Sam
tornò
correndo nella casa da cui lui, Castiel e Claire erano usciti poco
prima.
Avevano salvato la ragazza e tutto sembrava essersi risolto per il
meglio,
finché Sam non aveva realizzato che suo fratello non li
aveva seguiti.
Mentre
varcava
la soglia pensò che Dean era in pericolo, quelle urla e quei
colpi gli avevano
gelato il sangue nelle vene. Era pronto a combattere con quegli uomini,
e
sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa per difendere suo
fratello, ma
quello che vide lo lasciò senza fiato.
Nella
stanza
c’era odore di sangue e morte. I corpi di quei delinquenti
erano sparsi tutto
intorno, con la gola tagliata e il petto squarciato, ricoperti di
sangue, che
ancora sgorgava dalle ferite.
E
al centro
della scena qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere.
Dean
era in
ginocchio, con una lama insanguinata ancora stretta nella mano, la
fronte
ferita e il viso anch’esso sporco di sangue, con un
espressione stupita dipinta
sul volto e gli occhi vuoti, lo sguardo assente.
Sam
lo chiamò e
Dean parve tornare in sé.
“Dean,
dimmi che
hai dovuto farlo”, esclamò Sam mentre,
inginocchiato davanti a lui, gli teneva
la testa fra le mani.
“Non…
non
volevo”, rispose il fratello con un filo di voce.
“Dimmi
che hai
dovuto scegliere, tu o loro”, insistette.
Ma
stavolta Dean
non rispose. Non riusciva neanche a guardarlo negli occhi, tale era la
vergogna
e l’orrore di sé che provava in quel momento.
Sam
rimase in
silenzio per un po’, cercando di capire cosa fare per aiutare
Dean, ma l’unico
suo pensiero era portarlo via da quell’orrore.
Dean
non si era
mosso, gli occhi bassi, la lama ancora stretta nella mano. In quel
momento
stava ripensando agli incubi che aveva avuto nei giorni precedenti, che
in
realtà si erano rivelati essere delle premonizioni. Era
terrorizzato al
pensiero di trasformarsi di nuovo in quel mostro dagli occhi neri.
Ma
forse era troppo
tardi e l’oscurità che era dentro di lui aveva
già preso il sopravvento. Demone
o umano che fosse, dopo quello che aveva appena fatto era condannato,
per lui
non c’era davvero salvezza, come aveva detto a Cole.
In
quel momento
Castiel rientrò nella casa, dopo aver lasciato Claire in
macchina. Provava una
pena infinita per il suo amico. Lui aveva vissuto tutto questo. Quando
si
credeva Dio aveva sparso il sangue di innumerevoli esseri umani ed
angeli e il
senso di colpa lo accompagnava ogni giorno, anche a distanza di anni.
Ed
ora vedeva
che la stessa cosa stava succedendo a Dean, e non sapeva come aiutarlo.
Non
aveva idea di come liberarlo dal marchio di Caino e finché
lo portava su di sé
non avrebbe potuto fare nulla per lui.
A
cosa serviva
essere un angelo se non poteva aiutare le persone che amava?
“Sam,
Dean,
dobbiamo andare via di qui”, disse ai ragazzi cercando di non
mostrare
l’angoscia e l’orrore che provava.
“Si,
hai ragione
Cas. Andiamo Dean, vieni via”, rispose Sam alzandosi e
girandosi verso la
porta.
Dean
non si
mosse. Alzò la testa e guardò Cas.
L’angelo
in quel
momento desiderò con tutte le sue forze di avere ancora le
ali per poter
sparire. Sapeva infatti quello che sarebbe successo subito dopo.
“Cas”,
disse
Dean con uno sguardo di supplica, “è il momento di
mantenere la promessa che mi
hai fatto”.
“Dean,
no… Non
posso farlo”
“Di
cosa sta
parlando, Cas?”, gli chiese Sam allarmato.
“Non
è nulla
Sam, andiamo”.
“No,
Cas. Devi
fare quello che ti ho chiesto. Non posso vivere di nuovo
quell’incubo”,
insistette Dean.
“Si
può sapere
di cosa state parlando?”, chiese di nuovo Sam.
Questa
volta fu
Dean a rispondere.
“Ho
chiesto a
Cas di uccidermi se fossi diventato di nuovo un mostro”,
rispose, mentre si
rimetteva in piedi, gettando a terra la lama insanguinata.
Sam
si rivolse a
Cas dicendo, “No, Cas. Non puoi farlo. Troveremo un modo per
salvarlo.
Troveremo un modo per liberarci del marchio”.
Cas
guardò
l’amico ma non rispose. Voleva credere con tutto il suo
essere che ci fosse un
modo per salvare Dean. L’uomo giusto che aveva strappato
all’inferno non poteva
finire la sua esistenza in quel modo.
Poi
Sam disse a
Dean, con un tono che non ammetteva repliche, “Dean troveremo
un modo per
liberarti dal marchio. Te lo prometto.
Abbi un po’ di fede”.
“Beh
fratellino,
lo sai che la fede non è il mio forte”, gli
rispose accennando un sorriso.
