Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: DoctorFez1988    28/01/2015    5 recensioni
La mia prima storia "Fanfiction", dedicata al film di Frozen - Il Regno di ghiaccio. In questa storia, una specie di seguito del film, le due sorelle e i loro incredibili amici saranno protagonisti di un'avventura ancora più incredibile della prima. Spero che la trama possa piacere a tanti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Errava. Errava. Errava senza mai arrestarsi nemmeno per un momento, nonostante il diluvio che infieriva ogni cosa in terra dal cielo imprigionato da nubi spaventose, che diventavano con il passare del tempo più nere, segno inequivocabile che il giorno stava ormai per raggiungere il suo ineluttabile vespro. Erano già passate, infatti, molte ore da quando Lui aveva iniziato il suo cammino dal palazzo che sorge tra le nevi perenne ed era già sceso fino ai piedi della montagna. Ora si dirigeva irrefrenabile verso la sua agognata meta, guidato solamente dal legame con la persona che egli amava come se fosse una madre. Il suo sguardo era talmente concentrato sul sentiero che percorreva, seguendolo attraverso il legame, che non lo alzava mai verso il cielo, e quindi non si accorse dell’incredibile fenomeno. Tra i cieli in tempesta, un oggetto che da terra ricordava una palla di fuoco, sfrecciava nella direzione opposta di Lui, a una velocità che superava quella dei fulmini, così come la loro luminosità. Una fiamma dirompente che sfidava fiera, solenne e selvaggia l’ira degli elementi in tumulto, decisa a raggiungere la sua destinazione, un luogo leggendario conosciuto come il Cuore di Fuoco.
 
 
 
Byrgir, con la risolutezza e il coraggio di un paladino, sfidava vento, pioggia e fulmini inviati dalla tumultuosa tempesta, volando a una velocità prodigiosa. Seguendo le indicazioni della sua cavallerizza, l’infuocato pegaso si dirigeva imperioso verso il luogo in cui, secondo la leggenda, in uno degli angoli più remoti e inaccessibili di Arendelle, si stagliava il monte Cuore di Fuoco. In verità, nemmeno Anna stessa era completamente sicura che quel mitico luogo esistesse veramente, ma sentiva che se non ci avesse almeno provato, si sarebbe pentita per il resto della vita.
 
“Ormai dovremo essere quasi a destinazione, spero…” Pensò Anna, che teneva il capo chino e le braccia serrate intorno al collo del suo amico destriero per non farsi sferzare furia del vento e della velocità, con la sua chioma rossa che ondeggiava violentemente come una fiamma.
 
“Anna guarda…” Esclamò improvvisamente Byrgir, con una voce pervasa da notevole sbigottimento. Fino a quel momento, da quando aveva scoperto che il suo nuovo amico possedeva il dono della parola, Anna non lo aveva mai udito con un tono pieno di tale stupore, ma gli bastò alzare la testa e guardare davanti a se per capirne il motivo. All’orizzonte, davanti a loro, c’era… un buco smisurato nella tempesta! I due viaggiatori non riuscivano ancora a crederci. Era come se un potere invisibile e mistico stesse sfidando l’atroce tempesta, creando un immenso squarcio, privo di ogni forza turbolenta, mostrando un cielo libero, azzurro e sereno, che però si stava scurendo col passare del tempo. Da quando Anna era fuggita dalla capitale in groppa a Byrgir, erano passate molte ore e ormai stava per giungere il momento in cui il giorno si sarebbe tramutato in notte. Sotto quel pezzo circolare cielo limpido, circondata dal caos degli elementi, c’era una magnifica valle, mai sfiorata da mani umane da tempi immemori, circondata da selvaggi e maestosi monti, il cui più alto e imponente di tutti dominava con solennità sui suoi fratelli minori come un sovrano. L’intero luogo, protetto magicamente dalla mostruosa tempesta, era ricoperto completamente da un magnifico mantello di candita neve perenne. Qualcosa nei cuori dei due viaggiatori sussurrava che quell’immensa valle incantata era la loro meta finale, e che il titanico monte che regnava maestoso come un re era… il leggendario Cuore di Fuoco.
 
“Oh Byrgir! Ancora non ci posso crederci, ma siamo finalmente…” Prima che però Anna potesse completare la frase, la tempesta concentrò improvvisamente la sua furia sui confini della sua ferita tra le nubi, come se avesse volontà propria e malevola, e tentasse di allontanare i due viaggiatori dalla valle del monte Cuore di Fuoco. I venti divennero più sferzanti e prepotenti, la pioggia più crudele, i tuoni più assordanti e i fulmini più feroci, come se volessero trafiggere Byrgir. I tumultuosi elementi erano divenuti così terribili e rabbiosi, che persino la fiera e selvaggia forza del pegaso era sul punto di venire meno.
 
