2 capitolo
La mente di Sergej si svuotò
completamente, i suoi occhi videro la propria mano muoversi nell'aria per
afferrare la pietra dal colore grigio pallido ma, improvvisamente, bloccarsi a
metà azione. A Sergej mancò il respiro e tremò, si rese conto di essere
terrorizzato più dalla pietra che dal mostro. Non poteva fidarsi di un oggetto
spuntato dal nulla che lo attirava, come fosse stato la voce più dolce di tutte
le sirene dell’Odissea.
Istintivamente Sergej sapeva di
doverla e volerla prendere ma, ancora più in profondità del suo inconscio, la
sua voce urlava di non farlo e decise di ascoltarla.
Il ragazzo ritirò la mano e tremò
ancora più forte, ben deciso di ascoltare il suggerimento.
Sfortunatamente per lui, Aaron si era
alzato sul tavolo e aveva afferrato in un balzo la pietra verde e rosa e
lanciato quella grigia sulla fronte di Sergej, in un gesto fulmineo.
-Sei impazzito?- domandò arrabbiato
Sergej mentre la pietra gli cade ,quasi magicamente, sul palmo della mano
aperta.
Non ci fu tempo per Aaron per
giustificarsi, improvvisamente si levò nel ristorante una voce dura e
carismatica, con un accento canadese, che urlò -Aaron, pronuncia la formula Zoisite
make up, Sergej pronuncia la formula Jadeite
make up!-.
Sergej capì che urlo proveniva dal bastardino
dell'anziano signore, il quale lo fissava con occhi duri implacabili. Sergej
strillò con tutta la voce che aveva in corpo -Quel cane parla!-.
Il cane in questione urlò ancora più
forte-Fatelo o morirete!-.
Si sentirono i gemiti del mostro che
si stava riprendendo dal colpo precedente e questo spinse Aaron a non perdere
tempo in dettagli tecnici superflui, come un cane parlante, ma a urlare la sua
formula.
Sergej lo imitò. Non aveva nessuna
intenzione di morire a diciassette anni, e sentì un misterioso calore partigli
dal petto per poi dilagarsi per tutto il corpo. Nonostante che Sergej avesse
paura, sentì un'improvvisa armonia dentro di sé e … potere.
I suoi occhi erano stati aperti tutto
il tempo e avevano visto i suoi abiti cambiare in uno strano vestito bianco,
formato da una giacca a collo alto con i risvolti in oro e degli eleganti
pantaloni classici, sembrava un completo di un principe Disney.
Sergej sentì qualcosa battere sul
fianco sinistro e trovò una spada, il ragazzo si toccò le orecchie e vi trovò
degli orecchini. Non aveva mai avuto i fori in tutta la sua vita ma non poté
riflettere che il mostro si era rialzato e in salto aveva catturato Aaron.
Aaron, vestito come Sergej, iniziò a
dimenarsi dalla presa come avrebbe fatto un’anguilla dalle mani di un cuoco
inesperto.
Il belga sentì il fiato freddo della
creatura sul suo viso e iniziò a gridare a Sergej di fare qualcosa.
-COSA?- strillò Sergej terrorizzato,
mentre il bastardino azzannava il piede del mostro così forte che lo costrinse
a mollare la presa, lasciando cadere a terra Aaron che indietreggiò usando le
mani e poi, riprendendo coscienza di sé, sguainò almeno la spada.
Il cane guardò dritto negli occhi
Sergej e ordinò - Congelalo. Punta le mani verso di lui e pensa di congelarlo!-.
Sergej puntò le mani verso il mostro,
deglutì nervoso, e concentrò il suo pensiero, partì dalle sue mani una luce
grigio-azzurra e una forza, talmente potente, che costrinse le sue mani a
indietreggiare come avessero ricevuto il rinculo di un colpo di una pistola.
Il pavimento sotto i piedi del mostro
si riempì di ghiaccio che velocemente lo avvolse fino alla vita.
-Cosa? Sono come Elsa- urlò Sergej
sbalordito e guardandosi le mani.
Aaron lo guardò stupito e poi con un
sorriso canzonatorio sulle labbra- Alla tua età guardi ancora i Disney?-
domandò con una punta d’ironia.
-Ho un fratellino!- si giustificò
Sergej arrossendo vistosamente mentre il cane abbaiò così forte che il suono
rimbombò nel ristorante.
-TU- urlò inferocito ad Aaron-Prima
che si liberi, colpiscilo al cuore con la spada! Con tutta la tua forza- specificò
quasi come se considerasse Aaron un inetto.
Il ragazzo fissò irritato il cane ma,
quando vide che il mostro stava iniziando a rompere la sua trappola di
ghiaccio, si alzò di scatto e si buttò su di esso, evitando le sue braccia libere
di afferrarlo, e lo colpì al cuore violentemente. Il mostro si deteriorò
improvvisamente in terra secca e si sbriciolò sotto gli occhi increduli dei due
ragazzi.
Aaron afferrò velocemente e
violentemente il cane per la collottola e lo interrogò inferocito ma con gli
occhi ancora spaventati - Che è successo qui? Perché cazzo parli?- imprecò distruggendo
per sempre la figura del ragazzo di buona famiglia.
Il cane gli morse la mano e Aaron lo
lasciò cadere, gemendo per il dolore, mentre l’animale atterrò perfettamente
sulle zampe.
Il belga era pronto a calciarlo con
un’espressione furiosa in volto quando fu fermato da Sergej, che posò una mano
sulle sue spalle e lo guardò con disappunto.
-Se sarete iniziati durante la notte
di luna piena, m’incontrerete di persona- disse il cane serissimo mentre i due
ragazzi rimassero in silenzio sconvolti.
-Adesso andate via di qui. Avevo
disattivato le telecamere appena siete entrati, ma è meglio che la polizia non
vi trova. Non sareste in grado di dargli una spiegazione-.
I ragazzi si guardarono intorno c’erano
due persone svenute e un’enorme macchia di terra secca con ghiaccio… il cane
aveva ragione.
