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Autore: darkrin    16/01/2015    2 recensioni
- Cosa ci fai qui, Klaus? – domandò con un sospiro. [...]
Nella penombra della stanza, squarciata solo dai lampi che spaccavano in due il cielo coperto dalle nubi temporalesche, gli occhi dorati dell’uomo erano l’unica cosa che Caroline riusciva a distinguere con precisione - erano sempre dorati quando l’uomo sacrificava la sua coda per avere gambe umane; erano quasi sempre dorati, quando stava con lei. / o in cui Caroline è un pirata e Klaus una sirena e Caroline non aveva davvero mai chiesto che tutto ciò accadesse a lei.
(Klaroline AU con pochissima trama | Scritta per il contest "La pirateria non è un reato" indetto dal gruppo Klaroline and Klaus Fanfiction addicted su facebook)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Warnings: pirate!AU, non c'è praticamente alcuna trama e non c'è neanche il p0rn a compensare. o/


 
 
 
 
Interludio
 
 
 
interlùdio s. m. [dal lat. mediev. interludium, comp. di inter- e ludus «rappresentazione, spettacolo»]. –
2. fig., letter. Intermezzo, breve serie di fatti che costituisce una parentesi, un’interruzione, un diversivo nel normale andamento delle cose
 
 
 
A svegliarla fu il rumore della porta che si apriva cigolando e di un panno bagnato che cadeva sul pavimento ligneo.
La donna si rigirò nella brandina in cui dormiva quando si trovava a bordo della sua nave e mormorò, con voce assonnata e senza neanche aprire gli occhi perché chi altro poteva essere se non lui?:
- Cosa ci fai qui? –
L’unica replica fu una risata sottile e il suono di altra stoffa che cadeva per terra con uno schiocco secco.
- Spero che tu non ti stia spogliando – borbottò, stringendosi più saldamente le coperte intorno al corpo.
Questa volta ricevette una risposta divertita.
- I miei abiti sono zuppi, tesoro – notò l’uomo.
- Capita, quando vivi in acqua – ribatté lei con gli occhi ostinatamente serrati.
Era stata lei a ingiungerli di vestirsi quando l’andava a trovare perché non puoi mica andare in giro nudo! e cosa penseranno i miei uomini di me? L’uomo aveva sbuffato perché aveva mille anni e nessuna vergogna del suo corpo e i vestiti lo rallentavano quando nuotava, ma Caroline era stata irremovibile ed alla fine lui si era arreso perché non era una cosa che gli interessasse davvero.
La ragazza udì un’altra risata provenire da qualche parte oltre la soglia delle sue palpebre chiuse e pensò che le piaceva sentirlo ridere - era stata una sorpresa quando l’aveva fatto per la prima volta e da allora Caroline aveva fatto del farlo ridere ancora la sua missione.
Se un anno prima le avessero detto che sarebbe stata rapita da una delle sirene che infestavano il Mare del Nord e che uccidevano qualsiasi marinaio osasse attraversare la Corrente del Golfo, che separava quelle acque maledette da quelle navigabili dagli esseri umani, e che avrebbe passato mesi in sua compagnia intenta prima ad odiarlo per poi stringere, con quella stessa sirena – o ibrido, come insisteva a farsi chiamare perché, tesoro, sono una sirena solo per metà, se così non fosse non sarebbe esistita nessuna maledizione da spezzare per farmi riavere quello che mi apparteneva – una cauta amicizia che poi sarebbe evoluta in altro. Altro che lo faceva sentire autorizzato a salire a bordo della sua nave nel cuore della notte solo per infilarsi nel suo letto.
Caroline sbuffò perché davvero dividere il giaciglio con una sirena non aveva mai fatto parte dei suoi piani – e Caroline Forbes aveva avuto una vita intera di piani, andati in fumo quando suo padre era stato impiccato e poi, anni dopo, quando Klaus l’aveva trascinata sull’Isola delle Sirene soltanto perché aveva bisogno di aiuto per spezzare la maledizione, che gli impediva di camminare sulla terraferma, e non sapeva come chiederlo e quindi perché non rapire qualcuno?
Sentì il materasso abbassarsi sotto il peso di un’altra persona e mugolò una protesta indistinta che gli fece esalare una risata.
- Fate posto, capitano – mormorò contro il suo orecchio, con quella voce che era solita farle scivolare brividi lungo la schiena e stringere le gambe in cerca di una frizione che le desse qualche sollievo o che le impedisse di prenderlo a calci.
Le mani dell’uomo corsero alle sue spalle e la spinsero delicatamente verso la parete della cabina. Sin da quando aveva preso il mare la prima volta, Caroline era abituata a dormire in letti sempre diversi: ne possedeva uno in una vecchia casa abbandonata e polverosa nell’entroterra e uno in ogni locanda delle città portuali in cui attraccava qualora avesse con sé abbastanza denaro per pagarlo, ma gli unici in cui riusciva a riposare davvero erano quello della sua cabina nella sua nave e un giaciglio nascosto in un’isola sperduta oltre la Corrente del Golfo.
Caroline sentì l’uomo infilarsi sotto le coperte dietro di lei e rabbrividì per il freddo che portava con sé.
- Sei bagnato – protestò flebilmente.
Il fiato caldo dell’uomo si scontrò contro la sua nuca, quando lui sussurrò, facendole il verso:
- Capita, quando vivi in acqua. –
Caroline sbuffò e si strinse a lui.
- Almeno sei caldo – affermò prima che lui potesse farsi qualche strana idea. Come che lei lo trovasse piacevole o confortevole o che si sentisse veramente al sicuro solo quando poteva sentire il suo odore e il suo corpo circondarla.
