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Autore: cin75    18/02/2015    10 recensioni
Dal testo: "Dean Winchester poteva sopportare le colpe del mondo, ma di certo non avrebbe sopportato la terribile colpa di aver ucciso suo fratello!"
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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N.d.A.: Ok! ecco il senso di questa storia! Ce l'avevao pronta, dovevo solo rivederla. Poi ho visto la 10x14 e siccome mi ci vorrà un bel po' di tempo per metabilizzarla ( e chi l'ha vista sa di che parlo) e poter scriveci su qualcosa di sensato, ho deciso di postare queto racconto. Spero che vi piaccia, spero che vi ispiri e spero fortemente che non abbia nulla a che vedere con la lista di cose che Caino ha detto a Dean di fare!!!

Baci, Cin!!
********

Quando Castiel entrò correndo nel magazzino merci che Sam gli aveva indicato con la sua mail, quello che si trovò davanti lo lasciò senza fiato. Sconvolto. Per un attimo si sentì terribilmente umano e quindi incapace di agire nel modo giusto.
Al centro del grande spiazzo coperto, Dean in ginocchio, stava per affondare quello che sembrava essere l’ennesimo fendente contro un corpo ormai inerme davanti a lui. Castiel ignorò ogni sua incertezza e chiamò, urlò il nome dell’amico che sembrava di nuovo perso nella follia omicida reclamata dal marchio.
“Deaaaann!!!” e il cacciatore si voltò verso di lui.

Il tempo sembrò fermarsi. Dean. Gli occhi gelidi, lo sguardo tirato, la pelle completamente sudata. E la sua voce. La sua voce non era quella che ormai Castiel sentiva da oltre sei anni di amicizia. No, quello che udivano le sue orecchie angelicamente sopraffine era solo un sibilo rabbioso, un qualcosa di misto tra un sospiro pesante e un rantolo profondo. Non sembrava esserci niente di umano in quel suono eppure era da un uomo che proveniva.
Dean lo fissò per un altro secondo e poi riportò la sua attenzione sul corpo davanti a lui e quando stava per colpire, una forza invisibile lo scagliò via, lontano dalla sua vittima. Il tempo di raggiungere il terreno che l’angelo gli era già vicino.
“Levati di mezzo , Cas. Devo ucciderli. Devo ucciderli tutti!!!” ringhiava frenetico Dean mentre cercava di scostarsi e ritornare dov’era, per finire quello che aveva iniziato.
“Non sei tu, Dean. Calmati. Ritorna in te!! È il marchio che ti sta facendo questo, che ti sta accecando. Riprendi il controllo!!” tentava di tenerlo a freno Cas, ma vedendo che l’amico non riusciva a placarsi, decise di agire in modo diverso. “Mi dispiace , ma devo farlo!”
“Nooooo!!” urlò furioso Dean un attimo prima che Castiel lo toccasse sulla fronte e gli facesse perdere i sensi.

Lasciò l’amico per terra e si guardò per un attimo attorno. Basito. Stordito dall’odore pungente del sangue.
Quel sangue che era sul pavimento, sulle pareti, sulle colonne che sostenevano il peso del tetto. E poi, corpi senza vita di quelli che dovevano essere demoni assassini. Non che non meritassero quella fine, ma era Dean che non meritava perdersi in una tale rabbia assassina.
Cominciò ad aggirarsi tra i cadaveri che giacevano sul pavimento polveroso. Prese il cellulare e digitò il numero di Sam, stupendosi che non fosse lì, dato che era stato il giovane a mandargli l’indirizzo per farsi raggiungere.
Sentì lo squillo nel suo telefono. Poi, il suono di uno trillo anche nel magazzino.
Si fermò in ascolto. Circospetto.
Chiuse la comunicazione. Il trillo smise.
Chiamò di nuovo. Lo squillo riprese.
Lo fece risuonare così da poter seguire il suono. Suono che più si avvicinava al corpo che era al centro del magazzino, quello stesso corpo su cui si stava accanendo Dean, più diventava forte.
Preoccupato da quello che la sua mente con terrore si rifiutava di accettare, Castiel si avvicinò al corpo, vi si accoccolò accanto e girò il volto verso di lui così da poterlo guardare. Ma il sangue e i colpi che ne deformavano i tratti somatici non gli permisero di riconoscerlo. Non subito.
I capelli appiccicati sul viso a causa del sangue e del sudore, formavano su quella faccia maciullata da furiosi colpi, una sorta di maschera.

