XVI
Maurizio
non sapeva nulla di quel che faceva la sua amata, delle persone con
cui si era messa in contatto in quel periodo e di ciò che le
passava
per la testa.
Forse aveva ragione Manlio, molto probabilmente il
ragazzo non avrebbe capito il perché di quelle scelta, se
avesse
saputo, come minimo si sarebbe spaventato e avrebbe denunciato
tutti.
Ma Mirella, o come la chiamavano tutti “la compagna
Chiara”, era brava a non farsi beccare, a condurre quella
doppia
vita senza destare sospetti. Continuava ad uscire con gli amici,
aiutare la madre, studiare, crescere il piccolo Guido.
Anche la
relazione con il fidanzato, ormai era tale per tutti, andava bene,
malgrado Mirella spesso si sentisse in colpa nel dire alla madre che
usciva con lui quando invece passava le serate all'appartamento di
via Gozzi.
Erano serate abbastanza fini a loro stesse, spesso
erano più le chiacchierate sterili che le vere e proprie
discussioni
sulla lotta armata.
Dopo la gambizzazione del direttore di filiale
dell'Eur non si erano più fatti sentire, e il 1977 se ne era
andato
come se loro non fossero mai esistiti.
Manlio e Graziano più di
una volta avevano avuto lunghe diatribe anche private su quel punto,
ma il primo era sempre stato intransigente a riguardo.
Una sera
però il compagno Graziano era esploso.
Era metà gennaio e
all'appartamento erano una mezza dozzina.
Oltre a loro due,
infatti, c'erano Chiara, Samuele, Andrea e Giulio, che come al solito
si faceva i fatti suoi, totalmente disinteressato a tutto
ciò che
accadeva intorno a lui.
-
Mi spieghi cos'altro stai aspettando? Te la sei goduta la tua
libertà, o no? Ne abbiamo parlato mille volte da quando sei
tornato,
è ora di iniziare almeno a procurarci i famosi soldi e le
armi di
cui parliamo da mesi.-
- Per le armi servono i soldi e per i
soldi servono le armi, riuscirai mai a capirlo?-
- E le poche armi
che abbiamo non ci bastano per una rapina? Un esproprio proletario?
Un qualsiasi metodo per procurarsi denaro?-
- Potresti mandare tua
madre a battere, magari questo ci farebbe guadagnare i soldi
necessari a comprare le armi.-
Samuele e Chiara scoppiarono a
ridere, facendo distogliere Giulio dall'apatia con cui si stava
girando una canna.
Andrea rimase impassibile guardando Graziano
fumare rabbia da occhi e orecchie.
- A' Manlio, ma vaffanculo,
va'! Non meriti neanche una risposta seria.- Fece Andrea poco dopo,
cercando di replicare all'insulto senza però appesantire
l'aria del
piccolo locale, già densa di fumo e rabbia.
Ma il ragazzo a cui
era appena stata insultata la madre era evidentemente di diverso
avviso.
Con un gesto che nessuno poté prevedere o anticipare
estrasse una pistola da sotto la giacca di pelle e la puntò
dritta
alla fronte del compagno.
Il clima si fece freddo, la finestra
socchiusa si spalancò facendo entrare il gelido vento di
gennaio
nella stanza in cui tutto taceva e solo il giradischi gracchiava una
canzone inglese o americana.
Manlio
fissò negli occhi il ragazzo che minacciava di togliergli la
vita.
Il suo sguardo sembrava quello fiero di chi va incontro alla
morte senza paura, ma dopo poco si mise a ridere in faccia al suo
aguzzino come se fosse la cosa più normale del mondo.
