Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    09/03/2015    4 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno! Questa volta sono in tempo e in orario e vi lascio con un capitolo più breve rispetto agli standard ai quali vi ho abituate recentemente XD Spero vi piaccia comunque, però! Il banner è sempre stato fatto da _Lith_, lo stile del titolo è sempre ispirato a FRIENDS e la foto (non ricordo dove sia, ma comunque è una delle tante bellezze della Cornovaglia!) non è mia ed è stata modificata da me. Buona lettura! 








 
The Guy Who Turned Her Down


28. The One With The Dance, The Last Visit And The Homecoming
 



Parcheggiò il maggiolone e iniziò a cercare le chiavi del cancelletto, ma non appena vide le luci dell’auto di Tom prendere vita da sole per poco non lanciò un urlo: poi guardò all’interno e ci trovò Tom – che rideva come un dannato – che indicava due coperte che aveva su una mano. Sarebbe salita in auto anche solo per picchiarlo: le aveva fatto prendere un coccolone bello e buono, all’una di notte ad accendere luci in una viuzza buia e sperduta – quella di casa sua, per giunta.
«Cosa stai facendo?»
«Ti rapisco.»
«Di nuovo?!»
«Solo per una passeggiata questa volta.» spiegò lui con un sorriso angelico – che aveva qualcosa di diabolico.
«E le coperte?» Aneira aggirò l’auto e prese posto sul sedile del passeggero, ancora visibilmente perplessa.
«Farà freddo a stare seduti sull’auto senza coperte, no?» ammise con nonchalance lui, mettendo in moto e dirigendosi a sinistra non appena uscì dalla stradina.
«Non mi dici dove andiamo?»
«Ad osservare le stelle ti va bene come risposta?»
«E come puoi aver trovato il luogo migliore per osservare le stelle se non ti ho perso d’occhio per due giorni?»
«Shhh. Tra meno di cinque minuti saremo arrivati.» rispose lui, indisponendola non poco: Aneira incrociò le braccia e attese, fin quando lui non si decise a fermare l’auto accanto al parcheggio del “The Island” – che in realtà era solo un promontorio, non aveva mai scoperto perché l’avessero chiamato così – ma senza entrarvi.
«Perché siamo qui?»
«Sì, un attimo.» mise nuovamente in moto, si spinse lungo la viuzza stretta che portava alla spiaggia accanto al promontorio e spense definitivamente il motore solo lì.
«Su, siamo arrivati.» Tom uscì dall’auto e stese una coperta sulla parte anteriore dell’auto, coprendo anche la visuale ad Aneira, che non era ancora uscita dal veicolo.
«Ho dell’edera rampicante alla mia sinistra.» dichiarò la ragazza spostando lo sguardo sul mare, dopo esser salita e aver posato la schiena sul parabrezza.
«Se ci fossimo fermati in una viuzza del genere a Londra probabilmente avresti della spazzatura alla tua sinistra, quindi non lamentarti.» tagliò corto lui, stendendosi e alzando lo sguardo verso il cielo.
«E il tuo parabrezza è scomodo.» commentò Aneira, alzando un sopracciglio.
«Vieni qui, lamentona.» spostò il braccio nella sua direzione e lei si posò sulla sua spalla, togliendogli di mano la coperta per mettersela addosso «Posso averne un po’ anche io?» chiese lui, sorridendole.
«Tirala verso di te.»
«Finirò per scoprire te.»
«Riconquisterò la mia parte della coperta con le unghie e con i denti, Hiddleston.» Tom eseguì, ma Aneira aveva altro da aggiungere «La tua auto potrà anche costare un bel po’, ma è così scomoda che persino la tua spalla è più comoda.»
«So quando mi stai facendo un complimento, Hier, e questo è proprio un complimento.» rispose lui, mentre la ragazza arrossiva visibilmente e non gli rispondeva. L’unica cosa che emise dopo un po’ fu un “Shhh” sommesso.
«Appunto.»
«Perché guardiamo le stelle se tanto sappiamo che non cadranno, non in questo periodo almeno?»
«Perché è bello guardarle anche senza aspettarsi nulla.» spiegò Tom, stringendola col braccio sinistro. Era per caso una metafora, quel discorso sulle stelle?
«Ma non ha senso. Ti aspetterai comunque qualcosa, sennò non staresti a guardarle per ore senza motivo.»