-Andate via!- ordinò l’animale e dopo
quell’ultima frase si appoggiò sulle proprie zampe e una strana ombra rossa
uscì dal corpo, quando aprì gli occhi, erano diventati un semplice marrone.
I due ragazzi con sgomento si
accorsero che erano tornati a indossare i loro abiti normali e, nonostante che
volessero dare una mano alle vittime, scapparono come gli era stato detto.
Chiamarono un taxi e si avviarono a
casa di Sergej, nessuno dei due osò aprire la bocca.
Quando arrivarono a destinazione, il
padre di Sergej li attendeva, inizialmente con un’espressione tranquilla in
volto ma poi, vedendoli pallidi e silenziosi, il povero uomo si preoccupò.
-Cosa vi è successo? Sembrate
sconvolti- domandò, fu Aaron a prendere la parola e spiegò, con un tono di voce
ancora pieno d'emozione, che avevano esagerato con il vino.
Il padre di Sergej annuì, per nulla
convinto, era di natura un uomo sospettoso, una caratteristica che l'aveva
aiutato ai tempi in cui aveva lavorato nel settore della sicurezza, ma decise
di lasciar stare. I ragazzi erano scossi, però non sembravano feriti.
Nei giorni seguenti, entrambi ragazzi
erano ben decisi di pensare a tutto quello che era accaduto come fosse stato un
sogno, si convinsero quasi ma, ogni volta che sentivano i fori alle orecchie,
l’inquietudine e la consapevolezza tornavano a presiedere i loro cuori.
Sapevano che qualcosa era accaduto e
anche se non lo ammettevano né a se stessi né tra loro, sentivano il
cambiamento, insieme all'arrivo inevitabile della luna.
Sergej era in casa da solo con il suo
fratellino di sette anni, Shen, che stava
facendo i capricci quella sera: voleva che
dormissero insieme come un tempo, ma era dal trasferimento della sorella
maggiore che Sergej aveva ottenuto una camera sua.
I loro genitori non erano in casa,
entrambi occupati con il lavoro, e quindi Sergej decise di accontentarlo, in
fin dei conti era meglio che stessero insieme.
Giocarono insieme per un po’, finché
non fu ora di andare a letto per Shen.
Sergej aprì la tenda della camera e tenendo
in braccio il fratellino gli mostrò il cielo di quella notte, la luna piena
rifletteva la luce del Sole illuminando quella notte senza stelle. C’era
qualcosa di solenne in quella notte e Shen reagì nascondendo il viso nel petto
del fratello iniziandosi a lamentarsi.
-Cosa c'è Shen?- gli domandò in russo
- Non ti piace la luna? Guarda c'è il coniglietto della luna- gli disse
mostrandogli la vaga figura che i crateri del satellite assumevano,
ma il bambino s’irrigidì e nascose ancora una volta il viso nel petto di
Sergej.
-Non è vero! E’ volto di una persona
cattiva!- ribatté Shen stupendo Sergej.
-Hai ragione, in effetti, sembra più
un volto di una persona che quello di un coniglio- concordò dolcemente, accarezzando
la testa del fratello che mugugnò qualcosa.
-Non ti può raggiungere- aggiunse Sergej
gentilmente continuando ad accarezzare
la testa del bimbo, finché non si calmò e si fece mettere a letto.
Sergej si coricò anche lui e vegliò sul
fratellino aspettando il suo sonno ma quando accade, quando fu il momento di
dormire per lui non ci riuscì e si sentì inquieto. Lentamente Sergej si alzò,
prese il suo cellulare e inviò un messaggio ad Aaron.
“Oggi c'è la luna piena.”
Non passò neanche un secondo che
Sergej ricevé un messaggio conciso che diceva “ Non succederà nulla.”
Sergej lesse e rilesse il messaggio
più volte per convincersi, però più tentava di negare e più l'inquietudine lo
assaliva, si coricò a letto sperando di non avere un sogno agitato.
Stava
dormendo? Aaron sperò di sì, perché aveva paura. Attorno a lui c'era solo buio
e camminava immerso fino alla vita in qualcosa di liquido, viscoso e umido che
penetrava nella sua pelle.
L'odore
attorno a sé era confuso, Aaron riusciva a distinguere l’odore di vegetazione
ma anche d’acqua: dove era?
Infine
aveva la sensazione che c’era qualcuno nascosto nel buio.
-Così
hai scelto d’essere un cavaliere, di nuovo - una voce femminile e conturbante
irruppe nel buio.
Aaron
sentì il cuore salirgli in gola, dunque aveva ragione, non era solo.
Era il
caso di seguire la voce? Perché era riuscito a capirne la direzione.
Il
ragazzo s’immobilizzò sentendo, con disgusto, le piccole onde di quel liquido
sconosciuto infrangersi contro il suo corpo, Aaron cercò di pensare e alla fine
scelse e andò in direzione della voce misteriosa.
Non
seppe per quanto camminò, ma fu ripagato da un po' di terra, in cui si rifugiò
come un naufrago. La terra era morbida d’erba e di piante rigogliose e
misteriose, dall’odore penetrate che quasi gli provocarono mal di testa.
-Hai
sempre odiato questo posto, quel liquido è troppo caotico per te- Aaron alzò il
suo viso e questa volta la voce ebbe un volto.
Una
donna matura, nuda dai fianchi larghi, trasformati da una precedente
gravidanza, guardava Aaron. La sua pelle era olivastra e un tatuaggio
intricato, tra il verde e blu, abbelliva il suo corpo e si allungava fino all’unghia
dell’anulare, i capelli erano corti e scombinati come quelli di una donna che
aveva appena fatto l'amore.
Il
viso della donna non era fine ma sensuale, potente e possedeva una bellezza
primordiale.
La
donna alzò una mano e indicò il ragazzo e Aaron si ritrovò davanti a lei,
inginocchiato come la pregasse per la sua pietà e forse quella sensazione non
era così lontana dalla realtà.
