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Autore: determamfidd    18/03/2015    2 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fu avvolto in una morbida tunica senza forma e guidato in una stanza più piccola.Era in grado di sapere che era più piccola grazie alle eco dolci e tintinnanti. Aveva l'odore di buona roccia profonda. C'era un letto.

Dormì come un morto.

Quando si svegliò, sua madre era lì. Poteva a malapena riconoscerne il volto attraverso una visione sfocata, ma il suo sorriso brillò attraverso la sua cecità ed era glorioso come sempre. I suoi morbidi capelli color grano dorato si arricciavano ancora intorno al suo viso, e gli occhi di lei erano ancora della stessa esatta forma e colore dei propri. Lui era felice – si era chiesto se un vecchio lutto a lungo portato avesse modificato i suoi ricordi. Frís lo aiutò a vestirsi e gli prese la mano, prima di guidarlo fuori in una grande Sala sostenuta da colonne e verso uno schieramento vertiginoso di Nani e calore e rumore e rise.

Ci volle un po' di tempo per abituarcisi.

Nani morti da secoli lo salutarono, e quando la sua vista tornò si trovò a volte di fronte a un volto familiare o a una vaga somiglianza di famiglia. Certo quello era un naso alla Durin – certo quelle erano orecchie di famiglia! Camminò in una nebbia di riconoscimento e stupore. La nonna di Thorin, Regina Hrera, gli fece più smancerie di quando non avesse mai fatto quando era un giovane nanetto. Gli ci volle tutta la sua pazienza per impedirsi di ricordarle che era ora effettivamente più vecchio di lei, e aveva più bianco nei suoi capelli e nella sua barba di quanto lei non ne avesse mai avuto. Non che lei avrebbe ascoltato, in ogni caso. Le donne della sua famiglia erano sempre state pi ù testarde degli uomini. Fíli e Kíli ghignavano un sacco ogni volta che lei riusciva a intrappolarlo e pizzicargli la guancia.

Ebbe la sua vendetta quando Hrera discese su di loro invece e immediatamente iniziò a intrecciare i capelli di Kíli.

Un Nano con una moltitudine di trecce color del miele e un volto malizioso e birbone gli venne accanto, e la bocca di Thorin si aprì in un respiro improvviso. Poi afferrò le spalle del Nano e lo trascinò in un forte abbraccio. « Víli. »

S uo cognato premette silenziosamente le loro fronti insieme. « Grazie per averli cresciuti » disse Víli figlio di Vár « Grazie per essere stato presente quando io non ho potuto. »

T horin annaspò alla ricerca della mano di Víli e la strinse stretta. « Sono la cosa migliore della mia vita » disse, e le sopracciglia di Víli si alzarono e il fantasma del ghigno malizioso che aveva catturato il cuore di Dís gli passo sulle labbra.

«Allora forse dovremmo andare a salvarli da Hrera»

Thorin si girò a guardare l'imbronciato Fíli e il lamentoso Kíli. « No. Gli fa bene. »

Víli ridacchiò e incrociò le braccia, guardando i suoi figli che si lamentavano e borbottavano. I suoi occhi erano affettuosi e il suo sorriso crebbe fino a che non fu l'immagine identica del ghigno che Kíli aveva ereditato. « Sì, lo fa. »

I l buon amico di suo nonno, lo stoico e affidabile Nár (che aveva affrontato Moria per amore di Thrór), afferrò i polsi di Thorin e gli disse che lui era un Nano tra i Nani, un eroe della loro gente. Il suo prozio Grór, primo Signore dei Colli Ferrosi, gli diede una pacca sulla spalla e gli disse “ben fatto!”. Il suo prozio Frór, assassinato da un drago freddo prima della nascita di Thorin, gli sorrise da un orecchio all'altro e inneggiò con la mano finché non gli si intorpidirono le dita.

I suoi cugini Náin e Fundin, entrambi Nani Bruciati di Azanulbizar, istantaneamente lo assalirono con accorate preghiere di avere notizie dei loro figli. Anche se Mahal aveva menzionato che ogni Nano nelle Sale poteva osservare i loro parenti in qualsiasi momento, sembrava che l'immediatezza delle sue storie fosse estremamente apprezzata e ricercata. Anche se gli lacerava il cuore, Thorin gli disse tutto ciò che poteva ricordarsi. Il suo vecchio cugino Farin, padre di Fundin e Gróin, era silenzioso e calmo, con un accenno di sorriso sulle labbra mentre ascoltava le storie dei suoi quattro nipoti eroici nella Compagnia – Balin, Dwalin, Óin e Glóin.