- Già mi
vedo i titoli de “Il Messaggero” di domani;
“regolamento di
conti tra terroristi in un appartamento di San Paolo a Roma, forse
morto l'uomo che mesi fa gambizzò il direttore di una
filiale
bancaria all'Eur”. In men che non si dica saresti ricercato
per
omicidio senza neanche dover parlare della tua amata lotta armata per
il comunismo. Non ho mai criticato ciò che vuoi fare, ma sei
così
impulsivo che se ti avessi dato ascolto anche solo la metà
delle
volte che non l'ho fatto probabilmente oltre Rebibbia conoscerei
anche qualche carcere speciale.-
Parlò tranquillo, alternando una
iniziale ironia a un tono più serio ma sempre calmo e
pacato, come
se già sapesse che la sua vita non sarebbe finita quella
sera.
Graziano lo guardò nuovamente con i lineamenti tesi e il
volto rosso.
La mano che teneva saldamente la pistola iniziò a
tremargli per la rabbia, e cacciando un urlo sparò un colpo
fuori
dalla finestra, in aria, spaventando qualche ubriaco o qualche
passeggero della metropolitana che stava passando lì sotto.
- Sei
un bastardo, Manlio, un grandissimo bastardo. E i bastardi vivono
sempre poco, anche meno degli impulsivi.- Sentenziò
riponendo
l'arma.
Poi fece segno ad Andrea e se ne andò assieme a quello
senza salutare.
Quando la porta si chiuse l'ansia si calmò e
Manlio fu preso da un attacco di riso isterico.
- Che sagoma, quel
ragazzo. Mi dà del bastardo e poi se ne va così,
facendo anche un
luogotenente proprio a fargli da cagnolino qualsiasi cosa accada.
Bau, bau.- Finì con un'onomatopea.
- Non hai avuto paura che ti
ammazzasse davvero?- Gli chiese Samuele.
- Ma chi? Il compagno
Graziano? Quello non sparerebbe neanche ad Andreotti senza scorta,
figurati se avrebbe colpito me.-
- E allora perché è così
incazzato del tuo continuo temporeggiare?- Gli domandò
Giulio,
rimasto così colpito dalla discussione da essere diventato
improvvisamente serio e attento.
- Perché ha fatto una scelta
rischiosa e vuole darsi un tono. Forse anche io sono così,
ma
ammetto di essere più bravo.-
Scoppiarono tutti a ridere, e
Samuele andò in cucina a prendere delle birre mentre Chiara
si
rimetteva il cappotto e sistemava la sua roba.
- Già vai via?
Sono appena le nove e mezza.- Le fece notare Manlio.
- Lo so, ma
ho promesso a mia madre che non avrei fatto troppo tardi; lei insegna
in una scuola serale e per farmi uscire ha dovuto lasciare mio
fratello a una vicina che non è il caso di scomodare troppo.
Inoltre
se mi comporto come si aspetta da me do certamente meno nell'occhio.-
Spiegò la ragazza.
- Non ne dubito. Ci vediamo presto, mi faccio
vivo io.- La salutò lui.
Mirella annuì e salutò gli altri con
un gesto della mano.
Poi sparì.
****
Ma non fu
possibile, per Manlio, farsi vivo lui, perché due sere dopo,
tornando da una cena con Maurizio, Mirella aveva scorto una figura
familiare tirare pugni, sputi e insulti verso un manifesto dell'Msi.
Subito aveva compreso che si trattava di una ragazza,
probabilmente più piccola di lei, e dopo poco l'aveva
completamente
riconosciuta.
Era Agnese Simponico, la giovanissima allieva del
liceo classico del suo stesso istituto che un giorno era scoppiata a
piangere nel corridoio della scuola dopo la dolorosa scoperta della
morte di suo fratello per mano di alcuni fascisti.
- Maledetti
stronzi! Stronzi! Tutti stronzi!- Urlava infierendo contro quel pezzo
di carta appeso al muro.
Mirella le si avvicinò in silenzio,
senza farsi vedere, e corse da lei solo quando, dopo un'ultima
imprecazione contro il partito di estrema destra (- Dovete morire
tutti, da Almirante all'ultimo bastardo che lo vota), la ragazzina si
abbandonò a terra scoppiando in lacrime.
