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Autore: Kia85    15/03/2015    6 recensioni
È una mattina come tante, questa.
Anche se oggi compi cinquant'anni.
Ti alzi dal letto e lo specchio lì accanto rimanda l'immagine di uomo di mezz'età.
Sei davvero tu, piccolo Julian.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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My father’s eyes

 

 

 

È una mattina come tante, questa.

Anche se oggi compi cinquant'anni.

Ti alzi dal letto e lo specchio lì accanto rimanda l'immagine di uomo di mezz'età.

Sei davvero tu, piccolo Julian.

Sospirando, dedichi al riflesso la tua attenzione e lo osservi: i capelli sono più diradati, le rughe increspano i lineamenti del viso e la barba decora la mascella. Forse dovresti rasarla, altrimenti oggi, quando mamma ti abbraccerà e bacerà, si lamenterà che le hai graffiato il viso.

Sorridi appena e ti colpisce vedere come il suo pensiero abbia fatto brillare i tuoi occhi.

Occhi che non ti ha trasmesso lei.

No, perché…

Hai gli occhi di tuo padre.

È una fastidiosa vocina a ripeterlo al tuo orecchio.

Sono parole che senti ogni fottuto giorno della tua vita, da quando ne hai memoria. Parole che ti hanno rivolto tutti: dai familiari, agli amici più cari, a semplici conoscenti fino ad arrivare al tizio di ieri, incontrato per strada.

Chi cazzo era?

E soprattutto, è la verità?

Hai gli occhi di tuo padre?

Non ne sei mai stato pienamente sicuro. C'è sempre stata una parte di te che non ha mai accettato di aver ereditato i suoi stessi occhi, né tantomeno l'essere suo figlio.

No, decisamente non è facile essere figlio di John Lennon.

Eppure è così. E i tuoi occhi sono lì, a ricordartelo ogni giorno della tua vita. Sono in quel maledetto specchio, a guardarti come ti guardava lui, un mix di sentimenti che non sai decifrare.

È amore?

O rabbia?

È dolcezza?

O disgusto?

Dubbi che persistono da tutta la tua vita.

Erano lì a dieci anni, quando ti chiedevi perché non ti cercasse.

Era arrabbiato con te? Forse avevi rotto qualcosa e lui non riusciva a perdonarti, tanto da limitarsi a parlarti solo al telefono?

Era davvero da mesi, anni diceva la mamma, che non lo vedevi. Eri così piccolo, e invidiavi alcuni dei tuoi compagni quando uscivano da scuola e trovavano i loro papà ad aspettarli.

Ti facevano chiedere: dov'è il mio?

Sapevi bene che fosse dall'altra parte dell'oceano con quella signora dai capelli neri, perché non voleva più stare con la mamma.

E forse neanche con te.

Forse eri sbagliato per lui. Forse eri così capriccioso che non riusciva più a sopportarti.

Non hai mai trovato una risposta alle tue domande, perché papà era difficile da comprendere e a quell'età non bisogna neanche capire un genitore. Bisogna solo viverlo.

Così a vent'anni quegli stessi occhi ti guardavano dallo specchio pieni di lacrime che nessuno doveva vedere. Solo mamma poteva, ma era difficile anche con lei.

Erano le lacrime di un ragazzo che non aveva vissuto col padre.

Un ragazzo geloso di un fratellastro che in soli cinque anni aveva avuto ciò che a lui era stato negato in diciassette.

Era la gelosia ad alimentare quelle lacrime.

Era anche la rabbia verso quel folle sconosciuto che gli aveva portato via il padre per la seconda volta.

Ma tu lo sapevi, sapevi che oltre a questo, oltre al dolore, c'era un profondo rancore che covavi nel tuo cuore. Un sentimento furioso che in quel momento era rivolto proprio a lui, proprio a John Lennon.

Nella tua adolescenza avevi amato tuo padre, il suo lavoro, e soprattutto quel suo modo di dire sempre ciò che pensava.

Un po' sbruffone, sì, perché non si accorgeva dei limiti da rispettare. Eppure ti piaceva e volevi essere come lui. In tutto e per tutto.