«Magari sono semplicemente belle, affascinanti, e le vuoi guardare anche se non si smuovono.» rispose lui, spostando lo sguardo su Aneira, che scuoteva la testa, non convinta: «Ma non accadrà nulla.»
«Ma sei contento comunque, anche se non hai espresso nessun desiderio. Sei semplicemente contento di averle viste per quel poco tempo che ne hai avuto la possibilità.» ma non stava più guardando le stelle da diversi secondi.
«In una sorta di teoria “Goditela finché dura”?» chiese lei arricciando il naso, perplessa, ma alzando comunque leggermente il capo verso Tom, che aveva decisamente smesso di guardare verso l’alto.
«Più o meno, sì.» rispose lui, avvicinandosi di qualche millimetro al suo viso, già peraltro molto vicino.
Aneira non si ritrasse, ma non si avvicinò nemmeno: continuava a guardarlo dritto negli occhi, ma sapeva che era un errore, soprattutto alla luce della chiamata di quella mattina.
«Vieni, andiamo.» Aneira rimase stordita: Tom stava per baciarla – sapendo chiaramente di essere entrambi coscienti – ma si fermò e la trascinò giù dall’auto «Dove?»
«Non senti la musica?» chiese lui, voltandosi verso la città.
Prima di rispondere, Aneira dovette davvero aguzzare l’udito per poi riconoscere “She” di Elvis Costello che proveniva da lontano. Ma nel frattempo Tom l’aveva già portata sulla spiaggia – dove la musica era ben più udibile – e aveva iniziato a condurla in un lento.
«Ballo del mattone, sul serio?! Mi sarei aspettata di meglio da te, Hiddles.»
«Con questa musica? Neanche io ci riesco a ballare in modo fantasticamente assurdo su questa, mi dispiace.» rispose lui, facendo spallucce, mentre i piedi di entrambi affondavano nella sabbia, rendendo tutto molto più lento e goffo «E poi tu come lo sai?!»
«Ho internet, Tom. Hai presente Tumblr? Sei il Re dei Ballerini di Tumblr.» spiegò lei con un tono che lasciava trasparire ovvietà da tutti i pori.
«Me lo sarei dovuto aspettare.» si rimproverò lui, sedendosi sulla sabbia non appena non udì più nessuna nota: Aneira lo imitò, con un’espressione di evidente disgusto che andava dipingendosi in viso «Cosa c’è?»
«La sabbia. È schifosamente umida.»
«Viziata.» commentò a bassa voce lui, beccandosi – e meritandosi ampiamente – un pizzico sul fianco, mentre la ragazza terminava di fare strane facce e posava nuovamente il capo sulla sua spalla. Tom la strinse a sé automaticamente, senza nemmeno pensarci: era diventata la normalità, una normalità che sarebbe stato difficile sradicare quando sarebbero tornati a casa.
«Dal prossimo cinque Gennaio sarò in seduta fissa a New York. Almeno per sei mesi.» le uscì di bocca anche solo pensandoci: aveva detto a Sevi che non avrebbe voluto dirglielo, e invece era la seconda persona a saperlo dopo di lei.
Tom si voltò per osservarla, ma Aneira fissava il mare con un’espressione imperscrutabile: «Oh.»
«Godiamocela finché dura?» chiese di getto lei, non pensandoci minimamente, voltandosi per guardarlo negli occhi.
«Assolutamente.» rispose altrettanto velocemente lui, scagliandosi sulle sue labbra senza darle la possibilità di aggiungere altro.
Quando si separarono per prendere fiato, però, Aneira riprese parola: «Fino a Londra, però.»
«Abbiamo ancora sedici ore.» rispose lui, guardando l’orologio.
«Meglio non perdere tempo, allora.» passò una mano tra i ricci dell’uomo – cosa che aveva desiderato fare anche la notte prima, ma aveva avuto paura di svegliarlo... senza sapere che era in realtà già sveglio – e riconquistò le sue labbra, non intenzionata a lasciarle andare molto presto.

Quando Eddie ricevette alle quattro del mattino un messaggio con su scritto “Si sono baciati.” non aveva capito. Poi aveva letto il nome del mittente e aveva iniziato a strillare come una ragazzina, facendo svegliare Jules di scatto e in un modo terribile. L’aveva guardato sconvolta e poi aveva portato le mani intorno al suo collo: «Io ho un esame, domani! Che diavolo hai da strillare?»
