Incoming call

 

 
Era passato quasi un anno da quando aveva lasciato Mary, il giorno di Natale, e aveva superato persino la rabbia per le sue menzogne. In qualità di medico era preoccupato per il suo stato di salute, o per meglio dire per la sua gravidanza, ma non era pronto ad essere il padre di una bambina nata da una donna che sentiva di non amare. Aveva molta pazienza con le persone, John, ma non abbastanza per sopportare un comportamento come quello della donna, che aveva cercato persino di uccidere il suo migliore amico. Da una decina di mesi a quella parte, era stato proprio Sherlock a restituire al medico l’amore che questi credeva di provare per l’assassina, sorprendendolo come la prima volta in cui aveva dedotto informazioni sul corpo di una donna morta, diversi anni prima. Non avrebbe mai creduto di potersi sentire così felice con qualcuno, soprattutto con un uomo, ma Sherlock era sempre stato fonte di sorprese. Sorrise pensando al suo compagno, stava scrivendo sul suo blog personale proprio di lui e dell’ultimo caso che aveva risolto, di cui John era stato – come sempre – l’incredulo e adorante spettatore. Pensava di essere abbastanza inutile e stupido durante le indagini, ma ogni volta Sherlock lo rassicurava dicendogli che ‘sarebbe stato perso senza il suo blogger’, che in realtà era la cosa più dolce che il medico si fosse mai sentito rivolgere.
A metà della riga, il suono familiare di una chiamata in entrata da skype lo fece quasi sussultare. Fissò lo schermo con aria perplessa, notando il nome di Sherlock lampeggiare, poi cliccò sul tasto verde per accettare il video e farsi vedere a sua volta. L’immagine di Sherlock ci mise qualche istante a stabilizzarsi, John abbassò la finestra web del proprio blog per concentrarsi sul motivo della chiamata.
-Sherlock, tutto bene con il caso?- domandò, in cucina aveva trovato – tra i vari esperimenti lasciati casualmente sul tavolo – un piccolo biglietto che lo avvisava del fatto che il compagno fosse uscito presto insieme a Lestrade per un’indagine. La stranezza consisteva nel divieto di seguirlo, che aveva lasciato interdetto il povero medico.
-John.- lo chiamò l’uomo, ignorando la sua domanda e costringendolo, di nuovo, ad alzare lo sguardo verso la finestra della chiamata skype. Il medico fissò incredulo il volto dell’uomo dall’altra parte dello schermo, seminascosto da una scatola rossa, dentro la quale risplendeva il diamante di un anello all’apparenza molto costoso. Aprì la bocca per parlare, poi la richiuse, la riaprì una seconda volta e infine sorrise, cercando la voce in fondo alla gola, improvvisamente arida.
-Io…- boccheggiò, mentre Sherlock rimaneva immobile con la scatola aperta davanti al volto. -Io… Sì.
Non c’era nessun caso, ecco perché il consulente non voleva essere seguito. Assurdo. Ma cosa poteva aspettarsi da Sherlock, se non una richiesta tanto dolce quanto singolare? Non aveva avuto nemmeno il bisogno di porre la domanda, perché John sapeva già non solo cosa stesse per chiedergli il compagno, ma anche cosa rispondere.
-Torna a casa, Sherlock.
E lui sorrise, da dietro la scatola, come non aveva mai fatto prima.