Oltre al rumore dei loro respiri, Caroline poteva sentire l’ululato del vento e il rumore della pioggia che batteva sul ponte della nave e rabbrividì al pensiero degli uomini che si trovavano in quel momento sul ponte o al timone – pensò alle interminabili nottate passate a sentire la pioggia scivolarle sotto le vesti e tra i capelli, quand’era ancora solo un mozzo con una massa di boccoli biondi e le gambe sottili come giunchi.
Un braccio dell’uomo andò ad avvolgersi intorno alla vita della donna e l’altra mano corse a massaggiarle la nuca.
- Cosa ci fai qui, Klaus? – domandò con un sospiro.
Sentì l’uomo fermarsi per un istante, prima di riprendere a muovere le dita in quel modo, oh, così sapiente e che per un attimo le fece pensare ad altre cose che Klaus era in grado di fare con quelle stesse mani; ad altri modi in cui sapeva farle scordare il peso che portava sulle spalle e per un attimo Caroline accarezzò l’idea di chiedergli di farle dimenticare ogni cosa. Sapeva che l’uomo non se lo sarebbe fatto ripetere, non perché ritenesse quello che era accaduto quella sera meritevole di tutte quelle attenzioni, ma perché riteneva lei importante al punto da sentire il bisogno di confortarla per vite di cui non gli importava affatto – gli uomini non sono nient’altro che carne, le aveva spiegato una volta.
Caroline allontanò subito il pensiero di farsi distrarre dall’uomo scuotendo la testa bionda: sarebbe stato troppo facile e sarebbe stato ingiusto e aveva delle responsabilità e…
- Te l’ho già detto una volta, le correnti portano voci a chi le sa ascoltare – mormorò l’uomo, interrompendo i suoi pensieri e Caroline non aveva bisogno di voltarsi e vedere il ghigno che gli piegava le labbra per avere la certezza che Klaus sapesse esattamente dove erano andati a finire i suoi pensieri.
- Klaus, sono stanca. Smetti di parlare per enigmi – borbottò.
- Ho sentito che hai rischiato di farti prendere dalla marina – sussurrò tra i suoi capelli. – Ero venuto ad assicurarmi delle tue condizioni. –
Caroline si irrigidì, prima di mormorare:
- Sto bene - ed era vero. Così vero che lo odiava.
Stava bene: la sua pelle non aveva collezionato neanche un graffio o un ematoma a causa di quello sfortunato incontro con una nave della marina, ma lo stesso non poteva dirsi per altri. Altri che erano suoi uomini e in quanto tali la loro vita, il loro sangue versato sulla tolda per difendersi dall’arrembaggio dei marinai della corona era una sua responsabilità. Ed erano sue le mani che ne erano macchiate.
- Non mi sembra – notò Klaus, scostandole una ciocca di capelli dal volto.
Caroline si voltò di scatto tra le sue braccia e si mise a sedere, allontanandosi dall’uomo steso al suo fianco.
- Sto bene. Vedi? Non mi sono fatta neanche un graffio. –
- Ma? – la pungolò lui.
Nella penombra della stanza, squarciata solo dai lampi che spaccavano in due il cielo coperto dalle nubi temporalesche, gli occhi dorati dell’uomo erano l’unica cosa che Caroline riusciva a distinguere con precisione - erano sempre dorati quando l’uomo sacrificava la sua coda per avere gambe umane; erano quasi sempre dorati, quando stava con lei. Spiccavano come fuochi di Sant’Antonio nell’oscurità e la ragazza non faticava a immaginare come quegli occhi da soli avessero potuto portare interi velieri alla deriva oltre la Corrente del Golfo.
- Ma altri sono morti – mormorò infine, chinando il capo e lasciando che i capelli calassero a nasconderle il volto come un sudario. Ma altri sono morti, non aggiunse perché le si era chiusa la gola in una morsa.
La prima volta che aveva incontrato Klaus, l’uomo aveva affermato che lei non era nata per fare il pirata. Aveva vissuto secoli tra le onde e li scogli, le aveva spiegato, e aveva visto generazioni intere di uomini prendere il largo (e molti rimanerci, aveva chiosato con un sogghigno che l’aveva portata ad interrogarsi di quante di quelle morti fosse responsabile lui) e aveva visto nei loro occhi il desiderio di solcare mari sconosciuti e di sentire il vento conto il volto.
Tu non hai mai provato niente di simile, le aveva detto e Caroline aveva digrignato i denti perché era vero e lui non sapeva niente di lei e come osava avere ragione?
Miss Caroline Forbes era cresciuta con il sogno di sposarsi e di crescere una coppia di bambini con i boccoli biondi e gli occhi del padre e che l’intero paese li ammirasse e vedesse in loro il suo successo, ma un uomo era morto e di quelle fantasie infantili non era rimasto che un amaro desiderio di vendetta che l’aveva spinta ad imbarcarsi sulla nave di un famigerato pirata, dopo essersi tagliata i capelli e aver rubato gli abiti di uno stalliere perché nessuno sapesse che era solo una ragazzina che aveva visto suo padre venir impiccato su una forca ed i corvi cibarsi delle sue carni macere.
Sentì le braccia di Klaus tornare a stringersi intorno a lei e fu grata di quel calore.
- Torna a dormire – sussurrò contro la tempia della donna, che non riuscì a trattenersi dall’esalare uno sbuffo sarcastico.
- Non avrei bisogno di tornare a dormire, se tu non mi avessi svegliato – puntualizzò.
L’ultima cosa che sentì, prima di abbandonarsi al sonno, fu una risata scuotere il petto dell’uomo e le sue braccia che stringerla più saldamente a sé.
 