La
donna si abbassò e Aaron rabbrividì dell'espressione disturbante dei suoi
occhi, la sconosciuta prese con forza il suo viso tra le mani e poggiò le sue
labbra roventi sulle sue.
Aaron
tremò fino agli estremi del suo corpo di paura, quel bacio non aveva nulla di
bello ... era violento e invadente.
Sentiva
la sua lingua calda nella bocca e capiva che stava succedendo qualcosa, una strana
sensazione invadeva il suo corpo costringendolo a rabbrividire di terrore.
Le
mani di Aaron divennero calde, troppo calde, roventi come il tocco di quella
donna.
La
donna si staccò permettendo ad Aaron di respirare e di guardarla, sorrideva
come una madre orgogliosa, un’azione che stonava con il bacio di poco prima.
- Hai
scelto di essere iniziato, perderai te stesso- disse la donna continuando a
sorridere e sussurrò qualcosa che Aaron non capì incapace di replicare per l’immobilizzante
paura.
Poteva
solo guardare gli occhi di quella donna misteriosa e potente.
Con
l'ennesimo sorriso agghiacciante la donna sparì e la terra, che Aaron aveva
creduto la sua salvezza, si spaccò e lui cade in quel liquido viscoso e
inquietante che lo trascinava sempre più profondità entrando nella gola e soffocando
i suoi polmoni…
Aaron
nel sonno era caduto dal letto, ma chissà com’era stato abile nel cadere sulle
proprie mani.
I suoi
capelli sciolti gli nascondevano la testa che si abbassava ritmicamente al suo
respiro spezzato.
Gli
occhi di Aaron erano piegati in un’espressione d'angoscia, del sudore scendeva
lento e impietoso dalle tempie.
Prima
che potesse calmarsi, sentì uno strano rumore, un brusio di quando qualcosa
brucia, e vide che le sue mani stavano bruciando la moquette della sua camera.
Con
orrore le allontanò dal pavimento, in cui erano apparse le sue impronte,
un'ombra vivida pronta a testimoniare l'accaduto.
Aaron
fissò turbato le mani, che teneva lontano da sé, avvertendone un anomalo
calore.
Deglutì
e lentamente toccò il suo viso, l'effetto fu devastante, la pelle era così
fredda rispetto alle mani che si scottò.
Spaventato,
entrò nel bagno della sua camera e immerse le mani nell'acqua fredda, ma nulla
riusciva a farne calare la temperatura.
Lentamente
Aaron alzò il suo sguardo e si vide riflesso nello specchio, le sue labbra erano
gonfie e umide.
Improvvisamente
tutte le sensazioni di quell’incubo, o quello che appariva solo come un incubo,
tornarono a galla e, disperato, Aaron cercò di cancellare il tocco di quella
donna strofinando con forza le labbra con una mano: quando le vide livide, si
fermò e pianse.
Il
sonno non fu gentile neanche per Sergej, era intrappolato in un bosco
tenebroso, dagli alberi così fitti e alti che non c'era luce. Che fosse giorno
o notte, in quel luogo non faceva differenza.
Udì lo
scrosciare dell'acqua e tentò di seguirlo, uscì dal bosco lentamente e
titubante, si trovò in uno spiazzo aperto dalla steppa secca.
Dov'era
l'acqua che gli era stata promessa si domandò guardandosi attorno con
un’espressione dubbiosa e fu allora che apparve una donna nuda, tatuata e dal
sorriso agghiacciante. La donna aprì braccia come volesse abbracciare il mondo,
ma accade qualcos’altro. Sergej si trovò appoggiato al petto della donna,
cullato da una strana litania.
Attorno
a loro la terra iniziò a muoversi e avvolgerli.
Sergej
con orrore cercò di svincolarsi ma la donna lo teneva fermò e più lui lottava
per non essere sepolto vivo, più lei lo stringeva soffocandolo nel suo
abbraccio.
-So
chi sei, sento il mio potere scorrere nelle tue vene, tesoro- dichiarò con una
voce conturbante.
Sergej
non ebbe tempo per replicare che era stato completamente sepolto insieme a
quella donna ed era buio in quel ventre di terra: Sergej riusciva solo a
sentire il suono del battito del suo cuore, che aumentava sempre di più.
La
donna era tranquilla e continua ad accarezzarlo come se quello che accadeva
fosse la situazione più normale del mondo, Sergej non poteva vedere la sua
espressione ma la temeva.
-Caro,
la tua rinascita è pronta e inevitabile- disse in un tono dolce che diede i
brividi a Sergej.
Improvvisamente,
l'intero ventre di terra si ruppe e Sergej vide una luce, la donna l'aveva
lasciato libero della sua presa e il ragazzo ne approfittò e uscì strisciando.
Era
sporco di terra, tossì e si liberò di quella che otturava il suo naso, poi una
voglia infrenabile, che non riuscì a celare, lo travolse e urlò spezzando il silenzio di
quel luogo sconosciuto e maledetto.
La
misteriosa donna era rimasta avvolta dalla terra fino a metà busto, come se
fosse stata piantata, lo guardava con amore.
-Sei
pronto amore mio, puoi andare ... –
Sergej
non sentì l’ultima frase,
la voce infantile di Shen sembrò quella di
un angelo e lo salvò da quella donna.
-Sergej!-
Quando
Sergej aprì gli occhi, vide lo sguardo di Shen, che lo fissava preoccupato.
-Stai
bene?-
Sergej
non gli rispose ma lo abbracciò, sentì il suo odore da bambino e si calmò
lentamente mentre Shen continuava a parlargli confuso.
- Ho
avuto un incubo, solo un incubo-, confessò Sergej con un dolce sorriso mentre
accarezzò affettuosamente la guancia del bambino, sentì la morbidezza della sua
pelle, sotto la sua mano che stava diventando quella di uomo, e pensò che era
sensazione bellissima, eppure quella pace durò solo un attimo.
-
Sergej?- gli occhi castani di Shen, grandi e leggermente a mandorla divennero
più confusi e spaventati quando videro un’espressione di autentica paura sul
viso del fratello, senza capire il motivo e poi si toccò la guancia
-
Perché hai le mani sporche di terra?- chiese il bambino innocentemente.
