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Autore: TheChemist    28/01/2015    2 recensioni
«Ti prometto che non sarai la mia ennesima vittima, Alex.»
Crossover | Mercy/Orange Is The New Black |
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Alex Vause, Altri
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il sole s'era già alzato sopra la città del New Jersey, ma Veronica era già sveglia. 

Era strano, per lei, ritrovarsi in quell'ambiente così famigliare. Erano passate due settimane dal suo ritorno, ma i ricordi dell'Iraq erano ancora troppo vividi nella sua testa.

Lei era una donna forte, ma si sa, certe esperienze lasciano marchi indelebili. 

“Cosa ci fai già in piedi, tesoro?” Domandò Jeannie, sua madre.

Veronica sorridette leggermente e strinse la tazza nelle sue mani. “La vera domanda è; Cosa ci fa' un'alcolista sveglia a quest'ora?”

“Non sono mica un'alcolista!” barbettò Jeannie. 

Beh, tutte quelle bottiglie di Vodka e Whiskey sparse per terra di sicuro non mentivano.

La madre si sedette al tavolo e prese posto accanto a sua figlia. “Stai ancora pensando a quello che è successo li' giù, non è così?”

Veronica posò gentilmente la tazza sul tavolo dopo aver bevuto un altro sorso di caffè. “Ho visto persone innocenti, bambini, soldati morire tra le mie mani.” La sua voce diventò rauca. “Ho rischiato di morire, mamma. Tu non immagini nemmeno quante volte mi sia stato puntato un fucile d'assalto in testa.” Fissava il vuoto mentre sfiorava la tazza col suo indice. “E dopo tutto questo, torno a casa e scopro che il mio quasi-marito mi ha tradita numerose volte!” 

“Oh, tesoro! Lo sai come sono gli uomini.” Portò la sua mano sulla schiena della giovane donna. “Però lui sta cercando di farsi perdonare. Forse dovresti dargli una seconda possibilità.”

“Non sono andata in Iraq di mia volontà, okay? Sono stata mandata li'. Ho fatto solo il mio dovere da infermiera!” Scattò in piedi, e posò entrambe le mani sul tavolo. “Lui ha sofferto? E io cosa devo dire?!” S'interruppe in attesa di una risposta.

“Io e tuo padre abbiamo sborsato tanti soldi per quel matrimonio, non puoi mandare tutto per aria adesso!”

Veronica scoppiò in una risata isterica. “Pensi solo a questo?! Pensi solo ai soldi?!” Si portò le mani tra i capelli. “Allora la prossima volta al posto di ritornare in questa città su i miei piedi, ci ritorno in una bara con la bandiera degli Stati Uniti D'America sopra!” Raccolse le sue cose, poi afferrò il suo giubbotto di pelle dall'appendipanni. “Almeno avrai un'altra 'cerimonia' da preparare!” Aprì la porta e la chiuse sbattendola.

///

Un'altra delle tante cose a cui Veronica non era più abituata era il traffico. 
La gente che urlava, i clacson squillanti che rimbombavano nella sua testa, e il sole che si abbatteva proprio su quella coda. 

Tutto questo le ricordava di quel posto. Le urla di rabbia degli automobilisti diventavano urla di terrore degli innocenti, i clacson che suonavano diventavano sirene, e il caldo le ricordava delle lunghe strade percorse a piedi nel deserto sotto il sole cocente.

Il Jingle della stazione radio la riportò alla realtà, facendola sbalzare dal sedile.

“Ugh...detesto questa città.” Mormorò tra sè e sè. Accese il condizionatore dell'auto per alleviare il caldo.

///

«Sono ancora in grado di fare questo lavoro?» Si pose quella domanda una volta arrivata d'innanzi al suo vecchio posto di lavoro.

il Mercy Hospital.

Tolse le chiavi dal cruscotto, ed uscì dall'auto, portandosi addosso tanta paura ed insicurezza.

Veronica non era più quella donna a cui interessava sapere gli ultimi gossip di Hollywood, e a cui piaceva indossare vestiti di moda.
Veronica era quella donna che nascondeva i suoi occhi azzurri dietro un paio di Ray Ban neri, portava i suoi lunghi capelli biondi in una coda, e che indossava sempre una giacca di pelle nera abbinata a degli anfibi neri. 

I suoi colleghi non la riconobbero neanche.

Il rumore dei suoi stivali attrasse l'attenzione di una delle infermiere, tra l'altro sua amica, che si avvicinò a lei. “Posso aiutarla?”

“In realtà,” tolse gli occhiali da sole “sono qui per lavorare.”