“Anna, tieniti forte!” Gridò Byrgir, cercando di sbattere con più foga le sue fiammeggianti ali per superare la tempesta che assaliva lui e la sua protetta da ogni direzione. Anna era spaventata, non poteva negarlo, ma non aveva alcuna intenzione di farsi sottomettere dalla furia della tempesta, non ora che era così vicina a quella che sarebbe stata la sua nuova casa… Lontana dalle persone a lei più care per proteggerle da se stessa. Anche se quella tempesta fosse stata la personificazione del fato, e imponesse che lei tornasse sui suoi passi, Anna, con la sua incorreggibile e adorabile testardaggine di sempre, non aveva alcuna intenzione di desistere. In quel momento, la principessa percepì una specie di richiamo che echeggiava nel suo animo, una sensazione dolce, solenne, eppure difficile da descrivere. Gli sembrò che quel richiamo provenisse dal… Cuore di fuoco. Era come se quell’immenso monte, animato dall’invisibile aura di un solenne e affettuoso padre, avesse letto il cuore di Anna e la chiamasse a se, offrendogli riparo dalla tempesta e donargli un po’ di serenità. La ragazza non era sicura la sensazione che sentiva fosse solo un effimero eco della sua mente o qualcosa di veramente trascendentale… ma sicuramente rinnovò in lei il desiderio di ritrovarsi in quella bianca valle custodita dai monti. Si sentì il cuore infiammarsi di determinazione rinnovata, risvegliando così il potere che aveva scoperto da poco e decisa a spronare il suo destriero a volare più rapido per sfuggire dalla tempesta e raggiungere la valle. Serrò gli occhi e lasciò che il suo potere infuocato sgorgasse dal suo cuore, stavolta per una buona motivazione, fino a fargli raggiungere le mani, che cingevano il collo di Byrgir. Dal palmo di quelle mani, si sprigionò un bagliore ardente che, come un velo di seta, avvolse il corpo già fiammeggiante dell’alato destriero. Le ali di Byrgir iniziarono allora a ingigantirsi in maniera straordinaria, così come pure l’intensità rovente delle loro fiamme. Nel pegaso esplose un nuovo vigore donato dal cuore della sua protetta, e non aveva certamente intenzione di deluderla. Con rinnovato impeto, l’infuocato destriero si lanciò a una velocità ancora più stupefacente di prima, dirigendosi verso i confini che separavano la valle dalla tempesta. Il tumulto degli elementi tentava di fermare i due viaggiatori, ma questi ultimi non avevano alcuna intenzione di arrendersi. Un ultimo, immane, decisivo e straziante sforzo… e Anna, a cavallo di Byrgir, varcò i confini di quell’eden ricoperto dalla soffice coltre di neve. Fuori dalla valle, la tempesta neve bianchissima, che riluceva alla luce delle prime stelle serali. Ormai il giorno era finito ed era calata la notte sembrava ancora più adirata per non essere riuscita ad acchiappare le sue due prede, ma ormai nemmeno il suo assordante ruggito riusciva a raggiungerli in quel luogo dominato dal monte Cuore di Fuoco. Dopo il tremendo putiferio che Anna aveva dovuto sopportare fino a quel momento, si trasformò in una silenziosa quiete paradisiaca, che avvolgeva il suo animo come un dolce balsamo, e la vista del nuovo panorama davanti ai suoi occhi gli corroborava il cuore, facendola sorridere lievemente e dai suoi occhi sgorgarono lacrime di commovente meraviglia. Il cielo blu, anche se ormai notturno, illuminava con luna e stelle i monti della valle come fossero di platino e il Cuore di Fuoco risplendeva più di tutti, stagliandosi verso l’alto come un’imponente cittadella. In confronto al sovrano della valle incantata, il castello della capitale sembrava solo una semplice baita di montagna. Byrgir, mentre le sue infuocate ali ritornarono alle dimensioni originali, atterrò con destrezza e solennità al centro della valle. Appena gli zoccoli del pegaso toccarono il terreno imbiancato, la neve intorno ad essi… non si sciolse. Essa era, infatti, magica e nemmeno tutto il fuoco che in Byrgir pulsava poteva fare niente per intaccare anche uno solo dei suoi cristalli nati dal gelo della valle. Appena Anna smontò dal suo destriero e mise i piedi sulla neve, si sentì avvolgere teneramente da sensazioni che non riusciva ancora a definirle completamente, ma che erano bellissime. Nel volgere lo sguardo verso il Cuore di Fuoco e il resto della catena montuosa che circondava come una muraglia intorno alla valle, la principessa percepì nella parte più pura e luminosa del suo potere una calda dolcezza, come se la magia antica del luogo stesso gli desse il benvenuto con gioia nella sua nuova dimora. Lei versò nuove sottili lacrime di meraviglia e sorrise con la delicatezza di una rosa. La compagnia del suo nuovo amico Byrgir, e la bellezza e la sicurezza della valle del leggendario monte avrebbe reso il suo esilio volontario dalle persone a lei più care meno doloroso e si sentì quasi a casa. Se ciò che gli aveva raccontato sua madre su questo luogo remoto era vero, allora la ragazza aveva trovato l’unico posto al mondo, l’oasi in cui avrebbe usato il suo potere di fuoco senza che potesse ferire qualcuno o distruggere qualcosa involontariamente, e dove avrebbe dovuto tenere a bada l’orribile demone della rabbia che si celava dentro di se, che cospirava dormiente di ritornare alla carica più spietato e feroce che mai.
 
“Si!” Esclamò Anna con voce lievemente consolata.
 
