Shut up and kiss me.
Mancavano due ore al mio “addio al
celibato.”
Mikey, mio fratello, Ray e Bob, i miei amici, avevano deciso di
organizzare una serata per me, solo noi quattro, probabilmente in
qualche locale a ubriacarci.
Mia moglie, cioè la donna che sarebbe diventata mia moglie
tra qualche giorno, Linds, aveva espressamente vietato spogliarelliste,
“non è che non mi fido di te, non mi fido di
quelle ragazze e dell’alcol che probabilmente
berrai” così aveva giustificato il suo divieto ed
io avevo chiesto ai ragazzi di rispettarla. Infondo non mi importava,
per me sarei anche potuto restare a casa a vedere un film, ma i ragazzi
avevano insistito per uscire e io non volevo rovinargli la festa, anche
se la festa era per me, avevo lasciato che decidessero loro.
Sentii il campanello e andai ad aprire la porta mentre sorseggiavo il
mio caffè, erano le dieci di sera ma per me era sempre
l’ora adatta per un caffè.
«Sei pronto?» mi domandò Mikey,
«Prendo la giacca e andiamo» risposi.
Dopo aver posato la tazza nel lavastoviglie, andai
all’ingresso e indossai la giacca prima di uscire insieme a
mio fratello e chiudermi la porta alle spalle.
Entrammo nell’auto, Mikey era silenzioso e stranamente aveva
un sorrisino stampato sulla faccia.
«Allora, dove stiamo andando?» chiesi, mio fratello
ignorò completamente il suono della mia voce,
«credo di avere il diritto di saperlo» insistetti.
Mikey alzò gli occhi al cielo «è una
sorpresa quindi non fare domande, sai che non sono capace di mantenere
un segreto, quindi non fare domande ti prego, non voglio svelarti la
tua sorpresa, i ragazzi mi hanno detto dove andare soltanto
un’ora fa per paura che io te lo dicessi, inconsapevolmente
s’intende. Quindi sta zitto, addormentati, gioca con il
cellulare, ma non parlarmi perché non voglio rovinarti la
sorpresa».
«Okay… puoi darmi almeno un indizio»
tentai di dissuaderlo da quel silenzio che si era imposto di mantenere,
«Gerard!» mi rimproverò.
«Okay, okay, sto zitto» mi arresi, «ecco
bravo, tanto manca poco, siamo quasi arrivati».
Passai il resto del “viaggio” a giocare ad Angry
brids con il cellulare.
Mikey accostò
l’auto su una stradina, portò un braccio verso il
retro dell’auto e tastò i sedili posteriori fino a
trovare una sciarpa nera.
«Devo bendarti» mi comunicò,
«sul serio?» chiesi.
«Sul serio, è una sorpresa non puoi vedere dove
andiamo e siamo quasi arrivati, se non ti bendo potresti vedere
l’insegna del locale» mi spiegò il mio
ingenuo fratellino,
«ti rendi conto che mi hai appena svelato che stiamo andando
in un locale».
Mikey emise un verso di frustrazione «lo sapevo, dovevo
tenere la bocca chiusa- disse tra se e se, prima di rivolgersi a me-
beh almeno non sai di che locale si tratta, quindi fa silenzio e
lasciati bendare», mi lasciai bendare e poiché non
potevo neanche più giocare ad Angry brids gli chiesi di
alzare il volume della radio e di cercare una stazione radiofonica che
mi piacesse. Ci impiegammo circa la durata di quattro canzoni di
quattro minuti per arrivare a destinazione. Mikey scese dalla macchina
e fu cosi gentile d’aiutare anche me a farlo, visto che ero
momentaneamente privato della mia vista.
«Finalmente siete
arrivati, mi si stava congelando il culo qua fuori» questo
era Bob,
«potevate entrare» disse Mikey,
«non volevo entrare prima dell’arrivo del
festeggiato» riconobbi la voce di Ray e il suo braccio che mi
avvolgeva le spalle
«sei pronto per il tuo addio al
celibato?» mi chiese,
«siamo qui per questo, no?» risposi,
«bene, allora entriamo prima che io muoia dal
freddo» disse Bob.
«Devo rimanere ancora bendato» chiesi mentre mi
trascinavano, probabilmente verso l’entrata di questo locale,
pensai, «appena siamo dentro ti liberiamo» mi
comunicò Ray.
La prima cosa che percepii
appena entrammo nel locale fu il cambio di temperatura, infatti sentii
Bob esultare per l’aria calda che c’era in quel
posto. La seconda cosa che percepii fu la musica, era musica dance, non
esattamente il mio genere. La terza cosa che percepii fu
l’odore di alcol e fumo. La mia analisi sensoriale
terminò quando Mikey mi tolse la sciarpa, che era stata
momentaneamente usata come benda per coprirmi gli occhi. Una volta che
fui libero di constatare il territorio in cui mi trovavo con la mia
vista, rimasi, effettivamente, sorpreso.
«Ragazzi, Linds aveva detto niente strip club» li
rimproverai, ma loro sorrisero.
«Quello che hai detto non è corretto, Linds ha
detto niente spogliarelliste» disse Mikey, «e qui
non ci sono spogliarelliste» continuò Ray,
«infatti, qui ci sono soltanto spogliarellisti»
concluse Bob.
Risi del loro tentativo di raggirare le parole che aveva detto la mia
futura moglie «credo che Linds intendesse entrambi i
sessi»,
«andiamo Gerard! In ogni addio al celibato deve esserci uno
spogliarello per il futuro sposo» disse Bob
«è la regola di ogni addio al celibato»
confermò mio fratello, «già»
li sostenne Ray.
«Okay, infondo perché dovrei infrangere la regola
di ogni addio al celibato» i ragazzi mi sorrisero complici.
Eravamo seduti ad uno dei
tavoli del locale mentre sul palco gli stripper si esibivano, devo
ammettere che era divertente. Iniziammo ad ordinare molti
più alcolici di quanti ne avrei potuti immaginare e il
tavolo si riempì di bicchierini di vetro, che venivano
naturalmente svuotati da noi. Cercai comunque di bere meno, infatti,
quando i ragazzi proponevano l’ennesimo brindisi, invece di
portarmi alle labbra un bicchiere pieno me ne portavo uno vuoto, tanto
loro erano troppo ubriachi per rendersene conto.
L’eccitazione del festeggiamento stava scemando con il
passare delle ore, il locare era ancora abbastanza pieno, i tavoli
pieni erano quelli che si trovavano sotto il palco, mentre nel resto
della sala erano rimasti dei tavoli vuoti, e poi c’era il
nostro che si trovava in un angolo. Mikey stava facendo delle treccine
a Ray, mentre quest’ultimo protestava borbottando parole
incomprensibili. Bob osservava, con un sorrisino ebete sulla faccia, la
cameriera andare da un tavolo all’altro per le ordinazioni.
