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Autore: FEdeLauris    21/01/2015    2 recensioni
Éléonore e Charlotte, due fanciulle di nobili natali, si trovano a trascorrere un’estate presso la zia della seconda. Si tratta della Marchesa de Vernon, famosa per la sua condotta irreprensibile e la sua solida morale, che si dice ella abbia trasmesso anche ai suoi tre figli. Tuttavia, nell’ambiente circoscritto della tenuta di famiglia, i personaggi si ritrovano a mettere in discussione i propri principî, sperimentando di persona l’intramontabile conflitto tra la natura umana e le regole imposte dalla società.
Da questa deliziosa giostra settecentesca, che raccoglie una notevole varietà di stimoli letterari dell’epoca e non, da "Orgoglio e Pregiudizio" a "Le Relazioni Pericolose" a "Justine", emerge una profonda riflessione filosofica, frutto di un progressivo rifiuto delle convenzioni. Ed è forse questo sottile nichilismo, questa rinuncia verso un’esistenza fredda e formale, che conferma l’assoluta contemporaneità dei protagonisti.
Il lettore viene trascinato inesorabilmente attraverso danze galanti, concerti di pianoforte, tra colpi di fioretto e passeggiate a cavallo, in una trama di intrighi, nel crescendo di una tensione incontrastabile che si risolve nel finale inatteso...
(tratto dal romanzo "La Rosa d'Oro, ovvero i paradossi della virtù" di cui possiedo i diritti d'autore)
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Quel pomeriggio, una sottile pioggia estiva aveva rinfrescato l’aria. Le strade bagnate scintillavano sotto i raggi serali che iniziavano solo allora a farsi strada tra le nuvole.
Davanti al cancello, i cavalli neri battevano gli zoccoli a terra sbuffando nell’attesa. Finalmente, le donne arrivarono.
«Svelte, o faremo tardi!» disse la Marchesa incitando le ragazze a salire sulla carrozza.
Entrò anch’ella, a fatica, ostacolata dalla mole e dal vestito.
«Che abiti scomodi! Se la moda continua in questa direzione, non passeremo più neppure dalle porte di casa!» si lamentò, sistemandosi goffamente sul sedile. Il cocchiere intanto chiuse la portiera e salì a cassetta.
In poco tempo arrivarono a Palazzo d’Arvieux. La vettura fu fatta entrare nel cortile e le nobili furono annunciate.
La musica della festa si mescolava al brusio delle voci. Ori e fiori ornavano le stanze, dal soffitto delle quali pendevano splendidi lampadari.
Una donna in età avanzata venne loro incontro.
«Bernadette! Mia cara, come sono lieta di vedervi.»
Madame d’Arvieux salutò con la stessa cortesia anche Aline e Sophie.
«Noi lo siamo altrettanto. Come state?»
«Come al solito. E voi? Avete ospiti?». Sorrise alle ragazze oltre le spalle della Marchesa. Questa le fece venire avanti.
«Lasciate che vi presenti mia nipote Charlotte e la sua amica, la Contessa Éléonore de Saumane».
Le fanciulle fecero la riverenza.
«Lieta di fare la vostra conoscenza. Spero che passerete una piacevole serata.» disse Madame d’Arvieux. Poi, avendo adocchiato altre persone che varcavano la porta, si accomiatò per riceverle.
Madame de Vernon si unì ad un gruppo di dame che l’avevano invitata ad avvicinarsi, mentre le ragazze si aggirarono per le stanze in cerca di volti noti.
Lo sguardo era inevitabilmente attratto dagli scintillii della luce sui gioielli che adornavano gli abiti degli invitati. Lusso e divertimento traboccavano da ogni sala.
Mademoiselle de Vernon era piuttosto conosciuta in città. Brillava della luce riflessa dei suoi fratelli, la compagnia dei quali era ricercata dalle grandi dame, attratte dalle onorificenze del primogenito e dallo spirito brillante del più giovane. Lei li seguiva a ruota in ogni salotto, invitata più per cortesia che non per vero interesse nei suoi confronti. Tuttavia, Sophie sembrava non rendersene conto e, talvolta, aveva anche il coraggio di vantarsi dei numerosi ricevimenti a cui le era richiesto di presenziare quasi ogni giorno.
