bellamy si limitò a fissare la sua espressione esaltata ed elettrizzata, facendo spazio ai due ragazzi e lasciandoli passare verso il salotto.

Non era finita, però, perché prima che potesse parlare di nuovo, Roma, Monroe ed Harper avevano già raggiunto la sua porta, e gli sorridevano come se avessero appena visto una renna volante.

Tutte e tre indossavano dei vestitini su cui erano state ricamate delle lucine colorate, e ad ogni loro passo sembrava di trovarsi in una discoteca anni ottanta.

« Ehi, Bell! » Lo salutarono a turno, ognuna con un lieve bacio sulla guancia e degli enormi zaini sulle spalle, e il maggiore dei Blake non poté far altro che abbandonarsi ad una risata mentre osservava tutti i suoi amici entrare liberamente nel suo appartamento e fare come se fossero a casa loro.

Non poteva negarlo, quella sì che era stata una sorpresa. E per un attimo si sentì diverso, più leggero, più spensierato. Per un momento, in quella festa che lui e sua sorella avevano sempre festeggiato da soli, Bellamy Blake si sentì felice.

Non abituato a provare quel sentimento durante quei giorni, puntò lo sguardo per terra e scosse la testa, incapace, però, di smettere di sorridere.

Quando pensò che la parata fosse finita e che non ci fossero più intrusi nel suo appartamento, con un gesto del braccio spinse lievemente l’uscio, e si voltò verso il salotto.

Prima di sentire la porta chiudersi, però, percepì qualcuno che tossiva leggermente, e una voce gli arrivò chiara e distinta.

« Non mi lasci entrare? »

Il moro spalancò gli occhi, perché era sicuro di chi appartenesse quella voce, e fino a quel momento era stato sicuro che non l’avrebbe risentita molto presto.

In un secondo si voltò nuovamente verso l’entrata, dove la punta di un anfibio verde bloccava la chiusura della porta.

« Clarke? » Mormorò ancora prima di incontrare il suo viso.

Si affrettò a riaprire completamente la soglia, e immediatamente si gelò sul posto. Davanti a lui, stretta in un cappotto nero lungo fino al ginocchio, i capelli dorati sparsi attorno al viso e gli occhi più blu del cielo estivo, Clarke Griffin lo fissava con un sorriso lievemente accennato sul volto.

« Clarke? » Domandò di nuovo, questa volta con tono molto più sicuro.

La bionda lo fissò per qualche altro istante, solo poche frazioni di secondo, prima di lasciar cadere il sacco a pelo sul pavimento e gettarsi fra le sue braccia.

In fondo, erano pur sempre passati cinque anni dall’ultima volta in cui l’aveva visto.

« Bellamy. » Sospirò lei contro la sua pelle, ancora incredula di poter finalmente essere lì.

Quando Octavia, la sua migliore amica di sempre, le aveva telefonato per chiederle di raggiungerla a Seattle, aveva davvero creduto di non poterci riuscire, dato il poco preavviso con cui aveva organizzato la sorpresa per suo fratello.

Eppure eccola lì, con il ragazzo che aveva creduto di odiare tanto, solo per scoprire che era stata un tappa fondamentale della sua infanzia e della sua adolescenza e una delle persone che le mancava di più.

Non l’aveva creduto possibile, quando a diciotto anni era partita di casa con l’intenzione di divenire il grande medico che aveva sempre voluto essere, ma con il passare degli anni si era resa conto di quanto i fratelli Blake le fossero sempre sembrati parte imprescindibile della sua famiglia.

« Non ti vedo da… » Iniziò Bellamy, accarezzandole lievemente i capelli.

« Cinque anni, Bell. » E dopo averlo detto lo strinse un po’ di più, perché probabilmente realizzò solo in quel momento quanto tempo fosse effettivamente trascorso.

Si allontanarono di poco, quel tanto che bastava a guardarsi negli occhi, e nessuno dei due tentò di nascondere la sorpresa e il sorriso che spiccavano chiari sui loro volti.

« Sei… Cresciuta. » Disse lui, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

« Di certo non sono più la tredicenne con l’apparecchio che ti ricordavi. »

« Beh, l’ultimo ricordo che ho di te era al vostro ballo di fine anno. E, ecco… » Il moro deglutì  visibilmente e prese una breve pausa, assumendo un’espressione più seria, « non eri proprio una tredicenne con l’apparecchio. »

La giovane Griffin scoppiò in una risata e abbassò lo sguardo verso la punta dei suoi stivali, incapace di nascondere il lieve rossore delle sue guance.

Facendo un passo indietro, tossicchiò lievemente e riportò gli occhi nei suoi. « Sono qui con una mia amica. Spero non ti dispiaccia. »

Bellamy, senza smettere di fissarla, scosse la testa e annuì brevemente.