Appoggiai le spalle allo schienale della sedia e incrociai le braccia
dietro la testa mentre portavo lo sguardo verso il palco. Un ragazzo
stava ballando sul palco, aveva uno slip azzurro con una S rossa, come
quella di superman, sopra la parte avanti e indossava un mantello
rosso, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, fisico scolpito, il
solito belloccio palestrato, non era decisamente il mio tipo.
Il ragazzo che si esibì dopo, invece, non era un
“tipo”, era semplicemente unico, almeno secondo me.
Portai le mani sopra le ginocchia tenendo le braccia tese, per
sporgermi in avanti. Il ragazzo non era molto alto, questo non lo
rendeva meno bello, anzi lo rendeva adorabile. Il suo modo di essere lo
faceva risultare fuori posto, non solo per la sua altezza, che era
diversa da quella degli altri ragazzi che si erano esibiti, ma anche
per il suo fisico, i suoi addominali non erano delineati in modo
scultoreo come quelli degli altri spogliarellisti, i suoi addominali
erano solo accennati, naturalmente per me il suo fisico era perfetto
così com’era. Indossava uno slip nero di pelle, mi
chiesi come diavolo avesse fatto a metterseli, non doveva essere facile
infilarsi una mutanda di pelle, poi spostai lo sguardo e notai che era
abbinata con il mantello che portava, anch’esso di pelle
nera. Dopo, la mia attenzione fu catturata dalla maschera di Batman che
indossava, potevo notare le sue labbra, non molto grandi ma neanche
troppo piccole, accidenti, erano perfette. La maschera mi permetteva
anche di vedere i suoi occhi e lì mi ci soffermai per un bel
po’, desiderai con tutto me stesso poter avvicinarmi e
perdermi in quegli occhi che, anche se li stavo osservando da lontano,
sembravano magici. Riportai lo sguardo sul suo corpo e mi soffermai sui
tatuaggi che marchiavano la sua pelle, quel corpo era come una tela sui
cui erano riportati dei disegni, quel corpo era come un’opera
d’arte ed io amavo l’arte, oh se l’amavo.
«Mikey!»
disse Ray facendomi voltare verso di loro.
Il mio caro fratellino aveva
deciso di vomitare addosso all’afro che si era alzato di
scatto dalla sedia «che schifo!».
Iniziai a ridere alla scena che mi si presentò davanti.
Mikey era scivolato dalla sedia, era seduto sulle ginocchia e si era
portato una mano a coprirsi la bocco, ma ormai il danno era fatto. Le
gambe di Ray erano tutte sporche e sul viso aveva
un’espressione abbastanza incazzata «aah che
schifo!» ripete.
«Non è divertente» disse rivolgendosi a
me,
«si che lo è» confermò Bob
iniziando a ridere con me.
Nonostante Ray fosse arrabbiato con Mikey, gli diede una mano per
alzarsi da terra «non lo reggi proprio l’alcol
eh?» mio fratello mugugnò qualcosa in risposta.
«È
«io devo portarlo a casa?» disse contrario
«comunque abbiamo bevuto tutti quindi nessuno di noi
può guidare» aggiunse.
«Esistono i taxi, non so se lo sai ma sono delle auto che si
mettono a tua disposizione per portarti ovunque tu voglia
andare» fece sarcastico Bob,
«può portarmi al Gran Burrone?» chiese
serio Mikey, e a questo punto anche Ray si mise a ridere.
«Chiedo alla cameriera di chiamarvi un taxi» Bob si
alzò dalla sedia e si avvicinò al bancone.
Andai al bagno con Mikey e Ray per aiutarli a darsi una ripulita, per
quanto possibile.
Una volta ritornati nella sala vedemmo Bob flirtare con la cameriera,
io guardai il palco e con mio grande dispiacere il ragazzo di prima non
c’era più. Bob venne verso di noi, sedendosi di
nuovo al tavolo, «Il taxi arriverà tra poco, ma io
non vengo con voi, torno a casa con Katy» disse indicando con
un cenno della testa la cameriera, facendoci intendere che quella era
Katy.
«Oooh Bobby ha fatto colpo» ridacchio, Mikey,
«non chiamarmi Bobby»
«ma sono ubriaco» si giustificò,
«questa non è una scusa per chiamarmi
Bobby»
«okay, come vuoi, BOB» .
Ray rise mentre scioglieva le trecce che gli aveva
“gentilmente” fatto Mikey.
«Non stiamo già per andarcene vero?»
cantilenò mio fratello,
«si che ce ne stiamo andando, mi
hai vomitato sui pantaloni» rispose Ray,
«è stato solo un incidente di percorso, mi
dispiace»
«quale percorso?» chiese l’afro confuso,
«sssh- Mikey si portò un dito sulle labbra, in
segno di fare silenzio- non importa, è una cosa che si dice
quando si combina qualche guaio»
«sei consapevole di aver combinato un guaio allora, adoravo
questi pantaloni»,
«te ne comprerò altri uguali, se mi lascerai
piastrarti i capelli»
Ray alzò un sopracciglio «assolutamente
no».
Io e Bob osservavamo in silenzio, quando Mikey si voltò
verso di me.
«Gee non possiamo andarcene, devo ancora chiedere a uno degli
spogliarellisti di farti uno spettacolino privato per il tuo addio al
celibato»
«non importa e poi non volevo nessuno spettacolino
privato» dissi.
«Secondo me uno spettacolino privato da Batman ti sarebbe
piaciuto» disse Bob ridendo,
«cosa?» feci il finto tonto, ma avevo capito che si
riferiva allo spogliarellista,
«ti ho visto mentre sbavavi per lui» cosa?! Pensai,
io non stavo sbavando, l’avevo soltanto osservato con
interesse, non credevo che qualcuno l’avesse notato, soltanto
perché mi ero soffermato su di lui per più di
cinque minuti, diversamente dagli altri ragazzi che avevo osservato per
tre minuti, «stavo solo guardando», «e ti
piaceva parecchio quello che vedevi» disse Ray.
«Non capisco, Gee, vuoi uno spogliarello fatto da Batman, non
vorrei essere io a dirtelo ma è un personaggio immaginario,
non posso chiedergli di fare uno spettacolino per te» mi
disse Mikey, ed era convinto delle sue parole, sembrava anche
dispiaciuto per non potermi dare quello che volevo, non che io volessi
uno spettacolino privato da Batman… almeno non da quello dei
fumetti.
«Ragazzi è arrivato il taxi» ci
comunicò Katy, per poi rivolgere un sorrisetto a Bob e dopo
andarsene.
«Andiamo!» dissi, trascinandomi mio fratello
dietro. Ray mi seguì e anche Bob, probabilmente per
salutarci e poi rientrare e aspettare che il turno di lavoro di Katy
finisse.
«Ray io posso sedermi sulla tua testa, scommetto che
è comoda con tutti quei ricci» rise, Mikey,
«Gerard tu ti siedi al centro, tuo fratello mi spaventa e se
deve vomitare almeno stavolta lo fa su di te» disse Ray prima
di salutare Bob ed entrare nell’automobile. Stavo per entrare
anch’io, ma mio fratello fu più veloce di me a
distendersi sulla parte dei sedili posteriori che non era occupata da
Ray.