Sergej
distolse lo sguardo da suo fratello e si fissò le mani, la loro pelle candida
era sporca di terriccio.
-Non
lo so-.
Da
qualche parte di quella stessa zona di Tokio, c'era stata un'altra notte
insonne e un mattino ancora più traumatico.
L'uomo
che non aveva dormito, in realtà era poco più di un ragazzo, poteva aver finito
il liceo da pochi mesi ma c'era una maturità nei suoi occhi che lo faceva
sembrare più grande.
Prese
il suo telefonino e fece una telefonata internazionale, mettendo il prefisso di
uno degli stati più al sud degli stati uniti, quello della Louisiana.
-Pronto,
Keme?- domandò una voce risonante
a causa della lunga distanza
ma comunque femminile.
-Zia,
sono loro. Sono stati iniziati-
La
donna non fiatò, Keme la sentì trattenere il respiro ma infine cedere e
domandare con un tono di voce duro.
-Sono
giovani come apparivano nei tuoi sogni?-
-Sì,
zia- confermò Keme passandosi una mano tra i lunghi capelli castani- Zoisite ha
quindici anni mentre Jadeite ne ha diciassette-.
La zia
emise un gemito di assenso prima di dire- Molto giovani-.
Keme
ridacchiò e con tono scherzoso disse-Ti stai ammorbidendo, un tempo non avresti
detto una cosa del genere-.
-E'
che … - iniziò la zia esitando- Credo di essere stata troppo dura con te-.
Keme
iniziò a mordere le labbra innervosito,
sapeva a che cosa si riferiva la zia e questo gli riportò in mente dei ricordi
spiacevoli accaduti durante il suo allenamento come Shitennou.
-Hai
cercato d'allevarmi come la fenice che devo essere. Ci sei riuscita, hai fatto
del tuo meglio-.
Keme
sentì sua zia sospirare.
-Ho
portato dei fiori a Cristóbal- disse con la voce che tradiva del dolore.
Keme stinse
la vita nervoso e cercando di non cedere all'emozione mormorò- Grazie zia-.
Si
salutarono semplicemente e calò nuovamente il silenzio nella casa di Keme che
non durò a lungo. C'era una finestra aperta nella camera e si appoggiò un
piccolo passerotto, il ragazzo gli lanciò un'occhiata di stizza.
-Cosa
vuole Gaia?-
L'uccellino
volò dalla finestra e si spostò a metà stanza prendendo le fattezze di una
donna, della stessa che aveva tormentato la notte di Sergej e Aaron.
-Mio
caro Nephrite, dovresti essere più felice. Hai trovato i tuoi preziosi
compagni, non sarai più solo, come ai tempi di Cristóbal - disse la donna
puntando i suoi occhi ferini sul giovane e sapendo su quale frase mettere
enfasi, cioè l'ultima.
Keme s’irrigidì
ma non parlò, la donna né approfittò per avvicinarsi per accarezzargli il viso
con fare lussurioso.
-Trova
Kunzite, è un ordine di Madre Terra- la donna posò un bacio sull’angolo delle
labbra del ragazzo e scomparve diventando improvvisamente evanescente, si sentì
la sua voce dolce e ammanicante dire - Con lui le cose saranno divertenti-
Davanti
al viso del ragazzo comparve nuovamente il passerotto che appariva spaesato e
spaventato, Keme lo catturò delicatamente e lo accarezzò con dolcezza.
-So
cosa si prova a essere impossessati-, disse rivolgendosi all'uccello- Non è
bello, soprattutto quando lo fa la Dea Madre. Passerà-
Lo
appoggiò delicatamente alla finestra e aspettò che l'uccello spiccasse il volo
per uscire da casa. Adesso iniziava la seconda fase della sua missione, una
missione a cui era stato iniziato da quando aveva dieci anni.
Sergej
non passava del tempo da solo con sua madre da un po', per cui quando gli
propose di fare yoga insieme accettò. Erano lì nel soggiorno di casa a
praticare quelle figure contronaturali tipiche dello yoga che dovevano servire
a rilassare e su questo, Sergej non era mai stato troppo sicuro, nonostante la
sua apertura verso la cultura orientale insegnata da sua madre fin da tenera
età. Lo yoga lo trovava piuttosto faticoso che rilassante ma si era abituato a
praticarlo.
La
madre Fang era ancora elastica come un tempo e ,per un attimo, Sergej non fu
certo di riuscire a seguirla e fu un bel lieto di riposarsi nella posizione del
loto.
-Come
sta Aaron?- domandò Fang guardando il figlio irrigidirsi nella sua posizione.
-Non
lo so. E' strano, credo che mi stia evitando- ammise Sergej.
Fang
guardò il figliastro con affetto ma anche con preoccupazione- Perché lo credi?-
domandò gentile ma autoritaria- E’ successo qualcosa?-.
Sergej
cercò di celare il suo turbamento, la domanda era così giusta e sbagliata nello
stesso tempo. Sergej si domandava cosa sarebbe successo.
-Forse
non ha tempo- cercò di tagliare a corto Sergej ma la sua matrigna non demorse.
Fang
studiò il figlio, era da un po' di tempo che era preoccupata per lui, era così
distante ... si era detta di non tormentarsi, Sergej aveva diciassette anni,
era normale e salutare che fosse distante dalla sua famiglia: stava crescendo.
Sergej
sapeva che era successo qualcosa ad Aaron, era probabilmente la stessa cosa che
era accaduto a lui quella notte di luna piena.
Perché
non era andato da Aaron il giorno seguente? Era stata una mossa stupida a
pensarci bene, avrebbero potuto discutere insieme degli avvenimenti ma, forse inconsciamente,
Sergej sapeva che se lui e Aaron avessero parlato avrebbero dovuto ammettere
che sia l'aggressione e sia quella donna erano vere.
