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Autore: Shine_    27/02/2015    7 recensioni
Liam Payne ha ventisei anni, uno studio da dentista nel centro di Brooklyn e una vita molto più complicata di quel che sembrerebbe. Le cose sembrano andare sempre peggio quando, volendo fare un favore ad un amico di vecchia data, assume come stagista un ragazzino arrogante e pieno di sé, con amici altrettanto particolari.
Dal testo:
Si era vestito lentamente, allacciandosi con cura la camicia, mentre pensava all’identità di questo strano ragazzino di quasi diciotto anni che avrebbe passato con lui tutti quei mesi estivi. Sperava solamente di non finire in casini più grandi di lui.
[Ziam; una leggera sfumatura di Lirry in qualche capitolo e punk!Louis che non ci abbandona mai]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You're my end and my beginning

 

« Cause all of me
Loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I'll give my all to you. »

 

Ventesimo capitolo

 

Non odiava suo padre e nemmeno sua sorella, aveva bisogno di spazio e silenzio per riflettere; non che al parco fosse tranquillo, però poteva tenere i piedi sulla tavola e chiudersi in quella bolla di concentrazione. Non voleva affrontare gli sguardi di Yaser e i “Ci hai pensato?”, la risposta era sempre uno stringersi nelle spalle e bofonchiare di avere sonno, di doverci pensare meglio e di avere ancora tempo.

Sapeva però che di tempo non ce n’era quasi più, che era una decisione su cui non doveva ragionare troppo, era un treno da prendere e non farselo sfuggire, era tutto quello che aveva sempre sognato e quello per cui stava combattendo da anni. Era la promessa che aveva fatto alla madre di fronte alla tomba e, se anche aveva trovato un motivo per restare, non poteva essere forte quanto il motivo per cui voleva partire.

Doveva vincere quella coppa per lei, farle vedere che ce l’aveva fatta ed era merito suo, lei che l’aveva sempre spinto a rialzarsi e non aver paura di cadere. Non c’erano seconde opzioni, lo sapeva bene, doveva partire e afferrare il sogno.

Louis gli era saltato al collo non appena gli aveva riferito di quella notizia, una delle poche dimostrazioni d’affetto tra loro, e aveva poi cercato di tornare quello di sempre con una pacca contro la spalla e “Vedi di non dimenticarti di me, Malik”. Non c’era stato bisogno di altro per mettere le cose in chiaro tra loro, non ne avevano bisogno, si erano sempre capiti al primo sguardo, le parole erano qualcosa di superfluo, e allora si era lasciato distrarre, aveva ascoltato i suoi discorsi sulla ragazza che il padre gli aveva trovato nel letto e aveva riso fino alle lacrime; non poteva permettersi di essere triste, c’era ancora tempo.

Il problema non era Louis, non era mai stato lui, ma tutt’altra persona gli impediva di essere davvero felice per quella partenza, come lo sarebbe stato solo un mese prima. Aveva conosciuto un ragazzo - un uomo, visti i suoi anni - e non era riuscito a tenersi lontano da lui, era più una vittoria personale il riuscire a conquistarlo; diamine, un uomo ben formato e che sarebbe caduto ai piedi di un ragazzino era una grande impresa. Si era rivelato impossibile riuscire a superare quelle barriere che aveva eretto per proteggersi, Louis la definiva una “missione suicida” e “sarà la tua rovina, Malik” - ricordandogli continuamente che avrebbe perso più di un paio di occhiali da sole -, ma lui non voleva arrendersi, non quando poteva avere quell’uomo così borioso e pieno di sé. Gli avrebbe mostrato che nessuno, nemmeno lui, poteva essere immune al suo fascino; poi si divertiva a guardare il suo viso accendersi di rabbia, come si innervosiva non appena lo riconosceva e come lo spingeva per cacciarlo. Era tenero e buffo, era attraente e nascondeva qualcosa di meraviglioso dietro quella corazza.

Era bastato gliene facesse intravedere una piccola parte per farlo cadere in quella trappola, per fargli desiderare di più e spingerlo a conoscere meglio la sua storia, quel che celava dietro quegli occhi spenti e stanchi. Era solo molto curioso e gli piaceva passare del tempo con lui e con quella bambina - “Aileen è proprio un nome da principessa”, le aveva detto il primo giorno in cui si erano conosciuti -, sapeva che gli avrebbero cambiato la vita per sempre.

