Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Inessa    05/02/2015    5 recensioni
[Sterek][GossipGirl!AU][HighSchool!AU][Tutti vivi]
Cora Hale aveva ereditato Gossip Wolf da sua sorella Laura al suo primo anno di liceo, con come unica raccomandazione “Fanne buon uso”.
Le idee di Laura erano sempre le migliori, e Cora era onorata di condividere con lei il suo DNA.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note: L’unico modo per commentare questa storia è farsi una risata. L’idea nasce un po’ da scene viste o sentite in RL, un po’, per l’appunto, dal plot di Gossip Girl. All’inizio non volevo ispirarmi così tanto a quest’ultima, ma poi Fall11 si è firmata “XOXO, Gossip Wolf”, una volta, in chat, e io ho pensato: “Ma sì, dài, why not?” Dedico quindi questa storia a Fall11, anche perché ci siamo “sfidate” e lei mi aveva chiesto una High!School AU. I “capitoli” sono tre, uno per ogni anno in cui Stiles e Derek frequentano il liceo in contemporanea (Derek è un anno più grande). I titoli dei capitoli (Sophomore Year, Junior Year, Senior Year – secondo, terzo e quarto anno) fanno riferimento alla classe frequentata da Derek. Perdonate lo sclero di questa povera vecchia, che il liceo se lo è dimenticato già da un bel pezzo XD




EDIT 30/04/2015: L'ultimo capitolo arriverà, promesso. Intanto, Graffias sta lavorando a un fanmix ç__ç e già ha fatto la copertina, quindi io sono tanto commossa perché è bellissima e io la amo ç__ç ♥









 

 

XOXO,

 




Buongiorno, licei di Beacon Hills! Tutti pronti per il grande evento di stasera? La sottoscritta non sta proprio più nella pelle, e continua a porsi le solite domande esistenziali. Cosa indosserà stasera L.? Accetterà finalmente l’invito di J., che da settimane le corre dietro come un fedele cagnolino perché lei si faccia accompagnare alla festa? Ma le alternative non le mancano. Come dimenticare il povero S., che le ha confessato il suo amore già prima delle vacanze invernali? Scusa, S., ma qui in molti pensano che tu non abbia nessuna speranza. In compenso, grazie alla tua coraggiosa dichiarazione, sei diventato famoso in tutte le scuole. Tristemente o no, solo i posteri ce lo diranno.

Ma smettiamo di pensare solo ai ragazzi del primo anno. Anche quelli del secondo sembrano promettere bene. Secondo fonti sicure, per esempio, sembra che il nostro giocatore di basket preferito abbia dei piani abbastanza seri per una certa violoncellista. Peccato che lei sembri pensare che lui non sia altro che un egocentrico pallone gonfiato tutto muscoli e niente cervello.

Come dite? Qualcuno ancora crede che “La notte dei licei” sia un momento culturale? Coraggio, alunni di Beacon Hills, siate giovani e dateci qualcosa di interessante di cui parlare! Io sarò qui, pronta ad ascoltarvi!

XOXO,

Gossip Wolf.




 

 




Cora Hale aveva ereditato Gossip Wolf da sua sorella Laura al suo primo anno di liceo, con come unica raccomandazione “Fanne buon uso”. Laura si era diplomata l’anno prima e aveva passato con orgoglio il testimone alla sorella minore. Gossip Wolf era una specie di leggenda a Beacon Hills, e in particolare nel liceo che aveva frequentato Laura e che adesso frequentavano Derek e Cora. Quindi, quando Cora aveva scoperto che dietro quel nick si celava sua sorella, il suo rispetto e la sua ammirazione per lei erano cresciuti a dismisura.

Laura, però, era un tipo ben diverso, non per nulla era destinata a diventare un’alpha. Gossip Wolf, nelle mani di Laura Hale, era stata sarcastica e pungente, ma tutto sommato rispettosa, il che l’aveva fatta diventare popolare in un battito di ciglio. Era seguita da tutti, dai secchioni agli esemplari più scintillanti e modaioli di fauna scolastica, aveva preso in giro senza troppe remore chiunque facesse qualcosa di ridicolo, professore o collaboratore scolastico che fosse.

Be’, Cora aveva sempre visto in Gossip Wolf tutt’altro potenziale e, non appena ne aveva avuta tra le mani la preziosa password, lo aveva trasformato in qualcosa di decisamente più succulento. A lei dei nuovi rappresentanti d’istituto o di Finstock e dei suoi metodi di insegnamento poco ortodossi non fregava nulla. Ma Finstock che faceva gli occhi dolci a Ms Morrell? Quello sì che era interessante. Angelika Wayne che si presentava a scuola con un succhiotto sul collo? Quello era materiale per Gossip Wolf. Il fatto poi che avesse dei comodi supersensi da licantropo da sfruttare le assicurava che nessuno potesse collegarla a Gossip Wolf solo per le informazioni di cui era in possesso.