Gróin era comunque il peggiore di tutti. Era così orgoglioso di suo nipote che avrebbe potuto esplodere, e chiese a Fíli e Kíli storie del loro giovane compagno di giochi ad ogni singola occasione. In questi momenti, Thorin prendeva l'opportunità di scivolare via ed esplorare.

L e Sale di Mahal erano di dolce roccia cantante, e i suoni di picconi e martelli si sentivano a tutte le ore. Anche se migliaia e migliaia di Nani si muovevano nelle Sale, nessuna sembrava troppo affollata ed ognuno avevano abbastanza spazio per i lor bisogni. Era tutto un mistero per Thorin. Dov'erano le Sale? Aman, sì, ovviamente – ma dove? Queste grandi miniere e laboratori erano nelle Aule di Mandos, il Giudice dei Valar? Oppure i Nani passavano i loro lunghi anni di attesa all'interno delle montagne di Mahal, loro creatore?

E a questo proposito – da dove mai arriva la legna per le forge? Da dove i tessuti per gli abiti? Da dove il cibo per i pasti? Nessun Nano glielo sapeva dire, e la maggioranza sembravano a malincuore rassegnati a non saperlo mai. Il temperamento di Thorin non era adatto a questi misteri, ed iniziò ad osservare ogni pasto sospettosamente finché sua madre non gli disse di smetterla e mangiare.

Quando la sua forza e vista tornarono, grandi e meravigliose cose gli vennero rivelate. C'erano eleganti corridoi di pietra serpeggiante scavata con una tale delicatezza intricata che sembravano fatti di neve o piume, eppure erano più duri delle scaglie di drago e più antichi delle fondamenta di Khazad-dûm.

Suo padre gli mostrò vaste sale a volta, i loro soffitti coperti di arricciate decorazioni d'oro e con dei pilastri del più puro marmo bianco intagliato in antichi disegni. Víli, Fíli e Kíli lo trascinarono attraverso caverne di cristallo che frantumavano l'oscurità in danzanti prismi di luce al più piccolo tremolio della lampada. Sua madre lo portò nelle profonde e scure come il velluto miniere che producevano i più verdi smeraldi che avesse mai visto e del mithril che pareva la più pura anima della terra, tenuti all'interno del suo palmo.

Suo fratello lo trascinò attraverso laboratorio dopo laboratorio, e Thorin quasi perse il controllo di sé ai sapientemente creati lavori di bellezza e maestria che fiorivano dalle mani dei più grandi della loro razza. Narvi di Khazad-dûm lavorava accanto a Bar di Belegost e Telchar di Nogrod, e meraviglie sbocciavano sotto i loro martelli e scalpelli. Frerin rise apertamente al suo stupore prima di trascinarlo avanti per osservare a bocca aperta un altro prodigio.

Finalmente suo fratello rallentò di fronte ad un grande portale ad arco decorata da perle, diamanti e mithril, e le suo spalle si irrigidirono come se stesse per lanciarsi attraverso il fuoco. Le mura erano rivestite da formazioni calcaree – bianche forme aliene che gli ricordavano drappi di stoffa, o persino morbide ali bianche, scanalate e aggraziate. Il soffitto era coperto da stalattiti bianche che scendevano come cera sciolta verso un grande lago sotterraneo rispecchiato. Dei Nani sedevano intorno ad esso su delle panche di pietra scavata, osservando in profondità nell'acqua.

Alcuni sorridevano gentilmente, mentre altri piangevano nelle loro barbe.