“Questo è sicuramente il luogo che fa per me…” Poi, in un attimo di amara malinconia, prosegui in un sospiro:
 
“… vorrei solo che Elsa, Kristoff e gli altri fossero qui a vedere questo posto…”
 
 
 
La leggenda, che risale a poco dopo l’alba dei tempi, narra di una grande valle desolata ai margini del regno di Arendelle, formata soltanto da rocce nere, dove non cresceva nessun filo d’erba e dal cielo non cadeva mai pioggia o neve, nonostante fosse sempre ricoperto da oscure nubi cariche di tempesta. Al centro di quella valle sfigurata dalle tenebre, si stagliava tirannica una gigantesca fortezza, costruita con pietra nera e la magia più crudele, nella quale abitava una malvagia strega, bramosa più di ogni altro essere di conquistare tutta Arendelle, con l’ausilio di stregonerie spietate, capaci di soggiogare e schiavizzare ogni essere vivente sotto il suo inumano giogo. Niente era in grado di arrestare la malvagia fattucchiera. Legioni e cavalieri, per quanto forti e valorosi fossero, cadevano inevitabilmente sotto i suoi sortilegi. Fu allora che, quando ormai la strega era sul punto di imprigionare tutti gli abitanti di Arendelle sotto il suo potere, una stella nel cielo, una delle più giovani appena nate, con il suo cuore di luce che piangeva nel vedere la sofferenza delle persone di quelle terre, non poté sopportare oltre la crudeltà di quella scellerata megera. La giovane stella, di natura coraggiosa e generosa, decise che si sarebbe lanciata contro l’oscura fortezza, fermando così la strega. I suoi genitori, in altre parole il sole e la luna, cercarono delicatamente di persuaderla dalla sua scelta, perché se lei l’avesse fatto e fosse caduta dalla terra, avrebbe smesso per sempre di essere una stella. Così lei non sarebbe più riuscita a ritornare al cielo, assieme alle altre stelle, le sue sorelle. La giovane stella replicò dolcemente decisa che il suo cuore avrebbe pianto per l’eternità nel vedere e sentire le sofferenze degli abitanti di Arendelle schiavizzati e seviziati dalla tirannica strega. Il sole e la luna erano fieri e commossi della sensibilità e bontà della loro giovane figlia, ma anche tristi dalla sua inevitabilmente sorte a causa del suo abnegabile gesto. Gli diedero un dolce bacio d’addio e benedirono il suo buon cuore. Scesa la fatidica notte, la piccola e coraggiosa stella si lanciò sfrenata sulla terra, verso la fortezza nera della strega. Nella sua impetuosa e coraggiosa corsa, la stella assunse un rossore dorato, che divenne ancora più luminosa soprattutto quando attraverso l’aurora boreale che si stava manifestando proprio quella notte. A nulla valsero gli incantesimi e le fatture della strega sulla stella cadente, che per quando soffrisse a causa di essi, era decisa più che mai a salvare Arendelle. Nell’istante in cui la stella colpì in pieno la fortezza nera, in potente boato risuonò in tutta Arendelle e ogni opera contorta e diabolica della strega bruciò in una sorta d’intensa fiammata di mistico splendore rossastro, epurando così la valle da ogni tenebra, persino nella pietra. L’oscura e l’anima della strega furono arse senza pietà e spediti nel regno delle nebbie eterne del castigo, mentre la sua magia epurata si unì alla stella che si era coraggiosamente sacrificata per Arendelle, trasformandosi nel monte che oggi è conosciuto come il Cuore di Fuoco. Infatti, secondo la leggenda, al suo interno, sotto lo strado di roccia e la coltre di neve che lo ricopre, arde ancora il cuore puro e splendente della stella, alla quale si era fusa anche la magia che una volta apparteneva alla malvagia strega, ma che infine divenne una forza del bene. Da quel momento, la valle fu trasfigurata e, per via del grande boato che aveva distrutto la fortezza, nacquero delle alture intorno ad essa per fare compagnia alla stella divenuta monte, e tutto il territorio fu pervaso da un particolare incanto. Da allora, il sole, La luna e stelle benedirono quella valle, rendendo il cielo sopra di essa sempre limpido e luminoso, lasciando passare soltanto le nuvole di neve che imbiancavano la nuova dimora dell’astro perduto che si era sacrificato per il regno. Inoltre, secondo la leggenda, in quel luogo, grazie al potere derivante dal monte, fuoco e ghiaccio potevano coesistere senza mai scontrarsi. Sopra la valle era sempre tutto imbiancato da neve fredda e candita come platino. Sotto di essa si estendevano fiumi di lava rovente intrecciati tra loro, che si estendevano fino ai confini del territorio, delineato dai monti che lo circondavano, e tutto questo grazie al Cuore di fuoco. Il fuoco non scioglieva mai la neve. La neve non spegneva mai il fuoco.
 