E poi improvvisamente Liam gli aveva raccontato ogni cosa, aveva sputato fuori quello che teneva chiuso da chissà quanto tempo e come poteva evitare di cadere? Come poteva restare impassibile di fronte ai suoi occhi lucidi, a tutto il suo dolore e l’ostinazione con cui si incolpava di cose passate? Ora non sapeva più se era stato il suo essere così fragile ad averlo conquistato, o se doveva cercare la causa in quel sorriso luminoso che gli rivolgeva l’attimo dopo. Però era certo di essersi innamorato, era totalmente perso per lui, per ogni dettaglio suo e di quella bambina troppo dolce.

Era sicuramente quello il motivo per cui non riusciva ad alzarsi da quel letto, per cui non aveva risposto al messaggio del padre - «Tra quanto torni? Dobbiamo caricare le ultime cose e mi avevi promesso il tuo aiuto» - e stava sfiorando il viso del maggiore con la punta delle dita. Lo stava tenendo ancora stretto e non credeva di avere la forza di allentare quel braccio che lo bloccava contro il suo petto caldo; non poteva essere così crudele da obbligarlo a essere forte, a liberarsi da lui per andare via. Era quindi rimasto con le dita strette alla sua camicia, le gambe intrecciate alle sue e il viso nascosto contro il suo collo, respirando il suo odore e memorizzandolo, trattenendo le lacrime ma bagnandogli la camicia.

C’era quel brutto odore di alcool e vomito - l’aveva obbligato a non cambiarsi la sera prima, non voleva perdere quei minuti preziosi - ma non era ancora qualcosa di sufficiente a farlo staccare da lui, a farlo liberare di quella stretta e alzarsi dal suo letto, uscire da quella casa e non tornarci più. Forse avrebbe dovuto parlargliene, informarlo del tempo che scorreva veloce e impetuoso, ma era stato lui a ripetergli di inseguire i suoi sogni, di prendere quella dannatissima coppa e vincere per se stesso. Non pensava però sarebbe stato così difficile, sia il tenere quel segreto che la partenza.

Si sentiva un disperato mentre stava aggrappato alle sue spalle e deglutiva per cacciare il pianto esplosivo; non poteva prendersi il lusso di svegliarlo, non sarebbe riuscito a parlare e si sarebbero fatti ancora più male. Come poteva dirgli addio? E come poteva non dirglielo? Qualsiasi scelta sarebbe stata dolorosa, una pugnalata nel cuore, ma forse in quel modo, se a soffrire fosse stato solo lui, avrebbe fatto meno male. No, non avrebbe retto al dolore nei suoi occhi.

Proprio per quel motivo prese un respiro, portò una mano dietro la schiena e strinse le dita attorno al suo polso, scaricando la tensione con i denti sul labbro inferiore mentre gli spostava il braccio e si liberava da lui. Non riuscì a resistere dallo sporgersi verso di lui, premere le labbra contro la sua fronte e bisbigliare: - Sii felice, Lee.-, vedendo le sue labbra piegarsi in un sorriso e rendendo troppo difficile il restare lì fermo.

Fece tutto nel minor tempo possibile, lasciò la maglia piegata sul letto e cercò di indossare i propri vestiti con le mani che non avevano smesso di tremare. Si lasciò quella camera alle spalle proprio mentre lo sentiva ripetere il proprio nome, strofinò i palmi contro le palpebre e cancellò le ultime tracce di pianto, recuperando lo zaino e lo skate.

Non uscì immediatamente da quella casa, aveva un’altra cosa importante da fare e che lo guidò fino alla stanza della bambina, per poi recuperare un vecchio peluche dallo zaino e lasciarlo tra le sue braccia, spostandole i capelli dietro l’orecchio e correndo quasi verso la porta, lontano da loro.

Aveva percorso semplicemente il corridoio, raggiunto l’ingresso e poggiato la mano sulla manopola d’ottone, quando aveva sentito dei passi leggeri e una serie di domande - “Dove stai andando?” “Cos’è questo?” - pronunciate da una voce infantile e assonnata.