« Dov’è? »

« Si è fermata a dare un’occhiata alle lucine di Natale della tua vicina. Sai, è un meccanico. » La bionda alzò gli occhi al cielo e tirò fuori dalla tasca del cappotto il telefono cellulare, premendo un tasto di chiamata rapida e portandoselo all’orecchio.

« Ehi, Rav, credo che sia ora di salire. »

Il maggiore dei Blake assistette al breve scambio con un lieve sorriso, e subito dopo sentì dei passi rimbombare attraverso la tromba delle scale.

« Dio, è così rumorosa. » Scherzò Clarke per interrompere l’imbarazzante silenzio che si era venuto a creare.

Strano, non c’erano mai stati silenzi del genere in tutte le serate in cui si erano ritrovati a mangiare pizza e guardare film splatter anni prima.

Non appena sentirono sbuffare, entrambi concentrarono l’attenzione all’uscio, su cui si era appena presentata la suddetta ragazza.

« Bellamy, questa è Raven Reyes. Viviamo insieme. » Iniziò a presentare la bionda, che si guadagnò un’occhiata curiosa da parte del maggiore dei Blake.

« È la mia coinquilina », precisò immediatamente la giovane Griffin, alzando gli occhi al cielo. In fondo non era cambiato poi tanto.

« Ray, lui è il fratello di Octavia. »

« Piacere di conoscerti! » Parlò la brunetta, che portava i capelli raccolti in una lunga coda di cavallo.

« Credi ci sia la possibilità che io possa controllare il tuo impianto elettrico? Penso che ci sia un guas… »

« Ok, ok », la interruppe Clarke, raccogliendo le buste da terra e affidandole all’amica, « perché non porti queste cose da O? Potrebbero servirle. »

L’altra, storcendo la bocca, alzò le sopracciglia in direzione di Bellamy e si scusò con un sorriso.

Quando rimasero nuovamente da soli, i due si guardarono per qualche istante e scoppiarono a ridere.

« Andiamo, prima che qualcuno dia fuoco al mio appartamento. »

Il moro si sporse verso di lei, allungando il braccio per chiudere la porta alle sue spalle, e per un piccolo istante, una lievissima frazione di secondo, Clarke rimase intontita dal suo profumo.

L’attimo però svanì presto, non appena lui la prese per mano e la condusse verso la stanza da cui provenivano tutte le voci.

« Bell, non avevi nemmeno tirato giù l’albero! » Si lamentò sua sorella quando lo vide, ma, non appena i suoi occhi si fissarono sulle loro mani intrecciate, si limitò semplicemente a sorridergli.

« Non è che mi aspettassi esattamente di trascorrere il Natale così. » Provò a giustificarsi lui, guadagnandosi una serie di insulti e “Sei pessimo!” dal resto della compagnia.
 

Un’ora dopo, il maggiore dei Blake se ne stava appoggiato al tavolo da pranzo, sorseggiando un bicchiere di vino rosso e osservando Miller e Monroe tentare di arrampicarsi l’uno sull’altra per posizionare il puntale, o Octavia e Jasper scoppiare a ridere dopo aver visto di aver portato lo stesso tipo di decorazioni, o ancora Monty e Clarke che cercavano in tutti i modi di creare chissà quale effetto chimico sul verde svanito del suo vecchio albero.

Fu in quel momento, mentre guardava i suoi amici di sempre e gli amici che aveva appena conosciuto, che Bellamy percepì nuovamente quella sensazione: felicità. Niente che aveva a che fare con il cibo, i regali – c’erano davvero dei pacchi sotto quell’albero? Chi doveva picchiare? – o le luci natalizie.

Era più un calore, un sentimento, qualcosa che non aveva nulla a che fare con gli oggetti che lo circondavano.

E la sentì nuovamente quando, dopo aver sbuffato e abbandonato il duro lavoro che stava facendo, Clarke alzò lo sguardo verso di lui e, attraverso la sala, gli sorrise.

Ricordava ancora il momento in cui l’aveva conosciuta, una cosina talmente piccola da sembrare una bambola, correre per il giardino di casa sua e rotolarsi insieme ad Octavia fra i fiori che sua madre riusciva a tenere curati fra un lavoro e l’altro.

Ricordava come, al suo ottavo compleanno, l’avesse trascinata con lui e sua sorella per la foto di famiglia davanti alla torta che Abbie Griffin aveva preparato per lui, dato che Aurora era troppo occupata a cercare di tenergli un tetto sopra la testa.