Qualcuno bisbigliava nei bagni mentre lei ci passava davanti? Lei poteva sentirli senza che loro nemmeno la vedessero. Qualcuno leggeva un sms durante la lezione di chimica, seduto a tre file di distanza da lei? Cora era lì, pronta a leggere, ma chi l’avrebbe mai notata in mezzo a tutti gli occhi umani che c’erano in giro? Qualcuno passava un bigliettino di banco in banco? Ops. Per non parlare di tutte le segnalazioni e fotografie che le arrivavano, perché non c’era nulla di più stupido degli adolescenti, e questo Cora lo sapeva bene.

Da quando era iniziata l’era di Cora Hale, Gossip Wolf aveva semplicemente duplicato le visite. In molti avevano smesso di seguirla, ma a lei dei nerd che non avevano abbastanza senso dell’umorismo non importava nulla, perché, in compenso, c’era tanta altra gente che sapeva come divertirsi. Forse un po’ alle spalle degli altri, ma coraggio, erano giovani, ci sarebbe stato tempo per essere responsabili e rispettosi dei sentimenti altrui. E, se le era permesso di vantarsene, Cora non faceva nessun favoritismo, come dimostravano i suoi numerosi post su Derek.

Derek era al secondo anno, e a quanto pare in molte lo trovavano uno strafigo, qualità che Cora non riusciva a vedere, ma in fondo era sua sorella. E, nonostante i numerosi messaggi d’amore con tanto di poesie sugli addominali di suo fratello la inquietassero come poche altre cose al mondo, spesso si divertiva a rimettere a posto quel pallone gonfiato che era Derek tramite Gossip Wolf. E il fatto che apparentemente si fosse innamorato? Oro puro. All’inizio Cora aveva avuto paura che Laura continuasse a leggere il blog e le facesse una paternale, ma per fortuna sua sorella, da quando era al college, si era scordata di quella miniera che era la sua creatura.

Il mese preferito di Cora in quanto Gossip Wolf, fino a quel momento, si era rivelato gennaio. Dicembre aveva dato i suoi frutti, tra baci sotto il vischio, baci allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, sbornie, dopo sbornie e i soliti cuori infranti. Ma nulla aveva fatto impazzire la casella di posta elettronica di Gossip Wolf come la festa che stava per iniziare. A febbraio, infatti, il suo liceo organizzava un evento dall’evocativo e romantico nome di “Notte dei licei”, in cui tutti i licei della contea erano invitati all’organizzazione di seminari, concerti musicali, lezioni di pittura, in base alla loro specializzazione. Ebbene, che quello fosse un “momento culturale” forse lo credeva solo la preside. Nemmeno Finstock aveva illusioni al riguardo, a giudicare da come cercava, in maniera passivo-aggressiva, di incoraggiare gli studenti a prendere certe precauzioni prima dell’evento. Insomma, l’interesse culturale era inversamente proporzionale alla quantità di make up che indossavano le ragazze in quell’occasione, o alle segnalazioni ricevute da Gossip Wolf. Parecchio, parecchio basso, quindi.

Contrariamente a tutte le sue aspettative, Cora aveva ricevuto centinaia di email. Alcune che parlavano di gente che nemmeno conosceva e non necessariamente perché venisse da un altro liceo. Per esempio, chi diavolo era questo Greenberg che si dichiarava studente del primo anno e che diceva di frequentare Economia con lei?

Cora aveva letto i messaggi uno ad uno, aveva preso appunti, si era fatta uno schema ed aveva dovuto addirittura programmare gli orari di pubblicazione dei post, perché non c’era proprio verso che si lasciasse scappare le preziose informazioni che le erano arrivate, alcune delle quali erano sfuggite persino alle sue preziose orecchie da licantropo.

L’unica parola che le venne in mente, mentre apriva con un verso eccitato una mail con oggetto “Avvistato: Danny Māhealani di notte davanti ad una farmacia chiusa” fu epico

Le idee di Laura erano sempre le migliori, e Cora era onorata di condividere con lei il suo DNA.

 

 

 

 




 




Paige frequentava il liceo musicale, e quella sera avrebbe suonato in una delle aule, insieme ad alcuni suoi compagni di classe. L’arrivo degli studenti non era previsto prima delle sei del pomeriggio, quindi, quando suonò l’ultima campanella, Derek credette di avere un miraggio, perché aveva intravisto Paige tra i corridoi, che si trascinava dietro il violoncello. Si fece strada tra la folla, urtando malamente un paio di spalle, e la raggiunse, puntando dritto alla custodia dello strumento, che lei teneva con cura ancorato alla spalla destra.

“Una ragazza così delicata non dovrebbe portare da sola tutto quel peso,” le disse, facendola sussultare. “Lascia che ti aiuti.”

Paige, per tutta risposta, gli lanciò un’occhiata così offesa che, Derek non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, lo fece restare malissimo.

“Non lascerei mai uno come te,” rispose lei, calcando quelle tre parole con un po’ di disprezzo ed accompagnandole con un’occhiataccia alla giacca che indossava, “avvicinarsi al mio violoncello.”

Derek si domandò come fossero quelli come lui, e cosa avessero di sbagliato.

“Ehi, volevo solo essere gentile,” ribatté con una risata forzata, allargando le braccia e roteando gli occhi, sperando che lei – e i ficcanaso che li stavano guardando - non capisse quanto quel suo atteggiamento lo avesse ferito.