-Mamma,
vorrei farti vedere una pietra. Sai dirmi qual è ?-domandò Sergej sciogliendo
la posizione e mettendosi davanti alla matrigna che era rimasta seduta. Estrasse
dalla giacca della tuta un sacchettino in tela e lo aprì mostrando il contenuto
alla madre: una pietra dal colore grigio pallido.
Quello
che avvenne Sergej non se lo aspettava, la matrigna gli afferrò il polso e gli
prese la pietra dalle mani, i loro occhi s’incontrarono e Sergej lesse tanta
paura nello sguardo di sua madre.
-Dove
l'hai presa?- domandò Fang con una voce che aveva dei toni isterici.
-L'ho
comprata in un negozio di roba usata-disse Sergej cercando d'essere convincente
ma le bugie non erano mai state il suo forte, quindi cercò un diversivo e, con
tono lamentoso, disse alla madre di lasciarlo perché gli stava facendo male.
Fang deglutì
e lasciò il polso del figlio, lo guardò con occhi colpevoli e gli sorrise in
modo forzato.
Sergej
tentò di riprendere la pietra quando la madre lo fermò e la studiò con il tatto
e con gli occhi.
-Questa
è una Jadeite, un tipo di giada, considerata la più preziosa pietra per
l'impero cinese- Fang abbassò lo sguardo finché Sergej non le rialzò il viso e le
toccò la mano che teneva la pietra.
-Perché
ti sei così spaventata, mamma?- le domandò con dolcezza.
Fang
sospirò e ordinò al figliastro di sedersi e Sergej si affrettò a ubbidire e
rimase in attesa. La matrigna iniziò a giocare con la pietra con le mani e a
respirare pesantemente, quando fu pronta, guardò il figlio con occhi pieni di
preoccupazione.
-Io e
tuo padre avevamo deciso di non dirtelo mai. Ma ti rapirono durante il nostro
viaggio di nozze in Nepal-.
Fang
studiò il figlio che la ascoltava silenziosamente e impassibile eppure era
certa che aveva tremato per un attimo, probabilmente Sergej non ricordava
coscientemente il rapimento, perché aveva solo sei anni quando era accaduto, ma
aveva conservato il ricordo nel suo inconscio.
-Ci
perdemmo con il nostro fuoristrada nella giungla nel Nepal, come ben sai credo
molto nella spiritualità e nel fato e ti assicuro che qualcuno ci fece finire
fuori strada. Trovammo questo villaggio ignoto e decidemmo di farci ospitare
per una notte. All'inizio sembrò tutto normale, era chiaramente un villaggio
sconosciuto, gente che non aveva mai visto dei turisti eppure furono gentili-.
Fang
portò una mano alla bocca e assunse un'aria colpevole.
-Che
stupidi fummo. Poiché eravamo lì, decidemmo di girare il villaggio la mattina
seguente, scoprimmo che c'era questo enorme tempio dedicato a un loro Dio che
chiamavano Jadeite. C'era un’enorme statua di bronzo di questo Dio, chiaramente
un dio marziale, che ti assomigliava incredibilmente-.
Sergej
chiuse gli occhi, cercando di ricordare ma era buio nella sua testa eppure era
certo che sua madre non gli stava mentendo e si sforzò.
- Tu
eri in braccio a tuo padre quando i monaci di quel tempio ti videro e
incominciarono a chiamarti in quel modo "Jadeite"-
La
madre sospirò, prese coraggio e disse in tono tagliante-Non voglio allungare la
storia. Ci tramortirono e ti rapiranno-
Sergej
trattené il respiro e si ricordò qualcosa, una stanza dalle pareti verdi.
-Come
ben sai tuo padre non è sempre stato soltanto uno che si occupava di trasporti.
Ha lavorato nei servizi segreti. Con le sue capacità riuscimmo a riprenderti.
Ti trovammo in una stanza segreta del tempio ... -
-Una
stanza dalle pareti e il pavimento di Giada?-domandò Sergej con un filo di
voce.
Sua
madre annuì con gli occhi lucidi di un pianto negato e gli accarezzò il viso- Sì,
infatti, continuavano a chiamarti il ragazzo della giada. Non ho mai avuto così
paura in vita mia-
Sergej
tenne la mano alla madre e domandò in tono neutrale-Cosa successe ai rapitori?-.
-Questa
è la parte più strana della storia, Sergej, dopo averti recuperato, tuo padre
chiamò le autorità di dovere ma quando andarono lì, il villaggio era
completamente vuoto come non ci avesse mai vissuto nessuno, come se fosse disabitato
da secoli-
Sergej
rimase in silenzio, poco dopo baciò la fronte di sua madre e si rialzò- Vado da
Aaron- dichiarò perentorio alla madre.
La
madre lo bloccò e gli disse in un sospiro-Sergej, non l'hai comprata quella
pietra?-.
-L'ho
comprata, mamma. Lo giuro- mentì spudoratamente Sergej sentendosi in colpa- È
solo una pietra, non esistono altri monaci pazzi che mi prenderanno per un loro
Dio-, tentò di scherzare ma sua madre continuava a guardarlo severa e
preoccupata-Stai attento tesoro. Magari tuo padre ha ragione a dire che sono
troppo superstiziosa, ma credo seriamente a queste cose-.
Sergej
annuì ma andò via senza voltarsi indietro, se voleva sapere non doveva avere
paura.
La
voce di Keme si espandeva nella stanza di Aaron tramite il telefonino impostato
sulla radio.
-Quando
l'eroe riceve il richiamo all'avventura, ha anche il rifiuto alla chiamata.
L'eroe non ha intenzione di partire, la paura dell'ignoto lo blocca... -.
Aaron
disteso sul letto alzò le mani davanti a sé, un'espressione di disgusto deformò
il suo viso: la pelle delle sue mani era completamente spaccata divisa in ferite
in cui c'era sangue ancora fresco, a ferite quasi cicatrizzate-.
Forse
era la paura di se stessi a bloccare più di qualunque cosa, Aaron avvicinò le
mani sul viso e le sentì gelide, le allontanò immediatamente da sé.
