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Autore: Sakura Kurotsuki    02/01/2015    1 recensioni
Sembrava una bambola; la sollevò per osservarla meglio. Era fatta di legno, come una specie di marionetta, solo che non aveva i fili.
“E’ uno schiaccianoci” lo illuminò lo zio Ed.
“Uno schiaccianoci?”
“Sì, guarda…”. Lo prese gentilmente dalle sue mani e gli fece muovere il braccio destro; la bocca di legno della bambola si aprì e si richiuse quasi all’istante. “Però è talmente bello che lo trovo sprecato per questa funzione”
Aveva ragione: la ‘bambola’ era curata nei minimi dettagli, dal taglio sottile ed elegante degli occhi – che avevano il colore del cielo – alle linee dolci del viso. Pareva respirasse, tanto era perfetta.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L’ora di alzarsi era passata da un pezzo, ma Harry era ancora a letto, con le coperte tirate fin sopra la testa, a rimuginare su ciò che avrebbe dovuto aspettarsi per quella sera. Non c’era niente da fare, lo sapeva: anche quest’anno, come il precedente, si sarebbe sentito un perfetto pesce fuor d’acqua alla festa che il signor Winston, nonché  suo tutore, avrebbe dato per la Vigilia di Natale.
Con un brivido represse il ricordo della conversazione avuta con lui, quando si era arrischiato a chiedergli se avesse potuto astenersi dal presenziare all’evento. Lo ‘zio’ Ben era un uomo alto e imponente, cordiale con gli ospiti e terribile con le persone a lui vicine; lo aveva fissato per qualche istante, trapassandogli le pupille con il suo sguardo affilato e gli aveva risposto che in quanto membro della famiglia, avrebbe dovuto esserci per forza e ‘senza eccezione alcuna’. Aveva parlato lentamente e con tono fermo, ma Harry avrebbe preferito sentirlo urlare.
In quel momento qualcuno bussò alla porta ed Harry riemerse dal suo antro caldo appena in tempo per vedere una testa bionda fare capolino.
Ci sono figli uguali ai genitori, e poi ci sono quelli che ne sono l’esatto opposto. Niall, il biondo appena entrato, apparteneva decisamente alla seconda categoria.
“Ti ho portato la colazione, visto che non scendevi” disse. Aveva una guancia molto più voluminosa dell’altra, dove evidentemente aveva raccolto il cibo per poter parlare in modo più o meno comprensibile. Si raggomitolò ai piedi del letto, come faceva sempre, depositando sulle gambe di Harry un vassoio stracolmo di cibo. “Mi dispiace per mio padre” fece poi, intuendo la natura dei pensieri del riccio.
“Non è colpa tua” disse Harry.
Niall era il figlio di Ben Winston, ma era talmente diverso dal padre, persino fisicamente, che Harry più di una volta si era chiesto se non fosse stato adottato. L’alternativa era che avesse preso tutto dalla madre, ma in casa non c’erano foto di lei, e non veniva mai nominata né dal padre, né dal figlio.
Harry non era nemmeno sicuro di quale fosse il suo grado di parentela con il biondo, né tantomeno con il padrone di casa. Erano passati solo due anni da quando aveva preso ciò che restava della sua vita, tutto ciò che non era stato bruciato in quell’incendio da cui si era miracolosamente salvato – per fortuna o sfortuna - , per trasferirsi in città, nella grande casa di un ricco signore che a quanto pare era un suo lontano parente, l’unico ancora in vita.
“Lui è fatto così” tentò debolmente Niall, evidentemente dispiaciuto.
“Lo so, non preoccuparti” disse Harry cercando di abbozzare un sorriso. Non sopportava vedere Niall dispiacersi per il comportamento che suo padre teneva verso di lui.
“Però a quanto pare ci sarà anche lo zio Ed” disse a un tratto Niall, animandosi all’improvviso e battendo le mani.
“Sul serio? Credevo che tuo padre non lo sopportasse” osservò Harry.
“E’ così” confermò Niall, cominciando a mangiare un po’ della colazione di Harry, visto che lui non ne aveva nessuna intenzione, “ma sono riuscito a sbirciare la sua preziosissima e segretissima lista degli invitati, e mi pare di aver letto anche il suo nome. Incredibile, no?”
“Già” convenne Harry.