L’assidua frequentazione dei salotti cittadini le aveva permesso di sviluppare una vasta cultura riguardo ai pettegolezzi che si diffondevano in quegli ambienti, per cui poté intrattenere le ospiti sfoggiando la conoscenza di una grande quantità di nozioni che Charlotte avrebbe definito “essenziali”. Fu così che le nuove arrivate poterono farsi un’idea di quasi tutti i presenti.
Spesso Sophie le presentava e Charlotte cercava subito di mettersi in mostra, prima con sorrisi e occhiate, poi a parole, con i suoi toni suadenti e ammiccanti. Parlavano un po’ tutti insieme, le due amiche rispondevano a qualche domanda e poi riprendevano a vagare per le sale.
Ad un tratto, Sophie si fermò e cambiò bruscamente direzione facendo segno alle altre di seguirla. Entrarono in una sala, in cui l’atmosfera era movimentata da coppie danzanti e dalla musica di alcuni suonatori. In un angolo c’erano dei giovani che discorrevano tra loro. Uno di essi, un giovane alto e bruno, alzò lo sguardo e quando incrociò quello di Sophie le andò incontro.
«Buonasera, Mademoiselle» le disse con un gran sorriso. Le baciò la mano.
«Buonasera, Laurent. Non mi stancherò mai di dire che vostra madre organizza delle serate meravigliose.»
«È il minimo che possa fare per accogliere un’ospite come voi».
Sophie si schermì con finta modestia.
«E io? Non merito altrettanti riguardi?» ironizzò Aline.
«Perdonatemi, sono stato davvero scortese!» arrossì il giovane. Sapeva che Aline non era il tipo di persona da formalizzarsi per i convenevoli, ma comprese che la battuta faceva riferimento alle sue particolari attenzioni per Sophie.
«Amiche mie,» disse questa rivolta alle ospiti «lui è il Marchese d’Arvieux, figlio della signora con cui abbiamo parlato poco fa».
Laurent si inchinò e Sophie gli presentò Éléonore e Charlotte, alla bellezza della quale il giovane non poté restare indifferente.
«Sediamoci da qualche parte. Staremo più comodi.» propose.
Facendo strada, accompagnò le ragazze in un salotto attiguo alla sala dei suonatori, ma meno affollato.
Si sistemarono sui divani.
«Per quanto tempo avrete l’onore di essere ospiti di Sophie?» chiese alle nuove arrivate.
«Tutta l’estate» rispose Charlotte.
«Siete fortunate. Io a malapena riesco ad esserne ospite per una sera!»
Le due amiche si guardarono imbarazzate. Laurent non celava affatto il suo interesse per Mademoiselle de Vernon.
«Siete esagerato!» esclamò questa. «Invitiamo sempre voi e vostra madre ogni qualvolta organizziamo un ricevimento!»
«Ammetterete, tuttavia, che si tratta di occasioni assai rare…»
«Non lo ammetto affatto. Anzi! Lo nego.» la fanciulla incrociò le braccia con fare altezzoso.
Laurent alzò gli occhi al cielo.
«Ma chère, probabilmente ho bisogno di vedervi più spesso di quanto voi non mi concediate…»
Aline scosse il capo. Laurent era inguaribilmente innamorato di Sophie. Era da tempo che aspirava alla sua mano e non si capacitava di come la giovane Vernon avesse potuto accettare la proposta di un altro. Sperava di riuscire a farle cambiare idea prima del decisivo “sì”, ma non si rendeva conto evidentemente di come le stesse frasi che un tempo facevano sorridere la fanciulla ora la mettessero in imbarazzo di fronte agli altri.
Aline decise di cambiare argomento.
«Prima che mi dimentichi, Lambert vi manda i suoi saluti».
«E voi porgetegli i miei. Come mai non è venuto?»
«Sfortunatamente, il vostro invito è stato preceduto. Mi ha comunque detto di assicurarvi che la prossima volta non mancherà.»