 
 
La regina di Arendelle aveva appena finito di ripassare mentalmente la leggenda del Cuore di Fuoco camminando per i corridori del castello, mentre fuori la tempesta non dava tregua e illuminava l’interno dell’edificio con i suoi lampi, attraverso le grandi finestre a volta. Elsa, assieme a sua sorella, aveva appresso questa storia dalla loro madre quando erano ancora piccole, prima del famoso incidente con il potere del ghiaccio della prima. Poco dopo aver saputo che Anna si era rifugiata al monte Cuore di Fuoco, aveva detto agli altri presenti nella sua stanza che sarebbe uscita in corridoio per meditare e riordinare le idee e sentiva il bisogno di stare da sola con i suoi pensieri. I corridori, illuminati da eleganti candelabri fissati alle pareti, erano più inquietantemente vuoti e silenziosi che mai, ed Elsa non riusciva a ricordarli così prima di quel momento. Questo perché mancava una cosa semplice, dolce, meravigliosa e preziosa allo stesso tempo. I passi leggiadri. I salti sbarazzini. Le frenetiche corse. Il dolce eco della voce di quella fanciulla che donava gioia e speranza a chi la incontrasse. Anna. Senza di lei e le sue risate, era come se i corridori del castello, centimetro dopo centimetro, si fossero tramutati in quelli di una cripta silente e in rovina, con la tempesta fuori che li rendeva ancora più spaventosi e spiacevoli da attraversarli. Era questo l’effetto che Elsa percepiva mentre camminava per quei corridori, e ad ogni passo sentiva il suo cuore stringersi in una malinconica morsa straziante. Nemmeno il suo potere era così gelido come gli aculei della silente disperazione che lentamente ferivano il suo cuore. La verità era che Elsa voleva restare da sola per nascondere il senso di colpa che la divorava in profondità. Non riusciva a perdonarsi di aver permesso alla rabbia e al dolore di imprigionare sua sorella, costringendola all’esilio. Un fulmine illuminò di colpo l’interno del castello attraverso le grandi vetrate e poi giunse il ruggito della tempesta al seguito. La giovane regina sembrò però non dare molta importanza al frastuono degli elementi la fuori, questo a causa del dilemma gli rodeva il cuore. Anche se lei ora sapeva dove trovare sua sorella, quale sarebbe stata la scelta migliore da prendere? Sarebbe stato giusto recarsi al luogo dell’esilio in cui si trovava Anna, rischiando così di incrinare in modo irreparabile il loro legame di sorella per non aver rispettato la sua scelta? Sarebbe stato meglio lasciarla con se stessa tra le fiamme della sua disperazione, in balia della sua stessa rabbia, in forma demone? Propria ora che innominabili forze oscure dell’antichità stavano per risorgere per prendere il dominio del mondo in nome della tirannia? Elsa si trovava tra l’incudine e il martello. Poi a un certo punto Elsa si fermò di colpo. Un’indefinibile sensazione l’aveva costretta di fermarsi e di girare lo sguardo alla sua destra. La bianca regina vide allora che si era fermata proprio davanti alla porta di una stanza, e guardò immobile i pomelli dorati con occhi pieni di una tristezza sempre più pungente. Continuò a fissare il suo riflesso deformato nei lucidi pomelli, senza ancora riuscire a comprendere perché era giunta davanti a quella soglia e cosa fare, dopo quando era successo stamattina in quel luogo. Il suo cuore fu percorso da nuovi sussulti di dolore, uno dietro l’altro, come se uno sciame di pugnali spettrali gli attraversasse il petto. Dopo quando era successo con Anna… con quale pretesto e diritto osava avvicinarsi alla porta della stanza di sua sorella, dopo aver permesso a quest’ultima di farsi stritolare dalla rabbia, dalla paura e dal dolore? Se almeno ci fossero stati i suoi genitori, per consolarla, sostenerla e dargli consiglio nel truce frangente in cui stava attraversando. Lei si ritrovò divisa in due nell’animo. Una vocina della sua mente gli diceva che doveva varcare quella porta per superare la sua dolorosa mestizia, mentre un'altra replicava che sarebbe stato un errore madornale. Quelle due vocine, diventando sempre più fastidiose come vespe, erano sul punto di far impazzire Elsa, che però riprese subito il controllo grazie a qualcosa di piccolo e soffice che gli strusciava teneramente i piedi e che faceva persino… le fusa.
 
“Lynae!” Esclamò sorpresa Elsa quando Abbassò lo sguardo e vide la piccola micia, che voleva semplicemente consolare e incoraggiare la sorella maggiore della sua padroncina. La giovane regina riuscì a sorridere lievemente e s’inginocchiò per prendere dolcemente in braccio quell’adorabile palla di pelo color panna dagli occhi turchesi. Lynae miagolò affettuosamente, con lo sguardo rivolto verso la giovane donna, che la teneva tra le braccia come se fosse stata una neonata, accarezzandola con una tenerezza che si poteva definire materna.
 