Lo zio Ed era anche lui un lontano parente dei Winston, ed era snobbato dal padrone di casa almeno quanto lo era Harry; era un personaggio particolare, quasi venisse da un altro mondo, ed era sempre circondato da un’aura fantastica e misteriosa. Di sicuro rispettare l’etichetta non era tra le sue abitudini, per questo era insolito che fosse capitato nella lista degli invitati.
Nel frattempo Niall aveva consumato tutto il cibo del vassoio, risparmiando così a Harry il dispiacere di rifiutare la sua gentilezza, visto che aveva ancora lo stomaco chiuso.
“Meglio che faccia sparire questo” bofonchiò Niall ancora con la bocca piena, prendendo il vassoio ormai vuoto, “prima che una delle domestiche vada a spifferare a mio padre che abbiamo portato del cibo in camera, solo per ottenere un aumento”.
 
 
Portamento, andatura lenta e noncurante, espressione neutra.
Queste erano le parole che Harry si ripeteva mentre vagava con apparente calma in mezzo alla quantità impressionabile di persone che affollavano il salone della villa.
Per gli eventi mondani Ben Winston non aveva mai badato a spese. La villa, che di solito rifletteva la severità del suo padrone, non era mai così splendente come in quelle occasioni. Tutto, dai chilometrici pavimenti ai corrimano delle scale, era chiaramente stato lucidato, e i lampadari emanavano una luce dorata, invece di quella biancastra che risaliva solo al giorno prima. C’erano alberi addobbati alti fino al soffitto e decorazioni varie che pendevano da muri e lampadari.
Harry sapeva che sotto l’amabile chiacchiericcio delle persone tirate a lucido che affollavano il salone principale della villa, si nascondevano le più disparate opinioni su di lui; chi lo considerava un povero ragazzo rimasto senza famiglia (soprattutto le donne), chi invece lo vedeva come un ragazzo di umili origini che per un ‘fortunato caso’ era finito a vivere nel lusso. C’era anche chi dubitava dell’autenticità della sua parentela con i Winston.
Nonostante Harry stesse cercando con tutte le sue forze di respirare profondamente, il senso di claustrofobia non tardò ad arrivare: l’accelerazione del battito cardiaco e le vie respiratorie ristrette furono dei chiari campanelli d’allarme che lo spinsero istintivamente a cercare una scappatoia.
Sempre cercando di non muoversi con troppa fretta per non dare nell’occhio, imboccò l’uscita più vicina e sbucò in un corridoio deserto. La sensazione di pericolo di abbassò all’istante, seguito dall’inconfondibile sollievo di essere al sicuro, lontano dalla moltitudine di persone che si era appena lasciato alle spalle.
Ci mise qualche secondo a riconoscere quel corridoio perché, come ogni altra area della villa, le decorazioni natalizie lo rendevano quasi irriconoscibile; mentre di solito era completamente spoglio, degli eleganti divanetti erano magicamente comparsi a ridosso del muro, alternati da alberi di Natale bianchi addobbati ognuno con un colore diverso, grandi quasi quanto quelli del salone. Frastornato da quell’improvvisa moltitudine di colori e di luci, Harry di abbandonò sul divanetto più vicino.
Doveva solo sopravvivere fino alla fine della serata, poi avrebbe potuto immergersi sotto le coperte del suo letto da una piazza e mezza, in quella camera troppo grande a cui si era abituato a fatica. La sua casetta di campagna era grande più o meno come la sua stanza, ma a lui piaceva, e ricordarla insieme alle persone a cui era bruciata gli fece stringere il cuore in una morsa dolorosa. Di sicuro aver vissuto gran parte della sua vita in un posto sperduto e silenzioso come poteva esserlo un paesino di campagna, non aiutava in eventi del genere.
Stava per appisolarsi con la tempia premuta contro lo schienale duro del divanetto, quando una mano spuntata dal nulla si serrò energicamente sulla sua spalla.
“Harry, ragazzo mio!”
Harry trasalì e si voltò di scatto per vedere una massa di capelli rossi troneggiare su di lui. Lo zio Ed sembrava essersi materializzato dal nulla, con il solito largo sorriso stampato in faccia e gli occhi verdi luccicanti come due scarabei.  Il gilet viola che portava sulla camicia bianca e il papillon giallo ocra stonavano amabilmente con il colore dei suoi capelli.