“Sam,
non posso
essere di nuovo quella cosa. Non posso”, concluse con un tono
rassegnato.
“No,
non è
questa la soluzione. E poi se Cas ti uccide il marchio di
riporterà indietro,
come demone”.
“Non
se
polverizzerà il mio corpo”.
Poi
Dean mise
una mano sulla spalla del fratello e continuò,
“Sam, è quello che voglio. Sarò
finalmente in pace. Vorrei che ci fosse un altro modo, ma non
c’è. Ti prego,
lascia che Cas faccia quello che è giusto”.
Sam
guardò il
fratello negli occhi e gli disse, “No, non
permetterò a Cas di farlo. Dovrà
passare sul mio cadavere”.
Poi
si girò
verso l’angelo, con uno sguardo di sfida. Cas si sentiva
perso. Non aveva idea
di cosa fosse giusto fare.
Dean
lo guardò e
gli fece un cenno di assenso con la testa.
Cas
guardò Sam e
poi di nuovo Dean e disse, “Mi
dispiace
Dean, non ci riesco. Non posso farlo. Sam ha ragione. Troveremo un
altro modo.”.
Detto questo si girò e usci dalla casa, lasciando soli i due
fratelli.
I
ragazzi si
guardarono per qualche secondo, senza dire nulla, poi Sam porse a Dean
un
fazzoletto per pulire il sangue dal viso e dalle mani e disse,
“Andiamo,
torniamo a casa. Chiederò a Cas di sistemare questo
casino”. Si incamminò verso
la macchina, seguito da Dean.
Sam
non sapeva
se essere arrabbiato o deluso nei confronti del fratello.
L’unica cosa che
sapeva era che avrebbe dovuto risolvere il problema del marchio, e che
avrebbe
dovuto farlo in fretta.
Non
poteva
uccidere Dean, non l’avrebbe mai fatto. Ma di certo non
poteva neanche
permettergli di andare in giro a fare stragi.
Quelli
che aveva
ucciso erano tutti fuorché innocenti,
ma
erano pur sempre persone, e loro non uccidevano gli esseri umani, a
meno che non
fossero costretti. E comunque non in quel modo, non con quella ferocia.
Salirono
in
macchina e guidarono fino al bunker in silenzio. Dean non aveva il
coraggio di
rivolgere la parola al fratello. E d’altronde cosa avrebbe
potuto dire? Che gli
dispiaceva? Che non voleva farlo? A cosa sarebbe servito? Non a
riportare
indietro quegli uomini. Non a cancellare il fatto che non aveva saputo
resistere al marchio e si era trasformato di nuovo in un mostro.
Non
avrebbe mai
dimenticato il modo in cui il fratello lo aveva guardato, la delusione
e il
dolore sul suo volto dopo aver capito che non l’aveva fatto
perché era stato
costretto.
Eppure
Sam non
si era dato per vinto. Nonostante tutto era più determinato
che mai a salvarlo
e questo, se da un lato gli riempiva il cuore di gioia,
dall’altro lo faceva
sentire ancora più in colpa.
Arrivarono
al
bunker che era già tardi e Sam si diresse subito nella sua
camera. Dean andò in
bagno a fare una doccia, per togliersi di dosso il sangue che aveva
ancora
sulle mani e sul viso e poi nella biblioteca, dove si versò
un bicchiere di
whiskey.
Rimase
seduto al
tavolo per un po’, a rimuginare su quello che era successo,
poi s’incamminò
verso la sua stanza. Passando davanti a quella di Sam vide che la porta
era socchiusa
e la luce all’interno accesa.
Esitò
un attimo,
poi bussò e, senza aspettare risposta entrò,
rimanendo sulla soglia.
Sam
era in tuta,
appoggiato alla spalliera del letto e stava leggendo un grosso libro,
dall’aspetto
molto antico.
“Posso
parlarti
un attimo?”, chiese Dean, rimanendo dov’era.
Sam
gli fece un
cenno di assenso con la testa e il fratello entrò sedendosi
sul letto.
“Mi
dispiace Sam”.
“Per
cosa
esattamente?”, rispose Sam con un tono un po’
alterato.
“Per
tutto
quanto. Per tutto quello che è successo dopo che ho preso su
di me il marchio.
Ne ho fatte di cazzate nella vita, ma questa penso che vinca il primo
premio”,
concluse accennando appena un sorriso.
Sam,
che da
quando il fratello era entrato nella stanza non aveva alzato gli occhi
dal
libro lo guardò quasi con rabbia e disse, ”Lo sai
a me cosa dispiace invece?”,
gli chiese e continuò senza aspettare risposta, “
Mi dispiace che tu ancora non
riesca ad avere fiducia in me, nonostante tutto. Eri pronto a farti
polverizzare
da Cas, piuttosto che credere che troverò un modo per
salvarti”.
Detto
questo Sam
si alzò e fece per uscire dalla stanza, ma Dean lo trattenne
prendendolo per un
braccio e gli disse, “Non è vero che non ho
fiducia in te, Sammy. E’ di me
stesso che non mi fido”.