- Non dovresti dormire, principessa?- le chiese con un tono allegro, cercando di non mostrarle la tristezza e nascondendola dietro un sorriso vispo. Stava osservando in silenzio come le sue braccia sottili stessero strette attorno a quell’orsacchiotto di peluche, una serie di ricordi che lo riempivano di nostalgia, e la vide fare dei piccoli passi verso di lui mentre bisbigliava: - Non è il mio compleanno oggi e Lili dice che si fanno solo per quello.. o se parti per tanto tempo. Stai andando via, Zee?-

Chiuse per qualche secondo gli occhi, gli serviva per prendere coraggio e affrontare quella discussione, prima di piegarsi sulle ginocchia e invitarla con un gesto a raggiungerlo, appoggiando una mano sulla sua spalla e sussurrando: - Devo dirti una cosa importante.-

Solo al suo cenno d’assenso, a come stringeva il peluche al petto, si decise a riprendere il discorso, a premere le dita contro la sua spalla e tenere gli occhi fissi nei suoi mentre spiegava: - Sei importante, Aileen. Per me, per Lili e per tante altre persone. Non lasciare che nessuno ti dica il contrario o che ti faccia sentire diversa, tu sei speciale.-

- Diventerai bellissima, proprio come tua mamma. E so che Lili non ti ha mai fatto vedere sue fotografie, vuole tenerle nascoste solo per lui, tu chiedigli di mostrartele e guarda bene quel che vuoi essere, chi vuoi essere. Ti sentirai sola, lei ti mancherà tanto, però lei è con te, lei può ascoltarti e non lascerà mai il tuo fianco. Questo pupazzo me l’ha regalato la mia, proprio quando avevo la tua età, e lo tenevo sempre stretto in quei momenti, mi aiutava a sentirla vicino.-

Non riuscì a trattenere il sorriso intenerito, assieme ad una lacrima, al suo “Non serve a te, Zee?” e scosse il capo, spostando una mano tra i suoi capelli e bisbigliando: - Io sono diventato più forte e non ne ho più bisogno, ora serve a te.-, come se fosse un segreto solo loro. Strizzò persino un occhio per mantenere quel tono scherzoso e vide la sua fronte corrugata in un’espressione pensierosa, mentre stringeva il peluche e chiedeva: - Ma poi torni a prenderlo, Zee?-

- Non devi aspettarmi, altrimenti non riesci a apprezzare il tuo viaggio.- sussurrò dopo qualche minuto di silenzio, più per cercare le parole giuste che per trattenere il pianto. - Però tornerò, sì. Tornerò, piccola principessa. E ti abbraccerò forte proprio come ora.- concluse con una certa fretta, attirandola tra le proprie braccia e chiudendo gli occhi per non lasciarsi prendere dalle emozioni.

Gli sembrò che il sangue fosse gelato nelle vene, non appena la sentì mugugnare “E Lili?”, premendo il viso contro la sua spalla per non scoppiare a piangere ai suoi continui “Lili non vuoi salutarlo?”, “Perché non parli con Lili?” e “Avete litigato? Per questo scappi?

- Non sto scappando.- borbottò con una smorfia, allontanandosi da lei e vedendo le sue braccia incrociate e la sua smorfia infantile, come a chiedergli se ne fosse davvero sicuro. - È complicato, Lee lo capirà, sono cose da adulti.-

Ignorò il suo sbuffo, quel suo giudicarlo con una sola occhiata, e appoggiò entrambi i palmi sulle sue spalle, sussurrando con un tono serio: - Devi promettermi una cosa, è un compito importante e difficile.-

Solo dopo due minuti di silenzio e indecisione la piccola si decise ad annuire e “Promesso”, detto col suo tono leggero e frizzante. Tenne gli occhi fissi nei suoi, come a rendere chiara la serietà di quella promessa, e mormorò: - Devi promettere che renderai Lili felice.-

- Sei bravo tu, Zee. Perché non lo rendi felice tu?- la sentì chiedere con un tono acuto e spaventato, facendogli scuotere il capo e ripetere: - Io ho un impegno importante che mi terrà via per un po’ di tempo, tu sei l’unica che può farlo.-

- Aileen.- ripeté il suo nome nel vederla ancora sconvolta per quell’informazione, come ripeteva continuamente di non poterlo fare e di restare con loro, non andare via e non lasciarli soli. - Lili.. il nostro Lili è proprio come il mio baba, sembrano forti e noi pensiamo siano eroi, crediamo che niente riesca a distruggerli. Invece sono tanto fragili anche loro, sono come noi e il nostro compito è star loro vicino e farli ridere, farli ridere tanto per cacciare via la tristezza. Mi prometti che lo farai? Anche per poco, Aileen, fallo sorridere. Non è bellissimo quando sorride? Non vuoi vedere il tuo Lili felice?-

