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Autore: Cyber Witch    03/01/2015    7 recensioni
[Riprende Blood Red Roses, leggibile anche senza conoscere la OS precedente]
« Lo sai – sputai un grumo di sangue – le urla degli Houndoom... coincidono con la chiamata della morte. » riuscii ad alzarmi con fatica.
« E io sono morto già una volta. Claes, usa Rogodenti. »
Il Pokémon mi guardò per un attimo con esitazione, ma poi non si fece problemi a riempirsi la bocca di fiamme e scattare verso l’uomo.
Gli morse il fianco, lacerando la carne coi denti affilati. Sentii le grida di dolore e vidi il sangue colare a fiotti dalla ferita aperta.
« Dicono che se un Houndoom ti morde il dolore rimarrà per sempre, ma non credo proprio che il per sempre sia una quantità di tempo che tu riuscirai a vivere.»

*
I ricordi tornano sempre a galla... e delle volte lo fanno in una pozza di sangue.
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Manga, Videogioco
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Gore










Con gli occhi chiusi riuscivo a vedere solo rosso, come se qualcuno mi tenesse premute le dita sulle palpebre. In realtà non potevo dire se fosse esattamente così, non sentivo più niente se non uno strano fischio alle orecchie e un soffio di aria gelida che mi faceva venire la pelle d’oca alle gambe.
Pian piano la coscienza del mio corpo divenne più acuta e riuscii a percepire il pavimento duro e freddo sul quale ero probabilmente steso.
Decisi di aprire gli occhi per capire dove fossi e quello che vidi mi stupii non poco. Ero steso dentro un container aperto, dal quale riuscivo a scorgere una luce bianca abbacinante. Con stupore riuscii ad alzarmi senza provare fitte dolorose in ogni parte del corpo.
Mi avvicinai all’entrata del container di metallo e fuoriuscii in un grosso magazzino dove la temperatura era probabilmente sotto lo zero; non proprio l’ideale per un ragazzo coi calzoncini.
Tirai dallo zaino la Pokéball di Claes, il mio Houndoom, in cerca di un po’ di calore.
Claes mi guardò spaesato, non capendo come fossimo arrivati in un magazzino ghiacciato.
« Tranquillo, Claes. Sono confuso quanto te... » mormorai, carezzando la setosa pelliccia del Pokémon.
Claes ringhiò, come a darmi dello stupido e ridacchiai. Mi guardai attorno e vidi, sopra una parete laterale dell’enorme struttura, una scrittura sbiadita, vecchia di anni, che diceva “Deposito Frigo – Libecciopoli”.
Sgranai gli occhi. Unima.
Non avevo nemmeno bene presente dove Unima fosse, io che vivevo a Sinnoh. La mia confusione crebbe quando vidi arrivare verso di me due individui incappucciati.
Il mio istinto di sopravvivenza si svelò prontamente, facendomi scattare verso una cassa di legno abbastanza grande da nascondere me e Claes.
Il Pokémon si accucciò, capendo le mie intenzioni, e si mise a fiutare l’aria in cerca dell’occasione giusta per fuggire.
Con la mano destra accarezzai Claes sul dorso, proprio dove le ossa si ricongiungevano e creavano una spina dorsale esterna.
Lo vidi alzare le orecchie e capii che stava cercando di ascoltare la conversazione fra i due individui.
« Non abbiamo tempo per curiosare, forza andiamocene. » gli dissi con impazienza, togliendo la mano dal suo dorso per aiutarmi ad alzarmi.
Me la pulii sopra la maglietta a mezze maniche, di cotone leggero, e poi mi portai indietro i capelli biondicci che mi coprivano gli occhi.
Sospirai. Ero appena diventato maggiorenne e già mi ritrovavo sequestrato in un deposito per qualche strano motivo che solo Arceus saprebbe spiegare.
« Forza, andiamo... » sussurrai a Claes che non voleva sapere di muoversi da dietro la cassa.
Sospirai e mi vidi costretto a tirare fuori la Pokéball per poterlo portare con me quando scorsi di sfuggita la figura di uno dei due individui farsi avanti.