“Zio!” si animò Harry, felice di vedere una faccia amica.
Lo zio Ed non era tanto più vecchio di lui, anche se Harry non conosceva la sua età esatta.
“Ti stai nascondendo, eh?” intuì facendogli l’occhiolino, e Harry non si affannò a negare. “Ti capisco. In effetti sono venuto solo per godermi lo spettacolo di quel vecchio orso che cerca di mantenere intatto il suo potere sociale, ingraziandosi tutta quella gente lì dentro. E guarda qua…” disse, abbracciando con uno sguardo il corridoio luccicante. “Se sapessero com’è questo posto per tutto il resto dell’anno… Comunque” disse, battendo le mani con aria vivace, “sono venuto anche per darti questo”
E da dietro la schiena tirò fuori un pacco regalo con un grande fiocco rosso. Lo zio Ed viaggiava molto, e i regali che portava a Harry , le poche volte che andava in visita alla villa, erano sempre bizzarri e affascinanti, un po’ come lui. Ma quello che Harry trovò una volta scartato il regalo, lo lasciò perplesso per qualche istante. Sembrava una bambola; la sollevò per osservarla meglio. Era fatta di legno, come una specie di marionetta, solo che non aveva i fili.
“E’ uno schiaccianoci” lo illuminò lo zio Ed. 
“Uno schiaccianoci?”
“Sì, guarda…”. Lo prese gentilmente dalle sue mani e gli fece muovere il braccio destro; la bocca di legno della bambola si aprì e si richiuse quasi all’istante. “Però è talmente bello che lo trovo sprecato per questa funzione”
Aveva ragione: la ‘bambola’ era curata nei minimi dettagli, dal taglio sottile ed elegante degli occhi – che avevano il colore del cielo – alle linee dolci del viso. Pareva respirasse, tanto era perfetta.
“E’ stato fatto in Giappone. Vedi tutti questi dettagli? Gli orientali sono bravissimi in queste cose”
Lo zio Ed sfiorò con un dito la casacca rossa militare dello schiaccianoci, ed Harry lo imitò; la stoffa era pregiata e gli alamari erano finemente lavorati con vero oro.
“E’ bellissimo” disse Harry una volta superata la sorpresa iniziale, rivolgendo un grande sorriso allo zio.
“Te lo affido perché tu ne abbia cura” disse lo zio Ed con aria solenne, smorzata appena dalla strizzatina d’occhi che ne seguì.
In quel momento il rumore inconfondibile di quella che sembrava essere una folla di persone in avvicinamento riempì l’aria. In particolare Harry distinse la voce profonda e potente del padrone di casa sovrastare tutte le altre; a quanto pareva lo zio Ben stava facendo gli onori di casa.
“Ops, sembra che abbiamo compagnia” osservò lo zio Ed.  “Be’ non ci tengo proprio a mischiarmi con quella gente”
Quando Harry si voltò, era già sparito. Decise di imitarlo: non voleva pensare alla reazione dello zio se lo avesse trovato rintanato lì, invece di ‘interagire con gli illustri ospiti’, e si affrettò a mettere quanta più distanza poteva tra lui e quel corridoio. Camminava velocemente, tenendo il regalo dello zio Ed stretto al petto. Andò tutto liscio finché, voltandosi indietro per controllare che nessuno lo seguisse, andò a sbattere contro una delle ultime persone che avrebbe voluto incontrare.
“Ehi, riccioli d’oro, quanta fretta”
Era Zayn, un ragazzo alto e scarno, con capelli corvini e occhi nocciola; era uno degli amici di Niall, e non era esattamente la persona che Harry avrebbe voluto incrociare in un corridoio deserto, soprattutto se il biondo non c’era.
Tentò di sorpassarlo, ignorando il fastidioso nomignolo che gli aveva affibbiato dalla prima volta che si erano visti.
“Dove vai di bello? Liam, guarda chi abbiamo qui! È riccioli d’oro!”
“Piantala Zayn” disse una voce più profonda, e da dietro la figura del moro comparve un ragazzo dall’aria bonaria. Harry, che si era sentito appena un po’ rincuorato dalla sua presenza, si pentì subito di aver abbassato la guardia quando Zayn tornò all’attacco; con un movimento repentino, riuscì a prendergli lo schiaccianoci, che Harry teneva nascosto dietro la schiena.