Aveva
troppo paura, cosa gli stava succedendo?
Udì
dei rumori dei passi e si gettò al muro spaventato, iniziando a sudare freddo.
Quante volte doveva ancora dire che nessuno poteva entrare? Soprattutto suo
padre perché suo lo feriva sempre. Sentì una lacrima calargli dagli occhi e la
asciugò, nonostante che il contatto mani e viso fu doloroso, la pelle delle mani
era di nuovo diventava calda.
Si
sentì un bussare leggero e Aaron capì che non era suo padre.
-Aaron
per favore aprimi, sono Sergej-
Aaron
non si mosse, rimase immobile e indeciso sul da farsi, conosceva abbastanza
Sergej da sapere che avrebbe aspettato pazientemente finché lui non sarebbe uscito.
Si
alzò lentamente senza fare rumore e quando aprì la porta, non gli sfuggì
l'espressione sconcertata dell'amico.
-Ho un
aspetto orribile- commentò Aaron ma Sergej non rispose, anche se acconsentì con
il suo silenzio, i lunghi capelli biondi dell’amico erano legati in una treccia
disordinata e sfatta, gli occhi erano arrossati, le labbra livide e Sergej era riuscito
a vedere le mani, che cosa era successo?
-Dobbiamo
parlare- iniziò Sergej con pacatamente -Fammi entrare Aaron, per favore-
Aaron s’irrigidì
e tentò di chiudere la porta ma Sergej l'aveva bloccata con il piede, questa
volta il più giovane assunse un'espressione furibonda.
-Non
puoi entrare-gli sibilò con un tono cattivo-Non ti voglio qui, mai più-disse
crudele e Sergej assorbì il colpo, per quanto le parole di Aaron erano state
dure, sentiva e vedeva che aveva bisogno di lui. I suoi occhi verdi erano
lucidi di pianto e spaventati ma Sergej sapeva quanto fosse orgoglioso e
infantile, come una tartaruga si stava chiudendo nel suo guscio e lui doveva
metterlo sotto scacco se voleva aiutarlo.
In un
gesto violento che non lo rappresentava, tirò entrambi le mani di Aaron e le
raccolse dentro le sue, le trovò roventi e sentì che la sua pelle soffriva. Aaron
cercò di indietreggiare spaventato.
-Lasciami ti farò del male! E' inevitabile, succede sempre- si lamentò
Aaron con una voce carica di paura.
Sergej
strinse ancora più forte, reprimendo un gemito di dolore. Una voce lontana e
paterna nella sua testa gli confidò come un segreto “Se lo lasci adesso, il suo potere andrà completamente fuori controllo e
diventerà pericoloso anche per se stesso”.
Sergej
sentì un improvviso gelo e una strana sensazione percorse il suo corpo, come se
si trovasse in una sauna senza calore che lo purificasse in modo violento.
Aaron
lo guardava ancora più spaventato mentre si mordeva le labbra rendendole
livide.
-Non
posso accettare una cosa del genere- Sergej sorrise con calore, con sgomento e
sollievo vide che Aaron aveva smesso di torturarsi le labbra e le sue mani
stavano ritornando calde, non in un'escursione improvvisa ma gradualmente,
finché non tornarono a una temperatura normale.
Aaron
staccò le sue mani da solo e le portò al viso, finalmente dopo quella lunga e
orribile settimana riusciva a toccarsi il viso.
Guardò
per un lungo attimo Sergej che lo fissava con un'espressione serena e paziente
fuori la porta, la aprì completamente e lo invitò a entrare.
Quando
entrò Sergej cercò di non mostrare nessun cedimento, anche se il suo cuore si
strinse in una morsa. La camera di Aaron era un disastro e tutto sembrava
testimone della sua lunga sofferenza. C'erano parecchi asciugamani i quali
sembravano umidi sul letto, insieme a un paio di guanti pesanti, che dovevano
essere serviti a riscaldare le mani del ragazzo quando si erano ghiacciate.
Sergej
notò la pietra rosa e verde buttata in un angolo della stanza a marcire, non ci
voleva molto a capire chi l'avesse scagliata in quel modo.
Si
avvicinò alla pietra e sentì che la sua vibrò, lentamente e inesorabilmente
anche la pietra di Aaron diede segni di vita, Sergej sentì sibilare dietro di sé
e vide che l'amico la guardava con la bocca contratta e un'espressione feroce
negli occhi.
Sergej
s’inginocchiò e raccolse la pietra, lentamente si rialzò e guardò Aaron.
-Dobbiamo
sapere che cosa sono. Andremmo all'università di Tokio a parlare con i
professori di geologia-spiegò lentamente Sergej sempre guardando gli occhi di
Aaron, sentiva la sua rabbia o era paura travestita in rabbia?
“Non rifiuterà mai la missione. Lui non è
il cavaliere più forte ma il più determinato e feroce. Per questo può essere
pari a Nephrite e qualche volta a me” Sergej udì la stessa voce paterna di prima e ,poiché aveva già troppe
preoccupazioni, decise di ignorare la stranezza.
-Dammi
quella cosa- disse Aaron porgendo la mano verso di Sergej in un gesto secco.
Sergej
fece quello che gli era stato detto e quando la pietra fu toccata da Aaron si
illuminò febbrilmente.
-Un
minuto- disse Aaron mentre si legava in capelli in una treccia più ordinata- Mi
sistemo un attimo e andiamo-
Non
parlarono durante quel tragitto che li portò verso l'università, nonostante
l'atteggiamento indifferente di Aaron, Sergej sapeva che aveva paura e l’aveva
anche lui.
Aaron
si era nascosto gli sporchi capelli in un cappello, assomigliando così a un
ragazzo di un quartieraccio, l'espressione feroce completava il ritratto,
Sergej notò che si stava auto abbracciando: un segno di chiusura.
Nonostante
che sapesse che Aaron non avesse voglia di parlare, Sergej domandò -Cosa
intendevi che mi avresti fatto del male e che succede sempre?-.
