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Autore: Caramel Macchiato    15/01/2015    0 recensioni
Questa storia è incentrata su Kentin e Amira: come si sono conosciuti, come si svilupperà la loro relazione, cosa dovranno affrontare insieme o da soli.
È la prima storia che pubblico, spero vi interessi! Se avete critiche, consigli o altro, scrivetemi per favore! Mi interessano i vostri pareri :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno seguente aprii gli occhi al suono della sveglia, il cuore in gola dallo spavento. Cercai di tapparmi le orecchie con i miei capelli carota ma non servì, così fui costretta ad alzarmi e spegnerla. Mi fermai davanti allo specchio e cercai di svegliarmi tirando la faccia da un lato all’altro, battendo le mani sulle guance e cercando di tenere le palpebre alzate. Dopodiché tirai fuori dall’armadio un paio di jeans grigi e un maglione color prugna e me li infilai faticosamente. Scesi in cucina con gli occhi chiusi e mi preparai un bel caffè nero, sentendo la sveglia di mia madre suonare in quel momento. Mi stavo sedendo al tavolo con una ciotola di cereali e il mio bel tazzone di caffè, quando lei entrò in cucina stravolta, con gli occhi ancora chiusi. D’istinto s’avvicinò alla caffettiera e si versò una tazza, ingurgitandola in un sorso. - Ahi! Scotta!- Borbottò, tutto d’un tratto sveglia. - L’ho appena fatto- Le risposi con la bocca piena di cereali e latte. - Potevi avvertirmi!- - Non mi avresti sentita-. Lei sospirò e si passò una mano tra i disordinati capelli mogano, tuffando una mano nella fruttiera in cerca di qualcosa di commestibile. Finita la mia colazione, depositai le stoviglie nel lavello e andai in bagno per la parte finale del mio triste risveglio pre-scuola. Lavati i denti e passata una rapida mano di trucco, afferrai la mia borsa dalla stanza e scesi per infilarmi le mie all star nere alte e il giaccone. Inviato un bacio alla mamma, ero pronta per uscire in quella fredda mattina di dicembre. Una ventata gelata mi colpì in pieno non appena mi richiusi la porta alle spalle… Come cominciare bene la giornata! Feci alcuni passi tremanti verso la fermata del bus e scorsi Armin ed Alexy che arrivavano a testa bassa dall’altra parte della strada. Aspettai che mi raggiungessero prima di salutarli con un cenno del capo. - Bella giornata è?- Borbottò Armin, di malumore fin dal primo mattino. - Armin voleva saltare scuola- Brontolò Alexy, con una vocettina poco virile. - Zitto tu- Prima che il battibecco potesse prendere quota, intravidi il bus che arrivava in fondo alla strada e, non appena si fermò bruscamente davanti a noi, li spintonai dentro senza troppi complimenti. - Allora: sei riuscita a parlare a Kentin?- Mi chiese Alexy, sistemandosi su due sedili. - Sì. Cominceremo la ricerca questa sera- Risposi, sedendomi con Armin sui due sedili adiacenti. - Davvero? È stato così difficile?- Mi apostrofò il mio vicino di posto, ricevendosi uno sguardo glaciale. - Quello che è importante è che ce l’hai fatta! Magari col tempo si rivelerà anche un tipo interessante!- S’entusiasmò Alexy. - Dubito- Borbottai, girandomi verso il finestrino e terminando lì l’argomento Kentin. Arrivammo a scuola sotto un cielo che annunciava neve e ci affrettammo ad entrare nella squola, tremando come pulcini e incappando subito in Melody, affaccendata con alcuni fascicoli. - Oh, buongiorno!- Ci salutò, senza staccare gli occhi azzurri e stanchi dal fascicolo che stava leggendo. - Buongiorno- Ricambiammo all’unisono. Appena si fu allontanata, Alexy si girò verso di me con gli occhioni viola preoccupati. - Non ti sembra un po’ tanto stanca? Il lavoro da delegata è troppo per lei!