“Zayn!” lo ammonì di nuovo il ragazzo di nome Liam, ma per la seconda volta Zayn lo ignorò.
“Cosa diavolo… Una bambola? Harry, non sei un po’ cresciuto per queste cose?”
Harry era alto, ma non quanto Zayn, che teneva lo schiaccianoci sopra la testa per tenerlo fuori dalla portata del riccio. Ma, dopo un tentativo particolarmente audace di Harry che gli era salito su un piede per raggiungere la sua mano, Zayn imprecò, sbattendo inavvertitamente la bambola contro il muro.
Un sonoro crack riempì l’aria ed entrambi i contendenti si immobilizzarono:  il braccio destro dello schiaccianoci, che avrebbe dovuto muoversi solo in avanti e indietro, penzolava dal busto lateralmente.
“Harry, mi dispiace… Non volevo, credimi” cercò di farfugliare Zayn, quando si accorse del danno.
Ma Harry glielo strappò dalle mani e corse via, sorpassando la figura robusta di Liam, che si limitò a seguirlo con lo sguardo. Da lontano gli parve di sentirlo rimproverare l’amico, ma ormai era troppo tardi: lo schiaccianoci era irrimediabilmente rotto, e lui non aveva mantenuto fede alla sua promessa.
 
 
Fuori faceva freddo, ma sentire l’erba sotto le mani era piacevole e rassicurante. Harry era cresciuto nella natura, abituato ad apprezzare le cose semplici che lei gli offriva; per questo annegava in quella casa troppo grande, piena di orari e formalità.
E poi il Natale apparteneva ad un’epoca lontana, dove i suoi genitori erano ancora vivi e si festeggiava con un albero, la famiglia e pochi amici intimi. Ma il Natale era una delle tante cose rimaste bruciate in quell’incendio, e che non sarebbe mai più tornata.
Era una fortuna che fosse così freddo, perché tutti gli ospiti erano rintanati all’interno della villa; stare seduti sull’erba con un completo firmato addosso, non era esattamente quello che si poteva chiamare un ‘comportamento decoroso’; Harry avrebbe scommesso entrambe le costosissime scarpe che portava, che a nessuna delle signore lì dentro sarebbe mai venuto in mente di sedersi sull’erba.
Cercò con lo sguardo lo schiaccianoci, che giaceva immobile accanto a lui. Lo prese in mano e il suo braccio penzolò pateticamente nel vuoto.
Qualcosa di così bello… Rovinato.
Come la sua vita, come lui stesso, diventato il fantasma di quello che era un tempo.
Colto da un’improvvisa ispirazione, strappò dal terreno il filo d’erba più lungo e più grosso che riuscì a trovare, e lo usò a mo’ di benda, arrotolandolo sul braccio ‘ferito’ della bambola, per poi appenderglielo al collo. Era stupido, lo sapeva, ma non aveva potuto fare a meno di farlo.  
“Harry!”
Si voltò, allarmato, ma era solo Niall che correva verso di lui. Quando lo raggiunse aveva il fiato grosso.
“Sono appena riuscito a scappare dalle grinfie di mio padre. Quanto sono noiosi, tutti quanti… Senti” disse, non lasciandogli il tempo di rispondere. “Ho saputo cos’è successo con Zayn…”
“Non fa niente” lo anticipò Harry, sapendo che si sarebbe di nuovo scusato per una colpa non sua.
“È solo che se fossi stato presente, forse non… Cos’è quello?” chiese, adocchiando lo schiaccianoci.
“Uhm… Il regalo dello zio Ed” disse Harry, sperando che Niall non lo avrebbe deriso.
“Forte!” esclamò invece il biondo. “Senti, devo tornare prima che mio padre si accorga che sono sparito. Tu te la caverai?”
“Certo, non preoccuparti” lo rassicurò Harry. Do certo non voleva che Niall gli facesse da babysitter.
“Va bene… Ma non hai freddo qui fuori?”
“Sto bene qui” gli sorrise Harry.
“Come vuoi amico. Cerca di restare vivo!”
Si allontanò, sempre correndo, ed Harry rimase di nuovo solo. In effetti faceva freddo, ma per nulla al mondo sarebbe tornato dentro.