Lei schioccò la lingua e poi borbottò qualcosa a denti stretti, che lui non avrebbe sentito se non fosse stato per il suo udito. Purtroppo non era niente che potesse aiutarlo a capire cosa avesse fatto di sbagliato e Paige se ne andò lasciandolo come un fesso a guardarla, mentre elegantemente si faceva strada tra la gente nonostante l’ingombrante fardello che aveva sulle spalle.

A Derek non era sfuggito che i ragazzi che si erano fermati a guardare la scena fossero rimasti lì a ridacchiare, vedendolo fermo in mezzo al corridoio, a stringere i pugni. Dovette chiudere gli occhi, per evitare che per l’umiliazione gli diventassero gialli, quando qualcuno gli aveva puntato contro il cellulare. Poi schizzò verso il suo armadietto per prendere le sue cose ed andare a casa a cambiarsi. La notifica della fottuta Gossip Wolf arrivò qualche secondo dopo.

 

 

Avvistato: D. che cerca di far colpo sulla sua bella. Peccato che lei non sembri apprezzare i suoi goffi tentativi di cavalleria.



 

Il pugno che sferrò contro il metallo del suo armadietto fece voltare un po’ di teste, soprattutto perché aveva lasciato una notevole ammaccatura. C’era una fotografia allegata al post, ma lui non la guardò nemmeno e uscì fuori in fretta e furia, sputando imprecazioni tra i denti, che aumentarono in tono e volgarità quando vide Cora che lo aspettava davanti al cancello con un certo sorrisetto stampato in faccia.

“Problemi di cuore, fratellone?” domandò lei con eccessiva vivacità.

“Sta’ zitta,” le rispose Derek senza fermarsi ad aspettarla e continuando spedito in direzione della sua Camaro. Quando arrivò nel parcheggio e vide che a questa era poggiato Isaac, il suo umore, se possibile, si fece ancora più nero.

“Che le hai detto per farla incazzare in quel modo?” gli chiese Isaac senza nemmeno salutarlo, sollevando la testa dallo schermo del cellulare, su cui poteva intravedere una fotografia di sé e Paige.

“Fa’ vedere,” ordinò strappandoglielo dalle mani e arrendendosi alla voglia di sapere quanto fosse grave la situazione. Ringhiò nel constatare quanto patetico sembrasse di fronte alla faccia furiosa di Paige, con le mani ancora stese verso il violoncello. Chiunque avesse scattato la foto, era riuscito benissimo a beccare l’espressione delusa che lui aveva con tanto impegno cercato di nascondere. “Volevo solo aiutarla a portare quel coso,” rispose, rilanciando il cellulare tra le mani di Isaac, e poi aprì con rabbia la portiera della Camaro dal lato del volante.

Fu il turno di Cora di impossessarsi del telefono e ridacchiare in modo del tutto fuori luogo, nel vedere di nuovo l’immagine. “Una persona non si incazza così solo perché vuoi aiutarla. Se fosse stata un licantropo, avrebbe tiratori fuori le zanne.”

“Infatti,” annuì Isaac, mentre saliva anch’egli in macchina, “Che cazzo le hai detto?” gli domandò di nuovo, come se l’ordine delle parole che aveva usato per formulare la sua offerta di aiuto potesse davvero avere qualche importanza.

Sentì l’eco di tre portiere che si chiudevano, poi il totale silenzio, mente rispondeva, “Le ho detto che una ragazza così delicata non doveva portare un simile peso da sola.”

Si voltò verso Isaac, seduto sul sedile posteriore, e sua sorella, accanto a lui, insospettito dalla mancanza di reazioni. Entrambi lo stavano osservando con un sopracciglio inarcato in una maniera sarcastica che lo fece sentire molto giudicato. Per tutta risposta, sollevò un sopracciglio pure lui.

“Come hai fatto a vivere per anni sotto lo stesso tetto di Laura ed essere diventato comunque così maschilista?” chiese Cora, e Isaac scoppiò a ridere.

“Scusa?” ribatté Derek ancora più confuso di prima.

“Una ragazza così delicata,” lo scimmiottò Cora, improvvisando un vocione e un’espressione che forse secondo lei dovevano essere una sua imitazione.

“Fattelo dire, amico,” intervenne Isaac, senza che nessuno lo interpellasse, “Sei un troglodita.”

“Oh, ed è per questo che tu hai le ragazze che fanno la fila davanti alla tua porta?” lo provocò, “Perché sei un grande esperto di donne?”

“Ehi, stiamo ridendo di te,” gli rispose Isaac, dandogli un colpetto sulla spalla, “Che c’entro io?”

“Poi con quella giacca hai proprio l’aspetto di scimmione,” disse Cora, fissando di nuovo la fotografia.

Derek si guardò d’istinto, chiedendosi cos’avesse di male la sua giacca della squadra, con il nome Hale stampato sulla schiena. Anche Paige l’aveva guardata con un certo disprezzo.

“È la giacca della squadra! Le ragazze ci vanno pazze! Volevo indossarla anche stasera.”

Quando Isaac e Cora risero in coro, lui accostò e li obbligò a tornare a casa a piedi.

 

-

 

Se Derek avesse avuto tra le mani quella stronza di Gossip Wolf, le avrebbe squartato la gola. Con i suoi denti.