“Sei sgusciata dalla mia stanza prima che io potessi chiudere la porta alle mie spalle e mi hai seguito, vero?” Disse Elsa, dando un piccolo buffetto con l’indice sul musino di Lynae, che replicò con un adorabile miagolio. Come se la presenza di quell’amabile bestiola avesse dato nuovo coraggio e fiducia nel cuore della regina, quest’ultima rivolse lo sguardo alla porta davanti a se con occhi più seri e risoluti, prendendo un profondo respiro. Avvicinò il braccio destro verso il pomello della porta e lo girò. Una volta aperta la porta, la stanza all’interno era tenuamente illuminata dalle numerose candele che risplendevano il corridoio, facendolo sembrare un luogo dimenticato dal tempo stesso, nonostante che fino a stamattina era piena di vitalità, delle risate e dei timori di Anna. Con la piccola Lynae in braccio, Elsa varcò l’uscio con solo una lieve titubanza, muovendo cautamente un passo alla volta, avvicinandosi al letto a baldacchino che si stagliava in mezzo alla stanza. Si sedette sopra le coperte di quel letto, mentre Lynae si accoccolò sopra le sue gambe. La giovane donna allora, presa da un malinconico impeto di ricordi che quasi travolgeva il suo cuore, serrò gli occhi per un po’ e, sorridendo dolcemente, immaginò di vedere scorrere davanti e se i ricordi collegati alla stanza di Anna. da quando le due sorelle avevano ritrovato il loro amato legame, le loro giornate erano esplose di gioia euforica, tenera intimità e adorabile complicità, come quando erano bambine, prima di quel nefasto incidente che le aveva separate per troppo tempo. Giorni e notti in cui le due sorelle ritornarono a essere bambine e adolescenti, almeno nel cuore, creando momenti di lieta vivacità e meravigliosa tenerezza. Quante volte le due ragazze più benvolute della capitale si erano sfidate a cuscinate, sistemarsi i capelli a vicenda, scambiarsi i propri innocenti segreti, ansie, dubbi, sogni e risate. Per non parlare anche delle volte in cui Elsa faceva entrare Anna nella sua stanza, ormai per sempre aperta per le persone che amava. Elsa non poté però evitare di ripercorrere la memoria fino a stamattina, quando aveva visto Anna pervasa dalla rabbia e che quest’ultima l’aveva attaccata usando il potere del fuoco, un ricordo che quasi gli stritolava il cuore. La regina riaprì gli occhi, con il sorriso spento da quell’ultimo pensiero e per uno straordinario caso, volse la sua attenzione su un baule. Si trattava di quello che i cittadini della capitale aveva fatto portare al castello, nel quale era stato riempito dai disegni dei loro bimbi. Piccoli pargoli che avevano messo la loro infantile e amabile fantasia in quei fogli per la regina Elsa e la principessa Anna, come se loro due fossero una sorta di sorelle maggiori. Questo pensiero sembrò accendere una scintilla nel cuore di Elsa, qualcosa che nemmeno lei ancora non riusciva a definire. Elsa si alzò dal letto, lasciando Lynae sulle coperte, s’inginocchiò davanti al baule e lo aprì. Illuminati dal bagliore delle candele che varcava l’uscio aperto della stanza, i disegni dei bambini si mostravano in tutta la loro colorata e adorabile tenerezza. La giovane Regina passò in rassegna quelle infantili opere d’arti. Non c’era disegno in cui non apparivano Anna, Elsa o entrambe, e in alcuni di essi apparivano anche Olaf, Sven e Kristoff. A ogni nuovo disegno che Elsa guardava, pieno di atti di gioiosità, consolazione, festosità e dolcezza, una nuova scintilla azzurra si accendeva nel suo cuore, un fuoco freddo ma puro e nobile. Anche il suo viso cambiò lentamente espressione. Dal dolore alla commozione. Dalla commozione alla comprensione. Dalla comprensione alla determinazione, la più fredda, nobile e dirompente. Nei suoi occhi, ora accigliati, c’era lo sguardo di un condottiero che aveva compresso cosa doveva fare veramente. I bambini. Se le tenebre avessero conquistato il mondo, i bambini… pensando a questo, Elsa sentì il suo cuore esplodere da una fredda rabbia. Una rabbia decisa, controllata e giusta. Una rabbia che era formata dal desiderio di proteggere i bambini, non soltanto quelli di Arendelle.
 
“No!” Disse la regina con gran voce, mentre posava i disegni dei pargoli nel baule, per poi chiuderlo solennemente. Si rialzò in piedi in tutta la sua regale statura.
 
“Forse Miðgarðsormr potrà infettare il cuore di mia sorella con la rabbia, mandarmi Hans per uccidermi, far soffrire i nostri cuori di dolori indicibili, umiliare i nostri sentimenti, ma se pensa che Anna ed io gli lasceremo toccare i bambini, fargli loro del male… allora è chiaro che dopo tutti quei millenni nel limbo gli hanno fatto ammuffire la sua mente, perché né io né mia sorella permetteremo una cosa simile!” Questo pensava la regina, mentre usciva dalla stanza di sua sorella, seguita dalla piccola Lynae. Elsa camminava nuovamente per corridoi come una meravigliosa lupa bianca, pronta a lanciarsi all’attacco per proteggere i suoi cuccioli. Sì, Elsa sapeva finalmente cosa fare. Sapeva come sarebbe riuscita a convincere Anna a ritornare dal suo esilio. Sapeva che nemmeno sua sorella, per quando travolta dal demone della rabbia, sarebbe rimasta indifferente alla verità.
 
“Signori!” Esclamò risoluta Elsa appena rientrò nella sua stanza, dove si trovavano ancora Kristoff, Olaf e Granpapà, che si voltarono verso di lei con ansietà.
 
“Oh, regina…” Disse Granpapà scendendo dal letto.
 