 

 

Note: La storia doveva essere completamente diversa e l’ho iniziata solo la bellezza di quattro volte, cambiando (quasi) ogni volta tutto, per il semplice motivo che, più andavo avanti, più realizzavo che quello che volevo raccontare erano tutti i fatti pregressi alla shot che avevo iniziato, ma che se mi fossi messa a raccontare quelli ne sarebbe venuta fuori una storia infinita.
Indi per cui ho deciso di arrendermi alla mia inabilità e scrivere una cosa minuscola, a cui però farà seguito a breve una long in cui verrà raccontato il primo incontro tra Klaus e Caroline e tutti i fatti successivi che li hanno portati a trovarsi dove si trovano ora.
Ho cercato di mettere più accenni possibili all’universo in cui li ho calati, senza appesantirne troppo la lettura e spero che sia comprensibile e leggibile anche così.
Volevo ringraziare ancora le giudici non soltanto per aver indetto il contest – che mi ha permesso di trovare, finalmente, una trama che mi soddisfacesse per sfidarmi con una long – e per averlo rimandato più volte così da permettermi di scrivere questa storia, a cui voglio un po’ bene, pur essendo così breve e quasi priva di trama perché ho un debole per le storie in cui non succede niente, ma i personaggi si limitano ad amarsi (ho problemi).
Non è il lavoro di cui vado più fiera, anzi, ma è tutto quello che sono riuscita a scrivere per il contest e quindi. /o/
   
 
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