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Autore: teabox    27/01/2015    4 recensioni
Selina non è contenta e Jim - perché è Jim - si sente in dovere di cambiare la situazione. O, almeno, di provarci.
[Post episodio 13, vaghi accenni.]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Gordon, Selina Kyle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: scritta super, super velocemente, da un'idea che avevo in testa da un po'. Grazie mille a chi ha la pazienza di fermarsi a leggere.

 

 

 

 

 

Una Svolta negli Eventi

 

 

 

 

In retrospettiva gli errori erano stati parecchi. Parecchi e stupidi.

Selina non avrebbe dovuto permettere a se stessa di camminare per le strade di Gotham ancora irritata dall’ultimo incontro con Bruce. Non avrebbe dovuto voltarsi a quel “ehi, tu” che aveva sentito. E, soprattutto, quando aveva riconosciuto il Detective Gordon, non avrebbe dovuto cercare di scappare senza guardare dove stesse andando. 

Perché così non sarebbe inciampata, non avrebbe rallentato la fuga e il Detective Gordon non sarebbe stato capace di afferrarla per un braccio e fermarla. 

 

«Sempre di corsa, tu», le disse con quella espressione di vago rimprovero che sembrava riservare per lei.

Selina - infastidita con se stessa, con Bruce, con Gordon e probabilmente con tutta Gotham - cercò di liberarsi strattonando il braccio. «E’ possibile camminare per questa stramaledetta città per più di cinque minuti senza essere fermati da nessuno?»

«Buongiorno a te, Selina», rispose Jim divertito. 

«Jim», replicò lei asciutta.

«Detective Gordon per te», la corresse lui.

Selina puntò un dito a se stessa. «Cat per te.»

Jim alzò gli occhi al cielo. «Felice di vedere che stai bene.»

Selina s’irrigidì per un istante. Le parole che il detective aveva usato le avevano ricordato quelle di Bruce e, di conseguenza, la spiacevole serie di sentimenti legati a quel particolare ultimo incontro. Strattonò il braccio di nuovo. «Sì, sto perfettamente bene. Assolutamente, perfettamente bene. Mai stata meglio in vita mia, grazie mille», replicò asciutta.

Jim alzò un sopracciglio, prima di lasciarsi sfuggire una piccola risata.

Selina lo guardò irritata. «E cosa sarebbe così divertente?»  

Lui scosse la testa. «Nulla, è solo che mi ricordi me stesso.»

«Ti ricordo un poliziotto di mezz’età con un’allarmante tendenza a non farsi gli affari suoi?», rispose lei senza neanche provare a nascondere il sarcasmo.

«Per la cronaca ho trentaquattro anni, Cat. E no», replicò Jim calmo, «mi ricordi me stesso quando non voglio parlare con nessuno.»

Selina sbuffò. «Bene. Dato che siamo così perspicaci, detective, perché non chiudiamo qui questo incontro? Hai appurato che sono ancora viva e che sto bene, no?»

 

Jim sapeva che avrebbe fatto meglio a seguire quel suggerimento. Sapeva che Selina era impossibile da governare nei giorni buoni, quindi poteva solo immaginare cosa sarebbe stata in un giorno come quello.

Ma forse proprio per quella ragione, per il fatto che fosse ovvio persino a lui che no, Selina non stava bene e che no, non era un giorno buono per lei, Jim decise di andare contro il suo miglior buon senso ed ignorare la soluzione più facile. 

«Perché invece non ci prendiamo un caffè? Offro io.» Vide il rifiuto affiorare immediatamente sul viso di Selina e la precedette. «Consideralo un favore personale. Sto morendo per un caffè, ma non mi piace sedermi ad un tavolo da solo. Le cameriere si sentono sempre in obbligo di chiedermi se va tutto bene.»

 

Era ovvio che fosse una scusa e una neanche particolarmente buona. Era ovvio a Selina ed era ovvio a Jim quanto fosse ovvio a Selina. E tuttavia qualcosa nella ragazza sembrò cedere un poco. 

Abbassò appena le spalle e strinse appena gli occhi. «Caffè», disse poi con cautela. «E un bagel.»

Jim trattenne un sorriso. «Affare fatto.»

Selina arricciò appena il naso e alzò il braccio che Jim le stava ancora trattenendo. «Non scappo, ok? Puoi lasciarmi andare.»

Jim lo fece lentamente, non del tutto sicuro. Ma lei rimase accanto a lui, anche se con un’espressione ridicolmente annoiata e con l’aria di chi gli stesse facendo un grande favore. 