«Lo spero. E vostro fratello maggiore?»
Sophie lo mise a parte della lettera ricevuta.
I due si informarono a vicenda degli avvenimenti accaduti nei giorni intercorsi tra il loro ultimo incontro e quella sera. Charlotte registrava tutto e interveniva quando poteva, ripetendo i commenti sentiti a casa della zia. Laurent era divertente, oltre che affascinante; ogni tanto intercalava il discorso con qualche battuta o commentava sarcasticamente l’atteggiamento delle persone che non andavano a genio né a lui né a Sophie.
Il giovane Marchese fece qualche altra domanda alle nuove arrivate e Charlotte colse l’occasione per studiarlo meglio interrogandolo a sua volta.
«Da quanto tempo vi conoscete?» chiese accennando a lui e Sophie.
«Io e Mademoiselle de Vernon ci conosciamo da quando eravamo bambini. Le nostre madri sono molto amiche, perciò io, a dispetto di ciò che ho detto prima» rise «sono praticamente di casa presso Sophie. E allo stesso modo lei viene spesso qui. Veniva.» si corresse con una nota di biasimo nel tono.
Charlotte sembrò non farci caso.
«Siete uno dei compagni di caccia di Lambert?»
«Sì, ma ad essere sincero i miei rapporti con lui non vanno oltre la semplice conoscenza».
«Non dite così, in fondo siete amici!» obbiettò Aline.
«Non ho detto nulla di negativo, ma dovete ammettere che non siamo molto legati».
«Più che con Thierry, perlomeno…»
«Su questo avete ragione».
La musica nella sala a fianco cambiò.
«Mi concedete questo ballo?» chiese Laurent offrendo la mano a Sophie. Questa esibì un attimo di renitenza, poi accettò. I due sparirono oltre la porta.
«Lo illude?» sussurrò Charlotte all’orecchio di Éléonore.
La Contessina si mostrò indignata, nonostante avesse pensato la stessa cosa. Semplicemente, non tollerava che il biasimo partisse proprio da Charlotte.
«Quanta malizia nelle vostre parole! È un suo intimo amico, l’educazione impone di accettare…»
Charlotte fece una smorfia.
Aline era impegnata a sistemare un nastro del vestito, non le stava ascoltando.
«Basta così poco per illuderli?» chiese Éléonore dopo poco, sempre a bassa voce.
«Te lo garantisco: c’è chi cede per molto meno».
E quasi a voler confermare le proprie parole con i fatti, si alzò e andò a civettare con alcuni giovani che le erano stati presentati poc’anzi.
 
 
 
Quando Charlotte tornò sul divanetto, entrarono le due Marchese. Éléonore osservò che formavano una strana coppia: Madame de Vernon era imponente, dal volto rubicondo e severo, invece Madame d’Arvieux era molto minuta e asciutta, quasi scheletrica rispetto alla madre di Sophie; inoltre aveva gli occhi velati, non limpidi come quelli dell’amica, e sembrava che dovessero spegnersi del tutto da un momento all’altro; nonostante ciò, però, aveva una vitalità interiore tutta sua, che si esprimeva nei continui sorrisi e nell’espressione, che non le abbandonava mai il volto, di compiacimento per la serata organizzata.
Le donne si avvicinarono alle ragazze sedute di fronte a loro. Madame d’Arvieux riuscì a ritagliarsi uno spazio sul divano, mentre la Vernon occupò la poltrona accanto ad esso.
«Allora, avete conosciuto mio figlio?»
«Sì, Madame» rispose Charlotte.
«Dov’è ora?»
«A ballare con Sophie» disse osservando la reazione della zia. Questa non fece una piega, per cui la Duchessina distolse lo sguardo delusa.