Sportivo egocentrico e pallone gonfiato? Tutto muscoli e niente cervello? Cos’era questa nuova moda di odiare gli sportivi? Gli sportivi erano sempre stati amati da tutti, quelli che venivano derisi erano i panchinari fissi come quei tre di primo anno che giocavano nella squadra di lacrosse e che si prendevano sempre gli insulti di Finstock.

Si infilò irritato il cellulare nella tasca dei jeans, dopo aver riletto i post di quel giorno che lo riguardavano, e tornò a fissare la pianta della scuola affissa all’ingresso, cercando di capire dove fosse l’aula di musica. Sapeva che ce n’era una, ma non ci era mai stato, visto che non aveva nessun talento musicale. Quando finalmente pensò di aver capito dove fosse (non lontano dal campo da basket, in realtà), si incamminò, con la speranza di combinarne almeno una giusta, per quel giorno.

A casa si era fatto una doccia, si era cambiato e aveva indossato dei jeans e una camicia, sperando di sembrare il più possibile un tipo raccomandabile. E, sì, aveva lasciato a casa la giacca della squadra. Sperò anche che Paige fosse davvero nell’aula di musica come lui pensava, perché se c’era una cosa che aveva afferrato di lei, era che oltre ad amare totalmente la musica ed il suo violoncello, era che era una perfezionista e, con tutte le probabilità, in quel momento si stava esercitando in vista della serata.

Sorrise quando sentì il suono di un violoncello, e si lasciò guidare dal suo orecchio fino a un angolo della scuola in cui non era mai stato. Si fermò davanti alla porta socchiusa dalla quale proveniva la musica, ed intravide Paige, seduta su uno sgabello, piegata sul suo strumento, che suonava con gli occhi chiusi, muovendo solo ogni tanto la testa. I suoi capelli lunghi, che le scendevano a cascata sulla spalla, gli facevano venire voglia di passarci in mezzo le dita.

Aspettò che lei finisse di suonare, e poi bussò piano alla porta, rendendo nota la sua presenza. Paige sollevò la testa, stupita dall’intrusione e, quando lo vide, sospirò. Non sembrava particolarmente felice, ma Derek decise di prendere come un buon segno il fatto che non lo avesse cacciato.

“Sei brava,” le disse con sincerità, “Ti spiace se resto qui ad ascoltarti?”

Lei aprì la bocca troppo in fretta, perché fosse per dire qualcosa di gentile, quindi Derek allungò le mani in segno di resa. “Sto zitto. Seduto qui,” indicò uno sgabello, “in un angolino.”

“Se stai zitto va bene,” gli rispose Paige, accennando per la prima volta un sorriso, e poi tornò a suonare, chiudendo gli occhi ed immergendosi di nuovo nella sua musica.

Derek non mantenne la promessa di restare fermo in un angolo e, mentre Paige muoveva l’archetto sulle corde del violoncello, silenzioso come solo un lupo poteva essere, si alzò e le si sedette accanto. Rimase a guardarla, fissandosi su un neo che aveva sopra lo zigomo, e aspettò con pazienza che lei riaprisse gli occhi. Rabbrividì, quando lo fece, e si ritrovò il suo sguardo addosso, un po’ smarrito.

Forse era il fatto che fino a qualche secondo fa lei fosse stata concentrata sulla musica, ma gli sembrò che, per una volta, lo stesse guardando con un’espressione soffice. Si sentì un po’ sotto esame, e quando lei sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, gioì, con la sensazione di averlo superato.

“Pensi davvero che io sia un egocentrico sportivo pallone gonfiato?” le chiese, e poi si morse subito la lingua, perché l’espressione di Paige era tornata quella indispettita che gli riservava di solito.

“Perché me lo stai chiedendo?”

“Lo dice Gossip Wolf,” le rispose Derek.

Paige schioccò la lingua, e si allontanò da lui. “Ti importa così tanto quello che dicono gli altri?”

No, pensò Derek, mi importa solo di quello che pensi tu. Tuttavia, non glielo disse, e quando lei gli chiese di lasciarla da sola per continuare ad esercitassi, senza dire una parola, Derek se ne andò.

Si rifugiò nel campo da basket, e si mise pigramente a palleggiare con un pallone abbandonato. Poi provò a fare qualche canestro, e poi approfittò del fatto che ancora la scuola fosse piuttosto deserta per dare libero sfogo ai suoi riflessi da licantropo. Se fosse stato vicino alla foresta, si sarebbe messo a correre in mezzo agli alberi in totale libertà, con le zanne e gli artigli, ma lì non poteva rischiare così tanto.

Non avrebbe saputo dire da quanto tempo era lì fuori, quando finalmente si fermò, leggermente sudato e con il fiatone. Si passò il dorso di una mano sulla fronte per asciugarla, e solo in quel momento si accorse di un cuore che batteva a poca distanza da lui. Si voltò di scatto nella direzione da cui proveniva, e tirò un sospiro di sollievo, quando vide un ragazzino camminare lentamente verso il campo. Il sole era quasi tramontato e, a giudicare dall’andatura, non sembrava che il tipo volesse proprio andare in quella direzione, piuttosto sembrava vagare senza una meta precisa.