Sonia spalancò gli occhi. “Veronica?! Oh mio dio!!” Si fiondò tra le braccia della sua vecchia amica. “Sei qui! Non ci credo!”

“A quanto pare sono sopravvissuta!” Esclamò la bionda con ironia. “Dove sono gli altri?”

Sonia asciugò le lacrime di gioia che le stavano scorrendo giù per il viso.
“Sono nella sala infermieri, andiamo.” 

Veronica seguì la sua collega.

Il posto non era cambiato nemmeno un po', e nel guardare quelle mura Veronica si sentiva a casa.

Sonia bussò alla porta e l'aprì subito dopo. “Gente, guardate chi c'è!”

Veronica entrò nella sala. “Questo posto non è cambiato per niente, eh?”

Angel, il suo migliore amico, l'accolse subito tra le sue braccia. “Veronica! Ho temuto il peggio! Sono passati mesi dalla tua ultima lettera.”

“In realtà vi ho mandato un sacco di lettere, il punto è che...sopravvivere in un posto come quello è già un miracolo.” Abbassò lo sguardo, e lo rialzò subito dopo con un lieve sorriso. “È bello essere di nuovo al fianco del mio migliore amico gay!”

Angel rise. “Non fingerti tanto etero, carissima. Guarda che i segni li riconosco benissimo!”

“Non ricominciamo con questa storia!” Esclamò ironicamente.

Sentì la risata di un'altra ragazza, che non aveva riconosciuto.

“Nuova arrivata?” Domandò ai suoi amici.

Sonia ruotò gli occhi. “È appena uscita dall'università. È ancora fresca.” Poi aggiunse sottovoce “e rompicoglioni.”

Veronica ridacchiò, poi si avvicinò alla nuova ragazza. “Io sono Veronica Flanagan.” Le tese la mano.

“Chloe Payne!” Ricambiò subito la stretta.
Era molto nervosa, essendo il suo primo giorno di lavoro.

“Sembri molto tesa!” Sorrise.

“Ci tengo molto a questo lavoro, infermiera Flanagan.” Arrossì subito.

“Oh, ti prego! Chiamami Veronica.” 

“V-va bene, Veronica...” Pronunciò il nome della donna con delicatezza.
Angel e Sonia scoppiarono a ridere, e la giovane apprendista si risvegliò dalla sua infatuazione.

“Beh, direi che sia ora di iniziare il mio turno!” Veronica cercò di alleggerire l'aria per non far sentire a disagio la sua apprendista. “Avete una divisa per me?”

“Le tue cose sono rimaste qui tutto il tempo.” Angel sbloccò l'armadietto della sua collega. “Sei sempre stata nei nostri pensieri, Ronnie.”

La sua divisa, i suoi oggetti, erano tutti li'. Anzi, c'era anche molta più roba. C'erano lettere di ringraziamento dei suoi pazienti, disegni fatti da tutti i bambini che aveva salvato in Iraq.

“Chi ha..mandato tutti questi..” La donna era senza parole, con gli occhi gonfi di lacrime. 

“Tutte le persone che hai salvato.” Affermò Sonia, e le poggiò una mano sulla spalla destra.

“Sei la nostra eroina!” Aggiunse Angel.

Chloe, invece, era ferma ad ammirare tutte le lettere e tutti i disegni che erano appesi dentro l'armadietto. “Woow...” Affermò, incantata.

Veronica asciugò le sue lacrime e si ricompose. “Basta piangere, devo mettermi a lavoro.” Afferrò la sua divisa viola, ed entrò nel camerino per cambiarsi.

///

Erano passate solo due ore dall'inizio del suo turno, ma Veronica era già esausta.
Adorava quel lavoro, era tutto ciò che amava fare, ma non era adatta al ruolo di tutor.

«Chloe è davvero una rompicoglioni» Pensò durante uno dei lunghissimi e noiosi monologhi della ragazza.  “Chloe, andresti a controllare il paziente della stanza 25? Ho molto da fare.” Tentò di trovare una scusa per levarsela di torno per almeno qualche minuto.

“Certo, vado subito!” Esclamò Chloe.

“Ti sei già stufata di lei, eh?” Domandò Sonia.

“È solamente troppo entusiasta.” Si abbassò per prendere il caffè appena uscito dal distributore. “Prima o poi si renderà conto di quanto orribile può diventare questa carriera.”

“Beh, a me piace ancora fare l'infermiera!” Ribadì la collega.

Veronica alzò la testa al cielo. “Ho visto gente innocente morire nei modi più atroci, Sonia.” Bevette il suo caffè in un sol colpo. “E credimi, auguro che non capiti mai a nessuno di voi.” Gettò il bicchierino di plastica nel cestino accanto al distributore.