Éléonore pensò che l’errore più comune a chi si chiude troppo a lungo all’interno di un  proprio mondo sia che quando ne esce porta con sé le leggi che lo governano, pretendendo di farle calzare alla realtà. Allo stesso modo, però, chi è abituato ad interpretare i gesti più comuni per quello che sono non è in grado di capire che cosa lo stesso gesto può rappresentare per un'altra persona. E così non è possibile comprendersi e ci si confonde a vicenda. Davvero Sophie giocava con i sentimenti di Laurent? In fondo, ciò che aveva detto prima non era sbagliato, Mademoiselle de Vernon avrebbe potuto accettare per semplice cortesia. Semmai la colpa di un malinteso sarebbe stata di Laurent, se avesse considerato il semplice consenso di Sophie come se sottintendesse qualcosa di più…
L’inconfondibile risata di Madame de Vernon la richiamò al presente. Le capitava spesso di estraniarsi dalla realtà senza rendersene conto.
«Ditemi, cara, avete programmi per questi giorni?» chiese Madame d’Arvieux.
«Quando Thierry si deciderà a tornare ci trasferiremo nella residenza estiva» rispose l’amica.
«Da quanto è via?»
«Ho perso il conto del tempo, ormai…» sospirò Bernadette.
Madame d’Arvieux scoppiò a ridere.
«Siete tragica come sempre!»
«E inutilmente, in questo caso,» si permise di aggiungere Aline «visto che il Marchese torna domani».
La padrona di casa rimase di stucco.
«Ho capito bene?». Poi sorrise. «Che bella notizia!»
Si rivolse a Charlotte.
«Vedrai come è cambiato in questi anni! Proprio un bel giovanotto, mia cara.»
«È vero» affermò orgogliosa Madame de Vernon.
«Dunque partirete a breve per la campagna» disse Madame d’Arvieux riprendendo il discorso precedente. «Eh, beati voi che potete! Purtroppo alcune incombenze mi trattengono in città. Mi dispiace solo per Laurent, perché passare qui l’estate sarà tedioso…»
«Perché mai dovrebbe restare qui? È necessaria la sua presenza?» domandò Madame de Vernon.
«No …» rispose pensosa l’amica.
«E dunque, lasciate che venga con noi! La tenuta, come sapete, è grande, uno in più non sarà di alcun disturbo. Così starà in compagnia di mia figlia.» propose Bernadette con entusiasmo.
Un ampio sorriso si allargò sul volto della padrona di casa.
«Ottima idea! Grazie, sono certa che Laurent ve ne sarà riconoscente.»
«Qualcuno ha fatto il mio nome?»
Laurent si avvicinò conducendo Sophie per mano. La madre gli ripeté le parole dell’amica e il giovane Marchese faticò a contenere la gioia. Sophie pensò che se neppure sua madre, così ossessionata dalla reputazione, riteneva l’atteggiamento di Laurent un problema, in fondo non c’era nulla di cui preoccuparsi,  perciò si mostrò anch’ella entusiasta.
Madame d’Arvieux si informò sullo stato della tenuta e Madame de Vernon iniziò un monologo che durò parecchio tempo, in cui illustrò all’amica le modifiche apportate dalla ristrutturazione, quanti ettari di parco erano stati aggiunti e così via. Nel frattempo la musica nella sala a fianco riprese e Laurent guardò a lungo Sophie, poi rinunciò a riformulare l’invito, poiché questa, forse proprio per sfuggirgli, si era messa a parlare fittamente con le loro madri.
A quel punto, vagando con lo sguardo, incrociò quello di Charlotte.
E non poté fare altro che invitarla a danzare.
Éléonore e Aline, annoiate dai discorsi delle due donne, si alzarono e li seguirono nella sala dei suonatori, fermandosi su un lato della stanza. Charlotte e Laurent presero posizione al centro insieme alle altre coppie. I loro movimenti iniziarono a seguire le note aggraziate.
«Non vi ho mai vista da queste parti» esordì il giovane Marchese.
«Non sono solita venire a trovare i miei cugini qui in città». Si scambiarono di posto. «Le poche volte che ci incontriamo avviene nella tenuta estiva».
«Capisco. Dunque è la prima volta che la vedete. È di vostro gradimento?»
«A dire il vero non ho ancora avuto modo di  visitarla…»
«Dopodomani non potrete più. È un peccato…»
Volteggiò e incontrò gli splendidi occhi di Charlotte. Così azzurri, così intensi…
Che gli prendeva? La lingua si mosse da sé.
