Amami, toccami il cuor,
lo senti io sono qui.
E non aver più paure di lasciarti andare...
Venditti, Stai con me
Posò
le spalle contro la struttura in legno
massiccio del suo letto a baldacchino, lasciando che un sospiro incerto
e
tremolante sfuggisse dalle sue labbra.
Il cuore dentro il petto non aveva ancora cessato di battere, quasi a
volerle
ricordare tutto quanto. Ricordare, cosa poi? Non si può ricordare
qualcosa a
cui non hai mai smesso di pensare, qualcosa che vaga nella tua testa
costantemente.
Mary si portò la mano sul petto, sopra il cuore.
Condé.
O
forse, come lo aveva definito lei, la sua
rovina.
Il
mondo era un posto duro per le donne, di
qualsiasi rango. Tradire i mariti voleva dire disonore, disprezzo,
perdita, e
anche morte. Lei, per giunta, era la moglie di Francis. La moglie del
Re di
Francia. La Regina. E le sue ‘libertà’ erano inferiori persino alla
somma di
quelle di tutte le donne esistenti al mondo.
Eppure il suo cuore aveva iniziato a battere, a far capriole nel petto;
si era
stufato di seguire le regole, di sottomettersi ai diritti e ai doveri.
Voleva
essere libero, pulsare fino a scoppiare, battere fino a far male.
E Mary stava male.
Soffriva perché amava nel profondo Francis, soffriva perché quel
rapporto si
era incrinato per sempre, soffriva perché non era capace di dargli ciò
che lui
voleva. Soffriva perché provava un sentimenti che non le era concesso
per
un’altra persona.
Strinse il morbido cuscino a sé, sentendo il bisogno di piangere, di
esprimere
un sentimento senza la paura di occhi, od orecchie, indiscreti pronti a
lanciare accuse, disprezzo.
Louis aveva ragione nel dire che nessuna di quelle motivazioni che lei
gli
aveva dato provenivano dal cuore. Erano solo motivazioni di
circostanza, ma che
pesavano come macigni.
Liberò il cuscino dalla presa ferrea delle sue dita, rimettendolo al
suo posto.
Nei
lunghi e immensi corridoi del castello
a quell’ora della notte regnava il più assoluto silenzio, rotto solo
dal rumore
del vento che faceva tremare le fiaccole.
I suoi piedi si muovevano da soli, passo dopo passo. Alla fine era
uscita dalla
sua stanza, aveva controllato che non ci fosse nessuno – guardia a
parte. Aveva
notato nel loro sguardo, seppur di sfuggita, confusione e curiosità.
Mary non
era solita girare per i corridoi a quell’ora, soprattutto con aria
sospetta. Si
era giustificata dicendo che non riusciva a dormire per colpa del vento
e che
aveva bisogno di camminare per liberare la mente dalle preoccupazioni;
una
mezza verità.
Si fermò quando si rese conto di essere arrivata a destinazione. Le
guardie a
protezione si misero subito sull’attenti quando la videro, anche loro
sorpresi
di vederla. Si voltò a guardarli, prendendo un bel respiro mentre
assumeva
l’atteggiamento da regina, e fece loro un cenno di saluto. Si avvicinò
alla
porta, stringendo le mani a pugno, e bussò.
Fece un passo indietro, guardando la porta davanti a lei mentre tutto
il suo
corpo era in tensione. Più i secondi passavano, più la voglia di
fuggire
aumentava. Doveva bussare di nuovo? Non doveva? Doveva tornare nelle
sue
stanze? La testa era sul punto di scoppiare se quella situazione non
avesse
trovato una soluzione.
Il fatto che la porta non si era aperta aveva riversato in lei un senso
di
sconforto e di vergogna. Ma che stava facendo?
Prese fiato e sorrise tristemente, mentre si girò per ritornare nelle
sue
camere. Ma il rumore di una serratura che scattava seguita da una voce
che la
chiamava la fecero bloccare sul posto.
- Mary?
Si
voltò verso di lui non sapendo cosa dire
o fare, si era messa il cuore in pace quando la porta non si era
aperta. Lui
ora era davanti a lei e la guardava sorpreso e spaventato.
- Mary, cosa è successo?
Si
riscosse e spostò lo sguardo da una
guardia all’altra vicino a lei.
- Io non sono mai stata qui stanotte,
non mi avete mai vista passare per questi corridoi, né tantomeno
fermarmi in
questa stanza. Vi ucciderò, altrimenti.
Non
era mai stata così seria, dura e ostile
come in quel momento e forse fu proprio quello a spaventare le due
guardie. Era
un docile agnello solitamente, che dentro però nascondeva un leone
pronto a
sbranare chiunque.
Superò
le due guardie entrando dentro la
stanza, continuando a dare le spalle al proprietario anche quando la
porta
venne chiusa. Ci furono alcuni secondi di silenzio.
