Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Clockwise    18/02/2015    5 recensioni
Sente che questa è una serata sospesa nel tempo, dove tutto può essere e sarà privo di conseguenze, perché questa sera in realtà non esiste.
Sente con consapevolezza disarmante ogni secondo che le scorre sulla pelle, ogni granello di sabbia che cade nella clessidra, e i sempre meno che rimangono sospesi sopra di lei. Se il carpe diem ha mai avuto un senso, eccolo qui.

Amare.
(The Smiths)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Unloveable

The City of Lights

 

 

«Non posso crederci» ansima, allacciandosi la cintura di sicurezza. Si volta per guardare dietro di loro, nel nero deserto.

«Non posso crederci» sussurra di nuovo, i grandi occhi azzurri spalancati nell'oscurità. Sherlock si limita a saettare per un istante lo sguardo verso di lei, mentre schiaccia il piede sull'acceleratore.

«Faresti meglio ad iniziare.»

Irene annuisce, senza pensarci. Deglutisce e appoggia la testa all'indietro sul sedile, chiudendo gli occhi con un respiro profondo e tremante. Aveva creduto di averli già terminati.

«Dove andiamo?»

«All'aeroporto. Hai un volo per Singapore fra tre ore.»

Irene annuisce di nuovo. Schiude gli occhi e si volta verso il finestrino. Il deserto li circonda, interminabile, ovunque uguale – sembra che non si muovano affatto. Sherlock coglie con la coda dell'occhio la mano di Irene accostarsi fugace alle guance. Si schiarisce la gola.

«Tutto bene?»

Irene volta il bel viso verso di lui, incredula. La voce bassa, il tono forzatamente indifferente, maschera di un sincero interessamento, le hanno scosso il cuore. Ora che lo vede, non riesce a staccare gli occhi da lui. Annuisce.

«Ho ancora la testa sul collo.»

«Ottimo risultato, direi.»

«Come hai fatto? Come sapevi che ero lì? Te l'ha detto tuo fratello?»

Sherlock scuote impercettibilmente la testa. Le lancia un'occhiata storta.

«Ho le mie fonti.»

Irene deglutisce.

«A proposito di tuo fratello... Quella sera...»

Si morde le labbra, il petto in tumulto al solo ricordo: il suo viso marmoreo illuminato dal fuoco, tradito, umiliato, deluso, e alla fine vittorioso ma amaro. Quella sera aveva sentito di avere di nuovo un cuore quando lui l'aveva frantumato – anche se, a ben pensarci, lei stessa l'aveva infilzato con il tacco a spillo, come per spegnere una sigaretta, e poi lui gli aveva sferzato il colpo di grazia.

«Caring is not an advantage

«No, Sherlock, io...»

È una serata strana, questa. Nessuno indossa la propria maschera, stasera, tutti i normali schemi e regole e rapporti sono gettati all'aria. Irene è ancora tremante e impaurita – non può negarlo a sé stessa –, Sherlock dimostra di tenere ad un altro essere umano che non sia lui stesso o John Watson. Irene ha visto da vicino il ghigno della morte, forse è giusto che il mondo si sia ribaltato.

Sente che questa è una serata sospesa nel tempo, dove tutto può essere e sarà privo di conseguenze, perché questa sera in realtà non esiste – lei dovrebbe essere morta. Sente con consapevolezza disarmante ogni secondo che le scorre sulla pelle, ogni granello di sabbia che cade nella clessidra, e i sempre meno che rimangono sospesi sopra di lei. Se il carpe diem ha mai avuto un senso, eccolo qui.

«Sherlock, io e te siamo più simili di quanto tu non creda. Entrambi abbiamo creduto di aver perso il cuore, entrambi vorremmo vivere senza amore, ma non è possibile. Ormai è chiaro anche per te, vero?»

Ha il coraggio di guardarlo solo perché lui fissa immobile la strada. Il cuore le batte forsennato come se stesse per essere uccisa di nuovo.

Prende fiato e continua.

«Mi hai insegnato molto, Sherlock. Vorrei dire il contrario, ma voglio essere onesta. Ecco, ho imparato anche questo, pensa un po'.

Ho ritrovato una parvenza di umanità, grazie a te, ho ritrovato quella fragilità che credevo di aver perso. Mi hai fatta a pezzi, in effetti. Non so se devo ringraziartene. Non mi riconosco quasi più.»

Sherlock continua a guidare. Forse Irene si immagina le sue nocche sbiancare sul volante, i muscoli contratti e vibranti del braccio, della mascella, quella mascella che vorrebbe...

«Ti bacerei, Sherlock. E non è da me mantenermi così sul platonico, credo che tu l'abbia capito. Ma con te... Siamo troppo simili, troppo fragili, nonostante tutto quello che abbiamo voluto credere, non possiamo andare oltre. Non so se siamo capaci di amare, noi due. Non so se amare sia una buona cosa. Dopo quello che è successo a Londra, dovrei pensare di no, ma... cos'è che ti ha portato qui, Sherlock? Non è amore, non sono così presuntuosa, ma ci si avvicina. E se sono stata io a creparti il cuore fino a questo punto... ne sono orgogliosa. Perché non potrai amare me, ma potrai amare qualcuno che sarà in grado di ricambiarti come meriti, granello per granello. È il grande ossimoro della vita: amare, soffrire, amare ancora.

Grazie, Sherlock.»

Irene attende una qualsiasi reazione, ma lui continua a guidare in silenzio. E più il tempo scorre, più ad Irene sembra di essersi sognata tutto. Quanto tempo è che stanno così, immobili e silenziosi mentre il deserto scorre nero intorno a loro? Forse non ha mai parlato. Sherlock non dà segno di aver sentito nulla.

Volta il viso verso il finestrino, stranamente tranquilla. Si vedono le stelle, da qui.

Sherlock la guarda, adesso, guarda il suo viso riflesso nel finestrino. Gli occhi, senza il loro solito trucco pesante, paiono grandi e tanto luminosi da oscurare gli zigomi spigolosi e le labbra pallide.

Amore è una parola pericolosa, per Sherlock. Vive di adrenalina, è vero, ma l'amore lo ha sempre paralizzato e basta.

Ora, si accorge improvvisamente che può esserci molto di più, che la vita è amore del dolore, della paura, del pericolo. Perché ne vale la pena.

Dovrebbe ringraziare Irene, per questo, vero?

Sì, dovrebbe. Ma è pur sempre di Sherlock che si parla. Quindi si limita a lasciarle un bacio sulla guancia prima di sparire con uno svolazzo del cappotto scuro.

 

 

I know I'm unloveable

You don't have to tell me

Oh, message received

Loud and clear

Loud and clear

I don't have much in my life

But take it – it's yours

The Smiths, Unloveable







 

Mi piacciono gli Smiths. Hanno ritmo allegro e testi tristi. 
Cosa c'entra Sherlock con la canzone? Forse niente, però mi piaceva. E non mi ero espressa abbastanza su Sherlock e Irene (adoro il loro rapporto).
Karachi, dove Irene stava per essere decapitata, prima che Sherlock la salvasse tempestivamente (fine di A Scandal in Belgravia), è nota anche come "City of Lights". 
Critiche e pomodori bene accetti!
Adieu!
-Clock

 
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Clockwise