Aveva i capelli rasati, molto corti, teneva la testa bassa, ciondolante, e le mani erano infilate nelle tasche dei jeans. Indossava una ridicola camicia a quadrettoni che pareva un po’ troppo grande per lui e ogni tanto dava un calcio ad un sasso e borbottava qualcosa su quanto facesse schifo la scuola superiore.

Ad un certo punto inciampò, all’apparenza sui suoi stessi piedi, e Derek lo guardò con un sopracciglio sollevato in espressione scettica. Chi è quest’imbranato? Si domandò, mentre il ragazzino rischiava di finire per terra, poi riusciva a risollevarsi e inciampava di nuovo. Sul serio?

Dopo essere riuscito, per miracolo, a ritrovare il proprio equilibrio, il tipo si guardò intorno e fece una smorfia, nel vedere che aveva avuto uno spettatore durante tutta la sua goffa quasi-caduta. Allora sollevò un braccio in direzione di Derek, con la mano chiusa a pugno ed il pollice in su, un sorriso che mostrava tutti i denti stampato in faccia.

“Sto bene, amico, non ti preoccupare!”

Derek non gli rispose, e continuò a fissarlo, domandandosi se se lo stesse immaginando o se uno così esistesse davvero, ma il momento fu interrotto dal cinguettare di due cellulari in contemporanea. Erano il suo e quello del tipo, realizzò Derek, quindi con tutta probabilità era una delle ennesime notizie di Gossip Wolf, che quel giorno si stava proprio sbizzarrendo.

Derek decise di ignorarla, così come aveva fatto con tutte le precedenti, da quando aveva lasciato l’aula di musica, ma il ragazzino di fronte a lui, che sembrava anche troppo giovane per essere un alunno delle scuole superiori, estrasse il cellulare dalla tasca e rimase a fissarlo con orrore per qualche secondo.

“Maledetta scuola e maledetto Whittemore e stramaledetta Gossip Wolf del cazzo,” imprecò con convinzione, battendo un piede per terra per rimarcare il concetto.

Whittemore era quello che giocava a lacrosse? Il biondone testa di cazzo egocentrico, tutto muscoli e n… rendendosi conto che aveva iniziato ad esprimersi come Gossip Wolf, Derek scosse la testa, accigliato, e poi cedette alla curiosità.

 

 

Avvistati: L. bacia J. a serata appena iniziata, mentre S. li guarda con occhioni da cucciolo.



Nessuna che voglia consolarlo, poverino?

 

Il post era accompagnato da una fotografia, in cui nel cortile della scuola una ragazza coi capelli lunghi e rossi – Lydia Martin, si ricordò Derek – baciava un tipo biondo, di spalle, che, sì, in effetti sembrava il giocatore di lacrosse. Sullo sfondo, si vedeva un ragazzo con i capelli rasati, gli occhi quasi fuori dalle orbite ed un’espressione così amareggiata che a Derek fece quasi pena. Riconobbe in quest’ultimo il tipo goffo davanti a lui, che aveva chiuso gli occhi con il cellulare ancora in mano.

“Stai bene?” gli chiese Derek, pensando che il tipo avrebbe vomitato da un momento all’altro.

“Sto cercando di diventare invisibile,” rispose l’altro, e Derek inarcò per l’ennesima volta un sopracciglio.

“E ci stai riuscendo?” domandò con sarcasmo.

“A giudicare dal fatto che tu mi stai ancora parlando, direi di no, genio.”

Nonostante l’insulto, Derek ridacchiò. In fondo, si era ritrovato più o meno nella stessa situazione quel pomeriggio stesso.

“Tranquillo, la gente dimentica presto i post di Gossip Wolf, soprattutto in questi giorni che sembra pubblicarne uno ogni dieci minuti,” gli disse riprendendo a palleggiare.

Il tipo scosse la testa, senza aprire gli occhi, “Allora starò qui in attesa che succeda. Magari intanto divento davvero invisibile.”

Per qualche secondo il rumore della plastica del pallone che batteva sulla gomma che ricopriva il campo da basket fu l’unico suono nei dintorni. “Vuoi giocare?” chiese poi Derek e il tizio alzò di scatto la testa, aprendo finalmente gli occhi e guardandolo come se si fosse dimenticato della sua presenza.

Si indicò. “Io?”

Derek alzò gli occhi al cielo, “No, quello invisibile accanto a te.” E, Dio, che impiastro! pensò Derek schiaffandosi una mano sulla faccia, il ragazzino si era voltato a destra e a sinistra per vedere di chi stesse parlando. “Sì, tu,” specificò esasperato.

“Uhm, okay,” acconsentì lui, e gli si avvicinò.

Derek spalancò un po’ gli occhi, perché il ragazzo era stato fino a quel momento un po’ nell’ombra, ma adesso che si trovava nel cono di luce di un lampioncino, riusciva a vederlo bene. Aveva degli occhi castani molto espressivi e dei nei sul lato sinistro della mandibola. Era magro e decisamente goffo nei movimenti, sembrava che i suoi arti fossero ancora troppo lunghi per il suo corpo, ma in qualche modo lo trovava piacevole.

Tossicchiò, distogliendo lo sguardo, ma a quanto pare anche l’altro, una volta avvicinatosi, era riuscito a vederlo meglio in viso, abbastanza da riconoscerlo.

