“…A volte sai tu mi dai il
coraggio che non ho
quando mi sento sola e non ci credo più
ma so che ci sei tu a proteggermi
che provi a nascondermi
da tutti i miei fantasmi...
Tutto è niente senza te
tu sei sempre dentro me…”
“Mm… Che ore sono?”
Il sole filtrava
flebile dalla finestra, il rumore del mare, nonostante quella fosse una
giornata particolarmente ventosa, era sovrastato dalla canzone di Dolcenera. O,
per lo meno, Kairi non lo sentiva.
“Che diavolo… Aah,
sono solo le 6!”
La ragazza spense
l’mp3 che aveva lasciato acceso tutta la notte, spiegandosi il motivo per cui
si era svegliata così presto, anche se…
“Kairi?! Ma sei già
in piedi? Cos’è successo? No, non dirmi che devi studiare…”
“Mamma, mamma! Non è
successo niente! E no, non devo studiare!” La innervosiva, quando faceva la
sospettosa.
“Bhe, meglio per
te!”
“Certo, certo”
La rossa chiuse la
porta della sua cameretta violata dalla madre curiosa, concedendosi un momento
per rilassarsi prima di buttarsi nella vita frenetica di tutti i giorni.
Scuola. Amici.
Progetti. Genitori. Problemi adolescenziali. Strani ricordi… o solo una fervida
immaginazione?
Kairi tirò un
sospiro di sollievo, alzò gli occhi e vide la lettera. Sì. Quella che ha
scritto per lui. Già, lui… Lui chi?
Assurdo. Assolutamente
assurdo. Ricordava perfettamente gli avvenimenti di –notò stupefatta- un anno
fa. C’erano l’isola, Selphie, Wakka, Tidus, lei e Riku.
Poi c’era lui.
Cribbio… Non lo
ricordava proprio. Ma non era pazza, di questo era certa. Sapeva che lui
esisteva, lo sentiva, lo… ricordava,
in qualche modo. Certo però, il suo viso, il suo nome… Zero assoluto! Era una
strana situazione, nata così, all’improvviso, soltanto pochi giorni prima:
durante la notte, aveva sognato pezzi di ricordi mescolati a immagini sfocate, voci…
e poi, instabilità. Ormai era un chiodo fisso, riusciva a malapena ad ascoltare
le chiacchiere di Selphie o le voci petulanti dei prof. Ma, si diceva, non
doveva dare ascolto alla sua mente fantasiosa, almeno per questa volta: doveva
mantenere alti i suoi voti scolastici, altrimenti, chi li sentiva i suoi! “La
figlia –seppur adottiva- del sindaco non
poteva far brutta figura” le ripetevano.
Rimase lì ferma a
rimuginare su questi ultimi avvenimenti, quando il suono della sveglia,
impostata alle 6.30, ruppe il silenzio della stanza, facendo sobbalzare la
ragazza, la quale, con un sorriso, pensò che avesse davvero bisogno di una
vacanza.
In poco tempo, era
già pronta: un record per i suoi standard. Era come impaziente di far passare
quella mattinata in fretta, più in fretta possibile, come un masochista che
aspettava il dolore inondarlo, sconvolgerlo, perché sì, nonostante tutti i suoi
buoni propositi, il suo chiodo fisso era lì ad attenderla puntualmente la sera,
quando la coglieva sola e ormai stanca, incapace di reagire.
Rise. “Come se fosse
ciò che faccio da una vita” disse a metà voce, fra sé e sé.
Indugiò incerta
sulla sua scrivania, guardando prima la lettera, poi la cartella, per un tempo
che le sembrò interminabile; tirò un sospiro, scese in cucina, diretta alla
credenza dove tenevano le bottiglie di vetro inutilizzate: ne scelse una verde,
piuttosto piccola, adatta al suo scopo. Tornò su ora un po’ più decisa e, senza
pensarci più di tanto, arrotolò la lettera su se stessa e la infilò nella bottiglia,
riponendola nella sua cartella beige, e volò dritta fuori di casa, diretta a
scuola.
Selphie era lì al
solito posto ad aspettarla, sorridente e iperattiva come sempre. Voleva bene a
Selphie, era sua amica fin da quando era arrivata sull’isola, le era sempre
rimasta affianco, anche quando giocava sola con Riku e…
Alt! Alt! Aaalt! Le
conveniva bloccare i suoi pensieri, se non voleva rovinarsi la giornata.
Rise tra sé, ma
Selphie pensò fosse per le ultime novità che le aveva raccontato sua madre.
“Ora censuro anche i miei pensieri!” pensò.
E sfoderò un sorriso a Selphie mentre continuavano a camminare, quasi vicine
alla scuola.
La giornata passò
più noiosa del solito, tra lunghe interrogazioni e spiegazioni soporifere. I professori
sembravano non notare la ragazza rossa che scarabocchiava sul quaderno, immersa
nei suoi pensieri. Al suono della campanella, però, scatto in piedi per prima e
si diresse verso la mensa, seguita a ruota dalle altre compagne.
Il resto del
pomeriggio passò ancora più noioso del precedente, solo che ora Selphie
osservava nervosamente la rossa, cui non sfuggirono le sue occhiatacce. Sapeva che
la sua amica non sopportava lei era così pensierosa, sperava solo di non dover sottostare a qualche
sua richiesta assurda! Non che sull’isola ci fossero chissà quali passatempi,
ma la bionda sapeva essere molto stancante quando lo voleva. Così, si sforzò di
essere simpatica, anche perché era stanca di dover pensare e ripensare a qualcosa
cui lei stentava a credere!