Lo schiaccianoci, appoggiato al suo grembo a pancia in su, sembrava guardare le stelle, ed Harry lo imitò, trovando una piacevole distrazione al freddo pungente che penetrava il tessuto del suo completo elegante.
Passò così qualche minuto, finché Harry cominciò ad avvertire uno strano calore sull’ addome. Toccandolo, capì che era lo schiaccianoci a emanarlo; lo sollevò, ma quello divenne così caldo che gli fu impossibile tenerlo in mano. E quando lo lasciò cadere sull’erba, lo schiaccianoci cominciò a crescere. Harry si strofinò gli occhi per controllare che ci vedesse bene. Era come se stesse lievitando. Quando si fermò, era decisamente meno alto di Harry, ma aveva le dimensioni di una persona normale – be’, magari di un bambino alto o di un ragazzino – e si muoveva. Se prima era stato il terrore a impedire a Harry di scappare, ora era la curiosità a tenerlo inchiodato lì. Trattenne il fiato quando la ‘bambola’ si voltò. Il suo viso era illuminato dalle luci esterne del giardino: sembrava un normale ragazzo, in carne e ossa, se non fosse che fino a un momento prima era grande la metà e fatto interamente di legno.
All’improvviso sorrise, senza apparente motivo; aveva una fila di denti bianchi come l’avorio, perfettamente proporzionati e allineati.
“Oh, sì” disse a un tratto, dal nulla; aveva una voce limpida e sottile, che si abbinava perfettamente al suo aspetto minuto. “Ecco” disse, mettendo qualcosa nelle mani di Harry. Era il filo d’erba che aveva usato per ‘curarlo’.
“Oh, ehm… Grazie” balbettò lui, prendendolo. “Ma il tuo braccio…”
“A posto!” esclamò il ragazzo agitando il braccio destro per dimostrarglielo. “Bastasse questo a farmi fuori!”
Harry guardò incredulo il filo d’erba che teneva ancora tra le dita; era proprio quello che aveva strappato, non c’erano dubbi. Lo lasciò cadere a terra.
“Sto sognando?” chiese, a nessuno in particolare.
Probabilmente era ancora nel suo letto, e quello era un incubo dato dalla paura per la serata che lo aspettava. Di lì a poco Niall avrebbe fatto irruzione in camera sua, come sempre quando lui rimaneva a letto fino a tardi, saltando sul suo letto con la colazione…
“Non mi sembri addormentato” fece il ragazzo, inclinando la testa di lato come un bambino. Poi si sedette a terra, incrociando le gambe sotto di sé.
“Ma tu eri… piccolo e… di legno!” tentò di nuovo Harry, deciso a dimostrare di non essersi immaginato tutto.
“Già” convenne l’altro. “Vengo da Berlino”
“Berlino? Non sei stato fatto in Giappone?” esclamò allora il riccio, accorgendosi solo in seguito dell’assurdità della frase.
Stava parlando con un pupazzo, diamine.
Certo che sono stato fatto in Giappone! Non si vede?” ribatté lo ‘schiaccianoci’, accigliandosi e indicando se stesso. “Sono stato importato. In un piccolo negozietto a Berlino, è lì che il Rosso mi ha trovato”
“Il Rosso… Vuoi dire lo zio Ed?” chiese Harry, sedendosi di fronte a lui.
“Sì, lui. Mi piace, è un bravo ragazzo”
“Come fai a saperlo? Sei solo un pupazzo di legno” si lasciò scappare Harry, ma subito dopo se ne pentì.
Il ragazzo davanti a lui si rabbuiò appena, ma Harry sussultò quando lui gli prese la mano per portarsela al viso.
“Ti sembro fatto di legno?”
“No” soffiò Harry. La sua pelle era morbida e liscia, tanto che fu malvolentieri che Harry la lasciò. Non c’erano dubbi che fosse fatto di carne e ossa.
“Vedi questi occhi? Sono stati fatti così bene che mi permettono di vedere le persone. Posso vedere che tu sei triste, per esempio. Sennò cosa ci fai qui, tutto solo?” disse, guardandolo di sottecchi. Harry avverti la velata provocazione nella sua voce, forse una piccola vendetta per essere stato sottovalutato.