La ricordava gettare il capo indietro e scoppiare a ridere in riva al mare, quando Jasper e Monty li avevano trascinati per un weekend lontano dalla routine cittadina, e la ricordava nascondere le lacrime al funerale di suo padre, tentare di essere forte e crollare comunque in mille pezzi davanti ad una bara.

Ora che ci pensava bene, non c’era ricordo della sua infanzia o adolescenza che non coinvolgesse Clarke, o che non potesse essere ricondotto a lei.

E anche se avevano passato cinque anni separati, loro che prima non erano in grado di passare nemmeno cinque minuti senza parlarsi, tutto sembrava esser tornato esattamente come prima.

E anche se non sapeva nemmeno cosa fosse la felicità, Bellamy Blake sentiva di esserci molto vicino.
 
 


La cena non era stata perfetta come Octavia l’aveva progettata, ma per questo non meno emozionante.

Mentre osservava il suo fidanzato – non riusciva ancora a crederci, sebbene l’anello al suo anulare sinistro glie lo dimostrasse ogni giorno – ridere con Harper e Miller, o Bellamy e Monroe chiacchierare da un lato all’altro della tavola, la minore dei Blake si sentì come la bambina che era quando rimaneva affascinata a fissare le lucine di Natale, come la piccola che aspettava i suoi regali e lasciava sempre un piatto di biscotti e un bicchiere di latte vicino al camino.

Octavia era felice, nell’imperfezione della sua vita e nelle difficoltà che la sua famiglia aveva dovuto affrontare, ed era grata per tutto quello che le era accaduto, perché quello stesso passato l’aveva portata in questo presente, circondata dai suoi amici e dalle persone che amava.

E non c’era niente, nulla che avrebbe potuto desiderare di più.


 
 
Clarke si svegliò di scatto, abituata a fare le ore piccole in ospedale, nel salotto illuminato solamente dall’albero circondato da luci colorate.

Era crollata solo qualche ora prima, accucciata sul divano di Bellamy, e adesso vedeva i suoi amici rannicchiati nei loro sacchi a pelo sparsi per la stanza, ognuno troppo ubriaco perfino per accorgersi di star dormendo sul pavimento.

Un altro difetto dell’essere un medico era l’incapacità di ubriacarsi, e forse era per quello che era l’unica mente ancora attiva e sveglia a quell’ora della notte.

Spostando la coperta in cui qualcuno doveva averla avvolta dopo essersi addormentata, la giovane Griffin la usò per coprire Raven, che era sdraiata dall’altro lato del divano e teneva stretto al petto uno dei grandi cuscini.

Con tutta la delicatezza di cui fosse capace, poggiò i piedi sul pavimento e cercò di aggirare i vari sacchi a pelo sparsi lungo la stanza.

Fortunatamente, riuscì a raggiungere la cucina senza svegliare nessuno – non che avrebbero potuto svegliarsi in ogni caso – notando però una luce accesa.

Prima che potesse pensare qualcosa, i suoi occhi incontrarono la figura di Bellamy che le dava le spalle, stretto in una felpa bordeaux e con indosso un paio di pantaloncini da palestra.

« Che ci fai in piedi? » Domandò a bassa voce, appoggiandosi con un braccio al bancone e attendendo che si voltasse.

Quando lo fece, il maggiore dei Blake si passò una mano fra i capelli spettinati e le sorrise.

« Non ho sonno. » Le spiegò, poggiando una tazza sul bancone.

Clarke adocchiò il movimento e strinse gli occhi. « Per caso quella è…? »

« Mi hai beccato. » Alzò le mani in segno di resa.

« La tua cioccolata calda. Oh, Dio… Non avresti dovuto farlo senza di me! » Lo rimproverò lei, avvicinandosi silenziosamente e tentando di reprimere un ghigno.

« Mi disp… »

« Ora, mio caro Blake, sarò costretta a prendere delle misure serie. » Lo minacciò.

Prima che il moro potesse fare qualcosa, lei si era avvicinata già di molto, ed era riuscita ad aggrapparsi ai suoi fianchi.

Clarke cominciò a fargli il solletico nel momento in cui lui tentò di spostarsi, ma lei fu più veloce e fu in grado di colpirlo con un’ondata di risate irrefrenabili.

« Mi arrendo, mi arrendo! » Quasi gridò lui, afferrandole i polsi e riuscendo finalmente a fermarla. O forse riuscendo a volerla fermare.

« Cos’hai da dire in tua discolpa? » La giovane Griffin alzò il mento verso di lui, più vicina di quanto fosse stata quella sera, e il suo sorriso si dissolse quando vide gli occhi di Bellamy fissarsi sulle sue labbra.

Immediatamente lui le lasciò i polsi.

« Bellamy… » Mormorò lei, confusa da qualsiasi cosa stesse succedendo, e questo fu sufficiente a farlo riprendere dalla trance in cui sembrava essere caduto.