«Sapete, non ho ancora trovato il modo di sdebitarmi con vostra zia: voi me lo servite su un piatto d’argento. Che ne pensate di approfittare del vostro ultimo giorno qui? Potrei farvi io da guida, se lo desiderate.»
«D’accordo… non avevo intenzione di impegnarvi… però se siete disposto, mi piacerebbe molto, grazie…» disse la fanciulla fingendosi imbarazzata.
«Il piacere è tutto mio».
Continuarono a volteggiare e a scambiarsi occhiate e a chiacchierare, mentre la musica avvolgeva ogni cosa, immergendo la sala in una realtà fuori dal tempo.
Pienamente ancorate al presente, Éléonore e Aline commentavano la scena.
«È sorprendente» osservò Aline «non ho mai visto Laurent parlare tanto a lungo e con così vivo interesse con una giovane che non fosse Sophie… forse, finalmente, volgerà il suo sguardo altrove. Sophie non aspetta altro, soprattutto per il bene di Laurent.»
«Aline, non capisco precisamente che tipo di rapporto ci sia tra i due… potreste chiarirmi la situazione? Sempre che sia possibile parlarne…»
«Certamente. Starete con noi tutta l’estate, è bene che qualcuno vi metta a parte di queste cose. Dovete sapere che Laurent e Sophie sono legatissimi, quasi come se fossero fratello e sorella. Laurent, però, è da anni innamorato perdutamente di Sophie. E non demorde nemmeno ora che lei è promessa a un altro. Non invidio affatto Sophie: infatti, da un lato è preoccupata che le malelingue approfittino della mancanza di ritegno di Laurent per mettere in giro voci sul loro conto, dall’altro non vuole respingerlo apertamente per paura di perdere la sua amicizia. Tutto si risolverebbe se lui si innamorasse di un’altra…» guardò Charlotte, splendida con la chioma dorata raccolta sul capo. Ora i due ballerini stavano ridendo insieme.
«Non conosco affatto Charlotte» proseguì Aline. «Credete che potrà nascere qualcosa?»
«Potrei ribattere che non conosco affatto Laurent, ma vi assicuro che sarebbe un caso unico se non provasse interesse per lei. Di tutti i giovani che conosco, non uno non ha tentato di conquistarla. Tuttavia, il problema è opposto: Charlotte non resta a lungo legata a qualcuno, come avete potuto constatare.» replicò Éléonore senza sbilanciarsi.
«Forse questa volta è diverso… Dicevano la stessa cosa di Lambert, e invece siamo fidanzati.»
La Contessina le sorrise teneramente.
«Beata voi…» mormorò.
Aline arrossì. «Comunque, non riesco a credere che nessuno abbia mai chiesto la vostra mano. Conosco innumerevoli fanciulle prive di ogni valore eppure richieste da persone importanti!» disse.
«Toccate un tasto dolente, ma chère» rise tristemente Éléonore. «Evidentemente, il valore di cui parliamo noi non è lo stesso che assume interesse agli occhi dei più. Quando ci educano, ci insegnano come comportarci per non far parlare di noi in modo negativo. E tuttavia attraverso la castità dei costumi pretendono che noi attiriamo le attenzioni degli uomini. Ci insegnano quali sono gli spunti favoriti delle malelingue, ma non cosa si cerca davvero in fanciulle come noi. Mi rendo conto di parlare per estremi, ma ancor più stupefacente, mi consentirete di dire, è proprio il fatto che le fanciulle che stanno nel mezzo sono quelle che riscontrano maggior successo pur essendo, perlomeno a mio parere, le più scialbe. Infatti, come possono attirare l’attenzione queste ragazze? Nei giochi di gruppo non si ode mai la loro voce e se ciò accade il risultato non è dei migliori, come nelle conversazioni: alcune, consce della propria ignoranza, sanno che è meglio tacere e ascoltare, mentre altre, odiose arroganti, argomentano con sicurezza discorsi senza basi oggettive che le mettono solo in ridicolo. E sono proprio queste ad avere più successo.» Guardò Aline negli occhi.