Però, poi…..
Quella statura, la corporatura, i capelli stessi, i lineamenti del viso che si facevano via via familiari. Stese la mano tremolante sul viso e tirò via un po’ del sangue e dei capelli che lo mascheravano. Fissò incredulo quel viso addormentato e con terrore ne riconobbe le sembianze.
“Noooo!” si allarmò e in preda al panico. Istericamente cominciò a tastare il corpo dell’amico per capire quanto gravemente fosse ferito e vide i tagli profondi che gli martoriavano il torace. “Sam!! Sam!!?? Apri gli occhi…andiamo!!!” lo chiamava sperando che il giovane aprisse gli occhi. Ma Sam non sembrava rispondere in alcun modo agli appelli angosciati dell’angelo. “Oddio , non può averlo fatto!! Non può averti…..”
Istintivamente Castiel, mise le mani al collo di Sam e sgranò gli occhi quando si rese conto che era arrivato tardi. Guardò Dean ancora svenuto in un angolo del magazzino e poi guardò ancora Sam.
Non poteva permetterlo. Non poteva permettere che Sam morisse e che morisse per mano di Dean. E poi in quel modo. E sapeva che quando Dean si sarebbe ripreso e fosse venuto a conoscenza di tutto, niente lo avrebbe fermato da mettere fine anche alla sua di vita. Dean Winchester poteva sopportare le colpe del mondo, ma di certo non avrebbe sopportato la terribile colpa di aver ucciso il suo amato fratellino.
“Ti prego…ti prego dammi la forza!!” disse a quella stessa forza a cui supplicava aiuto.

Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e poggiò le mani sul petto di Sam e la sua grazia iniziò a compiere il miracolo. I tagli profondi che deturpavano il torace di Sam e quelli più gravi sul suo viso, piano piano iniziarono a risanarsi. Castiel sentiva i lenti movimenti della carne lacerata di Sam risanarsi sotto le sue mani. Ma quelle ferite erano troppe e troppo gravi e la grazia dell’angelo cominciò ad abbandonarlo nel momento esatto in cui un respiro sofferto tornò a gonfiare il petto dell’amico ancora gravemente ferito.
Castiel continuava a tenere le mani su di lui cercando di guarirlo il più possibile e Sam, aprendo appena gli occhi, potè incrociare lo sguardo concentrato dell’amico angelo e della luce che si irradiava dalle sue mani. Castiel lo vide riprendersi e gli sorrise, ma un’improvvisa e opprimente spossatezza lo costrinse ad interrompere il contatto curativo sul corpo di Sam e non appena anche la sua luce svanì, Sam sospirò e chiuse gli occhi di nuovo, piombando ancora in un sonno profondo. Ma almeno non era più morto, ma solo….malconcio. Davvero malconcio.
Castiel si prese qualche minuto per riprendersi. Quell’intervento disperato sul giovane Winchester lo aveva debilitato molto e quando si sentì un po’ più in forze decise: uno, di portare Sam nell’ospedale più vicino, perché i medici riprendessero da dove lui aveva lasciato. Due, portare Dean al bunker. Spiegare ai dottori le condizioni di Sam sarebbe stato già difficoltoso, ma , comunque , sarebbe bastato inventare una qualsiasi aggressione. Dover spiegare anche le condizioni di Dean e del sangue del fratello sulle sue mani, sarebbe stato molto più complicato.
Così, agì come aveva deciso. Sam e poi Dean.

******* 

Era ormai notte inoltrata, quando Dean riaprì lentamente gli occhi. Si guardò in giro, mise a fuoco il luogo in cui si trovava e in quel luogo riconobbe la sua stanza.
“Cavolo!!, credo di aver davvero esagerato con la birra, stavolta!!” sussurrò mettendosi le mani ai lati della testa che gli stava scoppiando.
“Ben tornato!” fece la voce di Castiel e il cacciatore sussultò dalla sorpresa e poi scattò a sedersi sul letto.
“Cazzo, Castiel!! Mi farai venire un infarto uno di questi giorni o…notti!” lo rimproverò Dean.
“Come ti senti?!” chiese quasi atono, l’angelo.
“Come te, quando ti sei bevuto quel negozio di liquori! ” gli ricordò sarcastico, il cacciatore.
“Uno schifo!”
“Già. Ma che è successo?!” chiese poi, passandosi una mano sul viso per cercare quella lucidità che tardava a riaccendergli il cervello.
“Tu cosa ricordi?”
“Il magazzino, l’attacco a sorpresa dei demoni, e cavolo! …se ce le stavano suonando di santa ragione.” elencò senza spostarsi dalla sua posizione seduta sul bordo del letto.
“Che altro?!”
“Tutto il resto è…è confuso. Credo di ricordare tre di quei bastardi demoniaci che si accanivano su Sam e poi..” e si drizzò, come se pian piano la nebbia cominciasse a diradarsi.
“E poi cosa?!”
“…” ma Dean sembrava ancora confuso. Sembrava come se stesse facendo uno sforzo immane per ricordare e Castiel , cercò di spronarlo e si ritrovò perfino ad alzare la voce.
“E poi cosa??”
“Niente!” rispose scontroso il ragazzo. “…non ricordo più niente. Forse …forse uno di quei figli di puttana mi ha messo ko, forse ho perso i sensi prima che tu e Sammy faceste gli eroi della situazione o magari..”
“Io sono arrivato quando tutto era già finito, Dean!” gli fece presente l’angelo , avvicinandosi a lui.
“Cosa?...Merda!!, il fratellino è diventato davvero bravo!!”, disse preoccupato di quella sua sconfitta , ma dentro di lui, anche orgoglioso della vittoria del suo fratellino.
“Dean?!” fece Castiel.
 “Deve averli esorcizzati tutti insieme appassionatamente!” provò a spiegarsi il cacciatore.
“Dean??!!” lo richiamò ancora.
“Dovrò trovare qualcosa contro di lui per non farmi sfottere a vita su questa cosa!”
“Dean , ascoltami!” dando forza al suo richiamo.
“Ti ascolto,  no…no, aspetta…", fece mentre si alzava e riprendeva le sue cose. "...dov’è Sammy!?”
“E’ di questo che voglio parlarti!”
 