«Sevi mi ha scritto che si sono baciati!» Eddie le piazzò il telefono di fronte agli occhi, ma Jules fu più veloce a collegare il tutto e iniziò a strillare anche lei, saltando per la camera abbracciando il ragazzo. Si fermò solo dopo un po’, guardandolo negli occhi: «E ora?»
«In che senso?»
«Beh, lei non voleva mettercisi insieme...»
«Chiamiamo Sevi.» non aveva nemmeno terminato la frase che il telefono stava già squillando.
«Eddie. Sono le fottutissime quattro del mattino. Che c’è?»
«Mi hai scritto tu! Si sono baciati!»
«Smettetela di fangirlare, tutti e due. Si sono baciati, sì, e  anche semi-dichiarati, ma non staranno insieme.»
«In che senso?»
«Ed, lui partirà a breve, lei da Gennaio. Come pensi che potrebbero mai stare insieme?»
«Beh ma... le relazioni a distanza...»
«Eddie, ci hai parlato anche tu con ‘Nei...» rispose visibilmente stanca Sevi, mentre Jules osservava la parete più vicina con un’espressione indecifrabile.
«Non è giusto.»
«Lo so. Mi dispiace persino per Tom...» rispose la ragazza dall’altra parte del telefono «Ora, per quanto mi farebbe piacere continuare la nostra chiacchierata, sto salendo su un treno...»
«Ci sentiamo, Sevi.» salutò lui, chiudendo la chiamata «Non è giusto.»
«Pensiamoci domani... dormi, Ed.» gli aveva detto Jules, tirandolo giù nel letto e coprendosi con le coperte fin sopra la testa.

Il giorno dopo erano stati svegliati dal bussare della madre di Aneira sulla porta dopo neanche tre ore che erano andati a dormire, ma nonostante tutto – per salutare perlomeno tutti i membri della famiglia – si trascinarono fuori dal letto e furono abbastanza bendisposti nel fare colazione con loro e accompagnarli alla porta: Alis era corsa a scuola uscendo di casa prima di tutti, poi Nessa e William uscirono insieme – la donna lo accompagnava sempre a lavoro, prima di andare al suo – e Tom e Aneira non richiusero la porta finché non terminarono tutti i saluti.
«Dovremmo mettere da parte le cose di Mycroft...» iniziò sbuffando la ragazza, posando la schiena contro la porta di casa.
«No, mancano solo nove ore.» rispose il coinquilino che-si-sarebbe-potuto-comportare-come-fidanzato-per-le-successive-nove-ore; le cinse la vita in un abbraccio e la baciò, lentamente, accuratamente «Buongiorno, Aneira Hier.»
«Buongiorno, Tom.» rispose quella, sorridendo sorniona. Dopo nove ore sarebbe ritornato tutto alla normalità.
«Tuo padre mi ha raccontato che in realtà hai fatto tennis per tutta la tua infanzia e adolescenza. Non posso non sfidarti, Hier!»
«Ma dobbiamo andare a breve!»
«Beh, tu battimi in fretta e andiamo subito!»
Tre set dopo – di cui due vinti dalla ragazza – si prepararono e costrinsero il povero Mycroft – che aveva passato gli ultimi due giorni saltando per il cortile interno e le scale – nel trasportino, mettendosi in auto solo dopo aver ripreso tutti i bagagli, aver messo in borsa il pranzo a sacco che Nessa Gedye aveva amorevolmente preparato loro e aver chiuso casa.
In poco più di un’ora arrivarono al Campus di Falmouth – proprio in orario per l’incontro con Sevi, che li attendeva all’entrata e faceva loro strada verso il parco, mentre Tom, Mycroft – nel trasportino portato proprio da lui – e Aneira la seguivano. Quando si furono sistemati su un angolo di prato, quest’ultima si dileguò andando in bagno, mentre Sevi iniziava a scrutare incessantemente Tom.
«Devo avere paura?» chiese lui, sospirando profondamente.
Sevi scosse la testa, fece per aggiungere qualcosa ma Tom fu più veloce: «Mi ha detto di New York.»
«E ora come siete rimasti?»
«Che ci comportiamo da fidanzatini fino a Londra.»
«Che idea stupida.»
«Non dirlo a me!» ribatté quello, coccolando attraverso l’apertura del trasportino il piccolo Mycroft.
«La terrò d’occhio anche per conto tuo.» aggiunse poco dopo la ragazza, iniziando a pranzare «Quando tornerà a casa. E se non lo farà, mi troverà alla porta di casa vostra in piena estate.»