“Dopo aver ponderato, ho preso una decisione!” Iniziò a dire la regina per poi proseguire:
 
“Anna si è rifugiata, senza saperlo, nel luogo in cui è imprigionato il signore dell’oscurità. Se per convincere Anna a ritornare a casa e fermare Miðgarðsormr significa che anch’io mi devo recare al monte Cuore di Fuoco, così sia!” Tutti gli altri presenti della stanza la guardarono sorpresi per la determinazione che Elsa aveva ritrovato. Kristoff si avvicinò di qualche passo verso la regina con aria preoccupata:
 
“Ne è sicura, vostra altezza?” Elsa rispose, senza che ci fosse anche la minima incrinatura nella sua voce:
 
“Ne sono certa, Kristoff! Ora più che mai…”
 
 
 
Lui percepì qualcosa di nuovo e diverso nel legame della persona al centro dei suoi pensieri. Proprio quando lui stava marciando, impetuoso e inarrestabile come un gigante, attraverso una grande e fitta foresta avvolta dalla notte e sferzata dalla tempesta. Era come se nel cuore di quella persona, che tanto amava con riverenza, esplodesse una fredda fiamma di determinazione regale e bruciasse senza calore i dolori e le sofferenze che l’avevano finora seviziata nell’animo. Lui continuò a marciare verso la sua meta, deciso ad andare in aiuto di quella persona, perché aveva compreso che quest’ultima era decisa a compiere un’importante missione. Qualunque impressa si trattasse, Lui avrebbe aiutato quella persona a compierla, pur di stargli vicino. Ormai da quando era disceso dalla montagna del castello di ghiaccio per raggiungere quella persona, lui aveva scoperto che gli mancava in una maniera insopportabile. Un sincero desiderio di stare accanto a colei che lo aveva plasmato. Puro e sincero, celato sotto una montagna di neve, ora riemerso dalla dolorosa sensazione che lo aveva terribilmente turbato nel palazzo delle nevi perenne. In alto, la tempesta sembrava scatenare una furia ancora più assordante e tremenda di prima, i fulmini squarciavano il cielo come spade, il vento soffiava con truce vigore e la pioggia colpiva con freddezza la foresta. Fu allora che lui… lo senti. Uno strano boato, che non apparteneva alla tempesta, e che proveniva dalla direzione in cui lui stava percorrendo. Percepì contemporaneamente anche il freddo fuoco nel cuore della sua creatrice impennare in un furore glaciale e meraviglioso. Con l’avvicinarsi del boato, lui per la prima si fermò e alzò la testa. Vide allora qualcosa di magico, fatto di luce azzurra e bianca, cristallina, che si espandeva assieme al suono, investendo la tempesta e il suo frastuono, annientatola come se niente fosse. L’urlo rabbioso della tempesta si tramutò all’istante in uno strozzato grido di disperazione, perché quella luce celestiale, così scintillante e potente, si espandeva come un’onda che riempiva i cieli di Arendelle. Dove quella luce passava, i fulmini furono spezzati, i venti taciuti, la pioggia e le nubi nere spazzate via. La luce celeste lasciava dietro di se nuove nuvole, bianche e soffici come pecorelle, che lasciavano grandi spiragli di cielo blu notturno, illuminato da stelle e luna. In pochi minuti, la tempesta che fino a poco fa sembrava voler devastare Arendelle, fu zittita e spazzata via come se fosse solo un effimero incubo di un bambino. La terra sottostante fu illuminata del più splendido cielo notturno che si fosse mai visto. Dalle bianche e gentili nuvole inizio a scendere con grazia… la neve. Dopo l’empio furore della tempesta, il cielo era risanato da una dolce e paradisiaca nevicata. L’onda incantata che aveva sconfitto la tempesta sparì oltre i confini del regno di Arendelle e Lui percepì nel cuore della persona che il suo gelido fuoco, da immenso incendio, si riduceva a un’esile e fredda fiamma, ma senza mai estinguersi, piena di determinazione e nobiltà. Lui capì che il miracoloso boato e l’onda di luce che aveva insieme spazzato via la tempesta e l’esplosione di gelido fuoco della sua regina erano la stessa cosa. Ciò significava che era stata quella persona a compiere quel miracolo. Quell’atto rinnovò con dolcezza e determinazione il suo desiderio di raggiungere la sua creatrice. La sua regina. Iniziò nuovamente a percorrere il suo cammino, ora divenuto più leggero, mentre finalmente la terra di Arendelle fu ricoperta in pochi minuti da un tenero, bianco e puro manto di neve. Subito dopo il cielo, assieme alle stelle e alla luna, fu illuminato dalle luci del nord, veli di splendore dai mille colori, come se gioissero della fine della tempesta e rendessero onore a colei che aveva compiuto tale con la forza di volontà indomita e un cuore pieno d’amore. La stessa persona per cui Lui stava marciando, quella giovane e bellissima donna, regina dall’animo nobile sensibile, il cui nome era Elsa.
 
 
 
Nella valle del monte Cuore di Fuoco, i cui confini mistici tenevano lontana la tempesta e il suo violento frastuono, Anna si era lasciata cadere all’indietro distesa nella coltre bianca e soffice, facendo così un angelo di neve e aveva il volto pervaso dalla serenità e dalla vitalità di quando era appena una bambina. Mentre si lasciava coccolare dalla freschezza della neve, ridendo adorabilmente, Anna si ritrovò a faccia a faccia con il fiammeggiante muso di Byrgir, che la guardava con solenne dolcezza. La ragazza sorrise e alzò la mano destra verso il suo destriero, carezzandogli dolcemente il muso.
 
