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Autore: __Scarlet    01/02/2015    1 recensioni
Sherlock ha sempre preferito la solitudine, almeno finché John Watson non è entrato nella sua vita e l'ha preso per mano.
[Teen!Lock]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: __Scarlet
Titolo: You know the thing you need most of all? You need a hand to hold. 
Fandom: Sherlock BBC
Pairing: Sherlock/John
Personaggi: Sherlock, John
Avvertimenti: Teen!Lock, probabilmente OOC
Note: Piccola one shot senza tante pretese, scriverla mi ha resa felice perché non riuscivo a mettere qualcosa di sensato su carta da tanto tempo. Il titolo è una parte di una citazione di Doctor Who e nel testo c'è un altro piccolo richiamo... regalo un biscottino a chi lo trova :D
Disclaimer: Ovviamente i personaggi non mi appartengono, sono tutta opera di Doyle e di quei geniacci di Gatiss e Moffat!

 
 

You know the thing you need most of all? You need a hand to hold. 

C'era vento quella mattina. Non una leggera brezza, bensì delle forti raffiche di vento, segnale che il sole che stava illuminando Londra in quell'atipica mattina luminosa di Febbraio, non era destinato a durare.
Una foglia si staccò da una pianta, intrufolandosi nei ricci scompigliati di Sherlock. Il ragazzino non se ne curò, rimanendo seduto immobile all'ombra del sempreverde.
Se ne stava accovacciato con le gambe strette al petto, i suoi occhi sembravano osservare con attenzione qualcosa che solo lui poteva vedere.
«Sono solo degli stronzi.» la voce di John giunse da dietro le spalle di Sherlock, che non accennò nessuna risposta rimanendo immobile, come se non l'avesse sentito. Con tutta probabilità era proprio così.
John lo conosceva da poco più di un anno, da quando i suoi genitori avevano divorziato e si era trasferito con sua madre e sua sorella, cambiando scuola e finendo nella stessa classe di quel ragazzo moro e scontroso. Ogni tanto si isolava e ignorava il mondo intero perdendosi nei suoi pensieri. Tanti – praticamente tutti – lo consideravano maleducato. John lo trovava... affascinante.
Si sedette accanto a lui. Rimasero in silenzio per un po' dopodiché John si sollevò leggermente, quel tanto che bastava per infilarsi una mano in tasca e tirarne fuori un fazzoletto.
«Tieni, ti sanguina il labbro.» 
Sherlock continuò ad ignorarlo ed il biondo sospirò. «Ok, ok. Lo so che non hai bisogno di nessuno, lo dici sempre. Ma dici anche che io ho la sindrome della crocerossina, che devo aiutare sempre tutti e, in quanto crocerossina, non posso lasciarti con quel labbro sanguinante. Ne andrebbe del mio onore e della mia reputazione. Non fare il paziente difficile, su.» John gli porse di nuovo il fazzoletto ma, proprio quando si stava per arrendere e rimetterselo in tasca, Sherlock cominciò a parlare: «Sei solo uno studente, non un medico, quindi a meno che tu non ti sia laureato questa notte, cosa decisamente improbabile visto che sarebbe impossibile anche per me, non hai nessuna reputazione da difendere.»
John sollevò un sopracciglio nascondendo un moto di divertimento, per nulla indispettito dal tono del moro. Stava comunque per mettere via il fazzoletto quando Sherlock glielo sfilò di mano, cominciando a premerlo sul labbro inferiore. «È comunque meglio fermare l'emorragia e cercare di evitare infezioni.» si giustificò.
Questa volta il biondo non riuscì proprio a trattenere un sorriso. «Certo.» commentò sarcastico.
Dopo qualche altro secondo di silenzio Sherlock riprese a parlare: «Wesson ti ha colpito al ginocchio.» Era un'affermazione, non una domanda. 
John ormai avrebbe dovuto essersi abituato alle eccezionali abilità deduttive del suo amico, eppure ogni volta ne rimaneva sorpreso. Intuendo la silenziosa domanda di John, Sherlock continuò: «Zoppichi leggermente, quindi ho dedotto che, dopo che Wesson e Ford mi hanno picchiato, tu ti sia messo in mezzo. Sai, per via della “sindrome da crocerossina”, come l'hai volgarmente chiamata tu prima. Vista la tua camminata incerta ho pensato che qualcuno ti dovesse aver colpito al ginocchio, di sicuro Wesson visto che i suoi calci sono migliori dei suoi pugni. Una neonata tirerebbe di box meglio di lui.»
John, intrigato come sempre dalle capacità uniche di Sherlock, lo tranquillizzò: «È solo una botta che passerà in un paio di giorni.» 
«Wesson?»
«Credo gli sarà utile prenotare una visita dentistica.»
Sherlock lo guardò di sottecchi, ed entrambi non riuscirono a trattenere un mezzo sorriso.
Il moro abbassò lo sguardo sulla mano di John, notando un lieve rossore sulle nocche. Le sfiorò con un dito per attirare l'attenzione del compagno, dicendo: «Dovresti mettere del ghiaccio.» Sherlock non ebbe il tempo di allontanare la sua mano, perché John con un movimento veloce la afferrò e la strinse nella sua, incrociando le dita con quelle lunghe e affusolate di Sherlock.
Colto completamente alla sprovvista, Sherlock si raggelò.
«Non ce n'é bisogno. Non mi fa male.» rispose John, accarezzando con il pollice il dorso della mano  di Sherlock.
Sorrideva, John, e il suo sorriso era luminoso, molto più luminoso di quell'effimera giornata di sole. Il sorriso di John era una di quelle cose che ti entrano dentro e ti scaldano per sempre.
Per sedici anni della sua vita Sherlock aveva creduto che la solitudine fosse l'unica via sicura per lui. Le persone non l'avevano mai capito e lo guardavano come fosse una sorta di alieno. Per contro, lui riusciva a capire tutti con un solo sguardo e non aveva mai incontrato nessuno che non fosse prevedibile o noioso.
Alla fin fine era tutto molto semplice: gli altri stavano alla larga da lui e lui era ben lontano dal cercare un qualsiasi tipo di rapporto con chiunque non fosse rinchiuso nel suo palazzo mentale.
Questo fin quando quell'incognita di nome John Watson non era entrata a far parte della sua vita, scombinando i suoi equilibri. Lui si comportava diversamente. Non lo ignorava, non reagiva stizzito alle sue saccenti dimostrazioni di intelligenza, anzi. Ne sembrava affascinato. John gli sorrideva, gli prestava attenzione, rispettava i suoi silenzi, lui... lui lo vedeva.
E improvvisamente, quella solitudine che Sherlock aveva tanto cercato e nella quale si era sempre rifugiato non era più così confortante. Non tanto quanto la mano di John stretta nella sua e che, finalmente, Sherlock strinse a sua volta, incastrando le dita fredde in quelle di John.
«Dovremmo rientrare. Le lezioni saranno già ricominciate e fa freddo.» suggerì John.
«Già.»
«Però sarebbe un peccato restare chiusi in un aula e perdersi questo sole.»
«Inoltre il professor Jane è indietro col programma, io ho già studiato questa parte.» fece una breve pausa aumentando leggermente la stretta sulla mano di John, «Se vuoi posso aiutarti io per il suo esame.»
John sorrise. «Affare fatto.»
Sherlock annuì e tornò a guardare l'edificio scolastico davanti a sé.
Restarono così, seduti sul prato all'ombra di quell'albero scosso dal vento.
In silenzio. 
Mano nella mano.





   
 
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