 

Non che Selina avesse programmato per le cose di andare così. Aveva pensato che avrebbe facilmente trovato un modo di liberarsi - dopotutto era del Detective Gordon che stava parlando, quell’uomo era troppo buono, troppo onesto e troppo pieno di ottime intenzioni. Che, traducendo, voleva dire facile per lei da manipolare. 

Ma qualcosa, ad un punto incerto di quel breve incontro, l’aveva fermata. 

Si era detta che di certo non era stata l’espressione sul viso di Gordon - una nota divertita, una nota preoccupata - che l’aveva fatta sentire stanca. E insicura. E giovane. 

Si era detta che di certo non era stata l’idea che lui, a differenza di Bruce, non poteva di certo volere niente da lei e che quindi - forse, possibilmente - il suo interesse era in qualche misura sincero. 

Si era detta che di certo non era stato il modo in cui si era inventato una scusa palesemente ridicola solo per farla sentire più a suo agio nell’accettare la sua offerta. 

No, aveva pensato Selina, non era certo stato per nulla di tutto ciò. Invece, si era detta, era stata l’idea di potersi sedere in un diner, ignorare Gordon e gustarsi un caffè e un bagel senza doverli rubare, per una volta.

Nulla di più. Nulla di complicato.

 

*

 

Il diner era terribile. Non c’era altro modo di descriverlo. 

Eppure, proprio per quel motivo, Jim e Selina si sentivano perfettamente a loro agio. Come se entrambi avessero saputo che qualcosa anche solo di un po’ più raffinato li avrebbe fatti sentire terribilmente fuori luogo.

«Quindi», disse Jim prendendo un sorso di caffè. «Cos’è successo?»

Selina alzò lo sguardo su di lui, le mani ferme sul bagel che aveva ordinato. «Non so a cosa ti riferisci.»

Jim si piegò appena verso di lei. «Mi riferisco al fatto che per quanto la tua graziosa personalità sia sempre imprevedibile, oggi sembri più imprevedibile del solito. Per così dire.»

Selina prese un pezzo del bagel e cominciò a farlo a pezzi. «Di nuovo, non so a cosa ti riferisci. Per così dire

Jim sospirò tornando ad appoggiarsi allo schienale della poltroncina. «Se posso aiutarti in qualche mo-»

«Perché tutti in questa città sembrano volermi uccidere o aiutarmi? Non ho già forse detto che sto perfettamente bene?»

 

Jim lasciò passare un attimo. Il caffè amaro sembrava rispecchiare l’aria che aveva riempito l’angolo del diner che stavano occupando. «Ovviamente non stai perfettamente bene.»

Selina incrociò le braccia sul petto e guardò fuori dalla finestra del locale, chiudendosi in un silenzio testardo. 

«E dato che quelli interessati ad ucciderti sono più o meno sotto controllo», continuò Jim cauto, «chi sta cercando di aiutarti?»

Lei rimase con lo sguardo fisso al di là del vetro. «Non sono nemmeno sicura che voglia aiutarmi. Immagino che si sia messo in testa di potermi cambiare o chissà che.»

Qualcosa nello stomaco di Jim si annodò un po’. 

Gotham non risparmiava nulla a nessuno, soprattutto se come Cat - Selina - eri una delle sue creature. Le strade erano piene di persone senza scrupoli e c’era chi sarebbe stato disposto a molto per mettere le mani su di una ragazza - un’adolescente, per la miseria, poco più di una bambina - come lei. 

 

Jim si schiarì la voce, cercando di trattenere quella punta di ansia che lo aveva attaccato. «Di chi stai parlando, Cat? Chi sta cercando di cambiarti?»

Selina doveva aver colto qualcosa nel tono di lui, perché lo guardò per un istante confusa prima di scoppiare a ridere. «Non so quali film ti stai facendo nella testa, detective, ma dall’espressione che hai sul viso direi che sono tutti sbagliati.»

Lui si trattenne dal chiederle di nuovo di chi stesse parlando e cercò di aspettare pazientemente che fosse lei ad offrire quel pezzo d’informazione. 

«Bruce», disse Selina dopo un attimo. Le mani avevano catturato di nuovo il bagel ed erano tornate a torturarlo.

«Bruce Wayne?»

«Sì, Bruce Wayne. Cos’è, pensi che stia mentendo?»

Jim alzò una mano. «No, assolutamente no…» 

Cercò qualcosa da dire - senza trovarlo - che le spiegasse il fatto che si sentisse terribilmente sollevato dall’idea che, per una volta, i problemi di Selina erano semplicemente quelli di un’adolescente come tante altre e neanche remotamente vicini agli scenari che gli erano passati per la testa. 