“È bellissimo questo posto, non è vero?” esclamò la principessa, sempre sorridendo.
 
“Non ti si può dare torto Anna, ma non credi che così rischi di buscarti un malanno a furia di stare qui fuori, in mezzo alla neve, di notte per giunta?” Replicò Byrgir con sincera e tenera apprensione. La ragazza fece allora una linguaccia e sbuffò dicendo:
 
“Oh dai, ma sei persino stressante delle prediche di Elsa e Kristoff messe insieme!” Un secondo dopo, un aculeo di mestizia si conficcò nel cuore di Anna. Nominando le due persone a lei più care, la ragazza si ritrovò il volto e l’animo permeati da un alone di dolore, ricordandosi così il motivo che l’aveva costretta a scappare da loro due e da tutti gli altri per il loro bene. Lei si mise allora seduta sulla neve, con il capo rivolto verso il basso, le ginocchia al petto, le braccia serrate intorno alle gambe piegate e iniziò a piangere come una bimba persa in un bosco. Byrgir cercò di consolarla, strusciando amorevolmente il proprio muso contro i capelli rossi della ragazza. Lei, percependo il dolce calore della carezza del suo amico, alzò il volto verso di lui e, per ricambiare della gentilezza, gli donò un piccolo bacio sul muso fiammeggiante.
 
“Grazie Byrgir, e stai tranquillo… in fondo sono io che ho deciso di andare in esilio…” Sospirò la ragazza, che in quel momento si trovava al centro della valle, poi si rialzò in piedi, volgendo lo sguardo al meraviglioso cielo del luogo in cui si trovava, un barlume di pace e bellezza in mezzo alla furiosa tempesta. Guardando le stelle, lei si asciugò le lacrime, inghiottì a fatica la dolorosa malinconia che l’aveva assalita e poi si rivolse al suo destriero, con aria dolce ma decisa, dicendogli:
 
“Se è vero quello che raccontano su questo luogo, Byrgir, allora non dovrai più preoccuparti che io rischi di prendere un malanno…” Con un sorriso risoluto e raggiante rivolto al suo destriero, Anna risvegliò il potere infuocato celato nel suo cuore e lo lasciò scorrere libero fino alle sue mani, che si accesero all’istante in una fiamma splendente, che faceva scintillare come oro la neve circostante. Poi alzò le mani infuocate verso il cielo e si trasformò in una magica fontana di fuoco! Le fiamme prodigiose che zampillarono dalle mani della ragazza erano simili a stelle cadenti, che penetrarono nel terreno della valle, senza intaccare il manto di neve Mentre evocava le mistiche fiamme, Anna, che aveva chiuso gli occhi, percepì la sensazione che nel terreno, sotto i suoi piedi, un calore che non era opera sua, ma che batteva comunque a tempo con il suo cuore. Un’essenza pura e magica di fluido incandescente che scorreva in tutto il territorio circondato dalla corona di vette, dominate dalla più imponente di tutte, il Cuore di Fuoco. Era come se un legame mistico si fosse creato tra l’essenza del luogo e il potere vibrante di Anna. A un certo punto, il fuoco che la principessa e l’essenza rovente della valle divennero un'unica forza, che batteva furiosamente e solennemente sotto il terreno come il cuore di un drago gigantesco.
 
“Ci siamo… è il momento… “ Pensò la ragazza, mentre scacciava gli ultimi dubbi dal suo animo e riuniva tutta la fiducia che riusciva a trovare. Allora smise di far piovere fiamme dalle sue mani, anche se esse continuarono ad ardere. Lei distese le braccia lungo i fianchi, stringendo i pugni, riaprì gli occhi, gli alzò verso la volta celeste e fu allora che accade! Il globo d’incandescente potere, un insieme di fuoco e magma, si trasfigurò in una sfolgorante e vorticante torre, e s’innalzò dal terreno, sopra il quale c’era Anna, portandola con sé, assieme a Byrgir, verso il cielo, quasi a raggiungere l’altezza del monte Cuore di Fuoco. Mentre accadeva tutto ciò, Anna richiuso un attimo gli occhi e s’immaginò di avere vicino a se i suoi genitori, che con un sorriso, la sostenevano con affetto. Quando sentì che sua madre gli aveva dato un bacio sulla fronte, delicato come un petalo di rosa, La ragazza verso una minuscola lacrima e riaprì gli occhi. Il suo cuore allora si pervase di una furente gioiosità e da vigorosa determinazione. S’inginocchiò e aprì le mani, con i palmi rivolti alla guglia della rovente colonna informe su cui si trovava. La costruzione fatata iniziò allora una lenta e stupefacente trasformazione. L’incandescente colonna prese le sembianze di una torre meravigliosa, che sembrava essere costruita solamente con il rubino più fiammeggiante che si potesse immaginare. Era altissima, quasi come il monte Cuore di Fuoco, e s’innalzava sovrana su tutto il resto della valle. Lo stile architettonico, anche se ricordava quello del castello di ghiaccio creato da Elsa tempo fa, simboleggiava il fuoco e la sua natura più pura. Sopra la sua testa, aveva plasmato con fuoco e lava un tetto a punta, sorretto da quattro imponenti colone decorate con fiamme stilizzate, come il resto della torre, poi creare una parete su ogni lato, con tanto di grande finestra ad arco, priva di vetri o tende. Il cuneo della torre, che ricordava una lancia di fuoco, illuminava la zona circostante come un faro. La creazione della torre da parte di Anna non sembrava aver sconvolto la bellezza nevosa del luogo, anzi! Si era come creata una misteriosa e astrale sintonia tra il luogo di riposo della coraggiosa stella e il cuore della principessa, che cercava solo un po’ di serenità dopo quando aveva sofferto nelle ultime ore prima dell’esilio, senza dover far del male ad altri involontariamente. Byrgir, che era stato accanto alla sua protetta senza mai abbandonarla, aveva assistito al prodigio scaturito da quest’ultimo, con il cuore pieno di fierezza e stupore per la fanciulla al quale lui aveva donato con solenne amicizia i suoi servigi. Guardò con dolce ammirazione la sua protetta, ancora in ginocchio, mentre le fiamme che avvolgevano ancora le mani di quest’ultima si spensero adagio come quelle di due candele ormai consumate. La neve intorno alla torre rimaneva intatta, nonostante il calore intenso che la costruzione emanava, protetta infatti dal miracoloso potere della valle del monte Cuore di Fuoco.
 