«Puoi farmi spazio?» gli chiesi, aspettando che si
spostasse, «ma così sto comodo» mi
rispose.
Bob mi fece segno di allontanarmi e si avvicinò alla
portiera «voi andate, chiamo un altro taxi per
Gerard» disse chiudendo lo sportello.
«Ma così dovrò aspettare ancora e poi
lo sai che non mi piace andare nei taxi da solo» mi lamentai,
«infatti non ti lascio andare in taxi» disse e dal
sorriso furbo che aveva sul volto avrei già dovuto capire
che aveva in mente qualcosa, «eh? che intendi?»
chiesi, ingenuamente.
«Guarda lì» indicò qualcosa
alle mie spalle così mi voltai, un ragazzo con un jeans, una
felpa nera e delle converse rosse, stava caricando un borsone nel
bagagliaio della sua auto, fin qui tutto normale, tranne per il fatto
che questo ragazzo portava una maschera da Batman. Un sorriso si
formò sulle mie labbra senza che me ne rendessi conto.
«Io torno dentro, tu va da Batman», mi voltai di
nuovo verso di lui, allarmato «cosa? No! Non posso andare
lì» dissi indicando con il pollice della mano
destra il ragazzo dietro di me.
«Dai Gerard, sappiamo entrambi che muori dalla voglia di
spassartela con quel ragazzo» rise,
«io non voglio “spassarmela” -imitai il
gesto delle virgolette- proprio con nessuno, tra qualche giorno devo
sposarmi»,
«appunto, tra qualche giorno sarai bloccato con la stessa
persona per il resto dei tuoi giorni, è meglio che tu prenda
una bella boccata d’aria fresca prima di
immergerti» ammiccò e mi diede una pacca sul
braccio prima di posare le mani sulle mie spalle e voltarmi,
spingendomi leggermente in avanti, precisamente in avanti verso Batman.
«Buona fortuna» mi disse, neanche il tempo di
voltarmi per dirgli che non potevo avvicinarmi a quel ragazzo che Bob
era già rientrato nel locale, probabilmente per andare da
Katy.
“Forza
Gerard, devi solo parlarci, anche soltanto per sapere il suo nome,
è semplice curiosità, non stai facendo niente di
male” questo
mi ripetevo nella mia testa mentre lentamente mi avvicinavo al ragazzo.
Era di spalle, stava ancora sistemando qualcosa nel bagagliaio,
così invece di cercare di richiamare la sua attenzione,
restai dietro di lui a fissarlo e notai che il suo fondoschiena era
fantastico anche fasciato dai jeans. Quando finalmente finì
di fare ciò che stava facendo, per andare al lato
dell’auto, si voltò «cazzo! -si
posò una mano sul petto- amico non puoi comparire
così, fa un po’ di rumore la prossima
volta» sorrise e probabilmente avrei dovuto dire qualcosa ma
rimasi zitto a guardarlo. «Tutto okay?» non
risposi, «hey» mosse una mano davanti al mio
visto e sorrisi, «sei muto? Perché, mi
dispiace, ma non conosco il linguaggio dei segni, almeno mi
senti?» annuii con la testa, sarebbe stato giusto parlare a
questo punto, ma onestamente non sapevo cosa dire. «Ah okay,
quindi non puoi parlare ma mi senti, okay, sei qui da solo?»
chiese, io annuii ancora, «quindi ti serve aiuto?»
annuii, «e perché lo stai chiedendo a me, non hai
paura che possa essere un serial killer?» feci cenno di
“no” con la testa, poi indicai la sua faccia per
poi disegnare un punto interrogativo immaginario con le dita, sperai
che capisse che mi riferivo alla maschera di Batman. «Oh la
maschera –rise- è per lavoro, non l’ho
ancora tolta perché qui fuori fa freddo e la maschera evita
che mi si congeli il naso, una volta entrato in macchina
l’avrei tolta» spiegò e io sorrisi
imitando un “ok” con la mano. «Come posso
aiutarti?», indicai la macchina, «vuoi la mia
macchina» scossi la testa, «scherzavo, ho capito
che vuoi un passaggio, ma dove devo portarti?» alzai le
spalle in risposta. «Okay» mi guardò
diritto negli occhi, fece vagare lo sguardo da me all’auto,
poi sospirò e guardò di nuovo me «va
bene» disse. Si avvicinò allo sportello della
porta e lo aprì «prego» disse facendomi
segno di entrare, la cosa giusta da fare sarebbe stata rientrare nel
locale e chiamare un taxi. invece entrai in quell’auto. Il
ragazzo entrò poco dopo di me, accese il motore e si mise
sulla strada.
Stavamo in silenzio, c’era lo stero ma non mi sentivo in
diritto di allungare la mano e accenderlo, quindi non lo feci, ma ci
pensò lui e rimasi piacevolmente sorpreso quando notai che
era impostato sulla frequenza radiofonica di “Virgin
radio.”
«Allora –rise- fingerai di essere muto per molto o
mi dici il tuo nome?», la mia testa scattò verso
di lui, mi sentii uno stupido in quel momento.
«Mi chiamo Gerard» dissi, «beh, Gerard
sappi che ho finto di stare al tuo giochino soltanto perché
mi piaci» le sue dita tamburellarono sul volante, come se
fosse nervoso, «comunque, io sono Frank».
Frank. Memorizzai quel nome all’istante senza sapere che mi
avrebbe perseguitato per sempre.
«Non ti sei ancora tolto la maschera, Frank» morivo
dalla voglia di pronunciare quel nome e morivo dalla voglia di vedere
il suo volto senza quel travestimento.
«La tolgo se mi dici perché fingevi di essere
muto»,
«io non volevo fingere di essere muto, sei tu che
l’hai pensato» mi giustificai,
«non parlavi, potevi anche rispondere di no quando te
l’ho chiesto» disse ovvio,
«Così è stato più
divertente» dissi.
«Okay, comunque adesso che il mistero è stato
svelato, mi dici perché i tuoi amici ti hanno lasciato da
solo e non dirmi che eri da solo perché vi ho visti nel
locale» mi aveva visto e io non me ne ero neanche
accorto. «Il
taxi era troppo piccolo, così io sono rimasto
fuori»
«Perché sei venuto da me invece di chiamare un
altro taxi?»
«perché i tassisti mi inquietano dopo aver visto
l’episodio di Sherlock “Uno studio in
rosa” » dissi senza pensare che magari lui non
avrebbe capito a cosa mi stavo riferendo, anche se la sua risata che
seguì le mie parole mi fece pensare che invece sapeva di
cosa stavo parlando. «Ah perché, giustamente,
chiedere un passaggio a un tizio che non conosci è molto
più sicuro», pensai che aveva ragione, il mio
ragionamento non faceva una piega, non sapevo neanche dove mi stesse
portando, ma non mi importava molto perché ogni minuto che
passava mi convincevo sempre di più di aver fatto la cosa
giusta, anche se con l’aiuto di Bob era stata mia
l’idea di avvicinarmi sul serio al ragazzo.