«Sono contento tu abbia accettato.» rispose Tom, sorridendole. Sevi decise di rispondere al sorriso, passando però subito dopo a uno sguardo un po’ truce – ma anche sicuro: «Ti approvo, sai. E non do la mia approvazione facilmente. nemmeno se fossi Loki.»
«Qui voi avete un serio problema a distinguere persone e personaggi.» commentò lui, scuotendo la testa.
«Ehi, io sono nerd, Aneira è nerd, da noi tocca aspettartelo. Più che altro dai suoi genitori... potrebbe sembrare strano.»
«E imbarazzante, non dimenticarti imbarazzante.» commentò lui, roteando gli occhi, ma terminando non appena ritornò Aneira. Sevi aveva capito – e soprattutto accettato – la sua richiesta: ed era quella la cosa importante. Si fidava decisamente più di lei che di Luke, sebbene avesse fatto anche lui il suo lavoro egregiamente – ma temeva che quello fosse dipeso più dalla mancata intraprendenza di Aneira quanto dal ferreo controllo di lui, a dire il vero.

Quando arrivarono a casa, la grandezza della promessa fatta poco più di sedici ore prima li colse in pieno: non ci sarebbe dovuto più essere niente, e avrebbero dovuto farlo capire a Eddie, che doveva decisamente smammare per un po’.
Ma quando arrivarono a casa non ebbero nemmeno il tempo di far uscire Mycroft dal trasportino e portare le proprie cose nelle rispettive camere, che Jules ed Eddie li assalirono – ognuno in separata sede, ma contemporaneamente e proprio con quell’intento.
«Vi siete baciati!» sembrava quasi che Jules stesse sputando un’accusa invece di un’esclamazione, mentre Aneira non negava niente: anzi, si limitava a disfare le valigie e a porgerle un qualcosa incartato in dei panni.
«Che cos’è?»
«Me l’ha regalato lui per il compleanno.» spiegò Aneira, riponendo croccantini e suppellettili di Mycroft sulla scrivania.
«Oddio... è un’edizione del 1857! Ti ama!» sputò fuori Jules, rigirandosi tra le mani il volume e sfogliandolo – perdendo d’occhio per diversi istanti il suo obiettivo, ossia far parlare e farsi spiegare tutto da Aneira.
«Eppure abbiamo finito di sbaciucchiarci e deciso solennemente di non farlo più non appena saremmo tornati a Londra.»
«L’avete deciso o l’hai deciso tu?» ribatté l’amica, rivolgendole un’occhiataccia e incrociando le braccia.
«Io, ma non mi pare si sia opposto, Jules. Penso si renda conto della situazione impossibile anche lui.» spiegò la ragazza, mentre Mycroft si piazzava al centro del suo letto.
«Quando riparte?»
«Credo tra due settimane e mezzo.»
«Beh, ma quindi avete...»
«No. Sarebbe solo più difficile, salutarsi molto probabilmente dicendosi addio dopo aver accettato che c’è qualcosa che potrebbe durare più di sedici ore.» tagliò corto Aneira, riponendo il borsone ormai vuoto dentro l’armadio: poi si gettò sul letto e sospirò pesantemente.
«Tu come stai?» chiese infine Jules, sedendosi accanto a lei e passandole un braccio intorno alla spalla. Non aveva senso continuare a tifare per loro se tanto loro stessi non avevano intenzione di andare oltre quel poco che era già successo tra loro.
Aneira fece spallucce: «Rassegnata. Occupata. Penso di dover ripetere, domani ricomincio con gli esami... ma penso anche che stasera vorrò vedere un film con Tom.»
«Un po’ controproducente, non credi?» chiese l’amica, sorridendole in modo lievemente malinconico.
«Sì, probabilmente. ma sarà uno degli ultimi giorni insieme, uno degli ultimi giorni che saremo coinquilini e che probabilmente lo vedrò. Quindi mi va bene anche se è controproducente.» fece nuovamente spallucce, guardando finalmente l’amica negli occhi – probabilmente ne avrebbe fatto a meno Jules, non le andava di vederla rassegnata, triste – perché era palesemente triste, non lo si poteva negare – e sorridente comunque, essendo quello un sorriso malinconico: non sarebbe nato niente di buono da ciò, in futuro.

Dopo esser stato letteralmente assalito di domande – più o meno private – da parte di Eddie, si era ritrovato in cucina a cenare con la presenza del coinquilino acquisito per caso e di Luke, che era appena passato a trovarli.