“Aspetta,” esordì, “Tu sei quello della foto di Gossip Wolf di oggi, il giocatore di basket!”

Portandosi il pollice e l’indice di una mano all’attaccatura del naso, Derek pensò che quella era la punizione divina che gli spettava per aver voluto tentare di essere gentile e consolare uno sconosciuto.

“Adesso capisco perché nonostante tu sia tanto popolare te ne stai qui da solo a giocare a basket, sei praticamente ancora più sfigato di me!”

Derek si lasciò sfuggire un ringhio, mentre l’altro andava avanti a parlare muovendo le braccia, tutto eccitato.

“Pensaci, io almeno sono stato ripreso mentre guardavo Lydia e Jackson che si baciavano, tu sei stato sputtanato in mondovisione proprio nel bel mezzo di un rifiuto!”

Senza pensarci due volte, Derek stinse con forza il pallone tra le mani e, un secondo prima che potesse spaccarlo, lo tirò con violenza in direzione del ragazzino, che fece un verso soffocato, una specie di “Oooof” prima di cadere indietro, colpito allo stomaco. Il pallone poi rimbalzò e lo colpì su una tempia.

“Ehi, e questo per cos’era?” osò domandare l’altro, con un verso di dolore.

Senza degnarlo di una risposta, Derek si voltò e si incamminò verso il bordo del campo, con l’intenzione di andarsi a trovare un altro posto in cui stare incazzato con il mondo. Sentì però un sibilo alle sue spalle, e fece una smorfia di esasperazione, mentre si girava con tutta tranquillità e bloccava con una mano il pallone che il ragazzino gli aveva tirato, dopo essersi sollevato da terra, sperando di coglierlo di sorpresa. Era evidente che non sapeva con chi avesse a che fare.

“Wow, fantastico,” esclamò l’altro sgranando gli occhi diverse volte. “Bei riflessi, amico.”

Derek lanciò di nuovo il pallone nella sua direzione, stavolta con molta meno violenza di prima, e lo beccò su una spalla. L’altro provò a bloccarlo, in un roteare confuso di braccia, ma non ci riuscì.

“Peccato non poter dire lo stesso di te,” disse Derek, e fece di nuovo per andarsene, ma il ragazzino lo fermò.

“Dove vai?”

“Che ti importa?” chiese Derek, guardandolo oltre la spalla.

“Dài, non farmi restare qui da solo come un idiota,” lo pregò l’altro. “Volevi giocare, no?” continuò il ragazzo, raccattando da terra la palla che era rimasta sul campo. “Giochiamo, non voglio tornare in mezzo alla gente, il liceo fa schifo,” finì poi accigliato, e Derek inspirò profondamente.

“Tu giochi da schifo,” gli disse Derek, ma si rimboccò le maniche della camicia.

“Insegnami, allora,” ribatté il ragazzo, con un sorriso aperto, a cui Derek rispose solo con un aggrottarsi di sopracciglia. Insegnargli a giocare era una parola grossa, visto che dire che il tipo gli sembrava una totale frana era un eufemismo. Nonostante tutto, sospirò, e lo studiò dalla testa ai piedi con occhio critico.

“Per prima cosa,” esordì, “Non devi stare così rigido, piega un po’ le gambe,” gli spiegò, e gli mostrò la posizione corretta. Il ragazzo cercò di imitarlo, ma si abbassò troppo.

“Non così tanto,” lo corresse Derek, “Non allargare le gambe così, tra poco farai una spaccata.”

Derek si schiaffò una mano sulla faccia, quando l’altro tentò con un saltello di stringere la posizione e quasi cadde, e gli si avvicinò d’istinto alle spalle, mettendogli una mano sulla coscia e una sulla vita. Gli infilò un piede tra le gambe e con una piccola spinta contro il polpaccio lo aiutò ad assumere una posa più decente. Solo quando il ragazzino parlò e lui sentì il riverbero della sua voce lungo il petto, si rese conto di esserglisi avvicinato parecchio.

“Ce l’hai un nome?” aveva domandato il tipo, e guardandolo così, da dietro, con le orecchie che gli spuntavano in maniera molto evidente dalla testa rasata, a Derek sembrò, se possibile, ancora più giovane.

“Così non dovrò continuare a chiamarti D., con la voce di Gossip Wolf, dentro la mia testa. O meglio, con la voce che immagino essere di Gossip Wolf, ovvero quella di Lydia Martin.”

“Derek,” rispose lui, serio. Inspirando, captò l’odore del ragazzo, e senza riflettere si avvicinò di più alla base del suo collo.

“Okay,” il ragazzino deglutì, “Io sono Stiles, nel caso anche tu avessi una vocina da Gossip Wolf dentro la testa. Non è il mio vero nome, se te lo stessi chiedendo.”

Derek annuì, perché se lo era chiesto.

“In che ruolo giochi?” domandò ancora Stiles, e Derek ebbe l’impressione che si fosse un po’ inclinato all’indietro, verso di lui, tanto che la sua schiena quasi gli toccava il petto, ma l’altro non doveva essersene reso conto. Non era una vicinanza imbarazzante, Derek si sentiva come se fossero in una realtà parallela, in cui le voci degli altri e i rumori della festa arrivavano attutiti lì, fino al campo.