«Non hai la faccia da serial killer» dissi,
«hai ragione ho la faccia da Batman visto che ancora non sai
com’è fatto il mio volto» disse e anche
questa volta aveva ragione.
«Ho visto i tuoi occhi mi basta» dissi e solo in un
secondo momento mi resi conto di quello che avevo detto, lui rise,
probabilmente di me, e io arrossii.
«Dopo avermi fatto questa specie di complimento meriti un
premio» pensai a tremila cose che mi sarebbero piaciute
ricevere da lui come premio ma nonostante questo, quando
accostò la macchina lungo la strada, che era deserta, una
leggera ansia s’impossessò di me, infondo non
sapevo niente di quel ragazzo magari era pronto a farmi in tanti
piccoli pezzettini e mettermi nel bagagliaio per poi portarmi a casa e
mangiarmi in stile Hannibal Lecter. Quando ci fermammo non spense la
macchina, si voltò leggermente verso di me «spero
che tu non abbia grosse aspettative perché sotto questa
maschera ho un volto normalissimo come il resto delle altre
persone» avvicinò una mano al retro della sua
testa e sfilò la maschera, con l’altra mano si
sistemò il ciuffo che era l’unica parte un
po’ più lunga dei suoi capelli. Mi
guardò diritto negli occhi e abbozzò un mezzo
sorriso, alzò un angolo della bocca e dopo sentendosi in
imbarazzo perché lo fissavo, pensai, si morse leggermente il
labbro. «Allora, ti piaccio?» domandò
con una sfrontatezza che non gli si addiceva proprio in quel momento,
io annuii sorridendo e abbassai lo sguardo sulla sua bocca che da
vicino erano ancora più bella. Portò due dita e
il pollice al mio mento per alzarmi il viso, che si era leggermente
abbassato per osservare le sue labbra, «non ti hanno
insegnato che bisogna guardarle negli occhi le persone, se mi fissi le
labbra potrei pensare che hai voglia di baciarmi»,
«mi hanno anche insegnato a non salire sulle auto di persone
che non conosco, eppure sono qui, non sempre rispetto gli
insegnamenti» dissi, sorprendendomi io stesso della mia
risposta,
«neanche io rispetto sempre gli insegnamenti, a me hanno
detto di non baciare gli sconosciuti eppure sto per baciare
te».
Non ebbi il tempo di metabolizzare le sue parole che le sue labbra
erano già sulle mie. Portò la sua mano sulla mia
guancia e pensai che era dannatamente dolce. Avete presente quando
entrate in un negozio di caramelle e siete investiti da
un’ondata di allegria a causa di tutti quei colori vivaci e
quel profumo di zucchero proveniente dalle caramelle. Bene, baciare
Frank era come entrare in un negozio di caramelle per me. Le sue labbra
erano morbide e calde, tremendamente calde, già le adoravo.
La mia voglia di approfondire quel semplice bacio, che era solo
un’unione tra le mie labbra e le sue, era un’ovvia
conseguenza di quel primo contatto, ma lui si allontanò
prima che io potessi schiudere le labbra.
«Scusa, di solito non sono così sfacciato e solo
che tu mi stavi praticamente pregando di farlo dal primo momento in cui
mi hai guardato e io non ho resistito… ti prego dimmi che
non me lo sono immaginato perché-» non lo lasciai
terminare e riportai la mia bocca sulla sua, perché si, dopo
neanche quattro secondi ne sentivo già la mancanza.
Restò immobile, forse perché non si aspettava il
mio gesto, così fui io a portare le mie mani sul suo viso
incorniciandogli il volto. Dischiusi le labbra senza aspettare neanche
due secondi questa volta e appena lui avvertì il mio respiro
sulla sua bocca parve risvegliarsi. Portò le sue mani sui
mie fianchi e sussultai per la sorpresa, non mi aspettavo quel gesto,
ma non mi lamentai. Dischiuse le labbra anche lui e mi
accarezzò il labbro inferiore con la sua lingua, ed
esattamente come una caramella, sapeva di zucchero o forse ero io che
lo stavo immaginando, ormai ero completamente su un altro pianeta.
Quando le nostre lingue si sfiorarono e si intrecciarono in un dolce
abbraccio, potei definitivamente dire addio alla mia sanità
mentale, probabilmente se non fossi stato seduto, sarei caduto
perché le gambe mi iniziarono a tremare per
l’eccitazione.
Arrivò un momento in cui ci allontanammo entrambi, nello
stesso momento, come se avessimo paura di non riuscire più a
fermarci. Lo guardai e subito dopo abbassai lo sguardo
perché, dopo il bacio, sostenere il suo sguardo era troppo
per me. Lui si voltò di nuovo verso il volante e seguendo
lui, mi misi diritto di nuovo anche io. Ritornò in strada e
sperai con tutto me stesso che dicesse qualcosa, perché io
di certo non sarei stato il primo a parlare.
«Allora, siccome per
stasera sono il tuo tassista personale, dove devo portarti?»
esultai internamente, finalmente aveva detto qualcosa anche se non era
quello che mi aspettavo.
«Io… non lo so» dissi stupidamente,
perché avevo pensato che lui mi stesse già
portando da qualche parte, mi sentii un’idiota per averlo
pensato.
«Ce l’hai una casa?» chiese, fu quasi un
sussurro ma io lo sentii lo stesso, «si» risposi.
«Non vuoi che ti ci porti?» nel tono in cui me lo
chiese avvertii un po’ di speranza come se aspettasse che io
dicessi di no, così mi feci coraggio e risposi
«no», lui sorrise, pensai che adoravo tutti quei
sorrisi che stava facendo a causa mia, anche se mi facevano arrossire
come una ragazzina alla sua prima cotta, perché si, ormai
ero sicuro di avere una grossa cotta per il ragazzo mascherato da
Batman.
«Bene» dopo di questo non parlò per il
resto del viaggio ed io ero troppo imbarazzato per dire qualcosa,
aspettai con pazienza di arrivare ovunque lui mi stesse portando.
Il luogo in cui mi
portò non era esattamente il posto che mi aspettavo, non che
io mi aspettassi qualcosa, ma il fatto che potesse portarmi al cimitero
non aveva neanche sfiorato la mia mente.
Spense il motore della macchina, dopo averla parcheggiata al lato di
una strada secondaria.
«Allora, non scendi?» mi disse mentre lui era
già fuori dall’auto, così uscii
anch’io. Il primo contatto dell’aria fresca con la
mia pelle mi fece rabbrividire, o forse sentii i brividi a causa
dell’intera situazione, ero in una strada deserta che portava
all’entrata del cimitero con un ragazzo che fondamentalmente
non conoscevo.
