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Autore: MaJo_KiaChan_    30/01/2015    6 recensioni
A chi non è mai capitato di dover aspettare alla fermata di un autobus per più di mezz'ora? Aggiungeteci freddo, pioggia e un ombrello rotto. Può una giornata simile regalarti un incontro inaspettato?
[Modern!Au]
{Mericcup}
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Merida
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sai tra quanto passa il bus?



Era una giornata uggiosa, una di quelle in cui la pioggia batte così forte sul tuo misero ombrello e il vento sembra frenarti per quanto soffia contro di te. Il cielo era scuro, tra le nuvole non passava neanche un piccolo bagliore dorato e l’aria era così tagliente da congelarti il naso.
Merida stava alla fermata dell’autobus. La faticosa giornata scolastica era finalmente terminata e lei non vedeva l’ora di tornarsene a casa sua ma, ovviamente, il destino le era stato avverso. Non c’era ombra dell’autobus, la temperatura si era abbassata ulteriormente e il suo respiro si era fatto lento, furioso.
<< Se non ne passa uno entro cinque secondi, giuro che… Accidenti! >> Nell’imprecazione, il vento le aveva fatto rovesciare l’ombrello e questo si era capovolto, completamente distrutto.
Provò ad aggiustarlo ma, come previsto, fu tutto inutile. Oramai era andato, rotto, caput. Abbassò con uno sbuffo le spalle e si guardò intorno: possibile che l’unica al mondo sotto quel diluvio universale fosse lei? Davvero?
<< Fantastico! >> esclamò sarcastica. Buttò all’aria quello che prima poteva considerare un ombrello e restò così, in piedi, rigida, sotto la pioggia. I muscoli erano tesissimi, i polmoni congelati. Per non parlare poi dei suoi capelli: da ricci e gonfi quali erano divennero sottili e fradici, come anche la sua maglietta a mezze maniche e i suoi pantaloni. Perché portasse una maglia così leggera in pieno autunno? Per fare un torto alla madre, ovvio. Era davvero stufa che decidesse ogni minima cosa per lei, che non le lasciasse un momento libero e che le dicesse sempre che tutto quello che faceva era sbagliato.
Il sol pensarci la mandò su tutte le furie e, seppur rovente per la rabbia, non poté far a meno di cingersi le braccia, cercando un minimo di calore.
Il tempo passava, oramai si erano fatte le tre del pomeriggio e quel dannato di un autobus non arrivava ancora.
Cominciò seriamente a pensare che se la sarebbe dovuta fare a piedi dall’inizio. Non importava se casa sua non fosse proprio dietro l’angolo, Merida sapeva che avrebbe dovuto agire e subito se non voleva morire di freddo. “Almeno mi riscalderò un po’ camminando”, pensò.
Alzò le spalle, riprese il suo zaino da terra –ancora più zuppo di lei- e stette quasi per avviarsi, quando udì qualcuno dietro di sé.
<< Aspetta >>
Si voltò piano, non riconoscendo la voce. Alzò poi un sopracciglio quando vide un ragazzo esile, suo coetaneo, avanzare verso di lei.
Non appena la raggiunse la parò dalla pioggia col suo ombrello e le chiese: << Sai tra quanto passa il bus? >>
Lei lo guardò con aria accigliata e sospirò pesantemente. Il fulmine che era appena caduto aveva creato un gran boato e lei dovette alzare la voce per farsi udire. << Se l’avessi saputo non sarei rimasta qui per mezz’ora sotto questo diluvio! >>
<< Come?! >> esclamò il ragazzo castano di rimando. << Per mezz’ora? >>
Lei roteò gli occhi al cielo e poi gli urlò un di risposta. << Adesso vado a piedi, ma questi dannati me la pagheranno! >>
Si voltò nuovamente e fece per andarsene, pronta a sentire di nuovo quella freddissima pioggia su di lei. Alzò poi lo sguardo quando realizzò di non starsi bagnando e vide di nuovo l’ombrello del ragazzo che l’aveva protetta poco prima.
<< Perché lo stai facendo? >>
<< Beh… >>
<< Lasciami andare >>
<< No, non se ne parla >>
Merida si sorprese da quella frase e, scostandosi un ricciolo bagnato dall’occhio destro, gli disse: << Senti, non ho bisogno di quel coso, so cavarmela benissimo da sola. >>
<< Non è questo il punto. >> Si fermò e sembrò quasi che dovette sforzarsi per trovare le giuste parole. << Ecco, io… non posso permettere di farti prendere un malanno. Non sarebbe giusto lasciarti andare così. >> Si era fatto d’improvviso più deciso, più sicuro, e Merida non se la sentiva di dirgli nuovamente no.
<< E va bene, >> incrociò le braccia << ma se non passa entro cinque minuti io me la faccio a piedi, con o senza il tuo permesso. >>
Il castano annuì, poi si presentò: << Oh, a proposito: Hiccup. >> Gli porse la mano.