Dean non era nemmeno certo di essersi chiuso la porta del bunker alle spalle tanto era uscito velocemente , dopo che Castiel gli aveva rivelato di Sam. Ma naturalmente l’angelo gli aveva detto solo delle condizioni fisiche in cui versava il fratello e non chi, quelle condizioni, le aveva causate. Per adesso Dean sapeva solo che era colpa dei demoni che li avevano attaccati.
Quando arrivò, con Castiel, all’ospedale, corse verso il bancone dell’accettazione per chiedere di Sam. L’infermiere di turno gli indicò la stanza e Dean vi si precipitò velocemente. Stava per entrare quando si accorse che la stanza aveva una parete in vetro che dava sul corridoio che lui aveva appena percorso. Si bloccò, come congelato,  davanti a quel vetro, quando intravide la sagoma di Sam, a letto. Immobile. Ferito. Indifeso.

Il fratello era coperto per metà da un lenzuolo bianco. Questo permetteva a Dean di vedere tutte le medicazioni che era erano state fatte sul petto di quel fratellino troppo cresciuto. Vide i lividi che coloravano dolorosamente il volto di Sam. Il nero sotto gli occhi causato dalla perdita di sangue. Lo zigomo notevolmente gonfio e scuro. Quel segno vistoso intorno ad un polso. Forse uno dei demoni glielo aveva torto così tanto da slogarglierlo. Vide le labbra entrambe spaccate e gonfie. Il sopracciglio tenuto insieme da un cerotto bianco. Il vistoso taglio sul naso che sembrava anche rotto. Fissò con preoccupazione il tubo che gli era stato collegato all’altezza della trachea e che sicuramente gli permetteva di respirare.
E poi guardò il monitor a cui era collegato e per un attimo che sembrò infinito, restò fermo a fissare quella linea brillante che sottolineava il battito lento e cadenzato di Sam.

Improvvisamente ritornò a più di otto anni prima , quando appena sopravvissuto ad un incidente, si ritrovò appoggiato allo stipite di una porta, sorretto da Sam, a vedere quella stessa linea diventare piatta e portarsi via suo padre, John.
Quella stessa linea dal suono assordante che meno di due anni prima gli ronzava furiosa nelle orecchie mentre doveva decidere se un angelo avrebbe dovuto possedere suo fratello per evitargli una morte certa.

Non ce l’avrebbe fatta a rivivere quella stessa emozione. Il suo cuore, era certo, questa volta non ce l’avrebbe fatta a dire addio al suo fratellino. Di nuovo. Ancora. In quella maniera.
Ora, però, era la presenza di Castiel che sentiva alle sue spalle. Quell’angelo che era, per coraggio e lealtà dimostrata più e più volte, diventato come suo fratello.
“Dean….” Lo richiamò Castiel potendo solo intuire quello che stava provando l’amico. Voleva dirgli qualcosa ma in quel momento dalla stanza di Sam, uscì il dottore che lo aveva preso in cura.
“Chi è lei?” fece il medico guardando Dean.
“Io…io sono suo fratello e …”
“Sì, perfetto. Il suo amico..” disse guardando Castiel. “… quando ci ha affidati suo fratello ci ha detto che lei era fuori città e che sarebbe arrivato il prima possibile!”
Benedetto Cas, che aveva imparato ad inventarle di sana pianta!!, pensò Dean.
“Sì..sì. Sono appena arrivato… come sta mio fratello?!”
“Le condizioni per adesso sono stabili. Non riusciamo a spiegarci i sintomi tipici di una massiva emorragia dato che non ci sono ferite tali da giustificare una tale condizione , comunque, abbiamo rimesso a posto quello che c’era da aggiustare e fortunatamente sembra che tutto vada per il meglio. Ma non voglio nasconderle che suo fratello ha subito una brutale aggressione. Si sono accaniti su di lui con furia inaudita. Per fortuna le ferite al torace non hanno compromesso organi vitali e  le altre lesioni… siamo riusciti a contenerle. E’ comunque un miracolo che sia vivo.” Spiegò con calma il medico che vedeva sul volto del suo interlocutore una pura apprensione e sincero dolore.
“Perché il tubo e perché…perché non è sveglio?!” chiese con timore Dean , mentre di tanto in tanto guardava Sam al di la del vetro.
“Aveva la trachea dislocata e quindi non poteva respirare. Nelle condizioni in cui era non potevamo intubarlo e così l’unica soluzione è stata praticargli una tracheotomia. Ma appena sarà cosciente, rimuoveremo tutto.  Riguardo alla sua incoscienza, lo teniamo sedato.”
“Come?...perchè?” non immaginando o forse non volendo immaginare la risposta che da lì a poco avrebbe avuto.
“L’aggressione è stata feroce e se suo fratello fosse sveglio, mi creda, non sarebbe piacevole per lui. Quindi finchè possiamo, lo teniamo in stato di incoscienza così che possa superare i primi giorni di recupero in modo meno doloroso possibile.”
“Dottore…lui…lui è…”
“Fuori pericolo?”
“…” Dean annuì solamente.
“Sì, lo è, ma come le ho detto è un miracolo che sia vivo!” e se ne andò.