«Sei agitato?» chiese avvicinandosi a me,
«no» mentii, lui sorrise ancora.
Mi porse la mano, io la guardai e deglutii prima di poggiarci la mia
sopra, una volta unite, lui le abbassò e fece intrecciare le
mie dita alle sue, sembrava un contatto così intimo per due
persone che si erano appena conosciute, nonostante ci fossimo
già baciati, per me un bacio era molto meno intimo, un bacio
poteva essere causato anche soltanto dall’attrazione, invece
un intreccio di mani era causato dal sentimento, e questo mi spaventava
molto di più, l’attrazione era gestibile, i
sentimenti no.
«Andiamo» mi trascinò lentamente lungo
la strada per arrivare all’entrata, camminando notai che
c’erano anche altre macchine parcheggiate.
«Ti piace il cinema?»
«certo che mi piace il cinema» dissi ovvio, a chi
non piaceva il cinema? Era una domanda insensata secondo me, ma di
sicuro me l’aveva chiesto per rompere il silenzio o per farmi
capire dove stessimo andando. «Stasera hanno organizzato il
cinema all’aperto qui, spero che ti piaccia Colazione da
Tiffany» mi sarebbe piaciuto qualunque film pur di passare
altro tempo con lui, ma non glielo dissi, non l’avrei mai
fatto, e comunque io adoravo Colazione da Tiffany. Girai il volto verso
di lui, «mi piace» ammisi.
«Colazione da Tiffany?» che domanda era quella,
pensai, gli avevo appena detto che mi piaceva, ero confuso e lui lo
capì dalla mia espressione, «ti sei girato verso
di me e poi hai detto mi piace, quindi non ho capito se ti piaccio io o
il film» spiegò, «entrambi»
dissi arrossendo.
Una volta entrati nel cimitero, Frank pagò i biglietti e io
non obbiettai visto che non avevo con me il portafoglio.
Vidi delle coppiette comodamente sedute sopra delle coperte, c'erano
delle famiglie, poche, e c’erano anche dei gruppi formati
unicamente da ragazze.
«Per te va bene se ci sediamo qui?» chiese Frank
indicando un punto accanto alla lapide di “Geronimo
Stewart”, acconsentii e lui stese una coperta rosso scuro per
farci sedere, anche perché non mi sarei mai seduto sul
terreno umido che probabilmente avrebbe sporcato i miei jeans. Una
volta seduto mi portai le gambe al petto e le circondai con le braccia
mettendoci il mento sopra. Frank diversamente da me, stese le gambe
sulla coperta e portò le braccia all’indietro con
i palmi delle mani aperti per sorreggersi, mi venne voglia di
appoggiarmi alla sua spalla, ma non lo feci.
Il film iniziò e dopo venti minuti in cui avevamo prestato
attenzione allo schermo, il mio interesse passò su Frank che
iniziò a parlarmi.
Scoprii che Frank viveva per la musica o almeno così mi
disse, adorava la musica e anch’io, ma da quella sera
più della musica stessa adorai Frank che ne parlava, mentre
lo faceva i suoi occhi brillavano e si capiva che ci teneva molto.
Oltre a fare lo spogliarellista faceva parte di una band, sconosciuta
ma pur sempre una band. Aveva ventidue anni, quattro anni meno di me.
Frank era adorabile, era in grado di essere sfacciato ed imbarazzarsi
subito dopo, lo ammirai quella sera. Osservare Frank mentre parlava era
bellissimo, gesticolava, spesso incrociava le dita, si toccava i
capelli, il naso. Adorabile era tutto ciò che riuscivo a
pensare in quel momento. Parlare con Frank mi piaceva, molto,
più di quanto avrei potuto immaginare.
Quando mi chiese di parlare di me, beh… gli dissi la
verità, solo omettendo delle parti, come Linds o il mio
imminente matrimonio.
«Sarò il primo a comprare il tuo fumetto quando lo
pubblicheranno»
«Per il momento nessuno è interessato a pubblicare
quello che esce dalla mia testa» dissi.
«Questione di tempo, sono sicuro che un giorno mi
ritroverò a fare la fila per farmi autografare qualcosa da
te» mi disse, prendendo un pop corn dalla busta che aveva
comprato dal venditore ambulante.
«No, ti noterei e ti farei passare avanti alla
fila» lui scosse la testa «sono troppo
basso non mi noteresti» affermò e io abbassai un
poco la testa per non fargli notare che stavo ridendo perché
aveva ragione, era basso, avrei voluto dirgli che non importava
perché ormai io l’avrei notato anche tra una folla
di ottomila persone, ma non lo dissi. Non gli dissi che per la prima
volta stavo rimpiangendo il fatto di aver scelto di sposare Linds, di
avere già un futuro ad aspettarmi e di non avere tempo per
conoscere Frank come avrei voluto. Non avevo tempo per innamorarmi di
lui, anzi lui non sarebbe proprio dovuto esserci. Ero sicuro di quello
che provavo per la mia futura moglie, ma ogni mia sicurezza
vacillò e andò a farsi fottere nel momento esatto
in cui Frank, vedendo che ero perso nei miei pensieri, si
avvicinò e mi sfiorò il viso con una mano
lasciandomi una carezza sulla guancia prima di far scorrere quella mano
sul mio collo, mentre continuava a far diminuire la distanza tra di
noi. Impercettibilmente mi avvicinai anche io e il sorriso complice che
ci rivolgemmo mi fece capire che non c’era bisogno di parole
in quel momento.
Dicono che un bacio può farti sentire qualunque cosa. Un
bacio può farti sentire vivo, può distruggerti,
può piacerti o disgustarti, può spaventarti o
farti sentire al sicuro, a casa. Bene. Se me l’avessero
chiesto, avrei detto che i baci di Frank erano beatitudine, passione,
calore, dolcezza, magia.
Nessun film proiettato sullo schermo, nessun gruppo di ragazze che
chiacchieravano o coppiette distese sulle coperte accanto alla nostra,
tutto era scomparso mentre le nostre lingue si coccolavano o viziavano,
mentre giocavano dispettose o con dolcezza. Tutto ciò che mi
importava in quel momento era Frank e realizzai che lo volevo. Volevo
Frank completamente, non importava se soltanto per una volta. Lo
desideravo ardentemente.
Le mie mani finirono sui fianchi di Frank e le sue tra i mie capelli,
più passava il tempo e più i nostri corpi si
avvicinarono. Iniziai a stendermi con le spalle sulla coperta
portandomi Frank sopra. Le sue mani si posarono sul mio petto mentre mi
lasciava un bacio sull’angolo della bocca. Non resistendo
abbassai le mie mani fino a trovare il bordo della sua felpa, appena le
mie dita vennero a contatto con la sua pelle, lui sussultò e
mi morse il labbro, facendomi percepire le sue labbra che sorridevano.
Riportai le mia bocca dischiusa sulla sua e le nostre lingue furono
più che felici di riunirsi.