- Tu non andare via.- la sentì ripetere con fare testardo, impuntandosi su quel concetto e ripetendo: - Se tu non vai via, lui è felice.-

- È importante che io vada in questo posto.- cercò di spiegare alla piccola, stringendo le dita attorno a una zampa dell’orsacchiotto con un sorriso triste. - Lili mi ha detto di andare, perché lui vuole che io sia felice e questa cosa mi renderebbe davvero felice. Anche se mi fa male separarmi da voi.-

Lei ignorò tutto quanto, indicando solamente il pupazzo e ripetendo con gli occhi lucidi: - Torni a prenderlo, Zee?-, ottenendo un cenno d’assenso del ragazzino e “Te lo prometto, ritornerò da voi”. La abbracciò dopo quell’ultima frase, premendo ripetuti baci tra i suoi capelli assieme a promesse di un ritorno, aggiungendo di non piangere perché “una principessa deve essere forte”, e poi lasciò un ultimo bacio contro la sua guancia, un invito a tornare a riposare e si chiuse la porta alle spalle con lo skate stretto sotto il braccio.

 

 

Aveva aiutato il padre con gli ultimi scatoloni, quelli pieni di arnesi della cucina e che aveva caricato sul camion, e si era nascosto dietro casa per fumare una sigaretta prima della partenza, aveva cercato di scacciare quella sensazione di vuoto che gli opprimeva il petto e di non pensare a Liam, al fatto che di lì a poco si sarebbe svegliato e sarebbe stato solo. Sperava solo di non essere odiato per la mancanza di coraggio nel dirgli addio, di essere in un certo senso capito dal maggiore.

Safaa stava correndo per il giardino, stava rincorrendo qualche farfalla e cadeva puntualmente sulle ginocchia, mentre lui stava a braccia conserte ad ascoltare la parlantina sciolta di Louis, come stava analizzando con calma e con troppi particolari la piccola gita in famiglia del giorno precedente. Suo padre stava sistemando le ultime cose in macchina, controllando che ci fosse tutto e cercando di chiamare a sé i figli; Zayn voleva andarsene e Louis non faceva altro che parlare di cose futili, quando lui voleva solo spingerlo via e nascondersi da qualche altra parte. Lontanissimo da Brooklyn e anche dalla California, lontano da Liam e da quelle decisioni faticose.

- Dammi solo questo abbraccio e facciamola finita, Lou!- gridò nel momento in cui perse la pazienza, indicando alle proprie spalle la bambina che veniva caricata in macchina tra i lamenti e “Stavo per prenderla, baba!”. - Si fa così per evitare il dolore, uno strappo veloce e passa.- aggiunse con quel suo tipico stringersi nelle spalle, come se non gli facesse alcuna differenza quell’ultimo abbraccio o il pensiero di non poter averlo accanto.

Strizzò gli occhi non appena si trovò tra le sue braccia, appoggiando la fronte contro la sua spalla e scosse il capo con una risata lieve nel sentirlo borbottare: - Non divertirti senza di me, Malik.-

- Non dire stronzate, Lou.- mormorò con l’accenno di un sorriso, spingendo un pugno contro la sua spalla e aggiungendo: - Sei l’unico con cui condivido il divertimento, in California diventerò un alunno modello senza la tua influenza!-

- Ci conto.- ribatté immediatamente il ragazzo con gli occhi azzurri, lasciando che le sue parole si riempissero di mille significati mentre mormorava: - Rendimi fiero, Zayn Malik. Fai vedere a tutti di che pasta sei fatto e che ti ho insegnato.-

- Testa alta e affronta i tuoi nemici.- ripeterono assieme con lo stesso identico sorriso, scambiandosi un ultimo abbraccio e “Non dimenticarti di me”.