«Ditemi voi» riprese «dove sta il mio errore. Perché ciò che interessa a me non interessa agli altri? Perché ciò che mi contraddistingue, ciò che mi fa brillare sulle labbra di chi conta nella società mi allontana da ciò che mi interessa davvero?»
Aline abbassò gli occhi imbarazzata, senza sapere cosa dire, ma la Contessina la assolse da quest’onere proseguendo infervorata e sconsolata.
«Che società contraddittoria. Tutti esaltano certe qualità e poi, nei fatti, dimostrano di apprezzare il loro opposto. Ma ancora parlo per estremi. Mi dimentico sempre di un punto fondamentale… l’atteggiamento. Eh sì, mia cara Aline, ogni volta me ne dimentico e poi torno da sola alla risposta alle mie domande. È il modo di porsi, n’est-ce pas?, che rende indiscutibilmente migliori certune rispetto ad altre? E così l’ignorante brilla più della colta… che mondo alla rovescia! Ma forse sono io a guardare le cose dalla parte sbagliata. Forse l’apparenza conta più della sostanza. O forse è sostanza il nostro comportamento e apparenza la sapienza di cui ci ammantiamo…»
Non parlava più con Aline. Parlava per sé stessa. Diceva ad alta voce una riflessione che faceva sempre e l’amica l’ascoltava affascinata, sapendo di non essere più la sua interlocutrice.
Éléonore tornò alla realtà.
«Comunque,» concluse «in fin dei conti è meglio così. Non ho nulla da rimpiangere perché non ho mai provato niente per nessuno. Il mio lamento è solo rammarico per non essere vezzeggiata come le altre, tutto qui. Il matrimonio non c’entra. Gli agi di una vita all’insegna del lusso non compensano, a mio parere, i vincoli del matrimonio, dolci catene che diventano le più pesanti, se vi legano alla persona sbagliata.»
«Non vi siete mai innamorata?»
«Ad essere sincera, non ho mai provato ad andare al di là della semplice conoscenza con gli altri giovani, né loro mi hanno mai cercata. E la colpa è solo mia, perché non ho mai fatto nulla per ottenere le loro attenzioni; non ho la sicurezza, ad esempio, di Charlotte… Temo ciò che pensa la gente, che fraintendano le mie intenzioni, o che io non sappia controllare le mie azioni. Forse un matrimonio combinato è l’unica soluzione se mi si vuole vedere sistemata...»
«Ma che dite? A voi è offerta, per grazia divina, la possibilità di scegliere, e non ne approfittate? Ah, a quante donne è stato negato l’amore! In nome loro, abbiate pazienza! Certo, è previsto che una fanciulla si sposi appena lasciato il convento, ma se questo ritardo è necessario alla vostra felicità, non mi riesce di individuare il problema.»
Éléonore tormentava un volant della manica.
«Voi credete nel destino?» le chiese infine Aline.
Éléonore si riscosse.
«Che intendete dire?»
«Intendo che Thierry arriverà domani». Guardò la luce dei lampadari guizzare sulle gonne in movimento delle danzatrici.
«Torniamo di là» disse accarezzandole il braccio.
Éléonore la seguì nella sala attigua.
 
 
 
Quando entrarono, non trovarono né Sophie né le due nobildonne. Scoprirono che si erano spostate in un salone più ampio. Dalla soglia videro che stavano parlando con altre dame, probabilmente amiche condivise dalla Vernon e dalla padrona di casa. Si avvicinarono per unirsi a loro. La Marchesa stava tenendo nuovamente un monologo e, chissà perché, Éléonore non si stupì di sentirla parlare del primogenito.
«È un così caro ragazzo, sempre disponibile ad aiutare la sua famiglia! Ma quanti pensieri mi dà, sempre in giro per il mondo…»
Era un refrain che la Contessina udiva ormai da due giorni. Le dame intorno a Bernadette annuivano e la incalzavano con domande e commenti. Madame d’Arvieux faceva da spalla all’amica, smorzando gli eccessi di turbamento nelle sue parole e approvando vistosamente gli elogi per Thierry.