Subito si voltò e si sporse verso l’armadietto in alto a destra in cui teneva le tazze, dandole le spalle.

« Una tazza di cioccolata calda in arrivo. » Bofonchiò lui, e la bionda cercò di sopprimere il sospiro che sentiva crescerle al centro del petto.

« Mi sei mancato, sai? » Confessò lei con un mezzo sorriso, andandosi a sedere sul bancone opposto, continuando ad osservargli le spalle.

« Avrei voluto chiamarti più spesso. Davvero, lo volevo. Ma sembrava… »

« Lo so. Sembrava sbagliato. Sembrava ridicolo. Lo capisco, davvero. » La interruppe lui, ancora senza guardarla.

« Sono felice che tu stia bene. » Annuì lei, più a se stessa che a lui.

« Anch’io sono felice che tu stia bene. E, per la cronaca », solo in quel momento si girò verso di lei, colpendola con l’intensità del suo sguardo, « mi sei mancata anche tu, Principessa. »

Non appena sentì quel soprannome, quello stupido soprannome che lui le aveva dato anni e anni prima, il respiro le si mozzò in gola.

Clarke sbarrò di poco gli occhi, evidentemente sorpresa, e deglutì. Poi annuì, perché era l’unica cosa che si sentiva in grado di fare.

E biasimò i ricordi, diede la colpa al Natale, per ciò che fece dopo. Mentre Bellamy camminava verso di lei, portandole la tazza calda, fu facile togliergliela di mano e poggiarla alle proprie spalle.

Fu facile aggrapparsi alle sue dita e portarlo vicino, vicino, ancora più vicino, così come fu facile fissarlo dal basso senza abbandonare la presa.

La cosa più facile, però, fu chiudere gli occhi. Chiudere gli occhi e attendere, com’era stata capace di fare fin dai suoi diciotto anni, quando aveva finalmente capito che il motivo per cui all’inizio lo aveva tanto respinto era perché lui era esattamente come lei, o forse era proprio lei.

Ed era per quello, alla fine, che si era innamorata di lui.

Quando il bacio tanto atteso la raggiunse, improvvisamente tutti gli scenari in cui l’aveva immaginato si spensero, si fulminarono nella sua mente, e l’unica luce che rimase fu la sensazione di quell’attimo, imperfetto com’era sempre stato fra loro due, ma nulla di meno dell’eccezionalità.

Clarke percepì l’imbarazzo iniziale, che, ovviamente, non aveva nulla a che fare con l’impaccio – Bellamy sembrava nato per baciarla e per farla sembrare come la cosa più semplice dell’intero universo – ma che diceva più “sei il mio migliore amico da prima che io sembrassi anche lontanamente una ragazza, ma ora mi vuoi e io ti voglio e siamo qui” e allo stesso modo lo sentì svanire, lasciando posto ad un agio che non aveva provato mai con nessun altro (la parte romantica della sua mente le suggeriva che fosse perché lui la conosceva meglio di qualsiasi altro ragazzo).

Il maggiore dei Blake, che si era sporto oltre le gambe di lei, allungando il collo verso il suo volto come se fosse una cosa naturale, mosse la mano sinistra verso il fianco di lei, e solo in quel momento la bionda sembrò accorgersi improvvisamente di volerlo più vicino, di averne bisogno più vicino, perciò gli circondò la vita con le gambe e si aggrappò al colletto della sua felpa, divorando la sua bocca in una necessità che si era accesa dal momento in cui lui l’aveva stretta fra le braccia davanti alla porta di casa.

Nonostante il desiderio, però, entrambi dovevano sapere cosa diavolo quello significasse, almeno per potersi mettere i dovuti paletti ed evitare di abbandonarsi completamente.

Fu per quel motivo, dunque, che nello stesso attimo in cui Bellamy iniziò a scostarsi lievemente, anche Clarke lo fece, aprendo finalmente gli occhi.

« Avrei voluto evitare di aspettare cinque anni per poterlo fare. » Sussurrò lievemente il moro, lasciando che le dita della mano destra si perdessero dietro al suo collo, fra i suoi capelli dorati.

E fu sufficiente. Fu sufficiente per lei, per lui e per tutto quello che non si erano mai detti. Per ora, bastava.

« Sei un completo idiota, Bellamy Blake », lo rimproverò lei, cercando con tutte le forze di non sorridergli, « ma questo non cambia il fatto che ho bisogno di te. »

L’altro si limitò a scrollare le spalle con quell’aria arrogante che celava molto, molto di più, e si chinò ancora una volta a baciarla.

Quella volta, entrambi sorrisero.

 



 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: Fannie Fiffi