“Avevo bisogno di prendere aria”
“Devi averne presa parecchia. Non hai freddo?”
“E tu, non hai freddo?”
“Sono solo un pupazzo di legno, dopotutto”
Harry rimase senza parole; era stato sopraffatto dal ‘pupazzo’, che subito dopo sorrise, forse per sdrammatizzare il loro piccolo botta e risposta. Per la seconda volta Harry si ritrovò a pensare che avesse proprio un bel sorriso, quindi sorrise anche lui.
“Mi dispiace di aver lasciato che Zayn ti prendesse, prima” mormorò.
“Non preoccuparti. Come ho detto, un muro non è nemmeno lontanamente sufficiente per mettermi fuori gioco. E poi non avercela troppo con lui, è un bravo ragazzo”
“Cos’altro sai dirmi?” chiese Harry, interessato.
“Uhm… Che quel biondo, Niall, è una delle persone più limpide e genuine che abbia mai visto da quando guardavo i passanti dalla vetrina di quel negozio. Che quel ragazzo nel corridoio, Liam mi pare, avrebbe voluto seguirti ma non l’ha fatto per la troppa timidezza. E che tu ti senti perso, perché proprio in questo momento vorresti ritrovarti a casa tua con i tuoi genitori, e non qui a gelare fuori da una villa piena di persone che non ti piacciono.”
“Però Niall mi vuole bene. E anche lo zio Ed…” borbottò Harry, più a se stesso che al suo interlocutore.
“Vero” annuì il ragazzo. Poi si alzò.
“Dove vai?” gli chiese Harry.
“Voglio vedere quello da cui stai scappando”
Harry lo seguì vicino alla finestra che dava sul salone. Lo zio Ben era circondato da una piccola folla, che stava chiaramente cercando di affascinare.
“Chi è quell’uomo con il calice di vino in mano?” domandò il ragazzo, tutto concentrato sulla scena.
“Ben Winston, mio zio, almeno credo”
“Lo immaginavo. Bene, è l’ora di movimentare un po’ la serata, tu non credi?”
Harry lo guardò incredulo e lui gli sorrise. Un sorriso che assomigliava più a un ghigno divertito, che lasciava presagire che qualcosa di grosso stava per accadere.
Il ragazzo schioccò le dita.
E nella villa si scatenò il caos: gli enormi alberi addobbati, disposti lungo tutto il perimetro del salone, caddero uno sull’altro come le tessere del domino. Harry vide l’ultimo finire addosso allo zio Ben che cominciò ad urlare istericamente, mentre gli ospiti ridevano, divertiti dalla scena. Quando si rialzò, aveva il viso grondante di vino rosso, il che lo rendeva inquietante, ma anche stranamente ridicolo. In piena crisi isterica, Harry lo vide afferrare per il colletto uno dei domestici, urlandogli contro qualcosa che lui non poté sentire. A quel punto gli ospiti non ridevano più e guardavano la reazione inaspettata del signor Winston con aria decisamente scandalizzata.
“Come vedi, alla fine le persone si rivelano sempre per quello che sono”
Harry guardò il ragazzo accanto a sé; aveva gli occhi luccicanti e un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
“Sei stato tu a farlo?”
Ma era così ovvio che chiederlo era superfluo.
“Certo” rispose lui, chiaramente soddisfatto del suo operato. “Io posso fare questo e altro. Posso fare tutto quello che tu mi chiedi”
“Che io ti chiedo?” ripeté Harry incredulo.
“Non sono mica capitato a te per caso, Harry”
“Tu sai il mio nome” si accigliò Harry.
“Ma certo che so il tuo nome” fece l’altro, con un gesto impaziente della mano.
“E io non so il tuo” osservò allora Harry.
“Dammene uno tu, allora” suggerì il ragazzo.
Harry ci pensò; inspiegabilmente pensò a sua madre e alle fiabe che gli raccontava quando era piccolo, prima di dormire. Ce n’era una, la sua preferita, in cui l’eroe protagonista aveva il nome di ‘Louis’.
“Louis. Mi piace.” approvò Louis. “Ci divertiremo, io e te…”
 
Una mano si serrò sulla sua spalla, svegliandolo. Sentiva la tempia ammaccata e dolorante per tutto il tempo in cui era rimasta schiacciata contro lo schienale duro del divano.