“Non volevo farti pensare di nuovo a quel posto, scusa..”

“Non è colpa tua.” Le mostrò un sorriso per tranquillizzarla. “Andiamo a fumare?”

“Si, e magari mi compro anche un panino! Sto morendo di fame.” Il suo stomaco brontolò, e le due scoppiarono a ridere.

“Ti offro il pranzo, dai.”

Sonia le diede un'occhiataccia.

“Prendilo come un pranzo gratuito ad una festa di benvenuto!” Insistette Veronica.

“Mi sa che Angel ha proprio ragione, sai?” La porta automatica del pronto soccorso si aprì, e le due uscirono dall'edificio.

Veronica sbuffò. “Ti offro il pranzo perché sei una delle mie migliori amiche, non per altro. Diamine, stavo per sposarmi con un uomo!”

“In che senso 'stavi'?” Sonia spalancò la bocca.

“Mentre ero in Iraq, Mike ha pensato bene di andare a letto con altre donne.” Si portò una sigaretta in bocca, poi ne offrì una alla sua amica. “E io ho pensato bene di mandare tutto a fanculo.”

“Quindi non state più insieme?” 

“Non più.” Accese la sua sigaretta e quella di Sonia. “Sono single, e forse è meglio che sia così.”

“Naaah! Hai bisogno di qualcuno che ti supporti, anche finanziariamente!” Fece un occhiolino.

“Tutto tranne che quello! Preferisco morire di fame che farmi mantenere da qualcun'altro.” Soffiò fuori il fumo. 

Dopo qualche minuto di silenzio, Sonia trovò un altro argomento di cui parlare. “Secondo me Chloe ha una cotta per te.”

“Credo semplicemente che mi ammiri. Ha sentito tutte quelle storie su di me, ha letto tutte le lettere...è solo ammirazione.” Scosse la testa. “E anche se fosse, è troppo giovane per me.”

“QUINDI ANGEL HA RAGIONE!” Esclamò urlando.

“Shhh, abbassa la voce!” Si guardò attorno. “Nessun altro, e ripeto, NESSUN ALTRO deve saperlo. Chiaro?”

“Allora dimmi, ci hai mai provato con me?” Domandò maliziosamente.

“Sei una buona amica, ma non rientri nei miei standard...” Scoppiò a ridere dopo poco. 

“Stronza! Io sono bellissima, non sai cosa ti perdi!”

“Non ci tengo a saperlo.”


La conversazione venne interrotta dalle due ambulanze che parcheggiarono proprio di fronte alle due infermiere.

“La pausa è finita, andiamo.” Ordinò Veronica.

Le due donne rientrarono velocemente nel pronto soccorso, seguite dalle guardie mediche.

“Cosa abbiamo qui?” Chiese la bionda ad una delle guardia medica.

“Alex Vause, venticinque anni. Ferita d'arma da fuoco al femore. Ha perso molto sangue.” 

Veronica si avvicinò subito alla barella, aspettandosi di vedere un uomo, ma invece Alex era una donna. Non fu' quella sorpresa a toglierle il fiato, ma la sua bellezza.

“C-cosa ci fa una bella donna come te con una ferita d'arma da fuoco?” Le domandò, sorpresa.

“N-non informare le a-autorità.” Balbettò Alex con un filo di voce.

“Non posso farlo, devo per forza-”

“N-non farlo, t-ti prego.” La ragazza faticava a far uscire quel poco di voce che le era rimasto in corpo.

“Okay, ma dopo l'operazione sarò costretta a farlo.” Le poggiò una mano sulla testa, e Alex chiuse gli occhi. “Hey, Alex! Mi senti? Alex!” Le poggiò due dita sul collo per controllare il battito cardiaco, che era assente. “Hey, la mia paziente è in arresto cardiaco!”

Immediatamente i medici presero il suo posto, e la donna venne portata di corsa in sala operatoria.

“Com'è andata?” Sonia si avvicinò immediatamente alla sua amica, che la respinse.

“Ho..ho bisogno di stare da sola.” Si allontanò da tutti i suoi colleghi, e si rinchiuse nel bagno.

Si sedette sul pavimento, e iniziò piangere. «Sta accadendo di nuovo.» Pensò.

Aveva visto morire un sacco di persone, ma in qualche modo, si sentiva attratta da quella paziente.
Non era mai successo.
Certo, Veronica prendeva ogni caso a cuore, ma quella donna aveva qualcosa di speciale. Con poche parole ed uno sguardo aveva riacceso una fiamma in lei, una fiamma che pensava si fosse spenta giù in Iraq.

«Ti prometto che non sarai la mia ennesima vittima, Alex.»




 
   
 
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