Dean per un po’ rimase in silenzio e si sentì come se quelle ultime parole del medico fossero state monito di prendersi cura di Sam, quando lo avesse riportato a casa. Entrò nella stanza e si avvicinò al letto del fratello. Castiel era sempre al suo fianco. Come era giusto che un angelo facesse con il suo protetto. E prima che Dean si avvicinasse a suo fratello, Castiel lo sentì rivolgerli un silenzioso ma sentito “Grazie!”. Evidentemente il cacciatore aveva capito, dal discorso del dottore, che in qualche modo, l’angelo era intervenuto su Sam.
“Ehi! Sammy!!” lo salutò come era suo solito fare. “Quel dottorino ha detto che te la caverai, fratellino. Quindi tu devi solo stringere i denti e ….” ma un nodo in gola gli impedì di proseguire.  Vagò, con gli occhi lucidi dal dolore, dalla rabbia, dalla frustrazione, per interminabili minuti sul corpo del minore e guardava con apprensione le sue ferite. “…Oddio, come ti hanno ridotto, Sam!” si ritrovò a dire, anche se quella constatazione così disperata avrebbe voluta tenerla solo per sé, per  non sembrare troppo debole agli occhi di Castiel, che comunque sia lo aveva sempre visto come un impavido guerriero.
“Vedrai , si riprenderà presto. Lo hai sentito il dottore. Starà bene!” cercò di consolarlo l’angelo, ma il suo sguardo mutò quando vide mutare il respiro di Dean. Si spostò appena per poter guardare il cacciatore in faccia. Il volto di Dean era freddo, deciso, contratto. Gli occhi fissi su Sam.
“Dean?!” lo chiamò quasi sotto voce, sperando che la furia del marchio non si stesse palesando di nuovo.
“Voglio sapere chi erano, Cas. Voglio sapere chi li ha mandati e lo voglio morto. Voglio strappargli via dalla gola tutto il fiato che ha nei polmoni fino all’ultimo respiro e poi voglio farlo a pezzi. Un pezzo per ogni colpo con cui ha ferito Sam…." fu la furiosa richiesta di vendetta. Ma la cosa che più spaventava Castiel era che sapeva che non era qualcosa che veniva dal marchio.
“ Dean, ascoltami…” provò a mediare con quella furia.
“Voglio vederlo sputare sangue, voglio che ci anneghi nel suo sangue…”
“Dean tu non….”
“Dio, Cas !! Voglio fargli male, voglio farlo soffrire come un cane e quando si renderà conto che sta per morire, voglio prolungargli l’agonia fino a quando non sarà lui a chiedermi di ucciderlo.” fu la sentenza senza possibilità di appello.
“Dean , tu devi …”
"Non dirmi che non devo, Cas. Marchio o non marchio, non dirmi che non ho il diritto di vendicare quello che hanno fatto a Sam. Io non posso lasciarlo adesso..." disse guardando Sam. "...ma tu va'. Scopri chi è questo bastardo e poi me lo vieni a dire!"
Ma l'angelo non si mosse, perchè sapeva che non c'era nessuno da cercare. Ma Dean non riusciva a capire la reticenza dell'amico e il suo atteggiamento si fece severo nei confronti dell’angelo. "Perchè non vuoi aiutarmi, Castiel?!...lo vedi anche tu quello che hanno fatto a Sam!!...sembra quasi che tu lo voglia difendere!"
E a quelle parole un imbarazzato senso di colpa si dipinse sul volto dell'angelo e Dean ne rimase a dir poco stranito e deluso. "E' così? E' così, Cas?..tu sai chi è e lo stai difendendo?" quasi ringhiò nei confronti dell’amico.
"Sì." si ritrovò a dire senza nemmeno rendersene conto. "Sì, so chi è!"
Dean si rifiutava di guardare l'angelo, furioso per quello che gli stava dicendo e per la calma con cui glielo stava dicendo.
"Devi dirmi chi è?!!" sibilò il cacciatore mentre sistemava il lenzuolo vicino alla mano di Sam.