- - Siamo sotto Natale, è normale- Risposi, avviandomi verso il mio armadietto. - Perché non le dai un abbraccio, magari aiuta- Aggiunse Armin, seguendomi a ruota. Il nostro scarso interesse indusse Alexy a mettere il broncio e a dirigersi verso la caffetteria. Non è che non me ne fregasse della salute dei miei compagni, ma Melody poteva essere un enorme palla al piede se voleva. Prendeva il suo lavoro da delegata così seriamente che non si poteva mettere un piede fuori posto che lei lo sapeva. E poi non era male, fisicamente parlando, e questo me l’aveva fatta stare sulle scatole fin dal principio. Armin lo sapeva. In effetti, anche lui aveva avuto problemi con lei perché lo aveva esageratamente strigliato quando lo aveva beccato a giocare alla consol in caffetteria, durante le ore di geografia. Avevamo un’intesa silenziosa con l’argomento Melody. Ci salutammo davanti alle scale, dopodiché m’affrettai verso l’aula di musica. Appena mi sedetti intravidi Kentin con la coda dell’occhio e mi ricordai che quella sera mi toccava fare la ricerca con lui. Come avevo fatto a dimenticarmene? Sentii un moto di panico prendermi lo stomaco, quella forte sensazione di rifiuto. Riservai tutta la mia concentrazione ai fogli che il prof stava facendo passare tra i banchi, imponendomi il divieto di girarmi verso il banco dove c’era lui. Un respiro profondo, concentrazione e… Fatto. L’argomento era accantonato in un angolo della mia mente. Scorsi rapidamente il foglio e compresi che si trattava della biografia di un gran compositore dell’800. Capitava a fagiolo! Passai la lezione di musica a pendere dalle labbra del prof come mai avevo fatto prima e, non appena la campanella della prima pausa squillò, mi sorpresi di quanto velocemente il tempo era passato. Infilai quaderni e astuccio nella borsa e mi apprestai a seguire le mie amiche. L’occhio mi cadde subito su Kentin, che aveva approcciato il prof e gli stava chiedendo animatamente qualcosa: - … Perché questo autore starebbe a pennello nella ricerca che devo fare e mi chiedevo se lei mi potesse dire di più…- Sentii un sorriso piegarmi involontariamente le labbra: e bravo Kentin, mi avevia letto nel pensiero e si era pure preso la briga di chiedere al posto mio! Non mi fermai ad aspettarlo o a sentire cosa rispondeva il prof, invece andai dritta alla macchinetta delle merendine, sentendo un duro calo di cioccolato dovuto alla troppa concentrazione. Infilai con un gesto automatico gli spiccioli nella macchinetta e premetti il pulsante per i mikado, stropicciandomi gli occhi assonnata. Feci in tempo a prendere il pacchetto e a ficcarmi in gola il primo bastoncino ricoperto di cioccolato, quando vidi la familiare capigliatura scura di Alexy che saltellava tra la folla. Svegliai le mie gambe intorpidite e mi diressi verso di lui, sentendolo scoppiare a ridere fragorosamente. - Si può sapere cosa ti diverte così tanto di prima mattina?- Gli chiesi non appena lo raggiunsi. Lui si girò verso di me con un sorriso trentadue denti e poi si fece da parte, cosicché mi si parò davanti una delle sue amiche, con i capelli color gomma da masticare e gli occhi affranti. - La parrucchiera mi aveva assicurato che sarebbero diventati magenta, che non dovevo preoccuparmi del mio colore naturale perché non avrebbe influito…- Piagnucolò quella, osservandosi rassegnata una ciocca. - I parrucchieri del giorno d’oggi si vendono come alchimisti…- Cercai di rincuorarla, non riuscendo a trovare qualcosa di meglio da dirle, notando gli sguardi divertiti di chi ci passava di fianco. - Non preoccuparti Alice!- Saltò su Alexy, gli occhi che brillavano entusiasti – Se ti farà sentire meglio, anch’io andrò a colorarmi i capelli!- - Davvero?- La ragazza gli fece gli occhioni speranzosi, mentre io lo guardavo inorridito. - Certo! Ho sempre voluto cambiare colore, anche se con un nero di base non sarà facile… Almeno nessuno mi scambierà più per Armin!- - E sentiamo: di che colore vorresti farteli?- Chiesi scettica. - Ci devo pensare… Un colore che mi piace!- La campanella interruppe i nostri discorsi, lasciandomi il tempo soltanto di lanciare un’occhiata significativa al ragazzo: tu sei fuori, non farlo davvero! Entrai nell’aula per le lezioni di scienze e ci passai tutta la giornata senza imprevisti. Quando anche l’ultima campanella della giornata annunciò la fine della lezione, il nervosismo prese a stuzzicarmi. - Ehi Amira! Che ne dici di un po’ di shopping? I negozi stanno saldando tutto per via del natale che si avvicina!- Mi chiese una delle mie compagne, con un sorriso incoraggiante. Sentii un nodo allo stomaco. Amavo lo shopping! - Mi piacerebbe, ma purtroppo ho già un altro impegno…- - Che sfortuna!- Saltò su un’altra – Non puoi rinviarlo?