“Sono un’ala piccola,” gli rispose Derek, ed inspirò di nuovo, sperando di essere abbastanza discreto. L’odore di Stiles gli piaceva.

“Avrei dovuto immaginarlo,” ribatté Stiles, ridacchiando contro il suo torace, “Col fisico che hai.”

Derek giurò di aver sentito un ops, alla fine di quella frase, come se quell’ultima parte fosse sfuggita dalla bocca dell’altro senza che lui lo volesse davvero, come se avesse pensato ad alta voce. E lui aveva l’impressione che a Stiles succedesse molto spesso. Si sentì avvampare per il commento e ringraziò il fatto che non si trovassero faccia a faccia, ma poi notò che anche il retro delle orecchie di Stiles era diventato rosso, quindi erano in due a sentirsi in imbarazzo, in quel momento.

“Tu giochi?” si informò Derek a sua volta, e vide che Stiles aveva annuito, il movimento aveva fatto in modo che la luce gli illuminasse di più il lato del volto, dove spiccavano i suoi nei.

“Lacrosse.”

“In che ruolo?”

“In panchina,” gli disse Stiles, impassibile, e dopo qualche secondo scoppiarono entrambi a ridere. Ecco dove lo aveva già visto, era uno dei primini che Finstock teneva in squadra come riserva delle riserve, in caso di calamità. “Coraggio, non dovevi insegnarmi?” domandò poi Stiles, voltandosi ed infrangendo la bolla di qualunquecosafosse in cui si erano ritrovati.

Derek provò ad insegnare a Stiles a palleggiare correttamente, a fare qualche passaggio ed anche qualche tiro, ma la sua prima impressione riguardo il ragazzino si era rivelata corretta: era un disastro. Non aveva nessuna coordinazione tra braccia e gambe, e a volte Derek avrebbe giurato che nemmeno la sua testa fosse del tutto in linea con il resto del corpo. In compenso, parlava senza sosta, come se non avesse bisogno di respirare. E la sua mente sembrava schizzare da un argomento all’altro, a volte senza un collegamento apparente. Per non parlare del sarcasmo. Dio, Derek viveva con Peter, ma in confronto a quel ragazzino Peter era un assoluto principiante.

Quando Stiles cadde per l’ennesima volta e non diede segno di volersi rialzare, gli si avvicinò, e lo guardò dall’alto verso il basso con le braccia incrociate. Sapeva che non si era fatto male, perché non percepiva nessun accenno di sofferenza da parte sua, ma solo un respiro affannato. Infatti era tranquillo e disteso sul campo, con gli occhi che scintillavano sorridenti ed il torace che si alzava e abbassava. Sembrava che si stesse divertendo parecchio.

“Che sopracciglia che hai, amico,” gli disse Stiles, incrociando le braccia dietro la testa.

“Per incenerirti meglio,” rispose, serio, e Stiles rise, come se avesse detto la cosa più divertente del mondo.

“Questa era triste, lupo cattivo, tristissima,” lo criticò Stiles, continuando a sorridere, e Derek ridacchiò internamente per l’appellativo. Se solo Stiles avesse saputo.

Derek allungò una mano verso il basso, e Stiles gli si aggrappò con entrambe le sue per tirarsi su. Se Derek non fosse stato più pesante di lui in modo piuttosto significativo, avrebbe barcollato, vista la poca grazia con cui Stiles aveva fatto leva sul suo braccio, ma a ondeggiare fu solo Stiles.

“Se non fossi stato qui tutta la sera, avrei pensato che fossi ubriaco,” gli disse Derek, con la fronte molto vicina a quella di Stiles, quando l’altro, per attutire il balzo, gli si avvinghiò alla spalla. Stiles lo guardò con un’espressione ironica negli occhi grandi. Aveva la bocca leggermente aperta, e Derek si pentì subito di essere andato in quella direzione con lo sguardo, perché improvvisamente non riusciva più a smettere di fissarla.

“Sono le otto, Derek,” sussurrò Stiles, e gli diede una piccola pacca sul braccio, per attirare la sua attenzione.

“Mh?” fece lui senza capire dove volesse arrivare.

“È a quest’ora che inizia il concerto nell’aula di musica, non è lì che suona la tua amica? Non vuoi andare ad ascoltarla?” domandò Stiles, quando vide che Derek continuava a scrutargli il viso.

“Oh, Paige,” disse Derek scuotendo la testa e allontanandosi da Stiles. “Non credo abbia molta voglia di vedermi.”

“Avanti, amico,” Stiles gli diede un altro colpetto sul braccio. “Ho visto come ti guarda.”

“Come se volesse staccarmi la testa a morsi?” chiese Derek ironico. “Lo hanno notato tutti, e se a qualcuno fosse sfuggito, ci ha pensato Gossip Wolf.”

“A parte quello,” Stiles sollevò un angolo della bocca, prendendolo in giro. “Secondo me le piaci, è che non riesci a comunicare con lei. Dille qualcosa di carino.”

Derek ripensò alla foto della Martin e Wittermore, e ricambiò il tono scherzoso. “E dovrei accettare consigli da te, perché?”