Aaron s’irrigidì
e guardò l'amico con un'espressione delusa e arrabbiata, come se avesse tradito
la promessa non detta di non domandare, cercò di capovolgere la situazione.
-Ho
detto semplicemente una frase senza senso- spiegò aggiungendo un sorriso
malizioso.
-Aaron
...- lo ammonì Sergej provocando nel ragazzo più giovane un altro atteggiamento
di chiusura, abbassò la visiera del capello e strinse le spalle ma ... parlò.
-Le
persone che voglio bene le ferisco sempre. È cosi-
-Cosa intendi?-
chiese Sergej studiando l’amico.
-Quello
che ho detto. Quando mi affeziono a una persona finisco per ferirla-.
-In
che modo?- Sergej tentava di essere il più dolce e possibile, era lieto che
Aaron si stesse confidando.
-Quando
una persona diventa importante per me, tutto va bene ma poi, improvvisamente,
ho paura di farle del male.
Sergej
guardò Aaron ingobbirsi, non riusciva a capirlo.
-Ho
una paura tremenda che non sia a sicura con me. E' una paura così forte che m’impedisce
di vedere quella persona, tanto da decidere di allontanarla-.
Aaron
guardò Sergej con un'espressione rassegnata-So per certo che le farò del male,
tutto quello che è successo lo conferma-.
Sergej
lo fissò sconvolto, la paura era un sentimento forte e imprevedibile,
irrazionale ... Come si poteva aver così paura di qualcosa di così astratto?
Era per questo che Aaron trattava in quel modo suo padre?
Aaron
prese la pietra e lo guardò con disappunto -Dovremmo buttarle, non dovremmo
neanche sapere che cosa sono-.
Sergej
a tutta risposta prese la sua Jadeite e la mise accanto a quella di Aaron.
-No,
non le butteremo e non ti permetterò di buttarmi via- concluse autoritario ma
con un profondo e sincero affetto.
Aaron
rise di cuore-Sei strano e anche un po' masochista Sergej- concluse in tono
ironico.
Sergej
non ebbe il tempo di replicare, erano arrivati alla loro fermata.
Sergej
era seduto a una scrivania ad ascoltare il tecnico, una donna trentenne di
piacevole aspetto dagli occhi seri e diligenti, che parlava in un buon inglese
mentre Aaron girava intorno alla sala, come fosse stato un guardiano della
notte di un museo per nulla interessato alla conversazione.
-La pietra verde con le striature rosa è una Rubino-zoisite
e quella grigia è una Jadeite. Sono due pietre molto diverse tra di loro. La
Jadeite è conosciuta dall’antichità, è un tipo di giada, era chiamata la pietra
del fianco ed era utilizzata per curare i mal di reni dagli antichi spagnoli.
La Zoisite è considerata nuova poiché è stata scoperta in tempi moderni, nel
1797, infatti, prende il nome dal suo scopritore Von Zoist, un uomo norvegese...
-.
Il
tecnico non riuscì a finire la frase perché fu interrotta da Aaron, interessato
all'argomento improvvisamente.
-La mia
famiglia è di origine norvegese!- esclamò come un ragazzino
-Stai
scherzando?- domandò Sergej mentre il tecnico li guardava leggermente seccata.
-No,
discendo da un antico cavaliere di malta norvegese che poi è vissuto in Francia
dopo le crociate e ha messo su famiglia-
-I
cavalieri di malta hanno voto di castità!- ribatté Sergej.
-Evidentemente
pensava che fosse una cosa stupida. Comunque francesizzò il suo cognome e nacquero
i Guiffre-.
Sergej
stava per protestare quando il tecnico li sgridò entrambi, provocando nel primo
un po' d’imbarazzo mentre il secondo si sedette, finalmente.
-Dicevo
la Jadeite, che non è altro un tipo di Giada, è conosciuta dai tempi antichi. Entrambe
le pietre, se pure e lavorate, sono molto costose: lo scorso anno un esemplare
di una pietra Jadeite è stato venduto a 20.000 dollari e una zoisite, a volte
può arrivare anche a 30.000 dollari-.
I due
ragazzi si guardarono tra di loro come se avessero fatto il colpo della vita, ma
sapevano che non potevano vedere quelle pietre.
- Passiamo
alla loro struttura chimica, allora la Zoisite è più dura della Jadeite perché
… -
-Aspetti-,implorò
Sergej che come Aaron aveva aperto gli occhi violentemente a sentir parlare di
chimica - Può dirmi qualcosa dell’uso delle due pietre in cristalloterapia?-
Il
tecnico cambiò espressione in una chiaramente frustata- Ah- disse con il tutto
il suo disprezzo. -Vi chiamo un mio collega, è lui che ama quelle cose-.
Il
tecnico si alzò dalla sua postazione appoggiando le mani sul tavolo come
volesse ingrossare la sua figura e chiamò ad alta voce il collega.
I due
ragazzi videro entrare nella sala un uomo allappato, dalla pettinatura buffa
entrare, che portava al collo un numero considerevole di lacci con delle
pietre.
Ad
Aaron ricordò le statue delle madonne coperte di gioielli durante le parate
religiose.
-Questi
signorini vogliono parlare un po' di cristalloterapia con te-annunciò la
collega donna e l'uomo sorrise con una luce un po' folle negli occhi.
Sergej
esitante gli mostrò le pietre -Ecco, come vede, abbiamo due esemplari-.
Sergej
fu interrotto dal tecnico, che prese le pietre in gesto fulmineo e le osservò
con amore in controluce.
-Che
belle, dove le avete trovate ragazzi?- domandò entusiasta, la voce del tecnico
aveva un tono che rasentava il ridicolo, sembrava che appartenesse a un
personaggio di qualche parodia.
-Sono
cimeli di famiglia- mentì Aaron riprendendosi in gesto secco le due pietre, improvvisamente
possessivo, riconsegnando la Jadeite a Sergej.
Il
tecnico lo guardò con un'espressione giocosa in volto.
-Dunque
tu sei il proprietario della Zoisite. Appropriato a un ragazzo della tua età.