- Mary, mi state facendo preoccupare.
Si
voltò finalmente verso di lui e il senso
di inquietudine dentro di lei scemò fino a scomparire del tutto, e
spontaneamente sorrise, aumentando la confusione sul viso del moro.
- Louis.
Mi spiace disturbarti a quest’ora della notte…
- Non disturbate mai, siete
consapevole di questo. Ma ora parlate, vi prego.
- Sarai la mia rovina. Ed io la tua.
Ora ancora di più rispetto a prima.
Condé
continuò a non capire cosa volesse
dire, e si avvicinò a lei.
- Avevi ragione nel dire che nessuna
delle mie motivazioni provenivano dal cuore, ma erano le uniche in
grado di
darti. Quelle erano le uniche motivazioni che in questo momento hanno
importanza.
Mary
abbassò lo sguardo verso le mani che
stava torturando.
- Non posso darti nulla di quello che
potresti avere dalle altre donne, ti porterei solamente rovina e
sofferenza.
- E allora perché siete qui, nella mia
stanza, nel cuore della notte? Perché avete minacciato quelle guardie?
- Per proteggerti, per assicurarmi che
tu capisca davvero.
- Pensavate che quanto detto prima non
fosse chiaro? Perché non siete andate da vostro marito, dal Re?
Cosa
avrebbe dovuto rispondere a quella
domanda? Non poteva dirgli che ormai Francis non riusciva più a
sentirlo suo,
davvero suo, nonostante l’amore che ancora provava? Che fino all’ultimo
si era
imposta di andare da Francis, ma che alla fine aveva preferito lui?
Lasciò
andare le braccia lungo i fianchi,
guardandolo mentre il freddo si impossessava di lei.
- Hai ragione. Non sarei dovuta venire
qui. Scusatemi per aver interrotto il vostro riposo.
Esclamò
freddamente superandolo diretta
verso la porta. Si stava sentendo così stupida per essersi lasciata
vincere da
quella debolezza, mettendo a repentaglio tutto quanto per lui. Due
braccia la
strinsero da dietro, impedendole di andarsene.
- Mi dispiace di avervi offeso. – le
parlò vicino l’orecchio con voce calda e dolce. – Sono… Sono sorpreso
di
vedervi qui, dopo quanto mi avete detto fuori. Pensavo che avreste
preso le
distanze da me, che mi avreste allontanato da voi, e invece… eccovi qui.
Condé
la liberò dalla sua stretta quel
tanto che bastava per farla voltare verso di lui e ammirare i suoi
occhi castani,
in quel momento tormentati. Le sfiorò il viso con il dorso di una mano,
guardandola chiudere gli occhi e tremare.
- Louis… Per favore.
Seppur
sofferente, il ragazzo fece un passo
indietro rimettendo una certa distanza tra loro.
- Perdonatemi, non volevo farvi tornare
cattivi ricordi alla memoria.
Mary
distolse lo sguardo, guardando verso
una finestra della stanza, sentendo le guance arrossire mentre
confessava a
voce bassa.
- Sei l’unico uomo che riesco a
toccare senza che la cosa mi provochi disagio.
- Neanche Francis?
Lei
scosse il capo, sentendosi morire a
quella evidenza. Non riusciva a farsi toccare da suo marito senza che
la paura
si impossessasse di lei, mentre insieme a lui sembrava tutto come se
quella
notte non fosse mai accaduta. Quanto meschino sapeva essere il Destino?
- Perché siete qui, Mary?
- Non lo so. Avevo… Avevo bisogno di
venire qui, di vedere te. Di nuovo. Oh, Louis, è tutto così difficile.
Se non
fossi la Regina…
- Non esserlo, allora. – Mary lo
guardò non capendo – Non essere la Regina di Francia in questo momento,
per
questa notte. Sii chiunque tu voglia essere, ma non la Regina. Sii
solamente
Mary.
- Non è possibile, Louis.
- Sii soltanto Mary, io sarò solamente
Louis. Nessun titolo, nessuna casata, diritti o doveri.
Condé
le porse una mano in una muta
richiesta, Mary la osservò combattuta. Accettare, o non accettare?
Lasciarsi
andare e vivere il momento, o tornare indietro e porre fine alla
questione? In
entrambe le domande, la risposta più giusta sarebbe stata la seconda e
Mary ne
era pienamente consapevole.
- Non esiste alcuna Regina in questa
stanza, solo…
- Solo Mary e Louis. – rispose lei,
posando lentamente e con incertezza la mano sul palmo in attesa di
Condé. –
Qualunque cosa dovesse accadere, Louis, dovremmo portarcela nella tomba.
Condé
sorrise.
- Io sarò la tua rovina.
- Ed io la tua.