Sam
allora si
girò e si sedette su una sedia di fronte la fratello,
aspettando di sentire
cos’altro aveva da dire.
Dean
continuò,
“Quello che è successo in quella casa…
era come se non mangiassi da settimane e
subito dopo aver ucciso quelle persone mi sono sentito sazio. Mi sono
sentito
appagato, come se quel vuoto che avevo dentro da quando mi hai
riportato
indietro si fosse riempito. Non mi sono neanche reso conto di quello
che stavo
facendo. Sam… se foste stati li probabilmente avrei ucciso
anche te e Cas. E
avrei provato piacere nel farlo”.
Sam
non disse
nulla e aspettò che Dean continuasse a parlare. Ora che si
stava aprendo con
lui non voleva rischiare di interromperlo e farlo chiudere di nuovo in
se
stesso.
“Sono
un mostro
Sam, sono un pericolo per le persone che mi sono vicine, anche per te.
Ora so
che non posso resistere al marchio. Ho provato ma non sono abbastanza
forte. E’
per questo che ho chiesto a
Cas di farmi quella promessa. Non perché non abbia fiducia
in te. So che farai
di tutto per salvarmi e che sei disposto a superare i limiti che ci
siamo
sempre posti come cacciatori per farlo. Ma non ne vale la pena, Sam.
Quello che
ho detto a Cole lo pensavo davvero. È troppo tardi per me,
non posso essere
salvato. Il marchio non mi ha trasformato in un assassino, ha solo
liberato
quello che c’era già dentro di me”,
concluse con un tono che esprimeva
rassegnazione.
Sam
allora
rispose, “E’ sempre la stessa storia con te. Quando
la smetterai di pensare che
la tua vita non vale niente? Che non hai fatto nulla di buono? Che non
meriti
di essere salvato? Tutti
abbiamo fatto
degli sbagli, o abbiamo fatto del male a qualcuno pensando di fare la
cosa
giusta. Io ne so qualcosa. Ma non per questo devi pensare di non
meritare la
salvezza. Quello che mi hai appena detto dimostra che non sei un
mostro. Quando
sono entrato in quella casa sul tuo viso c’era orrore,
rimorso, paura, sentimenti
che un mostro non prova, non certo piacere”.
Dean
ascoltava
il fratello senza riuscire neanche a guardarlo negli occhi.
Sam
continuò,
“Devi darmi un po’ di tempo. So che troveremo una
soluzione. Anche Cas si sta
dando da fare. Risolveremo questo casino, come abbiamo sempre
fatto”.
A
quel punto
Dean alzò lo sguardo e rispose, “E nel frattempo
cosa dovrei fare? Rinchiudermi
qui dentro fino a quando non ne potrò più? Indovina chi sarà
l’unica persona nei paraggi
su cui sfogare la mia rabbia?”.
“No,
so che non
ho niente da temere da te”, gli rispose il fratello,
pienamente convinto di
quello che stava dicendo.
“Come
puoi
esserne sicuro? Sul muro c’è ancora il segno del
martello con cui ho provato a
spaccarti la testa”, ribatté Dean, abbassando lo
sguardo. Provava ancora
vergogna quando ripensava a quel giorno.
“Eri
un demone
in quel momento. Quell’essere non aveva nulla, a parte
l’aspetto, dell’uomo che
ho di fronte in questo momento. Hai passato tutta la vita difendermi e
a
preoccuparti per me, e so che non smetterai ora. Tu sei più
forte di quel
maledetto marchio. Devi solo riuscire a crederci”, concluse
Sam.
“Non
lo so Sam.
Forse hai ragione, ma credere, in generale, non è la mia
specialità”, rispose
il fratello.
“Beh,
vorrà dire
che ci crederò io per tutti e due. Ma tu devi combattere il
marchio con tutte
le tue forze. So che puoi farcela, e che lo farai ”.
Dean
non
riusciva a capire come fosse possibile che, dopo tutto quello che era
successo,
dopo quello che aveva fatto, Sam avesse ancora una tale fiducia in lui.
Pensò
che se il
suo fratellino riponeva tanta fede in lui provare a credere in se
stesso era il
minimo che potesse fare. Glielo doveva.
Si
alzò dal
letto di Sam e si avviò verso la porta, ma prima di uscire
si girò e disse, “Va
bene Sammy, per stasera abbiamo condiviso abbastanza”, disse
con una punta di
ironia.
Poi,
tornando
serio aggiunse, “Non ho idea di come andrà a
finire questa storia, ma farò tutto
quello che posso per combattere il marchio. Non garantisco il risultato
ma ci
proverò. Davvero”.
“Direi
che
questo è già un passo avanti ”.
Dean
augurò la
buona notte al fratello e uscì.
Si
sentiva
meglio dopo aver parlato con Sam, ma non era affatto sicuro che la
fiducia del
fratello fosse ben riposta. Gli aveva promesso che avrebbe combattuto,
e l’avrebbe
fatto, fino alla fine, ma dentro di se si sentiva già
sconfitto.