Fino a quando quel limite non rispettato non si è schiantato contro di te.

Julian fu un figlio non previsto. Che venne fuori da una bottiglia di whisky.

Come? Com’era possibile?

Dopo quell'impacciato riavvicinamento degli anni precedenti, lui se ne usciva, qualche mese prima della sua morte, con quelle parole. Parole che un figlio non dovrebbe mai sentirsi rivolgere.

Non previsto.

Bottiglia di whisky.

Era davvero questa la sua esistenza? Sbaglio e sballo di una notte?

Beh, se non altro ora avevi una risposta a quella strana, spiacevole sensazione di essere un errore.

I figli possono essere anche errori.

Errori dei genitori.

Ne eri convinto anche a trent'anni, quando amici e parenti cominciavano a chiederti se avessi intenzione di sposarti, o avere dei figli.

Ma tu non eri pronto. Lo sentivi, c’era qualcosa che ti tratteneva dal realizzare quei pensieri. Lo leggevi nei tuoi occhi e rivedevi quelli spaventati di tuo padre.

Era la paura di commettere i suoi stessi errori. Ormai l’avevi accettato. Non credevi davvero che non ti avesse voluto. Semplicemente non sapeva come fare da genitore a un bambino che dipendeva in tutto e per tutto da lui. Era una responsabilità immensa, troppo pesante per le sue spalle deboli.

Poteva fare lo spavaldo quanto voleva, ma c’era molta paura e molta rabbia in lui, che inevitabilmente riversava su di te. E tu non potevi fare altro che assimilare tutto questo, perché i bambini sono spugne che assorbono tutto ciò che toccano. Sta poi a loro decidere se seguire le orme dei genitori o cambiare.

Tu sicuramente non vuoi ripetere questi errori. Il rischio c’è, perché la parte di John ancora viva in te ruggisce, ti ricorda la sua presenza, con gli scatti d’ira, i cambiamenti repentini di umore. Non vuoi che tuo figlio subisca ciò che hai vissuto tu.

Questa storia diventerebbe infinita e se qualcuno può mettere la parola fine, quello sei tu.

Sei abbastanza forte per farlo.

Poi sono arrivati i quarant’anni. Un traguardo importante, tuo padre se n’è andato alla stessa età. I suoi occhi si sono chiusi, ma i tuoi erano più vivi che mai.

Pensavi alla vita e insieme alla morte. Un binomio che si annulla.

Ti chiedevi se fosse il caso di continuare ad essere arrabbiato con lui. Certo che no, è morto, non c’è alcun modo di chiarire e chiedergli perché. Forse neanche avrebbe risposto.

Così preferisci ricordare le cose buone che ha fatto con te, quell’amore immenso che ti ha mostrato nei suoi momenti di pace interiore, quando si ricordava di avere anche te al mondo.

Ti aggrappi a quei ricordi disperatamente, perché l’alternativa sarebbe impazzire e no, non vuoi, devi essere forte per te stesso, per tua madre e anche per tuo padre. Neanche lui lo vorrebbe.

Sai che non sarà facile perdonarlo, ci vorrà tempo.

Ma ora a cinquant’anni ti convinci di essere finalmente in pace con lui e con te stesso e l’unico regalo che vorresti è qualcosa di irrealizzabile e introvabile.

Un abbraccio, solo questo.

Se entrasse nella tua camera, ora, per farti gli auguri, sai che ti abbraccerebbe e tu piangeresti insieme a lui.

Ne sei certo.

Perché ora, proprio ora, guardandoti allo specchio, i tuoi occhi brillano anche al suo pensiero.

E quella vocina ripete le parole che conosci bene, ma stavolta le ascolti con gioia.

Hai gli occhi di tuo padre.

 

 

Note dell’autrice: buona domenica.

Dunque una piccola os per il mio Beatles son preferito. :3

Ci tenevo tanto a scriverla, e molte cose sono riprese da cose dette davvero da John e Julian. :’(

Grazie ad Anya e Giulia, per la correzione/consulenza/sostegno…ecc… siete l’amore. <3

A presto

kia85

 

   
 
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