« Sei il ragazzino di Sinnoh! Porca puttana, non dovevi svegliarti prima di domani! » borbottò l’uomo. Era corpulento ed avvolto in una veste bianca. Aveva uno stemma al centro del petto che rappresentava una P su sfondo bianco e nero.
« Forza, ragazzo, meglio per te che collabori. Torna nel container e nessuno si farà male. »
Rimasi interdetto dall’accondiscendenza dell’uomo, era evidente che non avesse buone intenzioni – insomma, chi rapirebbe un ragazzo con buone intenzioni? – ma non mi sarei aspettato che mi porgesse la possibilità di scegliere liberamente se morire subito o dopo. Un malvagio gentiluomo, in poche parole.
Balbettai qualcosa quando l’uomo incappucciato si avvicinò minacciosamente a me, smentendo in un batter d’occhio le mie idee su di lui.
« Stammi bene a sentire, ragazzo – disse prendendomi per il colletto della maglia – ora torni nel container da bravo bambino e forse nessuno ti taglierà anche l’altra mano. Acromio ha bisogno di te vivo, ma nessuno mi impedisce di farti male. » mi sibilò a pochi centimetri dal viso, delle volte sputacchiandomi negli occhi.
Mi aveva sollevato da terra e con la mano destra cercavo di aggrapparmi alla sua tunica per non finire impiccato a cinque centimetri dal pavimento.
Mi scaraventò contro un lato del container e sbattei malamente la nuca sopra il freddo metallo.
Claes saltò fuori da dietro la cassa e ringhiò malamente contro l’uomo che ridacchiò.
« Che bel quadretto, peccato che il tuo povero Houndoom stia con te solo per quella fottutissima Pokéball. Quando avrai parlato con il Re collaborerai con noi, ne sono sicuro. Se un ragazzo furbo, Valentine. »
Sgranai gli occhi e Claes sembrò fare altrettanto.
« Come... come conosci il mio nome? » chiesi, cercando di prendere tempo per raccogliere il bracciale dentro lo zaino che mi era caduto di spalla dopo l’urto.
« Ti vidi sei anni fa, a Sinnoh. Allora ero ancora un sedicenne alla ricerca di se stesso. Ero accampato vicino a Giardinfiorito e ti trovai una notte che parlavi davanti ad una lapide... pensavo ti fosse mancato qualcuno e mi avvicinai per guardarti meglio. Quel che vidi mi sorprese non poco, la foto sulla tua lapide era la tua, e tu stavi parlando con un Roserade che piangeva. Non capii, ma il mattino dopo chiesi di raccontarmi tutto alle vecchie comari che mi dissero della leggenda sul Roserade e le rose rosso sangue e del bambino scomparso recentemente... e allora capii. Tu riuscivi a parlarci, coi Pokémon, intendo. » fece una pausa e si avvicinò a me, sedendosi sopra la cassa dietro la quale ero nascosto poco prima.
« Sapevo che qua ad Unima c’era qualcuno che era come te... speciale, diciamo. Sai, i rumori fra vagabondi passano in fretta da bocca a bocca. Quando arrivai ad Austropoli con la nave non ci pensai due volte ad arruolarmi nel Team Plasma, i Pokémon non vanno soggiogati... loro devono essere liberati e tu sei come N, il nostro Re. »
« Scusami, ma stai vaneggiando. Io persi la mano in un incidente alle Fonderie Fuego, mio padre lavorava lì. Non... non sono mai morto! »
Claes mi guardò di traverso, avvicinandosi al mio corpo tremante per il freddo.
Si mise davanti a me, per proteggermi e ringhiò un’altra volta, ora più profondamente.
« Non ricordi, è normale. Ma ricorderai, ora tornatene a dormire, su. » mi alzò di peso prendendomi per il colletto e mi guardò negli occhi. Solo ora mi accorsi che uno era azzurro ghiaccio e l’altro nero.
« A meno che tu non voglia perdere anche l’altra manina da segaiolo che ti ritrovi. » ghignò. Quell’uomo doveva avere qualche serio problema alla testa per passare da un estremo all’altro, dopo avermi gettato di nuovo a terra sputò del catarro sul pavimento ghiacciato.
Quando vide che non accennavo a rientrare nel container né a fare qualunque altra cosa si avvicinò di nuovo e con la mano callosa mi afferrò il polso sinistro, quello mutilato.