La zoisite ha il potere di aiutare i ragazzi molto giovani o persone molto
frustate a liberarsi dal senso di colpa di cedere ai loro impulsi fisici
permettendo di vivere serenamente con i loro istinti in modo moderato. Purifica
dall'energia e opinione negativa delle persone. In poche parole è la pietra che
aiuta a non fregarci un cazzo delle opinioni degli altri-.
-Modera
il linguaggio. Sei all'università, non in una bettola- l'altro tecnico sgridò
aspramente il collega mentre Aaron ridacchiava divertito, per poi osservare la
sua pietra con un misto di confusione e curiosità.
Sergej
sorrise pensando che finalmente Aaron sembrava più tranquillo.
Il
tecnico si scusò forzatamente con la collega e i ragazzi, chiaramente per nulla
pentito di quello che aveva detto, e fissò Sergej entusiasta e felice.
-La
giada, un'ottima pietra, antichissima e importantissima per i cinesi. È la
pietra evocatrice di saggezza e sincerità, porta prosperità, amore a lunga vita
e protegge dalle avversità. Aiuta a far chiarezza nella propria vita affettiva
e a prendere le briglie della propria esistenza. La Jadeite, in particolar
modo, stimola l'armonia dentro di sé. Rispetto alla zoisite è una pietra che
aiuta il lato più spirituale che fisico, adatta a un ragazzo come te che sembra
avere una grande forza interiore-.
Sergej
non disse nulla ma si sentì imbarazzato, chiesero al tecnico che cosa dovessero
fare per la manutenzione e finalmente uscirono.
Aaron
giocò con la sua pietra e poi guardò furbescamente Sergej -Allora le andiamo a
vendere?-.
-No,
assolutamente no- sbottò Sergej irritato mentre Aaron ridacchiava, ormai
completamente ristabilito dalla lunga settimana infernale che aveva passato.
-Ti
prendevo in giro. Insomma ascolta la tua pietra della pace interiore- continuò
in tono ironico mentre con le mani imitava il gesto di pregare.
Sergej
lo guardò dubbioso, Aaron sembrava essersi ripreso magicamente e velocemente, si
domandò se non fosse solo una finzione, oppure Aaron era strano quanto lui.
-Se ci
provassimo a trasformare?- propose Sergej dubbioso e guardando Aaron
cautamente, il quale assunse un’espressione sorpresa e poi lentamente una di
quieta rassegnazione.
-Non
credi di avermi sforzato tanto per oggi? Dammi un po' di tregua- ammise
sincero.
Sergej
osservò la sua pietra esponendola alla luce e poi rapidamente la riposò- Sono curioso-.
-Di’
la verità, vuoi ritrasvestirti da principe Disney-
-Ha
parlato il fissato delle leggende popolari- replicò prontamente Sergej con gli
occhi che scintillavano d’ironia.
Aaron sembrò
sorpreso e poi si finse offeso - Non ho mai detto che mi piacciano quelle cose-.
Sergej
alzò un sopracciglio e ghignò- Andiamo, il programma di Keme non è l'unico in
inglese che si può ascoltare a Tokio. Mi hai preso per uno stupido?- domandò
canzonatorio.
-No,
solo un po' masochista-.
I due
si fissarono con un'espressione seria in volto e poi scoppiarono a ridere come
i due giovani ragazzi che erano.
-Sentiamo
Aaron, secondo il monomito dell'eroe, qual è il prossimo passo?- domandò Sergej
seriamente.
Aaron
ci pensò un attimo e poi senza esitazione disse:
-L'incontro
il mentore-.
NOTE DELL’AUTRICE
1)Scusate il ritardo ma mi sono successe
delle cose assurde nell’ultimo mese e mezzo. Cercherò di mettere un capitolo a
mese, tanto sono lunghi.
2)In realtà non c’è molto da dire sul
capitolo, il rapimento di Sergej in Nepal è ispirato al videogioco “Sailor
Moon: the another story” che consiglio di vedere a tutti i fan della
ShitennouxSenshi. In questo gioco Mamo-chan è colpito dal nemico di turno e gli
shitennou appaiono alla sailor e chiedono di recuperare le loro quattro pietre,
precisamente la parte Yang (la positiva) per salvare il re. Le ragazze partono
ognuna a cercare le pietre Yang avendo con loro la parte Ying, quelle che ha
Mamo-chan nella scatola (se ho capito bene) e la nostra carissima Mars va in
Nepal. In un villaggio nepalese trova appunto la statua di Jadeite e il tempio
dedicato a lui.
Specifico la faccenda della pietra con la
parte Yang e Ying perché sarà importante al prossimo capitolo.
3) La donna apparsa non è Beryl ma la dea
Gaia. Sveliamo un po’ di cose. In realtà questa storia è uno spin-off di una
f.f. lunga che vorrei scrivere ma chissà se farò mai. Ad ogni modo la mia idea
è che gli Shitennou ricevono i poteri dal pianeta Terra che assume la forma di
questa donna Gaia. Se non sono iniziati da lei, non possono diventare
shitennou, in pratica la Terra li deve accettare. Gaia è una dea esistente
nella mitologia greca e mi sto basando su quella per descriverla. Mi sarebbe
piaciuto che SM Crystal si fosse occupato di più di come fosse il regno della luna
e della terra, in mancanza d’informazioni… possiamo fantasticare quanto
vogliamo.
4)Le informazioni sulle pietre e sull’uso
nella cristalloterapia le ho trovato su internet, poi ho comprato personalmente
sia la Zoisite sia la Nephrite (che è sempre un tipo di giada) e ho avuto un
piccolo dossier. Appena posso, mi procuro sia la Kunzite sia la Jadeite e andrò
in giro dicendo “ Si l’ho tutte” come Dark Mamuro nell’episodio undici XP. Si
trovano in giro, ovviamente, le pietre grezze ma se volete un gioiello … beh… auguri
^^
5) Il nome Keme significa segreto e
tempesta, un nome della tribù indiana Algonquin