- - Vorrei poterlo fare, ma ormai è tardi. Ci vediamo domani!- Tagliai corto, prendendo la borsa e uscendo. Che facevo di malavoglia quel progetto era vero, ma non avrei mai piantato in asso un mio compagno per divertirmi, nemmeno uno che mi ripugnava come Kentin. Assolutamente. Misi a tacere la vocina piagnucolosa nella mia testa che mi chiedeva di andare a fare spese, e mi avviai in caffetteria per aspettare che la scuola si svuotasse. Sapevo di essere troppo apprensiva, ma meno persone c’erano in biblioteca, meglio era per me. Inoltre, a una certa ora, chi sfogliava i libri era di certo o un secchione a cui non poteva fregar di meno delle relazioni dei compagni di scuola, o qualcuno con troppo e insufficienze per far caso a chi gli stava attorno. Aspettai che una delle ragazze volontarie del club di economia domestica mi raggiungesse al bancone e le chiesi un cappuccino. Non appena me lo servì, mi accomodai ad uno dei tavoli e presi a fissare l’orologio in attesa. Le quattro, le quattro e un quarto, le quattro e mezzo. Poteva bastare. Riportai la tazza del caffè vuota e mi avviai verso la biblioteca, sentendo il peso della malavoglia nello stomaco man mano che mi avvicinavo. Entrai in biblioteca con una faccia colpevole e, grazie al cielo, la trovai praticamente deserta. La bibliotecaria mi rivolse uno sguardo severo e sospettoso, poi tornò al suo computer, troppo pigra per indagare sul perché della mia espressione. Trovai il ragazzo seduto ad uno dei tavoloni con alcuni libri vecchi e grossi, e una manciata di appunti davanti al naso. Si aggiustò gli occhiali che gli stavano scivolando lungo il naso e fece una smorfia, prendendo poi a sgranocchiarsi l’unghia dell’indice. Un brivido gelato mi percorse la schiena, ma m’imposi di sedermi accanto a lui. - Eccomi qua- Sussurrai, evitando accuratamente il suo sguardo e prendendo a frugare nella mia borsa, in cerca del materiale che avevo raccolto. - Ciao- Rispose lui, facendomi un po’ di spazio sul tavolo. - Ho visto che ti sei fermato a parlare con il prof stamattina. Scoperto niente?- - Oh, sì!- Sentendo il suo tono entusiasta mi arrischiai a lanciargli un’occhiata e lo vidi raggiante. - Il prof era entusiasta del mio interesse e mi ha raccontato vita e morte di quel compositore! Mi ha perfino consigliato questi volumi, sulla musica dell’ottocento!- Rispose, dando alcuni colpetti ai mattoni che aveva davanti. - Bene, bel lavoro. Allora cominciamo da questo!- Un poco mi aveva intenerito, con tutto il suo entusiasmo. Sentimento che ben presto scomparve però quando, intento a leggere un paragrafo con il dito, tirò su rumorosamente con il naso, beccandosi un’occhiataccia fulminea dalla bibliotecaria. Cercai di tornare a leggere, ma ormai il senso di disagio e d’intolleranza mi facevano stare in bilico sul bordo della sedia. Gettai un’occhiata fulminea al cellulare per vedere l’ora: era un’ora che stavamo lavorando. Ancora trenta minuti e saremmo stati costretti a lasciare la scuola. D’un tratto un pensiero balenò nella mia mente e mi fece inorridire: tra mezz’ora la scuola chiudeva perché i club doposcuola finivano. Ciò voleva dire che tutti quelli che facevano un club ci avrebbero visti insieme. Dovevo trovare una scappatoia. Richiusi d’un colpo il libro che stavo consultando e cercai di darmi un contegno. - Kentin ascolta, io devo tornare a casa perché devo andare a prendere il mio fratellino che… Finisce le lezioni di calcio- Che bugia gigantesca! - Okey. Non c’è problema! Io finisco qui e poi possiamo controllare il materiale la prossima volta- Mi rispose con un sorriso ingenuo. - D’accordo, grazie. Alla prossima- Così dicendo me la filai sentendomi il cuore leggero. Quel ragazzo era proprio facile da gestire, come un bambino! Ma almeno avevo una scusa per non girare con lui. E non avevo dovuto ricorrere ai metodi pesanti come l’ultima volta… Uscii nell’aria fredda di quella ormai già serata di dicembre e mi riempii i polmoni. Potevo cancellare un incontro dal totale che avrei dovuto affrontare per quella ricerca. Il primo! Mi sentivo eccitata come se avessi appena superato una prova di vitale importanza, e così carica me ne tornai a casa.
   
 
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