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Autore: lapoetastra    07/01/2015    2 recensioni
L’uomo porta il bambino in un capanno buio ed umido.
Il piccolo sa perché sono lì e cosa gli accadrà a momenti, ma non emette un singolo fiato.
Ha paura di farlo arrabbiare, lamentandosi, e non può assolutamente permetterselo.
Quando l’uomo lo spoglia, piano, con lentezza, non può impedire al suo giovane corpo di tremare, in preda al panico.
Come sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Morgan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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L’uomo porta il bambino in un capanno buio ed umido.
Il piccolo sa perché sono lì e cosa gli accadrà a momenti, ma non emette un singolo fiato.
Ha paura di farlo arrabbiare, lamentandosi, e non può assolutamente permetterselo.
Quando l’uomo lo spoglia, piano, con lentezza, non può però impedire al suo giovane corpo di tremare, in preda al panico.
Come sempre.
Perché per quante volte succeda, è come se fosse sempre la prima, per il bambino, che non riesce ad abituarsi alla sensazione raccapricciante delle mani fredde e sudate dell’uomo che lo accarezzano con lussuria, con ingordigia, alla ricerca di un contatto maggiore.
Il piccolo si morde forte il labbro per non piangere, non urlare, a quel dolore fisico e mentale che minaccia di spezzarlo come un burattino, e contro ogni previsione ce la fa, non riuscendo però ad evitare che calde lacrime gli righino il volto olivastro.
< Come sei bello, Derek…  >, gli sussurra l’uomo direttamente nell’orecchio, solleticandogli la sensibile pelle del collo con il suo respiro affannoso.
Quando tutto inizia, il fanciullo chiude gli occhi.
Finirà, prima o poi, quella tortura che si sta protraendo da tempo infinito.
E, prima o poi, arriverà il momento in cui lui sarà il carnefice e l’uomo la vittima.
Bisogna solo aspettare.
 

 

Il bambino è diventato un uomo, adesso.
Derek Morgan, profiler dell’FBI, uno dei migliori agenti dell’unità.
Ma anche se gli anni hanno cancellato dal suo corpo i segni delle violenze e degli abusi perpetrati su di lui durante la sua infanzia, non hanno di certo eliminato i lividi e le ferite presenti nella sua mente e nel suo orgoglio.
Ed adesso Derek se ne sta lì, tremando, con i pugni stretti forte nelle tasche della giacca fino a sentire le corte unghie affondare nella morbida carne del palmo.
Lo sta guardando, lo ha davanti.
Finalmente, dopo anni di ricerche estenuanti ed inconcludenti, è riuscito a trovarlo.
L’uomo che l’ha violentato infinite volte, da piccolo, è ora di fronte a lui, con i capelli spruzzati di grigio dal passare del tempo ma con ancora una scintilla di lussuria negli occhi nerissimi.
< Carl Buford >, sussurra Morgan, cercando di caricare quel nome che tanto l’ha  tenuto sveglio, di notte, di odio e disprezzo, non riuscendo però ad impedire alla propria voce di tremare, come avesse solo otto anni.
< Derek Morgan >, mormora l’uomo in risposta, riconoscendolo e squadrandolo da capo a piedi. < Vedo che non sei cambiato poi molto. Rimani sempre il più… >
< Zitto! >, urla Derek, con le vene che gli pulsano sul collo quasi prossime a scoppiare.
Non vuole sentire le sue parole, non vuole udire i suoi complimenti.
Vuole solo che rimanga in silenzio.
< …bel ragazzo che io abbia mai avuto l’occasione di… >, continua imperterrito Carl, ma si blocca di colpo nuovamente, con la bocca aperta ed un sottile rivolo rosso che fuoriesce da essa.
Morgan lo guarda, con la pistola fumante ancora in mano, e lo vede accasciarsi come una bambola di pezza ai suoi piedi.
Vorrebbe pestarlo, picchiarlo, farlo sanguinare ancora di più, per scaricare finalmente tutta la rabbia e la disperazione che a causa sua si è sempre portato dentro, rovinandosi la vita.
Ma non fa niente, rimane immobile al suo posto, e lo osserva morire con un sorriso sulle labbra.
 
 
 Derek Morgan sbatte gli occhi che neanche si è accorto di aver chiuso.
Sente la gola bruciare per aver gridato con quanto fiato aveva nei polmoni a Carl di stare zitto.
L’immaginazione ha poi preso il sopravvento sulla sua mente, facendogli sognare di uccidere il suo vecchio stupratore, di picchiarlo, di farlo stare profondamente male.
Ma tutto ciò in realtà non è mai successo, e Derek lo sa, ed in fondo ne è felice.
È cambiato con il tempo, rispetto a quando era piccolo.
Ciò che conta davvero per lui, ora, è assicurare quel mostro che si traveste da uomo nelle mani della giustizia, in modo che non possa più rovinare l’infanzia ad altri innocenti fanciulli.
Per questo non è da solo, adesso, di fronte al cafè dove i suoi informatori gli hanno rivelato che Carl si reca ogni giorno per discutere di politica con gli altri clienti.
Per questo ora gli agenti della BAU, i suoi colleghi, i suoi amici, hanno arrestato Buford e lo stanno portando via, per chiuderlo in un’angusta cella di prigione e gettare via la chiave.
Carl non lo guarda, tiene la testa bassa, e forse finalmente si è reso conto di aver distrutto la vita di intere generazioni di bambini indifesi, troppo terrorizzati per ribellarsi e troppo spaventati per denunciarlo.
E Morgan sorride, adesso, perché per la prima volta si sente davvero felice, e riesce a percepire il gusto dolce e delicato della contentezza sulla punta della lingua.
Ha avuto la sua vendetta.
E, per un fugace istante, si sente il carnefice e non più la vittima.
 
 
   
 
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