Frank sposto le mani e le mise al lato della mia testa per darsi
sostegno e allontanare i nostri visi, senza però muovere il
resto del suo copro. Mi guardò e arrossì, pensai
di voler baciare quelle guance, ma in realtà tutto in lui mi
faceva venir voglia di baciarlo.
«Gerard, ti… ti va-» non lo feci finire
«si» qualunque cosa fosse, si.
Lui sorrise, io lo baciai.
Si alzò e poi aiuto anche me a farlo.
Lungo la strada per ritornare alla macchina, rischiai di cadere
più volte non riuscendo a mantenere l’equilibrio,
visto che camminai praticamente abbracciato a lui,. Un volta arrivati
all’auto, Frank mi spinse contro la fiancata, davanti allo
sportello dei sedili posteriori. Infilò le mani sotto la mia
maglia e dopo avermi baciato le labbra, lasciò una scia di
teneri e dolci baci per tutto il mio collo, si soffermo su un punto e
il mio autocontrollo (se mai l’avevo avuto) si spense.
Tastando la portiera trovai la maniglia e l’aprii per poi
cadere all’indietro sui sedili. Frank emise un
“eh” sentendosi mancare la mia pelle sotto le sue
mani, mi guardò e sorrise prima di chinarsi su di me e
chiudersi la portiera alle spalle. Sfiorò i miei fianchi, mi
tolsi il giubbino e dopo lui mi sfilò la maglietta.
Osservò il mio petto poi lo accarezzò.
Iniziò a baciarmi la clavicola, in seguito il centro del
petto poi sempre più in basso, fu in quel momento che
iniziai ad ansimare.
«Frank» alzò la testa per guardarmi e si
avvicinò per baciarmi, ne approfittai per togliergli la
felpa e la canottiera. Alzai il busto mantenendo una certa distanza da
lui, per ammirare i suoi tatuaggi, perché vederli da vicino
era tutta un’altra cosa. Poggiò le mani sui miei
fianchi senza spingermi verso di lui, probabilmente perché
aveva capito che mi stavo prendendo il mio tempo per osservarlo.
Tracciai con le dita i disegni che aveva sul braccio sinistro, poi il
destro, dopo sfiorai quelli che aveva sul petto, poi sul basso ventre
dove c’erano due colombe, una portava un aureola e
l’altra delle corna da diavolo, sorrisi. Lo spinsi verso il
finestrino, fu obbligato a poggiarci la schiena. Stese le gambe e io mi
ci sedetti sopra tenendo le mie gambe ai lati delle sue cosce. Mi
avvicinò a lui per baciarmi, niente dolcezza stavolta, lo
schiocco delle nostre lingue rimbombo per l’auto, era un
bacio osceno, pura passione, lo adorai. Feci quello che lui aveva fatto
con me, gli baciai il collo, leccai con la punta della lingua il
contorno del tatuaggio dello scorpione che aveva in quel punto e lui
ansimò direttamente nel mio orecchio, rabbrividii. Gli
baciai il petto senza soffermarmici molto, volevo arrivare
più giù. Lambii quelle colombe, gli morsi il
fianco e lui sussulto. Afferrò la mia testa intrecciando la
sua mano destra con i miei capelli per alzare il mio volto e far
scontrare le nostre labbra, dopo lasciò la presa sulla mia
testa e mi circondò i fianchi con le braccia, le mie mani
erano ancora ferme ai lati di quelle colombe mentre con i pollici le
accarezzavo. Mi toccò il fondo schiena e dopo mi sollevo
leggermente per portarmi più vicino a lui, questo fece
venire a contatto le nostre eccitazioni per la prima volta. Ansimai
senza ritegno e mi vergognai di essere così tremendamente
eccitato ma ci pensò Frank a farmi dimenticare la vergogna,
gemendo e sorridendomi. Mi avventai sulle sue labbra, le morsi, le
leccai, succhiai. Avvicinai la mani all’abbottonatura dei
suoi pantaloni.
Allontanò le mie labbra dalle sue, portando le sue mani ai
lati del mio collo.
Le nostre fronti erano unite.
«Gerard»
«Frank»
«forse non dovremmo» disse, e pensai che io non
dovevo sul serio, visto che avevo una ragazza, futura moglie.
«Vuoi fermarti» dissi,
«no, tu vuoi fermarti?»
«no».
Mi guardò e decisi che in quel momento non mi importava di
nient’altro che non fosse Frank.
Mi baciò, io baciai lui. Non ci furono
più parole, solo gesti bisognosi, le mie mani che sfilavano
i suoi jeans e poi i miei, le mie gambe che si avvolgevano intorno ai
suoi fianchi, i nostri gemiti, i mei morsi, i suoi baci, le mie carezze. Decisi
semplicemente di non pensare a niente, e fu la scelta migliore,
perché quello che provai in quel momento fu unico. Quel
momento fu perfetto, nonostante avrei dovuto pensare che fosse
terribilmente sbagliato.
****
Erano le tre del mattino, probabilmente, ma non è
che mi importasse molto dell’ora quando Frank era vicino a
me. Eravamo ancora in auto, distesi sui sedili posteriori, la mia
schiena aderiva al petto di Frank e un suo braccio mi cingeva il busto.
Posai la mia mano sulla sua e lui intrecciò le nostre dita,
il suo respiro mi solleticava il retro del collo e quando mi
baciò in quel punto, mi lasciai sfuggire un sospiro.
«Dovremmo rivestirci» disse mentre continuava a
lasciarmi dei delicati baci sul collo, mugugnai in risposta.
«Non credo di aver capito» disse ridendo. Mi voltai
nel suo abbraccio per guardarlo negli occhi «non dobbiamo
vestirci subito»,
«stiamo così da un’ora e per quanto tu
sia caldo, fuori ci sono tre gradi e la mia auto non
è abbastanza lussuosa da non lasciare trapelare
l’aria gelida, quindi sto morendo di
freddo»,
«okay» acconsentii tristemente a
rivestirci.
Frank rise e io mi incantai a guardarlo, senza che me ne rendessi
conto, lui si spostò e mi sovrasto, sedendosi sopra di me.
Appoggiò le mani sui miei fianchi e iniziò a
solleticarmi.
« Frank- cercai di dire tra le risate- no, ti
prego» iniziai a ridere incontrollatamente.
All’improvviso si fermò e io tentai di ritornare a
respirare normalmente, mantenendo un sorriso sulle labbra.
Mi stava guardando, sembrava incantato e mi chiesi se anche io avevo
quella faccia quando lo guardavo.
Mi accarezzò una guancia, «Dio, sei
bellissimo». Inutile dire che arrossii,
«Frank».
Avvicinò il suo volto al mio e le sue labbra stavano per
toccare le mie, «dovremmo vestirci» dissi.
Non provò più a cercare di baciarmi e
neanche io cercai le sue labbra o il suo sguardo.
Si spostò da sopra di me e cominciò a vestirsi.