Castiel aveva giurato di non mentire più, innanzitutto a Sam. Soprattutto a Dean. E non lo fece, anche perchè mentirgli significava spingere Dean ad una caccia che non aveva senso.

Deglutì e rispose. "Lo sto guardando adesso."

Dean girò di scatto lo sguardo verso l'amico angelo. La sua bocca si mosse. Si aprì. Si chiuse. Cercò aria per parlare. Non ne trovò e non parlò.
Castiel non poteva aver detto quello che Dean aveva sentito. Doveva aver capito male o forse Castiel gli stava mentendo per evitare una vendetta. Ma perchè farlo in una maniera così crudele? L’amico avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, quindi perché una simile risposta?
I suoi occhi si fecero lucidi di terrore e quando vide la fermezza decisa e sincera negli occhi dell'angelo, il cacciatore capì che non c'era menzogna in quella rivelazione. "Cas..."
"Durante la vostra lotta contro i demoni, il marchio deve aver preso completamente il sopravvento su di te e una volta soggiogato a lui, non sei riuscito a distinguere chi colpivi. Quando sono arrivato al magazzino eri ancora accanto a Sam e ho dovuto  scagliarti via per allontanarti da lui e stordirti per riportarti alla calma. Non riconoscevi nessuno..." gli spiegò con tono calmo, anche perché, capì, che bastava già la furiosa tormenta che stava gelando l’anima del cacciatore a sconvolgerlo.
"No...no..", si sforzò di supplicare. "Ti prego...ti prego ...guariscilo!" non sopportava vedere suo fratello in quelle condizioni, sapendo che era colpa sua.
"Non posso...non sono ancora abbastanza forte. Ho cercato di fare il possibile per lui....già al magazzino!" si scusò, l’angelo.
"Ma che significa?...", gli domandò fissandolo perplesso. Già quando aveva parlato con il medico, aveva capito che Castiel era intervenuto sulle ferite più gravi. Ma ora quella precisazione data involontariamente gli fece scattare un campanello che risuonava furioso nella sua mente. "In che condizioni era quando ci hai trovato?"
"Dean..l'importante è che ora lui si riprenda!" cercò di troncare la spiegazione. Inutilmente.
"In che condizioni era, Castiel??!"
"Dean.."
"Che cazzo ho fatto a mio fratello???!!" disse scattando verso di lui e afferrandogli con forza il coletto del trench. E quando si rese conto che Castiel non voleva rispondergli, cominciò a strattonarlo e ad infuriarsi. “Che cosa ho fatto a mio fratello!!??” gli gridò contro ormai esasperato.
"Lo hai ucciso, Dean!! Lo hai ucciso!!", gli rispose dopo non essere riuscito a sottrarsi all’ennesimo strattone. "Sam… era morto quando sono arrivato!"
Dean per un po’ restò come impietrito aggrappato ai vestiti di Castiel. I suoi occhi vagavano atterriti in cerca di una risposta diversa da quella appena udita. Le mani si contraevano nervose sul collo dell’impermeabile di Castiel, che restava fermo davanti alla disperazione che pian piano vedeva dipingersi sul volto dell’amico cacciatore.
Poi accadde qualcosa che Castiel mai si sarebbe aspettato. A cui non aveva mai assistito. A cui non sapeva come reagire.
Lentamente vide Dean allentare la presa e scivolare su di lui, quasi a rallentatore, fin quando l’uomo non fu in ginocchio. Piegato dal dolore. Oppresso dalla colpa.
L’angelo si sentì spaesato e soprattutto stupido, poiché nell’immaginario umano, un angelo avrebbe dovuto e potuto consolare una tale disperazione. Ma lui invece non riusciva a comprenderla. Ma non per che non la capisse, ma perché era strano vederla così vincente su Dean.