Era scattata fuori
della scuola senza un motivo preciso, aveva camminato velocemente per lasciarsi
alle spalle il caos dei ragazzi che uscivano da scuola, ma lei la raggiunse.
“Kairi, aspetta!”
La rossa si fermò e
voltandosi vide l’amica raggiungerla. Le sorrise, e continuarono a camminare
insieme.
“Ehi, ti va di
andare sull’isola? Tidus e Wakka sono presi dalla loro partita e non vogliono
venire con me.”
“Non oggi, scusa.” Disse
con tono sommesso.
Selphie si fermò,
sul viso un’espressione delusa.
“Oh, perché no?”
Ora anche Kairi si
fermò, lo sguardo rivolto all’isola. Quell’isola.
“Ti ricordi quei
ragazzi che stavano sempre con noi?” bhe, era il momento della verità.
“Riku?” fu la
risposta immediata.
“Si.”
“Chissà cosa gli è
successo… mi manca davvero.”.
Certo. Anche alla
rossa mancava quel ragazzo sempre imbronciato. “È lontano. Ma so che lo
rivedremo.”
“Sicuro! Certo che
lo rivedremo!” Sorrise, forse persa in vecchi ricordi.
“E l’altro ragazzo?”
quasi sussurrando.
Selphie era
sorpresa. “Quale altro ragazzo?”
“Quello che era
sempre con me e Riku.” Parlò come se farlo costasse una fatica immensa. “Giocavamo
insieme sull’isola. La sua voce era sempre lì… e ora non c’è più. Non mi
ricordo il suo viso o il suo nome. E ciò mi fa stare male. Così ho giurato a me
stessa che non andrò più sull’isola finchè non ricorderò tutto di lui.”.
“Sicura di non
essertelo inventato?”
Si. Lo era.
Annuì, non c’era più
bisogno di parole.
“Naminè?”
Un dolore improvviso.
Caos. Voci. Buio.
Un tonfo.
“Naminè? Che cosa mi
sta succedendo?”
“Chi sei tu? Quello non
è il mio nome. Io sono Kairi…”
“Kairi… ti conosco.”
Ma chi…?
“Sei la ragazza che
piace a lui.”
“A chi?”
Silenzio.
“Dimmi il nome!”
“Sono Roxas.”
Non il tuo. Il suo.
“Va bene, Roxas. Ma
potresti dirmi il suo di nome?”
“Non ti ricordi il
mio nome? Grazie tante, Kairi!”
Fu come un tuffo al
cuore. Quella voce, diversa da quella di Roxas… era sorpresa, sconvolta.
Sentì la voce
continuare. “D’accordo. Forse posso darti un indizio.” Era giocosa, limpida. “Inizia
per ‘S’!”
Luce.
Le mani delicate di
Selphie l’aiutavano ad alzarsi, preoccupata dallo sguardo vacuo dell’amica
appena rinvenuta.
“Stai bene?” era
evidentemente preoccupata.
Annuì e si rialzò, attenta
a non distogliere lo sguardo davanti a sé. Sentiva qualcosa farsi strana nei
suoi pensieri, nella sua mente… e riscaldarle il cuore.
Capì. Lo aveva
cercato disperatamente, aveva lottato contro il suo subconscio e alla fine lui
era lì, la sua voce… sorrise, e corse, corse con tutta la forza che aveva, ne
era certa, ora sapeva che l’avrebbe ritrovato, ora sapeva che anche lui la
stava cercando. Aveva dimenticato dell’amica angosciata che la osservava
allontanarsi, incapace di capire.
Le sembrò di tornare
bambina, invasa da una gioia infinita, carica di adrenalina, saltò abile sulla
sua vecchia barca come se non avesse mai smesso di farlo, armeggiò con la corda
che la teneva legata al piccolo porticciolo e remò con tutta la forza che
aveva, impaziente di tornare nel magico luogo dell’infanzia, il loro piccolo
grande mondo, il regno dei bambini, dei giochi, dove niente era impossibile,
dove tutto ebbe inizio.
Non si preoccupò
nemmeno di fissare la barca, camminava spedita sulla sabbia leggera e fine
impregnata di ricordi, si fermò solo quando lo
spettacolo del tramonto, sempre stupendo, catturò i suoi frizzanti occhi blu,
riportandole alla mente altri ricordi e vecchie emozioni, e lasciò che i suoi
pensieri vagassero liberi e felici tra essi.
Sentì i passi
leggeri dell’amica –l’aveva seguita, alla fine- che si
fermò al suo fianco, incerta sul da farsi, e la guardava come in attesa di una
risposta a quel comportamento insolito.
“Kairi?”
La rossa si mise una
mano fra i capelli mossi dal vento, la voce dell’amica non interruppe i suoi
pensieri, che ora erano rivolti alla lettera.
L’aveva scritta quando una sensazione simile a quella provata poco
fa l’aveva assalita, improvvisa, con un turbine di ricordi confusi… era chiaro
solo il ricordo di quella importante promessa, si sarebbero rincontrati, di
quello era certa.
Restò in silenzio e
prese dalla sua cartella la bottiglia, aveva fatto bene a portarla con se, si
chinò e la lasciò andare tra le braccia del mare, che già la spingevano verso
chissà quale meta.
“Che cos’è?”
“Una lettera… l’ho scritta ieri. Al ragazzo che non riesco a ricordare. Gli ho
detto che non importa dove sia… Io un giorno lo troverò. E quando ho smesso di
scrivere, mi sono ricordata che ci eravamo promessi una cosa importante. Questa
lettera è l’inizio. Lo so.”
“Ehi! Spero che la
riceva.”
“La riceverà.”
Selphie sorrise e
annuì, felice.
“Inizia per ‘S’. Vero, Sora?”