Éléonore si chiese se Lambert non fosse geloso del fratello. Le venne però in mente lo sguardo del giovane dai capelli ramati: era quello di uno a cui non importa nulla di ciò che gli altri pensano di lui. E in effetti non sbagliava. Se avesse condiviso i suoi pensieri con Aline, questa le avrebbe confermato che spesso Lambert prendeva in giro il fratello per l’atteggiamento che la madre aveva nei suoi confronti. Ringraziava di non essere al suo posto. Lui seguiva la sua strada da solo, senza bisogno di un supporto morale, e voleva che fosse chiaro a tutti. Pensava che ogni lode della madre per Thierry rendesse più debole quest’ultimo agli occhi della gente. Aline, però, la pensava diversamente e lo stesso passava per la mente di Éléonore: quelle dame davano ragione alla Vernon e non sembrava che lo facessero per educazione. Thierry doveva davvero valere tutti quegli elogi. La Contessina sperava solo di non illudersi.
Quando Charlotte e Laurent comparvero nella sala, Bernadette smise di chiacchierare e li chiamò. Ormai era ora di rincasare. Sulla soglia, tuttavia, Madame de Vernon si fermò ancora a parlare con la Marchesa d’Arvieux. Laurent si avvicinò a Charlotte.
«Allora se volete domani ci potremmo vedere…»
«Certamente. Quando pensate di passare?»
«Nel pomeriggio, senza dubbio. Non penso che vostra zia acconsentirebbe a lasciarvi uscire prima di aver dato una calda accoglienza a Thierry…»
I due risero.
Finalmente, la Marchesa riuscì a superare la porta e le cinque nobili tornarono a casa.
 
 
 
Davanti alla sua stanza, Charlotte soddisfò la curiosità di Aline. Sophie passò mentre la Duchessina parlava dell’appuntamento.
«Come avete detto? Laurent non me ne ha parlato…»
«Forse non lo riteneva necessario» disse Charlotte alzando le spalle.
«Sì… avete ragione… ma sono vostra cugina, saremmo potuti andare insieme…»
Una rapida occhiata di Aline le fece cambiare idea.
«No, anzi, torna mio fratello… resterò a casa» concluse con un sorriso.
Il pendolo al piano di sotto batté l’ora.
«È meglio se andiamo a dormire» disse Éléonore. «Voglio essere riposata per domani» aggiunse.
Aline la guardò negli occhi, ricevendo in cambio un sorriso allusivo, poi si diresse verso la porta, lieta dell’effetto sortito dalle proprie parole quella sera.
Una volta sola, Éléonore, avvolta nelle lenzuola, favorita dal buio della stanza, si lasciò sprofondare in un mare di pensieri e inquietudini: l’indomani sarebbero arrivati due giovani, uno dei quali era, almeno in base alle parole della madre dello stesso, il miglior partito che la Contessina avesse mai incontrato; ma il pensiero di Charlotte giungeva continuamente come una sassata distruggendo i castelli che la giovane mente della fanciulla tentava di costruire. Certamente, la Duchessina avrebbe costituito un ostacolo invalicabile per ogni suo progetto. Non poteva competere con lei. E, ne era sicura, Laurent sarebbe presto passato in secondo piano di fronte a due nuove prede, perciò non sarebbe stato una sufficiente distrazione, mentre il legame di parentela con Thierry sarebbe risultato un semplice dettaglio una volta che questi avesse visto la bellezza della cugina. Perlomeno, in questo modo anche Aline avrebbe compreso la vera natura di Charlotte. Forse. 
L’agitazione che l’aveva pervasa all’inizio si trasformò rapidamente in malinconia. Se ne accorse e scosse la testa girandosi nel letto. ‘Basta pensare a Charlotte,’ si disse ‘devo concentrarmi su domani. Come ha detto Aline, il destino mi ha concesso un’occasione che potrebbe rivelarsi unica. Non posso permettermi di sprecarla.’
   
 
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