« Vuoi che il moncherino qui presente abbia compagnia? Idiota, muoviti! » mi gridò in faccia.
« Non vedi che il tuo Houndoom non fa niente? Ti odia perché lo hai rinchiuso in una merda di Pokéball per anni! Liberalo, dannazione, liberalo! » sbraitò, calciandomi sul ginocchio e facendomi mordere la lingua. Mi teneva ancora sollevato per il moncone.
Claes ululò, abbaiò, gridò. Sembrava provenire direttamente dall’inferno.
« Lo sai – sputai un grumo di sangue – le urla degli Houndoom... coincidono con la chiamata della morte. » riuscii ad alzarmi con fatica.
« E io sono morto già una volta. Claes, usa Rogodenti. »
Il Pokémon mi guardò per un attimo con esitazione, ma poi non si fece problemi a riempirsi la bocca di fiamme e scattare verso l’uomo.
Gli morse il fianco, lacerando la carne coi denti affilati. Sentii le grida di dolore e vidi il sangue colare a fiotti dalla ferita aperta.
« Dicono che se un Houndoom ti morde il dolore rimarrà per sempre, ma non credo proprio che il per sempre sia una quantità di tempo che tu riuscirai a vivere. » mi chinai sopra il corpo agonizzante dell’uomo e gli piantai un ginocchio nella schiena, per farlo cadere bocconi.
Con la mano destra tolsi il cappuccio bianco e afferrai i capelli sgraziatamente.
Gli alzai la testa e con forza la feci ricadere sopra il pavimento ricoperto di ghiaccio.
Una, due, tre, quattro, infinite volte. Sempre più forte la fronte sbatteva contro il terreno, sempre più sangue era attorno a me. Claes era all’erta, nel caso si avvicinasse qualcuno e io continuavo quella tortura piacevole e malata. Sapevo che era già morto, ma non mi bastava.
Il dolore era quello che cercavo, anche se non poteva più provarne da vivo ero sicuro che la sua anima ne risentisse. O almeno ci speravo. Forse era solo sadismo misto ad una buona dose di pazzia, ma quanto era bello vedere le carni dilaniate dal mio Houndoom e poterci infierire sopra.
Riuscii a girare il corpo con una forza che non credevo mia e infilai due dita nei bulbi oculari, agganciandole come uncini per poi ripetere la stessa azione di prima. Il volto non aveva espressione, ero seduto cavalcioni sopra un corpo morto e volevo continuare ad infierire sopra la salma.
Avvolsi la mano sporca di sangue attorno alla trachea dell’uomo e schiacciai verso il terreno. Non seppi se l’osso si fosse mai rotto perché Claes mi sospinse leggermente, distraendomi dalla mia opera.
Capii che si stava avvicinando qualcun altro e che non era il caso di ripetere la stessa azione due volte.
Mi alzai sostenuto da Claes e osservai il sangue che si fondeva con il ghiaccio e che pian piano congelava, creando arabeschi sul pavimento di cemento. Ricordai.
Ricordai della promessa fatta, ricordai del Roserade che piangeva e del perché non avessi più la mano sinistra.
Guardai Claes che con i suoi occhi rossi scrutava i miei e non vidi nient’altro che comprensione. Lui capiva.
Sospirai, raccolsi lo zaino da terra e mi guardai i pantaloni e la maglia. Erano rosso carminio.
« Andiamo, Claes, ho una promessa da mantenere e dei vestiti da lavare... »














 
.:.Cyber-spazio.:.
Ve lo ricordavate Valentine? Sì? No? Io sì, e me ne sono innamorata. Non nascerà una long, perché ne ho ancora una in corso che vedrò di terminare (scusate per il ritardo, alieni dolcissimi, cerco di recuperare!)
Niente da dire, il Deposito Frigo ha il suo fascino e Houndoom pure. Nonostante io sia più per i dolci Pokémon che in realtà ti uccidono nel sonno.
Niente da dire, se non che ho un sonno boia e che devo spicciarmi a pubblicare che il computer mi sta per morire.
Un inchino,
Caprico. (Ora Cy)

(Che poi pensavo pure di cambiarlo il nome, mah... vedremo)

 
  
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