Si stava dirigendo a passo svelto verso la macchina quando Louis gli aveva stretto il braccio, l’aveva coinvolto in un ennesimo abbraccio e aveva sussurrato contro l’orecchio: - Sta arrivando Liam, aspetta ancora per poco.-

Si era allontanato con uno scatto da lui, come se si fosse bruciato a quelle parole, e aveva scosso la testa con un groppo improvviso nella gola, mentre cercava di allontanarsi e ripetere come in una cantilena: - Non voglio vederlo.-

- Zay.- lo richiamò l’altro con un tono dolce, come se stesse parlando a un bambino e non a un suo coetaneo. - Ti conosco così bene da sapere che lo vuoi anche tu, che ti pentirai di non averlo salutato non appena metterai piede in macchina. E devi affrontare il nemico, non è quello che ti ha insegnato Tommo?-

Non riuscì a trattenere il “Fottiti, Louis” e “Sei uno stronzo”, per poi incidere le unghie nei palmi e guardare a terra mentre sussurrava: - Ti voglio bene.-

Sentì la pacca contro la spalla e il “Con una buona dose di coraggio riesci ad affrontare le cose più difficili”, per poi ascoltare i suoi passi che si allontanavano, come raggiungeva la macchina e “Allora, Yas, deciso tutto? Sei pronta per partire all’avventura, Saf?”.

Non passò molto prima di vedere la sua figura avvicinarsi, le dita che passava insistentemente tra i capelli e la maglietta che aderiva in modo perfetto ai muscoli delle spalle, ma decise di puntare gli occhi sui propri piedi per non doverlo affrontare così presto. Cercava di pensare a quel che avrebbe potuto dirgli, a come spiegargli il motivo di quelle scelte, però il suo cervello non sembrava voler collaborare, gli ripeteva in modo continuo “Lui è qui”, “Lui è innamorato di te”, “Lui ti vuole”. E nonostante tutto non riusciva a essere pienamente triste da quella separazione, avrebbe gareggiato per quella coppa e aveva tutte le possibilità di vincerla; l’inseguire un sogno implica dei sacrifici, era quello che gli ripeteva sempre la madre a ogni caduta. Quindi poteva perdere Liam, avrebbe perso quell’uomo magnifico e il trio che avevano creato, e doveva rinunciare al sogno di creare una famiglia con lui - era più una realtà già esistente quella - ma la sua vita non finiva con lui. Separarsi da lui l’avrebbe spinto a dare di più, a lottare con più forza; come poteva non farlo se per gareggiare aveva rinunciato all’amore che stava nascendo tra loro?

Prese un respiro quando percepì i suoi passi fermarsi, tenendo gli occhi fissi sui piedi e biascicando il suo nome con un inizio di spiegazione, ma fu costretto a interrompersi al verso di Liam e al suo “Non ti odio”. Sollevò tentativamente gli occhi su di lui, inclinando il viso per studiare la sua espressione e trovarci un principio di bugia, per poi ripetere in un bisbiglio: - Non mi odi?- e vederlo scuotere il capo con un piccolo sorriso e un’alzata di spalle.

- Ho capito perché non hai voluto..- lo vide muovere la mano con una smorfia, come se non riuscisse a pronunciare quelle ultime parole tra loro a voce alta, e poi i suoi occhi guizzarono alle proprie spalle, mentre passava le dita sul ciuffo di capelli e arrossiva. - Non ce l’ho con te, Zay. Volevo solo vederti e non farti partire con.. non farti pensare che io sia arrabbiato con te. Non è così, sono davvero felice.. per te, sì. Insomma per quanto si possa essere felici.. spero solo tu riesca a farcela.- lo sentì incespicare più volte nella durata del discorso, quel suo tipico cercare di non esporsi troppo e che gli faceva chiudere la gola.

- E so che è difficile, che probabilmente ho rovinato tutto a farmi vedere e raggiungerti. So che nessuno dei due vuole affrontare questo discorso per non doverci pensare. E lo so, Zayn, so che ti sto facendo male per ogni secondo che passo qui di fronte a te. Però io dovevo.. mi sembra di non aver detto abbastanza ieri.. ci sono così tante cose che devo dirti e non voglio farti partire senza averti detto che..-

- Lee.- lo richiamò non appena sentì la sua voce farsi roca, premendo le dita sul suo braccio e scuotendo la testa con un “Non importa” e “Ho capito tutto”. Puntò gli occhi nei suoi al grugnito di risposta, a come sbuffava e gli chiedeva di lasciarlo parlare, che era importante e non avrebbe più avuto occasione di dirglielo. - Non voglio piangere davanti a papà.. o a Louis.- spiegò con un tono più leggero, indicando alle proprie spalle e infilando le mani nelle tasche per scaricare la tensione. - Mi prenderebbero in giro a vita, Lee.-

Riuscì a respirare con più tranquillità nel vedere le sue labbra arricciarsi in un sorriso divertito, nessuna traccia di quel peso che gli attanagliava lo stomaco al suo cenno di saluto in direzione dei due, restando poi impietrito al suo “Un abbraccio non vuoi darmelo?” e al successivo avvolgere le braccia attorno a lui e al corpo che era rimasto in una posizione rigida.