 

Un silenzio vagamente scomodo calò fra di loro. 

Jim non sapeva esattamente cosa offrire, le sue esperienze nel settore adolescenti erano poche e poco soddisfacenti, e le sue esperienze in campo sentimentale era meglio dimenticarle del tutto.

Selina, invece, aveva passato gli ultimi due minuti a chiedersi perché avesse aperto la bocca e in quale modo sarebbe potuta sgattaiolare via e lasciarsi alle spalle non solo il Detective Gordon, ma anche quelle riflessioni che aveva disperatamente cercato di evitare.

«Probabilmente non è di nessun aiuto», disse improvvisamente Jim rompendo il silenzio, «ma per quanto vale, non credo che tu debba essere cambiata.»

Selina gli rivolse un’occhiata incredula e piena di sospetto, che Jim mancò di notare perché aveva lo sguardo incollato sul suo caffè.

«Certo, il tuo stile di vita non è…ideale. E non voglio nemmeno fermarmi a pensare a quante volte e in quanti modi tu debba aver infranto la legge. Senza menzionare il fatto che molte persone potrebbero pensare che non dovrei essere qui a bere un caffè con te, invece di arrestarti e mandarti in una casa di correzione. Ma, vedi, il punto è proprio questo», le disse alzando finalmente gli occhi su di lei, «non penso che tu debba essere corretta. Perché - che mi piaccia ammetterlo o no - è ovvio che non sei una cattiva ragazza.»

 

Selina non sentiva imbarazzo facilmente. E generalmente, quando le capitava di provarlo, aveva comunque un arsenale di metodi per proteggersi. Eppure in quel momento, con il Detective Gordon di fronte a lei e tra di loro due tazze di caffè e un bagel sbriciolato, non trovò nulla di meglio da fare che arrossire. 

Jim le rivolse un mezzo sorriso. «Sottolineo, però», le disse piegandosi un po’ verso di lei, «che ho detto che “non sei una cattiva ragazza” e non che sei una brava ragazza.»

Selina rise. «Se fossi una brava ragazza non sarei chi sono, no?»

«Esattamente il mio punto», rispose Jim sorridendole soddisfatto. 

Bevve un ultimo sorso di caffè e lasciò qualche banconota sul tavolo. «E ora devo tornare a lavoro. La mia pausa è finita.»

 

Selina si alzò con lui e lo seguì fuori dal diner, esitando sul marciapiede per qualche attimo. «Grazie, detective», disse infine, lo sguardo basso e le mani nascoste nelle tasche della giacca. 

«Di nulla», rispose Jim divertito da quell’attimo di timidezza. «Un’ultima cosa, Selina.»

«Cat», lo corresse lei.

Jim sospirò con finta esasperazione. «Un’ultima cosa, Cat

Lei incrociò lo braccia e lo guardò curiosa.

«Qualsiasi cosa Bruce abbia detto, sono sicuro che non voleva ferirti. E’ nel DNA maschile l’incapacità di parlare ad una ragazza senza fare casini. Non credo proprio che ti vorrebbe diversa da quello che sei.»

Selina abbassò lo sguardo per qualche istante. «Se lo dici tu.»

«Lo dico io», replicò lui sorridendole. E dato che lei non lo stava guardando e quindi non avrebbe avuto modo di fermarlo, Jim fece qualcosa di azzardato e potenzialmente pericoloso. Le appoggiò una mano sulla testa e le diede qualche colpetto delicato, come avrebbe fatto con una bambina.

Selina, sorpresa, spostò la testa di scatto. «Ehi!», esclamò infastidita e imbarazzata in direzione di Jim, che si stava già allontanando. In risposta, tuttavia, ricevette solo un cenno con la mano e una mezza risata. 

 

Selina ci pensò solo un momento, guardando la schiena del detective confondersi con il resto delle persone sul marciapiede - qualcosa di strano nel modo in cui sapeva che lo avrebbe potuto riconoscere ovunque, esattamente come avrebbe potuto riconoscere Bruce dovunque. 

Si morse il labbro un istante. 

Fece un primo passo. Ne fece un secondo. Si trovò poi a correre. A raggiungerlo.

Si aggrappò al braccio di Jim, tirandolo con abbastanza forza da farlo piegare un po’ di lato, verso di lei. Gli baciò la guancia, senza riuscire davvero a guardarlo.

E corse via, nella direzione opposta, un sorriso sulle labbra e una risata in gola.

 

Jim, invece, rimase per un momento immobile sul marciapiede, cercando di capire quello che era appena successo. Ragionando, poi, che tutto sommato forse era meglio non chiederselo.

 

 

Fin

  
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