O meglio, a trovare lui. E probabilmente anche a fare qualche domanda scomoda.
«Ho solo due domande, non mi interessa il resto.»
«Anche perché probabilmente te l’ha già spiegato tutto nei minimi dettagli Eddie.» convenne Tom, annuendo.
«No, è stata Lara, ma insomma il primo a passarci le informazioni era, sì, Eddie. Allora...»
«Vai, spara.» rispose Tom, pronto a qualsiasi domanda: beh, star cucinando con addosso il grembiule di Darth Vader lo rendeva effettivamente più sicuro di sé.
«Siete andati a letto insieme e come stai?»
«No. E spero bene, per ora non ci sto pensando. E tra poco più di due settimane sarò concentrato dall’altra parte del mare irlandese e non ci penserò. O almeno, spero sarà così, lo spero vivamente.»
«Bene, sennò avrebbe complicato tutto.» rispose Luke, tirando un sospiro di sollievo – nel frattempo,  Eddie si ribellava «Non è giusto! Lui ti ha chiesto qualcosa a cui non c’ero nemmeno arrivato e gli hai risposto!»
«Eddie, caro, lui non era interessato a quello solo per fare gossip!»
«Ma nemmeno io!» ribatté il rosso, imbronciato.
Il silenzio calò nella stanza non appena la testa di Aneira, con Mycroft sulla sua spalla, fece capolino: «È pronto tutto?»
«Sì, lo porto di là tra un po’. Il film?» chiese Tom, sorridendole nonostante tutto.
Aneira annuì, rispondendo al sorriso: «Tutto pronto.» e poi ritornò in camera.
«Se questi sono i fatti, dovresti decisamente smettere di illuminarti non appena entra nella stanza, Tom.» lo redarguì Eddie, sebbene lui fosse il primo fan – dopo Lara, probabilmente – di quella coppia in potenza.
«Non è facile, Ed, non è facile.» rispose l’amico, liberandosi del grembiule e portando malamente due piatti in una mano e una bottiglia d’acqua nell’altra.
Eddie si voltò a guardare Luke, che fece spallucce «Non ho la più pallida idea di come andrà a finire.»
«E per una volta, nemmeno io.» aggiunse il rosso «So solo che la mia dolce e simpatica ragazza mi sta intimando da tre ore di passare la notte da lei, e penso sia proprio per lasciare la camera di Tom a Tom.»
«Quindi Aneira le avrà detto qualcosa.» disse Luke, pensieroso.
«Probabilmente. Non so cosa, ma glielo estorcerò.»
«Non sarà piacevole, se ti sta praticamente facendo trasferire da lei per un po’.»
«Ma l’hai vista come sta, da quando è tornata? Aneira, intendo.» ribatté con tono ovvio il rosso «Non sarà sicuramente piacevole. Ha l’espressione di un condannato a morte, allietata solo da qualche scambio di sorrisi, rigorosamente con Tom. Dimmi tu se potrà mai essere una cosa piacevole, quella che si son dette.»
«E riguarda Tom.» aggiunse Luke, guardando Eddie negli occhi – lui nel frattempo era già pronto per uscire e aspettava solo che l’altro si alzasse.
«Sicuramente. Le ha anche regalato un’edizione del 1857 di “Persuasione”.» spiegò Eddie a Luke, che non lo sapeva.
«Oh... è quasi una tacita dichiarazione d’amore. Per entrambi, penso. Aneira potrebbe ricambiare solo con Shakespeare.» Luke prese il telefono dal tavolo e iniziò a seguire l’altro.
«E lo farebbe pure, secondo me.» aggiunse Eddie, aprendo la porta di casa «Solo che non possono. Non possono o renderebbero tutto ancora più problematico di quello che già è.»
Luke si limitò ad annuire, tirarsi dietro la porta di casa e a seguirlo in ascensore: non gli piaceva proprio quella situazione, per nessuno dei due. Si era – ormai – anche affezionato ad Aneira, e, sebbene in dimensione minore rispetto a Eddie o Lara, gli dispiaceva che dovesse andare a finire così: anche se non aveva mai fatto effettivamente parte della missione “Neto” messa in atto mesi prima dalla intraprendente Lara. E faceva davvero schifo il fatto che dovesse finire così, c’era un dieci per cento di giustizia da una parte, ma il restante novanta era completamente sbagliato, doloroso e triste.
  
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