L’uomo che aveva fermato l’Apocalisse, che aveva affrontato Inferno, Purgatorio e Paradiso uscendone vincitore. Sopravvivendo a coloro che quei posti li governavano. L’uomo che portava su di sé il pesante fardello di Caino, lottando contro di lui giorno dopo giorno.
Quell’uomo , ora, era piegato e sconfitto ai suoi piedi e lo sentiva piangere sommessamente per quel dolore inconsciamente causato al suo amato fratello.
“Mio Dio…che ho fatto!!...che ho fatto!!.... che ho fatto!!” continuava a ripetere silenziosamente Dean, mentre si teneva la testa fra le mani.
Ecco a cosa lo aveva portato quel marchio. Ad infierire su suo fratello. Ad uccidere suo fratello. E come una lama che facilmente gli entrava nel cuore, altrettanto facilmente nella sua mente si facevano strada le parole di Caino quando lo conobbe: “Mi sono sempre sentito legato a te fin dall’inizio. Spiriti affini, direi! Io e te siamo davvero molto simili!
Come Caino, anche lui aveva ucciso suo fratello.
“Ne verrete fuori, Dean. Voi ne venite sempre fuori!” disse dopo poco o forse molto tempo, l’angelo, ancora al suo fianco.

****
Sam aprì piano gli occhi. Fece fatica ad abituarsi di nuovo alla luce dopo essere stato, per un tempo che non sapeva quantificare, al buio. Mise a fuoco con difficoltà quello che aveva intorno, fin quando i  suoi occhi non si fermarono su una figura ben definita e nonostante tutto quello che ricordava, amata. Ma se lui sentiva felicità nel rivedere il volto fraterno, Dean, con aria colpevole la prima cosa che riuscì a dire al fratellino appena ritornato a lui, fu un amareggiato: "Mi dispiace, Sammy. Dio solo sa, quanto mi dispiace!"
Sam ricordava quello che era successo nel magazzino, la furia di Dean, il primo colpo violento rivenuto che lo aveva letteralmente stordito. Ricordava il vano tentativo di calmarlo, di farsi riconoscere mentre Dean continuava a colpirlo, convinto che lui fosse l’ennesimo demone da distruggere. Ricordò la fitta dolorosa quando il primo fendente gli attraversò impietoso, il petto. E poi ricordò anche il secondo e il terzo. Poi, più nulla, perché Dean lo aveva ucciso.
Ma stranamente non riusciva a portargli rancore, perché sapeva, che mai e poi mai se Dean, se suo fratello , fosse stato lucido, lo avrebbe colpito. Per quanto fosse ancora stordito dalla situazione, era pienamente cosciente che Dean non era colpevole. Ma sapeva che Dean, con o senza il suo perdono, non se la sarebbe mai perdonata.
 
Passarono giorni e Sam potè lasciare l’ospedale con una delle solite scappatoie che spesso usavano i due fratelli, per sparire dalla circolazione, quando la loro permanenza in un posto diventava troppo lunga.
Castiel li lasciò, per seguire una nuova pista su Caino, mentre loro tornarono al bunker e sebbene l’argomento non venne mai affrontato apertamente, Sam vedeva il tormento che pesava sull’animo di suo fratello. Di contro, Dean, aveva capito che il fratello avrebbe tirato fuori la questione prima o poi, ma lui ancora non sentendosi pronto, sviava sempre o trovava sempre qualcosa per evitare di confrontarsi.
Il maggiore sapeva che Sam gli avrebbe detto che lo perdonava, che aveva capito quel suo agire così assurdo e violento, ma sapeva anche, che era lui che non voleva perdono o comprensione, ma che con ogni fibra del suo corpo voleva solo che Castiel mantenesse la promessa che gli aveva fatto , quel giorno, in quel ristorante. Quel dannato limite lo aveva passato. Con Randy e i suoi compari, con Metatron e ora, maledicendosi, con il suo Sammy.
E questo era troppo. Davvero troppo.
 
Ma tutto, finalmente o purtroppo, esplose di mattina presto.
 