“Harry, ragazzo mio!”
“Zio…?” borbottò Harry, la voce ancora impastata di sonno.
“Ti stai nascondendo, eh? Ti capisco…”
Harry guardava le sue labbra che si muovevano con la netta sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, come se ci fosse un enorme elefante ad ostruire il corridoio e lui non riuscisse a vederlo. Per di più, il suo cervello anticipava tutto quello che lo zio gli stava dicendo, come se avesse già registrato quelle parole in passato, e adesso le stesse risentendo.
“… sono venuto anche per darti questo”
“Cosa?”
Harry riemerse dalla trance ritrovandosi tra le mani un pacco regalo.  Aveva un grande fiocco rosso. Lo scartò con un’inspiegabile tensione crescente, sentendosi come a un passo dalla rivelazione di qualcosa di molto importante. Ma quando un volto scolpito nel legno, con un paio di occhi azzurri magistralmente dipinti sopra fece la sua comparsa, il suo cervello scattò.
Lo aveva già vissuto, ma stava riaccadendo, vero?
Con la coda dell’occhio poteva vedere lo zio Ed studiare la sua reazione con una velata preoccupazione dipinta sul viso, dal momento che non proferiva parola da un minuto buono. Harry fissava il pupazzo, rigirandoselo tra le mani, come se si aspettasse di vederlo liberarsi dalla sua stretta e balzare all’improvviso sul pavimento.
“Harry…?”
Ignorò il richiamo incerto dello zio Ed, e si alzò per fissare l’angolo con cui svoltava il corridoio. A momenti avrebbe udito la voce profonda e potente di Ben Winston sovrastare quella degli ospiti che si stava portando appresso, in giro per la villa. Allora lui sarebbe scappato, avrebbe incontrato Zayn e Liam, che era troppo timido per seguirlo…
Ma il vociare chiassoso della piccola folla non lo raggiunse mai. Con un orribile presentimento, si precipitò ugualmente fuori dal quel corridoio, intravedendo di sfuggita l’espressione decisamente sconvolta dello zio Ed.
Camminava velocemente, con lo schiaccianoci stretto al petto, il cuore che martellava contro il legno.
Aspettò, ma Zayn non venne, e nemmeno Liam. A quel punto Harry si sentì invadere da un’ondata di nausea. Il fatto che gli eventi non si susseguissero come avrebbero dovuto, stava a significare che il pupazzo che stringeva spasmodicamente tra le mani, era solo… Un pupazzo?
Entrò nel salone senza nemmeno preoccuparsi di quello che gli ospiti avrebbero potuto pensare di lui, vedendolo con un giocattolo in mano. Lo zio Ben era attorniato da una moltitudine di persone che era chiaramente intento ad affascinare; poco lontano da lui, Harry individuò la finestra dalla quale lui e Louis avevano spiato l’interno della villa. Guardò gli alberi addobbati, alti e maestosi; non c’era nessuno, a quella finestra, che avrebbe schioccato le dita per farli cadere.
Lo zio Ben continuò a conversare amabilmente con gli ospiti. Non aveva nessun calice di vino in mano.
 
“Parla”
Lo schiaccianoci era immobile, appoggiato alla testiera del letto.
“So che puoi farlo. Parlami ti prego. Ti prego
Ma quello continuava a fissarlo con occhi vitrei, dipinti, che non vedevano affatto. Se ne stava lì, inerme e patetico.
“Dannazione!”
La rabbia prese il sopravvento, ed Harry afferrò lo schiaccianoci, mandandolo a sbattere contro il muro dall’altra parte della stanza. Un sonoro crack riecheggiò nella stanza vuota, e quel suono ebbe il potere di farlo rinsavire. Allora si diresse lentamente verso la bambola, riversa sul pavimento con la stessa espressione impassibile dipinta sul volto di legno. Sollevandola, notò il braccio destro penzolare dal busto in modo innaturale; era chiaramente rotto, ma questa volta non lo curò.
“Tanto non puoi provare dolore” mormorò Harry nel silenzio. “Non puoi guardarmi e dirmi come mi sento. E non puoi parlare. Non mi parlerai mai più.”