Dopo esserci vestiti Frank scese dall’auto per spostarsi dai
sedili anteriori.
«Frank aspetta» dissi prima che salisse di nuovo in
auto,
«che c’è?» disse in modo
freddo,
«mi dispiace per prima, non volevo-» mi interruppe
«non volevi baciarmi mi sembra evidente, e mi sembra anche
strano visto quello che abbiamo fatto» alzò le
spalle e si passò una mano tra i capelli. Mi avvicinai a lui
e posai una mano sul suo polso.
«Scusa, è che… è tutto
così complicato e tu non dovresti piacermi così
tanto, non avrei dovuto, invece l’ho fatto perché
non sono riuscito a frenarmi, sono una persona orribile»
iniziai a farfugliare parole che forse per Frank erano insensate,
probabilmente non ci stava capendo niente e infondo neanche io.
«Gerard» mi prese il volto tra le mani
«rilassati», sospirai, prima di stringere le mie
braccia attorno al suo busto. Ricambiò l’abbraccio
e gliene fui immensamente grato.
Dopo esserci allontanati, salimmo in auto e gli indicai la strada per
arrivare a casa mia.
Durante il tragitto, Frank non parlò di quello che era
successo, iniziò a parlare di un concerto che ci sarebbe
stato tra pochi giorni, al quale gli sarebbe piaciuto andare, avevo
come l’impressiono che mi stesse invitando ad andare con lui,
ma non lo disse espressamente. Una volta arrivati Frank smise di
parlare e mi guardò in attesa che io dicessi qualcosa.
«Grazie» dissi semplicemente, portando la mano
sulla maniglia dello sportello. Mi stavo comportando malissimo e lo
sapevo, ma non avevo idea di cosa fare e se proprio dovevo spezzare il
cuore di Frank, preferivo farlo senza dirgli che stavo per sposarmi e
che quello che c’era stato tra noi due era sempre stato
destinato a durare una sera.
Prima che potessi uscire dall’auto, Frank mi
afferrò il polso. «Non lo so cosa sia successo, ma
il ragazzo che ho conosciuto ieri sera è completamente
diverso da quello che ho davanti adesso e non mi interessa sapere il
motivo, soltanto, se l’altro te dovesse ricomparire, digli
che mi piacerebbe passare altro tempo con lui» tolse la mano
dal mio polso. «Frank» come potevo spiegargli, che
per quanto mi sarebbe piaciuto passare altro tempo con lui, dovevo
sposare la mia ragazza tra poche ore.
«Dammi il tuo telefono» disse
«Forza» mi incitò a farlo. Non volevo
che il mio tempo con Frank durasse così poco, quindi se per
restare a guardalo ancora dovevo dargli il mio telefono,
l’avrei fatto.
Dopo avergli dato il mio cellulare, digitò il suo numero e
lo salvò in rubrica, poi me lo restituì.
«Adesso devi soltanto scegliere se vuoi chiamarmi»,
«Frank».
«Ciao Gerard» mi salutò e per quanto
avrei voluto restare in auto e dirgli di mettere in moto e andarcene da
qualunque parte, scesi dalla macchina e chiusi lo sportello,
«ciao Frankie» dissi prima di voltarmi e
incamminarmi verso casa.
Sentii l’automobile allontanarsi mentre infilavo la chiave
nella serratura.
Dopo essere entrato in casa, salii le scale e mi stesi sul letto.
Passai due ore o tre ore così prima di decidermi a farmi un
doccia.
Verso le sette e un quarto mi chiamò Mikey per chiedermi
come stavo e se ero pronto per il grande giorno, mi disse che stava
arrivando con Ray e che dopo saremmo andati in chiesa.
Poi mi arrivò il messaggio di Bob,
"Spero che tu ti sia divertito con Batman, perché stai per
sposarti, condoglianze.
Comunque se vuoi fuggire dal matrimonio conta su di me."
Pensai di accettare l’offerta di fuggire dal mio
matrimonio, ma non potevo farlo. Una sera passata con Frank non poteva
oscurare la mia relazione con Linds, io l’amavo e avevo
scelto di sposarla, non potevo tirarmi indietro adesso, non dopo tutti
i progetti che io e la mia futura moglie avevamo fatto. Qualsiasi cosa
provavo per Frank l'avrei ignorata e dimenticata.
Io e Mikey eravamo fuori la chiesa, gli invitati erano già
dentro, la sposa sarebbe arrivata tra poco. Era il momento, stavo per
sposarmi.
«Vuoi entrare?» mi chiese mio fratello,
«Qualcuno dovrebbe controllare che per il ricevimento sia
tutto pronto»
«Non credo che sia il momento di pensare al
ricevimento» mi disse.
Restai in silenzio a guardare un albero poco distante da noi mentre mi
torturavo le mani.
«Gerard, stai bene? Sai è normale che tu sia
nervoso, ma sono sicuro che appena vedrai Linds ti sentirai
meglio» tentò di rassicurarmi.
«Ho bisogno di allontanarmi da qui» dissi fingendo
di ignorare quello che mi aveva detto.
«Okay, allora andiamo a controllare che sia tutto pronto per
il ricevimento»
Mentre andavamo nel luogo del ricevimento, Mikey tento di farmi delle
domande per capire cosa mi stesse passando per la testa, ma evitai di
rispondere. Non avrei detto a mio fratello che avevo tradito la mia
ragazza il giorno prima delle nostre nozze, e non solo, stavo anche
pensando di non sposarmi perché era bastata una sera con
Frank per confondere i miei sentimenti.
Il ricevimento si
sarebbe tenuto in un luogo all’aperto, era un posto spazioso
in cui erano sparsi venti tavoli rotondi con delle tovaglie bianche.
I camerieri stavano sistemando le ultime cose e mentre Mikey
era andato a parlare con il responsabile, io rimasi
all’entrata ad osservare il posto.
Avevo lo sguardo perso nel vuoto quando un ragazzo mi si
posizionò davanti, non era alto, anzi era piuttosto basso,
basso come Frank. Focalizzai meglio il mio sguardo su di lui.
«Frank» sorrisi appena i miei occhi incontrarono i
suoi.
«Hey, sembri proprio il ragazzo che ho conosciuto ieri sera,
ti chiami Gerard per caso?» sorrise.
Il suo sorriso mi tranquillizzo, ma durò poco, appena capii
la situazione in cui mi trovavo l’agitazione
ritornò più forte di prima. Frank era uno dei
camerieri del ricevimento del mio matrimonio.
Il fatto che lui si mostrasse così gentile, come se mi
avesse già perdonato per essermi comportato male con lui
qualche ora prima, mi faceva sentire ancora più in colpa di
quanto non mi sentissi già.
«Non mi avevi detto che fai anche il cameriere»
chiesi, sperando che dicesse che in realtà lui non era
davvero lì e che non avrebbe scoperto che stavo per sposarmi.
