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Autore: Alsha    12/02/2015    3 recensioni
Invadere la privacy della ragazza era deplorevole, ma d’altra parte poteva scoprire cosa aveva, e non era un’occasione da lasciarsi sfuggire.
Già, perché lo faceva per lei, si ribadì mentalmente per scacciare il senso di colpa, simile a quello di un padre che legge il diario della figlia per scoprire se le piace un ragazzo.

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Adesso, Jeremiah e Anya non sono più soli.
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jeremiah Gottwald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sketches, ritratti di ordinaria magia'
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SKETCH FOUR - FAMILY
 

Click.

Click.

Click.

Il rumore della fotocamera di Anya ogni volta che lei scorreva le foto si sentiva persino dalla cucina.

Jeremiah arrotolò le maniche della camicia e prese in mano il vassoio con i panini.

Avevano passato l’intera giornata a lavorare nel frutteto, anche solo pensare di cucinare qualcosa di più impegnativo era più impossibile di trovare un folletto nella zuccheriera.

Si affacciò sul salotto e sorrise intenerito dal trovare Anya raggomitolata in un angolo sul divano, infagottata in un enorme pigiama di flanella rosa.

Le andava talmente grande che le maniche erano risvoltate un paio di volte e comunque le lasciavano scoperte appena le punte delle dita, così come i pantaloni che le coprivano quasi del tutto i piedi nudi.

-La cena! – annunciò l’ex cavaliere di Britannia, appoggiando il vassoio sul tavolino.

La ragazza non alzò nemmeno lo sguardo.

Click.

Click.

E poi non venne nessun rumore, nemmeno dalla fotocamera.

Eppure Anya continuava a fissarla senza alzare lo sguardo.

-Anya?

Non ricevendo nemmeno un sussurro in risposta, si lasciò cadere di peso sul divano accanto a lei, ma nemmeno quello la smosse.

Era tutto il giorno che si comportava in maniera strana, e Jeremiah iniziava a preoccuparsi.

Aveva pensato che avesse la luna storta, capita a tutti d’altra parte, ma iniziava a diventare troppo.

-Anya vuoi dirmi che accidenti hai oggi?!? – esclamò ad un tratto.

-Nulla. Non ho nulla. Vado a chiamare Nunnally.

Con uno scatto secco chiuse la fotocamera per poi appoggiarla sul tavolino, si alzò e si trascinò in cucina con in mano il telefonino.

Quando la guerra era finita, Anya e la principessa Nunnally avevano stretto una solida amicizia. Tutte e due avevano perso tutta la loro vita per colpa del volere altrui, tutte e due avevano molto da guadagnare da un’amica fidata.

Dalla stanza accanto gli arrivava la voce tenue di Anya, parlava in fretta e non si capivano bene tutte le parole. Riuscì a carpire appena un “venire” e un “bellissimo!” trillato ad un tono così acuto da rompere i vetri.

Jeremiah si passò una mano tra i capelli, probabilmente si sarebbero ritrovati ospiti la principessa Nunnally. Già gli veniva l’emicrania all’idea di tutti i preparativi per rendere possibile una visita dell’imperatrice di Britannia, ma era importante sia per Nunnally che per Anya recuperare almeno qualcosa di tutti quegli anni andati persi.

E all’improvviso si ricordò della fotocamera.

Invadere la privacy della ragazza era deplorevole, ma d’altra parte poteva scoprire cosa aveva, e non era un’occasione da lasciarsi sfuggire.

Già, perché lo faceva per lei, si ribadì mentalmente per scacciare il senso di colpa, simile a quello di un padre che legge il diario della figlia per scoprire se le piace un ragazzo.

Anya oramai era troppo importante nella sua vita per permettere che soffrisse.

Quando aveva cancellato il geass che le era stato imposto, era come se quella ragazza fosse rinata per merito suo.

E piano piano era diventata come una figlia, da curare, da aiutare, da crescere.

Perché in fondo, la ragazza che pilotava il più grosso knightmare frame dell’esercito di Britannia, non era altro che una bambina in fatto di vita, con tutte le sue esperienze su un telefonino.

Quando riaccese lo schermo della macchina fotografica, non trovò la foto di nessun ragazzo sullo schermo.

C’erano loro due, davanti ad una torta glassata di rosa quando, poco tempo prima, Anya aveva festeggiato i suoi sedici anni.

Le aveva appoggiato un braccio sulle spalle, come un padre orgoglioso della figlia che diventa grande, e lei sorrideva felice.

-Cosa stai facendo?

Anya gli strappò la fotocamera di mano, con gli occhi lucidi.

Lui si limitò a fissarla, cercando un modo di spiegarsi. Non si era nemmeno accorto che era rientrata nella stanza.

-Sono preoccupato. – disse infine mettendosi in piedi – È tutto il giorno che ti comporti in modo strano e volevo capire cosa avevi.

Possibile che uno dei più valorosi soldati di Britannia si trovasse in soggezione davanti ad uno scricciolo di un metro e cinquanta? Evidentemente si.

-Non sono affari tuoi.

-Si, invece. Voglio vederti felice e mi preoccupo del tuo benessere. Avanti, cosa è successo?

-Ecco, io … Io ho … Ho avuto un incubo …

Jeremiah si abbassò al livello di Anya, per cercare di guardarla negli occhi che lei teneva fissi nel vuoto.

-Di nuovo? – le chiese con gentilezza. Più volte era capitato che Anya sognasse di perdere di nuovo la memoria, ma era tempo che non lamentava di questi problemi.

Lei scosse la testa violentemente.

-Eri … Eri tu …

-Io cosa?

-Ti dimenticavi di me. – lo sussurrò appena, con la voce che tremava – Vi dimenticavate tutti.

Non fece a tempo a finire la frase che si ritrovò con il volto premuto contro il petto di Jeremiah, che le accarezzava i capelli con una mano e con l’altra le stringeva forte la vita perché sono si allontanasse.

-Non devi preoccuparti, Anya. Non ci dimenticheremo di te. – le sussurrò tranquillo - Adesso siamo una famiglia, no?


 
  
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