“Credevo che solo mia sorella sapesse fare queste meraviglie… ma sembra che nemmeno io sia da meno, in fondo…” Disse con un filo di voce la principessa, sinceramente soddisfatta del suo lavoro. Fu allora che lei fu travolta da una potente stanchezza e cade distesa quasi svenuta sul pavimento dalle mattonelle a rombo di rubino, ma sorridendo lievemente. Era contenta ormai di aver creato il rifugio dove avrebbe passato il suo esilio. Lontana dalle persone che lei amava per proteggerle da se stessa e il suo nuovo potere, nell’unico luogo dove il ghiaccio e il fuoco si uniscono in trascendente armonia senza mai scontarsi violentemente e annientarsi a vicenda. Un posto, un angolo di paradiso, dove la magia di Anna non poteva recare danno a niente e a nessuno. Byrgir, nel vedere la sua protetta crollare distesa a terra, si avvicinò preoccupato verso di lei per assicurarsi che stesse bene.
 
“Stai tranquillo, Byrgir… ho solo bisogno di riposare un pochino…” Sussurrò sorridendo la ragazza, con gli occhi mezzi chiusi rivolti al suo nuovo amico. Il suo infuocato angelo custode. Il pegaso ricambiò lo sguardo e il sorriso della principessa con altrettanta tenerezza. Gli ultimi pensieri di Anna, prima che un sereno torpore la abbracciasse, furono rivolti al suo amato Kristoff, al suo amico Olaf, Sven, Lynae, i bambini di Arendelle e… a sua sorella. Infine chiuse gli occhi e si lasciò cadere nel sonno. Nel vedere Anna che dormiva con un lieve sorriso sul volto, dopotutto ciò che lei aveva passato durante il suo ultimo giorno alla capitale, Byrgir quasi si commosse e si adagiò vicino alla sua protetta, come fa una madre con il suo piccolo. Spiegò una delle sue immense ali fiammeggianti e la convertì in coperta per la notte alla principessa, per farla sentire più al sicuro. Fu allora che l’incantato destriero udì un nuovo suono che spezzò il silenzio incantato della valle. Un boato possente che diveniva più forte con il passare dei secondi. Lui guardò verso una delle grandi finestre a volta senza vetri, in direzione dello stesso percorso dal quale, assieme ad Anna, erano giunti nella valle. Vide così con stupore che le nuvole di tempesta erano lacerate e annientate da un’onda che percorreva l’intero cielo, fatta di luce azzurra, bianca, fredda e cristallina, che seguiva di pari passo l’etereo frastuono. Il boato e lo splendore, entrambi trascendentali, attraversarono persino la valle, rendendo il suo mantello di neve e la torre di fiamme pietrificate più scintillanti che mai. La tempesta svanì nel nulla. Non c’era più bisogno di alcun buco nei cieli, perché della tempesta non rimaneva più alcuna traccia. Le stelle e la luna ripresero il dominio del cielo notturno, accompagnate da nuvole candite e pacifiche, sparpagliate come vivaci e allegre pecorelle. Le luci del nord si accesero, festeggiando così la fine della tempesta che fino a quel momento aveva minacciato la terra di Arendelle. Mentre la splendente onda e il boato, suo compagno di viaggio, sparivano all’orizzonte, oltre i confini del regno, le paffutelle nuvole bianche iniziarono a far cadere la neve, come soffici cuscini sprimacciati, e la terra di Arendelle fu ricoperta da un candito manto. Scese nuovamente il silenzio e la serenità, soprattutto nella valle del monte Cuore di Fuoco. Byrgir, anche se non comprendeva a pieno la spiegazione dello stupefacente fenomeno che aveva appena assistito, sorrise mentre rivolgeva la sua attenzione alla sua protetta, Anna, perché lei almeno si sarebbe risvegliata il giorno dopo, vedendo così un’alba splendente e libera dalle tempeste. Un sole che avrebbe baciato delicatamente con i suoi raggi d’oro il suo volto. Il pegaso non poteva immaginare che la magica onda candita e il suo frastuono cristallino… erano in realtà la dichiarazione di guerra di Elsa contro le tenebre di Miðgarðsormr!
  
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