«Infatti non lo sono, sto facendo un favore ad un amico. Tu
perché sei qui, conosci gli sposi o ti sei imbucato?
Comunque, in smoking stai benissimo, ti salteri addosso se non fossimo
in pubblico» si morse il labbro inferiore, e so che era
sbagliato ma ebbi l’impulso di spingerlo contro il muro e
baciarlo.
La voce di Mikey mi frenò dal compiere qualunque gesto
«Gee! Sei qui!» disse avvicinandosi, «ti
stavo cercando, dobbiamo corre in chiesa, Linds è
già arrivata e di solito e lo sposo che aspetta la
sposa»
«Tu sei lo sposo?» chiese Frank, mi immobilizzai,
poi capii che l’aveva chiesto a Mikey e andai nel panico
immaginando le cose che avrebbe potuto dirgli mio fratello.
«No -disse ovvio- è lui lo sposo»
concluse indicandomi. In quel momento desiderai sprofondare nel
sottosuolo.
La bottiglia che si trovava nella mano destra di Frank, cadde a terra
frantumandosi in mille pezzi, il vino si rovesciò per il
pavimento.
«È vero?» al suono della sua voce alzai
lo sguardo dal pavimento a lui, «certo che è
vero» disse Mikey e desiderai poter restare da solo con
Frank, ma non dissi niente.
«Gerard» mi implorò come se potessi
dirgli che non era vero, che non stavo sul serio per sposarmi.
«Voi due vi conoscete?» chiese mio fratello.
«Gerard» sussurrò Frank prendendo le mie
mani tra le sue, i suoi occhi erano lucidi, mi sentii male.
«Frank, mi dispiace, io-» uno schiaffo mi
colpì una guancia, non lasciandomi finire di parlare. Vidi
Frank voltarsi e corre lontano da me.
Non gli corsi dietro, semplicemente restai immobile a guardarlo
allontanarsi da me, prima che Mikey mi portasse dalla parte
opposta, dove c’era l’auto che ci avrebbe portati
in chiesa.
****
«Gerard,
non dovresti farlo se non sei completamente sicuro. Lo so che non vuoi
far soffrire Linds, ma devi pensare a te in questo momento, vuoi
davvero sposarla?» mi chiese Mikey.
Non dissi niente a mio fratello, salii le scale che si trovavano
all’entrata della chiesa ed entrai. Dovevo sposarmi.
«Gerard Arthur Way, vuoi accogliere Lindsey Ann
Ballato, come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre,
nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e
onorarla tutti i giorni della tua vita?» il sacerdote
recitò il rito.
****
La prima cosa che vidi una volta uscito dalla chiesa fu
Frank. Era seduto sulla scalinata, il gradino più
in basso, il primo per salire.
Scesi le scale e una volta arrivato vicino a lui, gli posai una mano
sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
Frank si voltò e vedendomi si alzò di scatto.
«Gerard, cosa ci fai qui?» chiese mentre si
torturava le dita delle mani.
«Tu perché sei qui?» posai le mani ai
lati delle sue braccia ma lui si allontanò.
«Volevo vedere tua moglie» spiegò,
«non è mia moglie» specificai,
«lo sarà» disse tristemente abbassando
il capo,
«no» dissi, non potendo evitare di sorridere.
Alzò di nuovo la testa e giurai di vedere un luccichio nei
suoi occhi «Gerard»,
«no, aspetta, fammi parlare. Sono stato uno stronzo, sono uno
stronzo»,
«Gerard» ripete avvicinandosi di poco a me.
«Lo so, sono una persona orribile, ho tradito la persona che
credevo di amare e l’ho lasciata sull’altare, ma
non solo, ho tradito anche te e mi odio per questo. Vorrei averti
conosciuto prima, così non ci sarebbero stati
problemi»,
«Gerard» disse facendo un altro passo verso di me. «So
che mi odi, ma se me lo permetti vorrei farti cambiare idea, e lo so
che potrebbe essere difficile, ma ho abbandonato il mio matrimonio per
te, questo dovrà pur contare qualcosa? Con questo non sto
cercando di risolvere tutto così, puoi picchiarmi se vuoi,
puoi anche urlarmi contro, farò qualsiasi cosa per farmi
perdonare» lo implorai,
«Gerard» disse ridendo e vedendolo sorridere mi si
riempì il cuore di gioia.
«Qualunque cosa Frank, sul serio, chiedi e-»
«sta zitto»
«okay, se vuoi che stia zitto, posso farlo, starò
in silenzio per sempre, magari per sempre no, ma-»
«Gerard, sta zitto -si avvicinò- e
baciami» mi circondò la vita con le sue braccia,
«ah, okay» dissi accarezzandogli le guance con
entrambe le mani.
Poggiò la sua fronte sulla mia «Baciami
adesso» sussurrò e lo feci, lo baciai e fu come
ritornare in superficie dopo essersi immersi, fu come ritornare a
respirare normalmente, come ritornare a vivere.
Fu vita ,fu amore, fu magia, furono fuochi d’artificio,
felicità.
Dicono che un bacio può farti sentire qualunque cosa. Un
bacio può farti sentire vivo, può distruggerti,
può piacerti o disgustarti, può spaventarti o
farti sentire al sicuro, a casa. Bene. Se me l’avessero
chiesto, avrei detto che i baci di Frank erano beatitudine, passione,
calore, dolcezza, magia, casa.
«Dovremmo andarcene da qui, sono una persona orribile, ma non voglio che la mia ex futura moglie mi veda con il mio…» non terminai la frase e Frank mi guardò, in attesa, « con il mio futuro ragazzo?» continuai titubante. Lui sorrise e prese la mia mano tra la sua per poi intrecciare le nostre dita. «Il tuo futuro ragazzo eh? Non lo so devo pensarci, e poi devi ancora farti perdonare, ma non preoccuparti ho già un’idea su come potresti riottenere la mia fiducia» disse ridendo prima di trascinarmi verso la sua auto.
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Angolino di Fay:
Aloha ~
Eccoci qui, se
c'è qualcuno che ha letto... e che è arrivato
fino alla fine, GRAZIE per aver usato il vostro tempo per leggere
questa "cosetta" che ho scritto.
Spero che vi sia
piaciuta e mi dispiace per gli errori che sicuramente avrete trovato
leggendola... (non ho mai detto, e mai lo dirò, di essere
brava a scrivere. Adesso starete pensando "allora perchè
scrivi se sei consapevole del tuo non-talento?" beh... diciamo che ho
queste idee (viva le idee..) che si fanno spazio nella mia testa e mi
piace scriverle, quindi lo faccio anche se so che il risultato non
sarà soddisfacente...).
Comunque, visto che siete delle belle persone e che avete voglia di
lasciarmi un commentino per farmi sapere cosa pensate di questa ff, vi
aspetto (eh).
No, okay... se non volete recensire non fatelo, resterò nel
dubbio che il numero delle visite sia un miraggio.
Okay, basta,
adieu~
P.S. Scusatemi anche per il codice Html.