Quella più grande le
si sedette accanto porgendole un fazzoletto.
- Grazie...- Rispose
Agnese a quel gesto spontaneo di cui immediatamente non riconobbe
neanche l'autrice.
Poi, quando si fu asciugata gli occhi e la
vista smise di esserle appannata, guardò meglio la figura
che le si
era messa affianco ed ebbe l'illuminazione.
- Tu andavi alle
magistrali nella mia stessa scuola, vero? Sei la ragazza di Torino a
cui è stato...-
- Ucciso il padre.- Sospirò l'altra. - Sì, sono
io. Mi chiamo Mirella.-
- Agnese, ma temo tu lo sappia già. Tutti
sanno chi sono, dopo quello che è successo a mio fratello.-
Spiegò.
- È per questo che te la prendi con i manifesti
dell'Msi, giusto?-
Annuì.
- Tu invece dovresti prendertela
con quelli di sinistra, no? Dicono che tuo papà...-
- Ne dicono
tante.- Commentò Mirella. - Ma non tutto è
semplice come appare.-
Lasciò perdere quella discussione, non voleva raccontare
troppo
di quella difficile faccenda, e si premurò di controllare le
condizioni di Agnese.
Quando la giovanissima stette meglio la
riaccompagnò fino a casa, scoprendo che non vivevano poi
così
lontane l'una dall'altra.
Tornando verso la sua abitazione, la
torinese incominciò a pensare a come quella ragazzina
apparentemente
così diversa da lei condividesse invece il suo stesso dramma
personale.
Ci rimuginò sopra fino a che non si addormentò,
ma
quando la mattina dopo riaprì gli occhi ebbe un attacco di
vomito
dallo schifo che si faceva, perché aveva pensato
più di una volta
di proporle di unirsi a loro nella disperata ricerca di una vendetta
che tanto la legge non le avrebbe mai dato.
Si sentì davvero male
a fare di quei pensieri, in fondo Agnese aveva neanche sedici anni e
non era minimamente immaginabile l'idea che facesse una scelta simile
alla sua.
Ma che fine stava facendo? Si era domandata. Dov'era la
ragazza matura e posata che aveva superato la morte del padre e la
dipendenza del fratello maggiore, che studiava e aiutava in casa per
garantire un futuro migliore a sé stessa e al piccolo di
famiglia?
Si fece schifo e vomitò ancora, ringraziando di essere sola,
quella
mattina.
Fu però nel fine settimana che qualcosa le fece
rivalutare i suoi terribili pensieri.
Era tornata dopo un
pomeriggio di studio in biblioteca e aveva trovato la madre e Guido
intente a guardare vecchie fotografie trovate in uno scatolone che
non avevano mai sistemato da quando erano arrivati a Roma. Il
fratellino le corse incontro urlando. - Mimì,
Mimì vieni a vedere
le foto.-
La ragazza aveva sorriso e dato un leggero buffetto a
Ninni, così lo aveva sempre chiamato affettuosamente, e,
dopo
essersi tolta il cappotto, li aveva raggiunti in salone.
Era stato
un colpo al cuore vedere tutte quelle immagini della loro famiglia
felice, e il peggio era arrivato quando tra le mani le era capitata
una foto che era assolutamente certa di aver fatto lei.
Vi erano
ritratti Rodolfo e il figlio maggiore, Bruno, sorridenti e appoggiati
ad una staccionata di legno che si capiva appartenere ad una casa di
campagna.
Mirella la girò e, come immaginava, vi trovò
scritti
luogo e data nella piccola ed ordinata calligrafia di sua madre.
“Aqui Terme, casa dei nonni, Pasqua 1975”.
La ragazza la
mostrò alla signora Maria, la quale sospirò con
gli occhi tristi. -
Non sono passati neanche tre anni e sembra un'altra via...-
Sussurrò.