E fu con questa consapevolezza che lo abbandonò in mezzo al disordine della sua scrivania, dirigendosi finalmente verso il letto per scivolare in un sonno senza sogni. Forse perché, per quella sera, di sogni ne aveva già fatti abbastanza.
 
Il mattino dopo, a colazione, lo zio Ben non c’era. Non che Harry se ne dispiacesse, ma era un fatto alquanto insolito che lo zio saltasse quello che secondo lui era ‘un importante momento di riunione dell’unità familiare’.
Harry volse uno sguardo interrogativo a Niall, ma lui con un’occhiata lo avvertì di non proferire parola sull’argomento, lasciandogli intendere che ne avrebbero parlato in seguito.
“Dio, non hai visto cosa è successo ieri sera?” esplose Niall, una volta lontani da ‘orecchie indiscrete’.
Veramente no; la sera prima Harry era riuscito a sgattaiolare nella sua camera, senza incontrare ostacoli, molto prima che la festa finisse, dove era rimasto chiuso a chiave finché i primi raggi del sole lo avevano svegliato. Ricordò il suo ridicolo scatto di rabbia e si vergognò di se stesso.
Niall cominciò a raccontare, chiaramente divertito.
“Uno di quei giganti Babbi Natale appesi al soffitto è caduto sopra a mio padre e lui ha avuto qualcosa come una crisi di nervi, non so, sembrava posseduto... Insomma, si è messo a urlare e a dare di matto. Ma la parte migliore è stata quando ha rovesciato il vino sul décolletè della signora Smith! Ed era vino rosso!”
 
Harry richiuse lentamente la porta della camera dietro di sé. Lui e Niall erano rimasti d’accordo di andare in Paese a festeggiare il 25 Dicembre con gli amici del biondo. Harry sapeva che ci sarebbe stato anche Zayn e probabilmente Liam, ma la cosa non lo turbava minimamente.
Prima di uscire dalla stanza, in tenuta da battaglia per affrontare il gelo di Dicembre, lo sguardo gli cadde casualmente sullo schiaccianoci, che spuntava timidamente in mezzo al disordine della scrivania. Piuttosto dispiaciuto per come lo aveva trattato la sera prima, - era pur sempre un bellissimo regalo dello zio Ed - lo prese per sistemarlo in bella vista su uno degli scaffali della libreria. E fu allora che lo notò, quel piccolo dettaglio che ebbe il potere di sconvolgere gli eventi. Qualcosa che gli fece accelerare il battito cardiaco, mentre un piacevole calore gli si diffondeva per tutto il corpo partendo dal petto. Il braccio destro si era aggiustato da solo durante la notte. Sebbene fosse assurdo, il dato di fatto era lì sotto i suoi occhi, tangibile e incontrovertibile. A Harry non importava nemmeno sapere come avesse fatto; era felice. Lo lasciò lì, appoggiato ai libri, mentre si affrettava a raggiungere Niall che lo chiamava dal piano di sotto. Sapeva che avrebbe vegliato sulla sua stanza con i suoi occhi limpidi, mentre era via, e su di lui, da quel giorno in avanti.  
  






 
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Sono in ritardo con questa OneShot, avrei voluto postarla il giorno di Natale, poi è slittata a Capodanno e alla fine la pubblico il 2 Gennaio. Pazienza, è comunque la mia One Shot delle feste Natalizie.
Dunque, nei miei piani originali non era previsto che Louis fosse uno Schiaccianoci così sassy xD Mi sono resa conto che lo stava diventando quando mi è venuta la frase:  “Certo che sono stato fatto in Giappone! Non si vede?” ribatté lo ‘schiaccianoci’, accigliandosi e indicando se stesso.
Poi, nella storia ho voluto dare al Giappone il merito di aver costruito lo Schiaccianoci, ma ho fatto in modo che venisse acquistato a Berlino perché il “padre” della storia originale (tale Ernst Theodor Amadeus Hoffmann) è morto a Berlino. Sì, avete capito bene, morto non nato, perché il nome della città dove è nato non me la sono sentita di scriverla (Königsberg).
Detto ciò, grazie per averla letta e per esservi sorbiti anche questo angolo autrice. Come al solito, sarei contentissima di ricevere qualche recensione.
 
Buon Anno a tutti! 

 

 

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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei personaggi, nè offenderli in alcun modo
   
 
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