Avevano trovato un nuovo caso e sarebbero dovuti partire per controllare, ma stranamente Sam ancora non scendeva nemmeno in cucina per il suo solito assurdo caffè biologico.
Dean, dopo aver sistemato tutto nell’Impala, andò verso la camera di suo fratello, entrò e lo vide sdraiato sul un fianco e gli dava le spalle.
Lo chiamò. Una , due , tre volte.
Ma Sam sembrava davvero ancora sprofondato nel mondo dei sogni. Il maggiore si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla per scuoterlo e poterlo , così , svegliare. Ma non appena lo toccò e serrò di poco la presa, Sam, che aveva una mano infilata sotto il cuscino, la tirò fuori e velocemente, puntò la pistola che teneva stretta in quella stessa mano, dritto in mezzo alla fronte di Dean, che restò fermo immobile. Il respiro assente, le mani ferme a mezz’aria in segno di resa. Gli occhi fissi su Sam.
“Oddio, Dean!!...potevo spararti!” fece il minore disarmando immediatamente la pistola.
“Credo che tu ne abbia tutto il diritto, Sammy!” fu la prima risposta che gli venne fuori. E poi per evitare di aprire “quel” discorso chiese ancora: “ Da quando dormi con la pistola sotto il cuscino?!”
“Dean, abbiamo sempre dormito armati. Se non era una pistola , era un pugnale!!” gli ricordò Sam, mentre si metteva seduto sul letto.
“Non da quando viviamo al bunker!...ma sai?!...posso capirlo, dopo quello che è successo, dopo quello che ti ho fatto…posso capirlo!”, ma perchè era lui a tirare in ballo sempre il discorso. Cazzo, Dean!! Chiudi il becco!!, si rimproverò il maggiore.
“Capire cosa, Dean?!” ormai era fatta, anche se Dean tentò inutilmente di schivarla anche questa volta.
“Niente!” provò.
“Capire cosa??!” fece più autoritario Sam, che si alzò dal letto e si impose al fratello.
“Che tu abbia paura di me, Sammy.” rispose Dean a quella presa di posizione fisica.
“Ma cosa …”
“Non ti preoccupare! Tranquillo, fratellino. Mi faccio paura anche io, quindi tu sei più che giustificato!” disse mentre cercava di guadagnare l’uscita dalla camera di Sam.
“Davvero?..E’ davvero così che finalmente vuoi iniziare questa conversazione?!” lo provocò Sam sorpassandolo ed impedendogli di uscire.
“Io non voglio iniziare niente Sam.” Cercando ancora di uscire e finendo di nuovo bloccato dal minore, che gli impediva di fuggire. Sì, perchè Dean voleva fuggire da quella stanza e da quella conversazione. Era troppa la colpa. Troppa la vergogna di quella colpa.
“Ma io si, e ora tu mi ascolterai.”
“Lascia stare, Sammy. Anzi, sai che ti dico??...questo posto non ha mai fatto per me, troppi libri, troppo sapere, troppa aria di intelligenza. Te lo lascio.” E con uno strattone spostò di lato Sam e finalmente uscì dalla stanza e per un attimo gli sembrò di tornare a respirare, fin quando non si accorse che Sam lo stava già tampinando di nuovo. Il fratellino davvero non aveva nessuna intenzione di mollare questa volta.
“Cosa?!”
“Mi troverò un posticino qui attorno e quando ci sarà da uscire per una caccia, faremo come i bravi colleghi e passerò a prenderti!” disse mentre usciva dalla stanza e andava verso la grande sala del bunker.
“No. No. No. Ehi!! aspetta!! Che dici…tu..tu adori questo posto!! Hai sempre detto che per la prima volta qui ti senti come a casa, che finalmente hai una stanza tutta tua e ora?…ora dici che questo posto non fa per te. Ma fammi il favore!!” esclamò esasperato Sam, mentre afferrava per un braccio Dean e lo costringeva a fermarsi e a guardarlo. “Tu non te ne andrai, Dean. Tu non mi lascerai qui da solo!” disse con una sicurezza ferma e decisa. Dean si sentì pervaso da un tenero orgoglio nel sentire quelle parole, ma per quanto si fosse sforzato di fare finta di niente, non si era perdonato quello che aveva fatto.
“Ti ho fatto del male, Sammy!” disse con un tono pregno di colpa, rancore e rimorso.
“Lo so!” non negò il minore.
“Io ho infierito su di te!” disse amareggiato.
“Lo so!”
“Ti ho colpito senza pietà!” provò a scuoterlo.
“Lo so!”
“Io ti ho ucciso!” concluse quell’assurda lista sperando in una reazione più rabbiosa da parte del fratello. Ma ciò non avvenne.
“Lo so!” rispose ancora e semplicemente Sam.
“E come non fai ad odiarmi e a non aver paura di me?!” Sembrò rimproverarlo. Lui meritava l’odio di Sam. Meritava di essere preso a pugni, punito, offeso per quello che gli aveva fatto. Meritava la rabbia di suo fratello. Meritava di non essere perdonato. Meritava di essere disconosciuto. E invece…..
“Perché sei mio fratello!”
“No. Non lo sono!” fece sconfitto da quelle parole.
“Cosa?!” chiese non stupito, Sam, ma più che altro… addolorato.
“Non lo sono. Non più, da quando questo maledetto marchio mi ha intossicato.” disse guardandosi il braccio infetto e poi di nuovo Sam.