Poi fece avvicinare il figlio più piccolo per farla vedere
anche
a lui.
- Mamma quando fai tornare Bruno? Mi manca tanto...- Chiese
Guido triste.
La donna non poté fare altro che sospirare
ancora.
Anche lei sentiva forte la mancanza di suo figlio, e a
volte piangeva maledicendosi per il modo in cui lo aveva mandato via,
ma non poteva permettersi che un bambino crescesse con un ex
cocainomane.
Sempre ammesso che avesse smesso con la droga,
ovviamente.
Non fu in grado di rispondere alla domanda di Guido,
e lui non ne fece più, rimanendo a guardare altre fotografie
assieme
alla sorella maggiore mentre la madre andò a preparare la
cena.
Il
ricordo della vita felice che aveva avuto fino al momento
dell'omicidio di suo padre le aveva fato tornare alla mente Agnese e
tutto il resto, e alla fine aveva deciso che la sua scelta l'aveva
fatta e non poteva tirarsi indietro.
Aveva
scelto di stare dalla parte sbagliata, di uccidere, se necessario, di
fingere che gli ideali dei pazzi che distruggevano famiglie in nome
di un fantomatico comunismo fossero anche i suoi, e l'aveva fatto
perché diversamente non ci sarebbe stata giustizia per suo
padre.
Se
Agnese era nella stessa situazione era giusto che anche lei potesse
scegliere, malgrado la sua giovane età non era stupida e il
modo in
cui l'aveva vista poche sere prima lo dimostrava.
Il lunedì
mattina, a metà tra una lezione e l'altra, aveva cercato
Giulio,
l'unico che era certa frequentasse la sua stessa università,
e gli
aveva chiesto di poter parlare il prima possibile con Manlio.
- E
perché? T'ha detto che si farà vivo lui.- Aveva
risposto il
ragazzo.
-
Lo so, ma è una questione urgente e non posso attendere.-
Giulio
aveva scosso la testa.
Non
la sopportava, e anche se non sapeva nulla su suo padre e tutto il
resto era convinto che ci fosse qualcosa di strano dietro quella
ragazza, non era come le altre donne dell'organizzazione.
Dal
canto suo Mirella provava indifferenza per tutti, quindi una persona
in più o in meno che la odiasse non era poi un grande
problema.
-
Proverò a parlarci, ma non ti assicuro nulla. E mi faccio
vivo io,
dunque non cercarmi ancora.-
- Ti ringrazio.- Rispose la ragazza
a denti stretti. - Con Graziano si è chiarito?-
- La pecorella e
il suo cagnolino sono tornati all'ovile due giorni dopo.-
Spiegò.
Poi
si salutarono, e Mirella pensò che non avrebbe mai ricevuto
una
risposta positiva.
****
Ed
invece no, già il giorno seguente Giulio le disse che Manlio
e
Graziano, parlò di entrambi insieme come se la coppia a
guida del
gruppo fosse ritornata salda e inscindibile, l'aspettavano a via
Gozzi per quel pomeriggio dalle quattro in poi.
Per rimarcare
l'astio che provava nei suoi confronti, inoltre, aggiunse che lui non
avrebbe mai colto così facilmente la richiesta di incontro
di una
ragazzina se fosse stato al posto dei due, e la compagna Chiara
rispose semplicemente che si riteneva fortunata di non aver lui a
capo dell'organizzazione.
Continuava a tenergli testa, e più lo
faceva più lui la disprezzava.
Si era presentata
all'appuntamento alle quattro precise, e come aveva imparato a fare
proprio da Manlio non si era persa in giri di parole inutili ma aveva
raccontato tutto in breve centrando però il punto.
Alla fine
Manlio e Graziano si erano scambiati un'occhiata molto eloquente che
Chiara non aveva compreso.
- Lei non sa, immagino.- Aveva detto
Graziano.
