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Autore: baffesque    17/01/2015    1 recensioni
Non era un pensiero di cui andava particolarmente fiera, ma aveva smesso di credere in tutto da due anni a quella parte. Ogni sogno e illusione che si era concessa durante tutta una vita erano svaniti in una singola notte. Però c’era da dirlo, di sognatori ne erano rimasti ben pochi al mondo –e come dar loro torto quando l’inferno si riversa nel mondo dei viventi?
[ In The Flesh!AU ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Blblbl una piccola fic nata dalla depressione causata dalla fine prematura di In The Flesh. Perché questa è una AU basata su quella serie, sì. Non ci sono spoiler o altro da temere, quindi leggete pure se volete. E nh, siate clementi? Idk, buona lettura folks~
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando i miracoli accadono
 
 
 
 
A quanto pareva i miracoli sembravano accadere ancora, o così si sperava.

Elizaveta strinse le mani attorno le sue stesse braccia, mentre i respiri si trasformavano in sbuffi bianchi a contatto con l’aria fredda.
Era lì fuori ad aspettare, a far passare lo sguardo esitante fra la terra battuta della strada e l’orizzonte pallido. Aspettava qualcosa in cui lei stessa non riusciva a credere.
Non era un pensiero di cui andava particolarmente fiera, ma aveva smesso di credere in tutto da due anni a quella parte. Ogni sogno e illusione che si era concessa durante tutta una vita erano svaniti in una singola notte. Però c’era da dirlo, di sognatori ne erano rimasti ben pochi al mondo –e come dar loro torto quando l’inferno si riversa nel mondo dei viventi?

La ragazza sospirò mesta e portò la mano destra alla fronte cercando di scacciare via quegli sciocchi ed ingenui pensieri, e anche se teneva ancora gli occhi aperti, cominciò a non vedere più nulla di reale. Scene del passato le affluirono la mente, ricreando immagini di mani grottesche che grattavano contro il terreno, liberandosi dal luogo del loro supposto riposo eterno e trovando nuova vita.
Eppure ormai quella era divenuta storia del passato, nonostante le ferite bruciassero ancora e le mani corressero a stringere le armi al primo rumore inatteso.

Elizaveta aveva combattuto: era divenuta l’uomo che da ragazza proclamava ai quattro venti di essere, e ne aveva affrontato le conseguenze. Eppure ora le veniva da ridere amaramente, messa lì ad aspettare come qualunque altra donna al suo posto. Ma quel miracolo -il ritorno completo alla vita di qualcuno a cui aveva ormai detto addio fin troppo tempo addietro, non poteva far altro che agitarla e risvegliare in lei la speranza. Dopotutto, nascosti in casa o a camminare fra le strade a riacquistare la propria normalità, i morti viventi si stavano facendo sempre più numerosi, o almeno quelli che erano stati curati. Portavano ancora amari segni del loro passato, ma erano di nuovo loro.

L’ungherese si morse per sbaglio il labbro quando, di sorpresa, un rumore di un’auto la colse. Alzò gli occhi verso il veicolo ormai fermo, e anch’ella fermò il proprio respiro.

Sarebbe stato veramente lui? Sarebbe sceso lo stesso ragazzo che aveva seppellito tempo addietro? Sarebbe stato sempre lo stesso stupido coraggioso idiota a cui tanto doveva ancora dire? Non lo sapeva, e mentre le portiere si aprivano per lasciare il passo a delle figure, aveva paura di formulare una possibile risposta.

Da lì scesero tre uomini vestiti di nero: due si presero qualche momento per parlare con l’altro, e poi si incamminarono per raggiungerla. Le venne un groppo in gola quando si accorse che l’uomo che li precedeva era Gilbert, o almeno gli somigliava molto, eppure…
Elizaveta si impose di rimanere impassibile davanti a ciò che le stava accadendo, almeno per quanto le era possibile, e anche se gli altri due le stavano rivolgendo la parola spiegandole chissà cosa, i suoi occhi erano fissi sul ragazzo silente.

Era lui, eppure al contempo era diverso. Come dire… erano dettagli, ma nella sua mente già vacillante pesavano molto. Erano cose come la sua pelle, non più pallida quasi quanto la neve e rosata solo quando il sangue gli affluiva alle guance, ma d’un colore uniforme e profondamente errato sul suo volto. Oppure come quegli occhi esitanti di un azzurro estraneo al suo sguardo.
Piccole cose su cui, davvero, avrebbe potuto glissare col tempo, ma che al momento le sussurravano l’idea che non fosse realmente lui, che la morte lo avesse cambiato oltre ogni punto di recupero.

Gilbert si grattò il capo nervoso –i capelli almeno, notò Elizaveta, erano rimasti del loro candido colore originario- e ricambiò lo sguardo della ragazza. Quegli occhi gli fecero male: di certo si aspettava una reazione sul filo del dubbio, ma erano così freddi rispetto a quelli che ricordava e a cui aveva pensato durante quell’inferno! Per un momento si chiese se quell’assurda pazzia l’avesse completamente trasformata.

Il ragazzo prese un profondo respiro e decise di aprir bocca, non sopportando quel silenzioso stallo.

«Ciao Eliza.»

Forse si aspettava una risposta mormorata o qualcosa, ma tutto ciò che ricevette fu un movimento sorpreso del suo capo. Rise appena, e si strofinò una guancia per l’imbarazzo, rendendosi così conto di essersi macchiato le dita con il fondotinta. Ah, odiava quella roba. Non importava quante volte avesse ripetuto a tutti che sinceramente, lui non aveva bisogno di tutta quella copertura, anche senza lenti a contatto e senza fondotinta era più o meno uguale a com’era prima, ma figurarsi se lo avessero ascoltato almeno una volta.
Le mostrò le dita e alzò un angolo delle labbra in un sorriso.

«Sembro un clown, eh? Ma dammi un bagno e cinque minuti, e tornerò ad essere lo zombie più quotato di tutta la città.»

Ad essere sincero non sapeva nemmeno lui cosa stesse dicendo, e mascherava la confusione con una risata così solitaria da risultare la più errata opzione nel suo repertorio.
Però forse non era stata una mossa tanto errata, a giudicare dal peso che si trovò lanciato contro, le mani della ragazza aggrappato alla sua felpa e il volto nascosto nel suo petto.

«Sei uno stupido, irresponsabile coglione, Gilbert!»

L’albino sorrise e le carezzò gentilmente i lunghi capelli.

«Mi sei mancata anche tu, Eliza.»

A quanto pareva, qualche miracolo accadeva ancora veramente.
   
 
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