“Non sarà quel marchio ad impedirmi di volerti meno bene. Non sarà l’assurda maledizione che si porta dietro il bastardo che te lo ha passato ad impedirmi di fare tutto ciò che posso per aiutarti e guarirti…” gli assicurò Sam, mettendosi di fronte a quel fratello tanto amato quanto schiacciato dai suoi infiniti sensi di colpa.
“Sammy, lui non….” pensando a Caino e a quello che era capace di fare quell’uomo?, quel demone?, quel ..dio?, quell’essere? Non sapeva nemmeno come qualificarlo.
“Lui non ti avrà, Dean. Non glielo permetterò!” gli promise deciso.
“E come pensi di fare, Sammy ?…come pensi di impedirglierlo?!” e Sam potè sentire in quelle domande tutta l’amarezza e lo sconforto di una imminente resa da parte di Dean.
“Se vuole te, dovrà uccidere prima me!” disse senza pensarci, anche perché, non c’era niente su cui pensare. Quello era il loro patto. Sam e Dean Winchester se devono affondare , lo faranno insieme. E’ così. È sempre stato così e sarà sempre così.
“Beh!! io ci sono andato vicino…anzi, se non fosse stato per Cas, avrebbe già vinto!” provò a smorzare la decisione di quell’eroica provocazione che aveva tutti i sapori di una sfida all’ultimo sangue.
“Oh no!!, se mi vuole morto, dovrà avere le palle per affrontarmi e farmi fuori con le sue mani e credimi dovrà impegnarsi parecchio , perché non gli renderò le cose facili!” disse dipingendosi sul viso un aria strafottente che non apparteneva a Sam , ma apparteneva a lui. Ma quante volte , il “piccolo Sammy” di 4 anni o il “Sam” delle medie o anche il “Sammy” che cacciava con lui , aveva ripetuto fino all’esasperazione che voleva essere come suo fratello Dean??
“Sammy…”
“Ti prego…ti prego , Dean!” fece il minore fermando le parole del fratello.“ Ti conosco e so come ti senti adesso. Tu ti senti in colpa anche se solo discutiamo, anche se poi tieni il broncio più di me, e perciò adesso non oso immaginare quello che ti sta bruciando dentro. Ma ti prego…ti supplico, credimi quando ti dico che io non te ne faccio una colpa. Sono qui!” gli disse con forza  stringendogli le mani intorno alle spalle. “Sono vivo!”, fece ancora rafforzando quella presa e raddolcendo il tono, vedendo che anche lo sguardo di Dean si raddolciva al suono delle sue parole. “E sono ancora al tuo fianco e ti sto chiedendo di non arrenderti. Ti sto chiedendo di combattere. Con me. Al mio fianco. Io e te contro il mondo, ricordi?”
Dean per un attimo abbassò lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quello del fratello. Nella sua mente milioni di pensieri. Altrettanti dubbi. Il doppio di paure. L’unica certezza era la presa di Sam che era ancora forte su di lui, che ancora non lo lasciava andare. Sam ci credeva. Sam voleva con ogni fibra del suo corpo che anche lui ci credesse e glielo stava chiedendo. Anzi, lo stava supplicando.  Gli aveva fatto del male, del male vero. Ma il suo testardo fratellino si era dimostrato talmente coraggioso da trovare la forza di perdonarlo.
Ora , non poteva deluderlo.  Si divincolò dalla presa del minore e si allontanò poco da lui. Fissò il vuoto, poi le enormi distese di libri e conoscenza che aveva attorno.  E infine tornò a posare gli occhi su Sam. Decise!
“E la pistola sotto il cuscino?”
Sam sorrise, perché nonostante la richiesta assurda aveva capito che il fratello aveva deciso e lo aveva fatto per il meglio. “L’ho sempre avuta, Dean! Lo chiameremo anche “bunker” ma questo posto non è più a prova di soprannaturale. Crowley? Kevin? Gadreel? Sembra una stazione di servizio sempre aperta…insomma comincia a fare acqua!” si giustificò e Dean alzando le sopracciglia e gli occhi al cielo, non potè dargli torto.  Poi vide Sam farsi serio.
“Che c’è. C’hai ripensato?!” chiese ironicamente il maggiore.
“Non mi fa paura quel marchio, Dean. Mi fa paura l’idea che tu voglia arrenderti e abbandonarmi!” rispose , invece, Sam, riguadagnando di nuovo la vicinanza al fratello.
“Io non voglio farlo, Sammy!” ammise finalmente Dean. Lo sguardo disorientato, gli occhi smarriti.
“E allora non farlo.” Lo incoraggiò Sam.
“Come faccio!?” sussurrò appena Dean, mentre con tutte le sue forze cercava di restare lucido, di dimostrare forza. Era consapevole di aver oltrepassato il limite. Di essere diventato un mostro anche se Sam non avrebbe mai accettato, per lui, una simile definizione. Ma Sam, lo stupì ancora e sembrò leggergli dentro e quello che gli disse , sembrò, almeno per il momento, chetare le paure del maggiore.
“Tireremo un'altra linea di confine e questa volta, ti aiuterò a non passare il segno!”, gli disse certo che ce l’avrebbero fatta.

Sam guardò suo fratello negli occhi, cercando in quello sguardo il pieno appoggio e quando il verde che lo fissava iniziò di nuovo a brillare, non ci fu bisogno di parole o di promesse. Bastò il gesto più semplice del mondo a sancire un patto stabilito dal primo momento che i loro occhi si incrociarono quando Sam venne al mondo.
Bastò un abbraccio.
   
 
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