- No, anche perché non c'era motivo per cui dovesse
sapere.- Era stata la risposta di Manlio.
- Voi due siete come i
bambini, peggio quando andate d'accordo che quando litigate.- Aveva
commentato la ragazza riprendendo una frase che diceva spesso suo
padre a lei e Bruno quando erano piccoli. - Posso sapere ciò
che non
so ma forse dovrei sapere?- Aveva chiesto.
Graziano aveva annuito
e Manlio aveva cominciato a parlare. - Prima che accadesse quello che
è successo Diego, il fratello di Agnese, si era messo in
contatto
con me... Non era proprio uno stinco di santo, in vita, e se non
fosse morto in quel modo probabilmente oggi sarebbe qui con noi, e
intendo dire
nell'organizzazione.- Chiara deglutì. No, decisamente non se
lo
sarebbe mai aspettato.
- Sarebbe con noi sì, ma farebbe il
possibile per non tirare in mezzo sua sorella, e questo, Manlio, lo
sai anche tu.- Era andato avanti Graziano.
- Stravedeva per lei e
non si sarebbe mai perdonato che facesse una scelta tanto sbagliata,
soprattutto perché lui temeva che un giorno si sarebbe
dovuto
staccare dalla famiglia per proseguire sulla strada della lotta
armata, e voleva che lei rimanesse con i genitori per donargli un
minimo di conforto.- Aveva spiegato.
- Però è anche vero che non
si sarebbe certo aspettato di morire ammazzato da dei fascisti in
quel modo, e già in passato avevamo discusso di come
vendicarlo,
visto che tanto la polizia, la magistratura e tutte quelle altre
cazzate statali e borghesi non hanno mai avuto nessuna intenzione di
punire quei neri del cazzo.-
Chiara ebbe un sussulto e Manlio lo
notò.
- Possiamo parlarle e chiederglielo.- Propose poi il
ragazzo.
- Oh sì, sono certo che presentarsi davanti ad Agnese e
chiederle se sapeva che suo fratello voleva fare il terrorista sia
un'idea geniale.- Commentò sarcastico Graziano.
Fu allora che
intervenne la ragazza. - Non è una grande idea, ma
è l'unica che
abbiamo.- Disse. - E fatti una camomilla, Graziano, almeno una volta
ogni tanto.- Finì prendendo posizione anche nell'inizio di
una nuova
diatriba tra i due.
Pur non essendo abituato a farsi frenare
dalle parole di una femmina l'uomo dovette darle ascolto.
Così si
organizzarono per il pomeriggio seguente; Chiara avrebbe aspettato
Agnese davanti alla scuola, mentre gli altri due avrebbero atteso
dietro l'angolo per poterci parlare solo in un luogo dove non
sarebbero stati visti da altri studenti.
Non volevano ancora
portarla all'appartamento, non era il caso.
La notte e la
mattinata di attesa furono per Mirella momenti terribili durante i
quali cambiò più volte idea su ciò che
credeva fosse corretto
fare.
Continuava a dirsi che, in fondo, se si fosse spaventata o
altro i due uomini l'avrebbero lasciata libera di andar via con la
sola promessa di non denunciare nulla “in memoria di
Diego”, ma
la paura per ciò che avrebbe potuto fare mentalmente alla
ragazzina
l'incontro del giorno seguente era molta.
Quando Agnese la vide,
però, si sentì istintivamente a suo agio, e la
seguì senza fare
domande, come se già sapesse che si trovava lì
per lei e non c'era
dunque da preoccuparsi.
Si avviarono verso un piccolo vicolo poco
distante dove le aspettavano Graziano e Manlio, e ciò che
successe
lì fu inaspettato sia per loro che per Chiara.
Dopo aver sentito
i loro nomi, infatti, semplicemente la ragazzina sorrise e disse che
li conosceva, perché più di una volta li aveva
visti assieme a suo
fratello.