“Perché tanto i tuoi metodi non è che portino molti risultati.”

Rimasero a guardarsi per qualche secondo. Sapere che secondo Stiles Paige poteva non pensare che lui fosse un totale idiota, gli aveva dato un po’ di speranza, ma all’improvviso non voleva più andare a cercarla e lasciare il campo da basket.

“Va’, Derek! Conquista la tua bella e baciala sotto le stelle!” lo incoraggiò Stiles, con un movimento delle braccia. Derek sì leccò le labbra e rise, perché Stiles era ridicolo.

“Oh, Stiles?” lo chiamò, un attimo prima di girarsi. “Scusa per la pallonata di prima,” gli disse, sorridendo in un modo che sperava trasmettesse la sincerità che provava.

“Nah,” Stiles lo liquidò con un gesto della mano, “Stavo facendo il coglione, me lo sono meritato.”

Derek annuì semplicemente, senza rispondere, e fece una corsetta per allontanarsi dal campo, in direzione degli edifici. Già dopo pochi metri il vocio degli altri studenti, la musica e il fracasso gli sembrarono assordanti, e lui non seppe dire se perché era tornato alla realtà o perché semplicemente si stava avvicinando. Raggiunse il posto del miniconcerto proprio qualche secondo prima che iniziasse, e trovò facilmente i capelli lunghi di Paige, nonostante fosse in seconda fila. Lei si stava guardando intorno, come per cercare qualcuno, e quando alzò gli occhi verso di lui, gli sembrò che gli stesse sorridendo, anche se in maniera appena percettibile.

Restò fino alla fine del concerto, incoraggiato dal fatto che ogni tanto la ragazza, quando non aveva le palpebre chiuse, cercasse il suo sguardo. Forse Stiles non aveva tutti i torti, forse semplicemente non riusciva a comunicare con lei. Alla fine applaudì insieme agli altri, e ringraziò il cielo perché l’aula si era liberata in fretta e gli spettatori erano usciti lasciando indietro solo i musicisti e qualche amico stretto a dar loro una mano per riporre gli strumenti.

“Posso aiutarti?” chiese Derek, avvicinandosi a Paige, mentre lei si metteva una ciocca di capelli dietro l’orecchio e apriva la custodia del suo violoncello. “Non perché sei delicata, solo perché voglio,” aggiunse, prima di poter cadere nell’errore di quel pomeriggio.

Lei gli sembrò stupita. “Non hai paura che qualcuno,” disse Paige, indicando con un cenno della testa la gente che era rimasta lì intorno, “Possa farci una foto e farla finire su Gossip Wolf?”

“Non mi importa di quello che dice Gossip Wolf,” rispose Derek, sentendosi un po’ in imbarazzo. Con Paige di brutte figure ne aveva fatte tante, e si era parecchio irritato, ma la paura vera la sentiva in quel momento, perché stava cercando di essere sincero. “Mi importa solo quello che pensi tu,” concluse, con un sorriso incerto.

Paige gli indicò il suo violoncello, “In tal caso, accetto volentieri il tuo aiuto.”

“Hai visto il programma? C’è qualcosa che ti piacerebbe vedere?” le chiese mentre si facevano strada tra la gente in corridoio, dopo che Paige lo ebbe aiutato a fissare sulle spalle la custodia dello strumento, così che potessero riporlo nella sua macchina e tornare alla festa.

“Sì,” annuì Paige, che continuava a tenere le mani sul violoncello, come se avesse paura che potesse improvvisamente scappare dalla schiena di Derek, cosa che l’aveva fatta arrossire, quando Derek glielo aveva fatto notare. “Mettono in scena il monologo di Lady MacBeth in una delle aule al secondo piano. Tu?”

“Lady MacBeth sia”, rispose Derek.

Quella sera, Derek scoprì che Stiles aveva ragione. Che Paige era effettivamente riuscita a vedere qualcosa in lui, nonostante il suo approccio non fosse stato dei più felici. Non si baciarono sotto le stelle, come gli aveva detto Stiles, ma in un’aula vuota alla fine della festa e, quando per i corridoi Derek scorse Stiles insieme ad un altro ragazzino con i capelli spettinati e la mascella un po’ fuori posto, questi, vedendolo mano nella mano con lei, gli fece un occhiolino esagerato e un po’ ridicolo. Cercò anche di comunicargli un goffo “Te l’avevo detto,” che Derek non avrebbe mai capito, se non fosse riuscito a sentirlo grazie al suo udito. Derek gli sorrise di rimando e gli fece un occhiolino a sua volta, a costo di sembrare ridicolo pure lui.

 

 

 


Avvistati: Anche D. e P. si baciano grazie al potere dello scambio culturale tra licei. Non ci avrei mai creduto.



E la vostra, di serata, com’è andata? Fate parte dei tanti che hanno esaudito il loro desiderio di far colpo stasera o dell’ancora più numeroso gruppo di persone che, invece, torna a casa triste e sfigato?

Io? Questo è un segreto che non vi rivelerò mai.

La prossima “Notte dei licei” sarà tra un anno, ma io non vi abbandonerò di certo per così tanto tempo.

Sogni d’oro, Beacon Hills!

XOXO,

Gossip Wolf

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Inessa