<< Come? >>
<< È il mio nome, ma per gli amici mi faccio chiamare solo Hic. >>
Lei inclinò il volto, studiando il ragazzo, poi si lasciò andare. << Piacere Hiccup! >> Gli strinse la mano, sorridendo piano. << Io sono Merida. >>
Di rimando anche lui sorrise e la rossa si concentrò a guardare i suoi occhi. Erano di un verde così chiaro, così puro... Girò di scatto lo sguardo dall’altra parte: cosa diamine le era capitato? Non era da lei rimanere a fissare le persone o comunque apprezzare un ragazzo. Non le era mai piaciuto nessuno ma, non sapeva perché, sentiva che quel Hiccup era particolare. Era sicura che non fosse come gli altri ragazzi e questo la incuriosiva.
Allo stesso tempo anche Hiccup sentiva che lei fosse in qualche modo diversa, speciale. A cominciare dai suoi capelli arruffati, dal suo carattere, dal suo modo di fare e per non parlare poi dei suoi vestiti. Andiamo, chi avrebbe mai indossato una maglietta a mezze maniche con quel temporale?
Gli venne istantaneo chiederglielo: << Non senti freddo? >>
<< Sto benissimo >>
<< Io non credo >>
<< Oh, sembri mia madre. >>
<< E tu sei cocciuta come mio padre. Peccato che non mollo facilmente. >>
Merida non rispose, troppo presa nei suoi pensieri, ma poi sobbalzò, sentendo qualcosa coprirle le spalle. << Ti dico che non ce n’è affatto bisogno! >>
<< E io ti dico di tenerlo. >>
<< Stai scherzando? Non posso, te lo bagnerei! >> scosse la testa Merida, aggrottando piano la fronte. << E poi tu? >>
<< Non fa niente, fidati >> insistette lui, in modo tranquillo. << Io sto apposto così. >>
La rossa stette quasi per replicare, ma un improvviso vento freddo le fece portare d’istinto le mani sul cappotto, stringendoselo più a sé. Il calore che emanava era così piacevole sulla sua pelle fredda che non riuscì proprio a toglierselo.
<< Grazie >>
Hiccup si sentì sollevato di esserle stato d’aiuto: lo stava tenendo e gli era sembrato che avesse anche sorriso.
<< Sai, a quanto dice mio padre, la nostra famiglia deriva dai vichinghi, il popolo del nord. >> Lo disse così, per parlare. Odiava quando non sapeva cosa dire e faceva la parte del muto. << Per questo puoi tenerti tranquillamente il mio giubbotto: dovrei essere abituato al freddo, dato che lì avevano un clima molto rigido. E poi non mi crea problemi. >>
<< I tuoi antenati erano vichinghi?! >> chiese Merida, inclinando il volto. << Ma è pazzesco! >>
<< Eccome! >> esclamò lui. << Erano una popolazione incredibile: sapevano cacciare draghi, frantumare montagne, dominare gli oceani, abbattere intere foreste! Mio padre è esattamente come loro, in tutto e per tutto. >> A quel punto il suo guardo si spense, incupendosi leggermente: << Al contrario di me. >>
Merida socchiuse gli occhi, sporgendosi verso di lui. << Cosa intendi dire? >>
<< Che non sono mai stato forte, che non sono mai stato abbastanza per lui. >> ad Hiccup venne un groppo alla gola.
<< Ti capisco >>
<< Come? >>
<< Anch’io non sono come mia madre vorrebbe che sia >> ammise lei in un sospiro. << Lei è così elegante, ha un portamento da vera donna aristocratica e pretende che segua le sue orme. Ha già deciso che scuola farò, dove lavorerò... >>
<< Non ti lascia mai decidere >>
Merida si stupì della frase del castano e continuò: << Non ti lascia mai spiegare >>  
<< Anche se ti sforzi, sai che non sarai mai come vuole. >>
<< Anche se volessi non l’eguaglieresti mai. >>
<< Il fatto è che… >>
<< Il fatto è che… >>
<< Vorresti che ti ascoltasse >> dissero all’unisono, guardandosi negli occhi, aggrottando la fronte.
Fu proprio in quel momento che si accorsero quanto fossero simili. Di quanto bizzarro era stato destino che li aveva fatti incontrare, di come le loro vite si erano intrecciate a causa di un banale ritardo dei mezzi.
Fu proprio in quel momento che l’autobus arrivò e la pioggia e il freddo cessarono di esistere.


 
Note Autrice:
Finalmente riesco a pubblicare una one shot su questo bellissimo fandom. E una Mericcup, per giunta! *U*
Era da moltissimo che desideravo farlo, ma tra scuola e impegni vari non ho più avuto modo di coltivare quest'idea.
So che è solamente una piccola shot, ma non potevo scrivere (per ora) una long perché ho già un'altra fanfic -sempre a tema Big Four- in mente e sarebbe stato difficile per me portarle avanti entrambe.
Quindi, niente, ci tenevo a condividere con voi questa Modern!Au nella speranza che vi possa essere piaciuta!
*Incrocio le dita*
Alla prossima! <3


MaJo_KiaChan_


 
  
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