Poi aveva collegato Manlio al ragazzo della sua scuola
che tutti avevano sempre additato come possibile futuro terrorista,
aveva fatto lo stesso ragionamento di Chiara quando era andato a
scarcerarlo, e aveva fatto un lungo silenzio respirando forte prima
di ricominciare a parlare.
- Voi siete quelli con cui Diego voleva
mettersi nei guai...- Concluse.
E, prima che le venissero fatte
domande, aggiunse. - Lo so perché una volta l'ho beccato a
pulire
una... una mitraglietta, credo... e quindi a grandi linee l'ho
costretto a dirmi cosa significasse...- Respirò ancora,
pensare al
fratello l'aveva rattristata parecchio.
Chiara le strinse una mano
sotto gli occhi critici di Graziano, il quale era convinto che il
sentimentalismo dovesse stare ben lontano dalla politica e
soprattutto dalla politica fatta come la facevano loro.
Ma le
donne erano donne, e lo sapeva.
- Ti ricordi quando ti ho detto
che sulla morte di mio padre le cose erano diverse da ciò
che si
diceva in giro?- Le chiese la ragazza più grande.
- Sì, l'altra
sera.-
- Anche mio papà l'hanno ucciso dei fascisti, e quella
gente in galera non ci va.- Spiegò.
Graziano non rimase sorpreso
da quelle parole; nel pomeriggio precedente, dopo avergli fatto
giurare che non l'avrebbe raccontata a nessuno, gli era stata narrata
la storia di Mirella e della sua famiglia, e per quanto ne fosse
rimasto stupito aveva capito qualcosa in più sulla compagna.
-
Avete deciso di cercarli e ucciderli?- Chiese Agnese con il sangue
che le si gelava nelle vene.
- Almeno di cercarli.- Rispose
Manlio. - Ma non devi avere paura, visto che sapevi di tuo fratello
è
più che giusto che tu sappia anche che...-
- Sono dei vostri.-
Rispose immediatamente la ragazzina. - Non... non sono una terrorista
ma... ma voglio giustizia per Diego, e se non la farà lo
stato me la
farò da me.-
Agnese non aveva neanche sedici anni e stava
decidendo da che parte stare.
Ma in realtà lo aveva deciso molto
tempo prima, quando aveva trovato l'arma del fratello, che per
l'esattezza era una mitraglietta Skorpion.
In casa avevano sempre
votato a sinistra, ma, mentre col passare degli anni i genitori
cercavano di andare verso posizioni più moderate, i due
figli si
estremizzavano sempre di più, e senza che nessuno lo sapesse
lei
aveva frequentato un circolo di Lotta Continua per la prima volta a
tredici anni, in quarta ginnasio.
Se Diego non fosse morto
probabilmente avrebbe cominciato con lui lunghe litigate,
perché il
bene che voleva alla sorella era troppo grande per farla mettere in
quel casino, ma da quando era rimasta sola la situazione era cambiata
notevolmente.
Gli aveva raccontato tutto quello all'appartamento,
giurando di non dir nulla a nessuno e di fargli avere presto l'arma
del fratello, che lei ancora conservava perché sapeva
sarebbe potuta
esserle utile.
Il modo in cui era stata reclutata, e soprattutto
la rapidità con cui ciò era avvenuto, aveva
lasciato tutti
sbigottiti, ma quell'organizzazione così giovane non era
nuova ad
eventi simili, forse perché neanche loro erano poi
così convinti di
quello che sarebbero andati a fare.
Una possibile terrorista di
sedici anni, e chi ci avrebbe mai pensato? In fondo però
Iris e
Samuele ne avevano appena diciotto, e anche Chiara ancora doveva
compierne venti.
A quel punto anche il continuo temporeggiare di
Manlio poteva essere giustificato.
