In the flesh - Apocalypse
#26. Be careful making wishes in the dark {Alexandros}
Alexandra
era una donna caparbia e risoluta, non a tutti potevano piacere la sua
sicurezza o la lingua tagliente che, con il tempo, aveva imparato a tener ben
lontana dai denti durante i propri allenamenti notturni.
Le
nocche erano rovinate a causa dei pugni che tirava contro il sacco, senza
alcuna protezione, come aveva veduto fare al proprio padre in numerose
occasioni. Imprecava ad ogni colpo più debole, quando il proprio avversario
immaginario si muoveva a malapena, ed il desiderio di uccidere e l’ira si
facevano largo in lei, segnandola come la semidea ch’ella era realmente.
All’ennesimo
pugno, una ciocca di capelli castani le volò di fronte al volto sudato e
qualcuno fermò il sacco tra le proprie dita. Una figura oscura, che Alexandra
non avrebbe mai chiamato fratello, non quando nessuno tra loro l’aveva
realmente accolta come una famiglia. Lo osservò pulendosi il volto con il dorso
della mano, non curandosi affatto di apparire femminile o meno, né educata a
non salutare la divinità stagliata di fronte a sé. Phobos,
d’altro canto, taceva nell’osservarla.
Suo
padre non l’aveva presentata loro, ma osservarla era piacevole. Poteva scorgere
facilmente la paura di non essere all’altezza del proprio sangue, di non essere
all’altezza della forza che ogni figlio di Ares doveva possedere – Alexandra
era un fascio di nervi, Phobos la trovava ispiratrice
per il ritrovamento del proprio potere.
Probabilmente,
se la donna avesse saputo di quegl’occhi indagatori, avrebbe provato a
cavarglieli.
«Quando
combatti dovresti allargare maggiormente i piedi,» spiegò con voce secca, greve
– sembrava non pronunciasse parola da anni tant’essa suonò arrochita. «Così
imprimerai maggiore forza nei pugni.»
Alexandra
fece scattare le sopracciglia verso l’altro, osservandolo con astio. Non solo
sembrava volerla disturbare, ma si permetteva persino di darle consigli mai
richiesti.
Malamente
gli passò accanto, assicurandosi di colpirlo con una spallata, prima di porsi
di fronte a lui.
A
gambe larghe come Phobos aveva suggerito, tant’è che
il dio sogghignò soddisfatto.
«Perché
non mostri quello che sai fare, invece di dare consigli che nessuno ti ha mai
chiesto?»
Quando
Phobos cercò i suoi occhi, non vide alcuna paura.
Sciolse le mani da dietro la schiena assottigliando lo sguardo, restringendo
così le pupille – non poteva permettere che quelle membra rimanessero
rilassate, il timore avrebbe presto penetrato le sue carni ed il suo animo.
Solo
allora l’avrebbe considerata una sorella.
N/a: i personaggi
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Apocalypse GDR.