- Pensavo di non riuscire a raggiungerti.- lo sentì bisbigliare con le labbra premute contro la guancia, sciogliendosi contro di lui e muovendo il capo in un cenno mentre sfilava le mani dalle tasche e poggiava i palmi sulla sua schiena. - Ho lasciato Lyn da Amber e avevo paura di perderti, ho preso anche un taxi. Appena mi sono reso conto e la macchina si è mossa.. volevo solo vederti un’ultima volta.- si aggrappò alle sue spalle a quelle parole, nascondendo il viso contro il suo collo per respirare il suo profumo, e annuì ripetutamente ai suoi “Dovevo vederti” e “Il viaggio più lungo della mia vita”.

- Non prendermi per idiota ma sono davvero fiero di te.- sussurrò contro la sua pelle, sentendolo rafforzare la stretta e ridacchiare contro di lui con un cenno d’assenso e un “Non ce l’avrei mai fatta se non fossi stato tu la persona da raggiungere”.

Solo quando il padre lo richiamò, assieme al “Si sta facendo tardi, non voglio prendere il traffico”, si decise a rompere il contatto tra loro, sciogliendo l’abbraccio e torturando il labbro con i denti per evitare i saluti finali.

- Posso dirti ancora una cosa? Solo una.- mosse il capo in un cenno affermativo a quella domanda, pronunciata quasi con disperazione dal maggiore, e strinse le braccia al petto al suo continuare: - Volevo solo ringraziarti, Zayn. Abbiamo passato poco tempo assieme, questo è vero, però tu sei riuscito a fare qualcosa di impossibile. Mi hai fatto sentire bene, amato e hai cacciato i nuvoloni grigi a cui stavo aggrappato. E mi hai dato il coraggio, mi hai fatto vivere di nuovo. Anche ad amare nel modo giusto, se davvero esiste.-

- Io devo ringraziarti se sono riuscito a prendere uno stupido taxi e se sono certo di poter ricominciare, di riuscire a vederti andare via e non morire con te. Anche se fa male, perché non è che non faccia male sapere che potrebbe essere l’ultima volta che..-

- Lee.- cercò di richiamare la sua attenzione e di supplicarlo con un solo sguardo di chiudere quel discorso, di non voler mostrarsi debole e di aver capito senza il bisogno di dover pronunciare quelle parole. - Hai fatto tutto tu, lo sai. Ti ho solo aiutato a darci un taglio con quel brutto circolo di pensieri distruttivi.-

Vide il cenno d’assenso del più grande e si trovò coinvolto in un secondo abbraccio, le sue braccia attorno alle spalle e il viso premuto contro il suo petto, strizzando gli occhi per non cadere al suo bisbigliare: - Mi hai aiutato a trovare il coraggio e riuscirò ad andare avanti dopo questa giornata, riuscirò ad essere forte. Però.. Zay, una parte di me ti aspetterà sempre e sarà tua qualunque cosa accada.-

- Lo so, Lee.- cercò di mantenere un tono impassibile, in contrasto agli occhi che si facevano sempre più lucidi, e poi strinse la sua maglia tra le dita e abbandonò ogni facciata mentre piagnucolava: - Non voglio lasciarti, non voglio. Lee, non voglio andare via. Voglio stare con te, non voglio perderti.-

- Non mi perdi, Zay. Zayn?- scosse il capo per non ascoltarlo e si aggrappò alla sua maglia, passando poi la manica della felpa contro il viso per cancellare le lacrime e non mostrarsi così debole di fronte a lui. - Quando mi innamoro davvero di una persona, non sarà la distanza o chissà che altro a farmi rinunciare a quel che voglio o a cancellare quello che provo.-

- Non riesco a trattenere le persone che amo.- mugolò in risposta, premendo i polsini contro le palpebre per bloccare le lacrime successive, e sentì il calore dei suoi palmi contro le guance, come gli teneva il viso tra le mani e lo invitava a guardarlo. - Non voglio andare via da te, Lee.- ripeté quel concetto, chiudendo gli occhi e focalizzando l’attenzione sui pollici che strofinava contro gli zigomi e sulle tracce del pianto.