****
Doveva
essere, quel temporeggiare, una misura però limitata,
ad interim,
da terminare forse a fine inverno, decidendo finalmente davvero quali
azioni avrebbero acceso i riflettori su di loro e soprattutto chi,
vista la presenza di compagni giovani e giovanissimi, vi avrebbe
preso parte.
Intanto, senza dire nulla agli altri, Manlio e
Graziano avevano fatto un paio di colpi di autofinanziamento che
erano stati spiegati solo a lavoro concluso all'organizzazione
–
con non pochi dibattiti interni – e non erano stati in alcun
modo
rivendicati.
A inizio Marzo Graziano aveva messo sul tavolo il
nome di un giovane magistrato della Tuscolana, figlio di un
magistrato e nipote di un gerarca fascista.
Era poco più che
ragazzino e non si era mai schierato politicamente, anche se erano
tutti convinti, nella banda, che fosse un fascistello un po' meglio
vestito di quelli che si beccavano in strada armati di spranghe e
pistolette discutibili.
La decisione sembrava presa, si trattava
di discutere alcuni dettagli e scegliere chi, oltre i due capi,
avrebbe preso parte a quella che, si era in fine deciso, sarebbe
stata una gambizzazione.
Sabato diciotto Marzo si sarebbero visti
per definire ogni cosa, visto soprattutto che il quindici, proprio a
metà settimana, Graziano era sceso nel basso Lazio per
incontrare
alcuni compagni e farsi dare delle armi.
La mattina seguente, il
Sedici Marzo, Chiara non aveva lezione e si era trovata a via Gozzi
con gli altri.
Graziano e Manlio, come sempre, parlavano di ogni
cosa gli passasse per la testa, mentre Giulio cercava inutilmente di
riprendersi da una sbronza della sera prima a suon di canne.
Quando
il campanello suonò, erano da poco passate le dieci e mezza,
fu lei
ad affacciarsi al balcone.
-
È Samuele, lo faccio salire?- Aveva domandato.
I capi avevano
annuito, e pochi minuti dopo si erano trovati davanti al ragazzo con
la faccia più bianca e terrorizzata che avessero mai visto.
Era
rimasto sull'uscio impietrito, e a quel punto Manlio aveva smorzato
l'ansia con quella che voleva essere una battuta.
- Ma guarda te
che espressione che c'hai, manco avessero sparato a Cossiga.-
La
risposta di Samuele era stata entrare in silenzio e, come un automa,
accendere la televisione.
Note
autrice
Lo so, lo so, è passata una vita.
Ma
almeno sono tornata! :D
Allooora, how are uuu?
Bene, ok,
facciamo le persone serie.
Partiamo dal fondo; credo tutti
sappiano cosa sia accaduto il 16/03/1978, dunque non penso ci sia
bisogno di spiegazioni.
Con questo capitolo allarghiamo di molto
la visuale sull'organizzazione, anche se la maggior parte dei
personaggi citati in precedenza torneranno solo dal prossimo.
Anticipo subito che Chiara, Manlio, Giulio e Agnese (di cui
ancora non si conosce il nome di battaglia) saranno probabilmente gli
unici di cui si parlerà sia col nome vero che con quello
finto,
dunque teneteli a mente.
Riguardo a quest'ultima lascio a voi
ogni commento, perché la parte in cui incontra gli altri non
mi
piace ma preferisco, come sempre, il giudizio dei lettori.
Guido
sarà chiamato Ninni soprattutto perché al momento
ho un altro
piccolo Guido in un'altra storia, e rischio pure io di confondermi
XD
Per il resto credo non ci sia nulla da aggiungere, se non che
rinnovo i ringraziamenti a chi la segue e ripeto che è tutto
frutto
della mia intenzione e non intendo sminuire il periodo,
prenderne
in giro le vittime o, peggio ancora, fare apologia al terrorismo in
alcun modo, semplicemente mi andava di scrivere una storia diversa
che narrasse anche tematiche sensibili e serie.
Vi abbraccio
tutt* e alla prossima <3