Ascoltò il suo verso di disapprovazione al “Sono un disastro” che aveva biascicato con gli occhi lucidi, rispecchiando il sorriso di Liam al suo chiarire che lo erano entrambi, e scosse il capo al suo affermare con convinzione che “Ci rivedremo, Zayn”.

- Come puoi esserne sicuro?- chiese con una sfumatura di speranza negli occhi, cercando di tenere gli occhi fissi su di lui mentre appoggiava la fronte contro la sua e gli lasciava poi un bacio contro la punta del naso.

- Devi pensare che ci rivedremo.- insistette il maggiore, continuando a tenere il suo viso tra le mani, e Zayn restò in silenzio a ascoltarlo concludere: - Così sarà più semplice voltarti e andare via, salire su quella macchina e iniziare questa avventura. Ci rivedremo, Zayn.-

Non aspettò altro tempo per avvolgere le braccia attorno al suo collo, alzarsi sulle punte e nascondere il viso contro la sua spalla, lasciandosi accarezzare la schiena e ignorando i richiami del genitore a salutare l’amico. Si staccò quindi a malincuore da lui, stringendogli la mano e sorridendogli mentre la scuoteva come in un saluto, per poi intrecciare le loro dita e sussurrare: - Non mi dimenticherò mai di te, Liam Payne.-

- E io di te, Zayn Malik.- lo sentì ripetere con lo stesso tono divertito e leggero, scoppiando a ridere al suo insistere con “Stupido ragazzino pieno di sé e con un ego delle dimensioni galattiche”.

- Vinci quella coppa e poi torna da me, io ti aspetto.- annuì a quelle parole, indietreggiando di un passo alla volta e con il braccio proteso verso di lui per non dividere le loro dita.

- Mi mancherai.- bisbigliò quando era ormai lontano di qualche passo da lui, dandogli le spalle senza guardarsi indietro e chiudendosi in macchina pur di non farsi vincere dalla voglia di correre da lui e supplicarlo di convincerlo a restare. Aveva tenuto il viso nascosto tra le mani, non volendo essere tentato dal guardare Liam dal finestrino, e solo dopo mezz’ora di viaggio si era poggiato contro lo schienale e aveva stretto le dita sul tessuto dei jeans, scaricando la tensione in quel modo e ripensando alle ultime parole che si erano scambiati.

Puntò gli occhi sul paesaggio che scorreva velocemente, ignorando le continue domande di Safaa sull’identità di quell’uomo strano, e scosse il capo alle preoccupazioni del genitore, che New York era la loro casa e potevano tornarci in ogni momento. Una sua sola parola e avrebbe fatto inversione, rinunciato a quel lavoro e sarebbero andati in California solo per la gara, dimenticandosi del trasferimento.

- Paa..- bisbigliò con un sorriso, anche se velato dalla tristezza. - Sai benissimo che le cose belle possono costare qualche sofferenza.- continuò poi, indicando la bambina accanto a lui che parlava con la sua bambola per spiegarle del loro viaggio. - Per inseguire questo sogno ho rinunciato ad altro, ma voglio farlo. Ne sono convinto.-

- Ti voglio bene, paa.- mugugnò l’attimo dopo, sporgendosi verso di lui per cercare di avvolgerlo in un abbraccio mentre schioccava un bacio contro la sua guancia. - E non ti ho mai ringraziato abbastanza per il tuo credere in me.-

 

 

 

Angolo Shine:

Vi informo che la malsana idea dello spin-off sta prendendo vita, l’ho anche quasi concluso ed è angst alla massima potenza. Per quel che riguarda il capitolo non ho nulla da aggiungere, penso si commenti da solo e mi fa tanta tenerezza Liam che affronta le sue paure per Zayn che gli dà il coraggio.

Spero di aver reso giustizia a questo Zayn che piace un po’ a tutti e di non averlo storpiato troppo o reso OOC.

 

A presto!

 

   
 
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