«Questa è la Camera di Sansûkhul» disse Frerin piano « Questa è il Gimlîn-zâram, la vasca riempita della luce delle stelle di nessun cielo terreno. Qua possiamo guardare i nostri cari rimasti ad Arda. »

T horin diede un'occhiata veloce a suo fratello. Il volto normalmente allegro di Frerin era solenne, i suoi luminosi occhi blu oscuri. Notò la considerazione di Thorin e un angolo della sua bocca si contrasse amareggiato « Ho passato un sacco di tempo qui » disse « Sedendo su quella panca. Quella proprio lì. Guardavo te e Dís e Dwalin e Balin, vi guardavo crescere. Più grandi, e più duri... e più freddi » deglutì con forza, e si tirò distrattamente la barba biforcuta « Madre e io quasi piangemmo quando finalmente tu sorrisi di nuovo dopo la nascita di Fíli. C'eravamo quasi scordati che aspetto aveva. »

T horin non parlò, ma strinse la spalla di suo fratello in un supporto senza parole.

«Vuoi vedere?»

La promessa di Mahal gli tornò alla mente, e Thorin esitò. Lo strano calor e che lo aveva soffuso gli bruciava ancora nel petto come se fosse stato fatto di tizzoni incastrati, e si toccò il posto sopra il suo cuore con dita esitanti. La mente dormiente, il subconscio. Ma come? Come avrebbe dovuto raggiungere la sua gente attraverso i mari che li dividevano e dalle Sale dei Morti?

Frerin aggiunse in fretta: « Non devi. Guardare, voglio dire. Nessuno ti sta obbligando a farlo. »

« Guarderò » disse Thorin pesantemente, le parole come tirate fuori da lui con delle pinze. I suoi piedi erano di piombo mentre camminava fino ad una delle panche e si sedette. L'acqua era un foglio di vetro scuro davanti a lui. Non rifletteva la luce ne le stalattiti sopra di loro, e nessuna stella lo salutava dalle sue profondità.

«Cosa devo...?» iniziò, ma Frerin lo silenziò e gli prese la mano.

«Guarda e basta» disse gentilmente.

Thorin aggrottò le sopracciglia, guardando storto l'acqua. Nulla stava succedendo. Questa era un'idiozia. Pensò che forse era uno degli scherzi di Frerin, una perdita di-

Una capocchia di luce iniziò a pulsare nelle profondità nere delle vasca, e lui sussultò. La luce venne raggiunta da un'altra, e poi un'altra ancora, crescendo in luminosità finché finalmente una galassia di stelle luminose luccicava e girava al di sotto della superficie argentea dell'acqua.

«Lo vedi, dunque?» mormorò Frerin.

«Penso di sì» disse Thorin in stupore mentre le stelle divampavano di fronte a lui. «È bellissimo.»

«Lo è» fu la risposta.

Le stelle diventarono troppo luminose per poterle guardare direttamente, e lui socchiuse gli occhi mentre cercava di separare la vasca dal bagliore. Improvvisamente, la luce era svanita, e Thorin rimase a sbattere le palpebre al suo seguito.

Un Nano familiare era seduto di fronte a lui, la sua testa fra le sue mani.

«Dwalin!» esclamò Thorin scioccato, a si lanciò in avanti verso il suo più vecchio amico e cugino, ma il suo braccio passò direttamente attraverso il corpo del leale guerriero. La mano nella sua si strinse come manette di ferro.

«Non possono sentirti» disse Frerin, tirandolo indietro «Non possono percepirti. Loro vivono ancora, e noi non siamo che un sogno di ciò che eravamo.»

« Ma- »

«Non può sentirti» ripeté Frerin «Nostro cugino è un fantasma per noi tanto quanto noi lo siamo per lui.»

«No» ringhiò Thorin «Mi è stato promesso. Mahal mi ha dato un dono. Posso raggiungerli.»

Frerin scosse la testa. « Lo pensiamo tutti all'inizio. »

T horin si girò di nuovo verso Dwalin, che si stava passando le mani sulla testa tatuata. Il suo naso era arrossato, come se avesse pianto, e uno dei suoi occhi era avvolto strettamente da del tessuto, mentre una benda era stretta intorno alle sue costole. « Non sapevo che fosse ferito » disse Thorin.

Frerin sbuffò. « Dwalin lo ammetterebbe mai? »

« Dannato stupido » sospirò Dwalin, e si strofinò la faccia prima di tirarsi in piedi con fatica e camminare con passi cauti fino ad una mensola. Lì prese una fiaschetta, tirò fuori il tappo coi denti, e bevve una lunga sorsata.

«Per qualche motivo non credo che aiuterà, fratello» disse un'altra voce familiare. Thorin girò su se stesso per vedere Balin sulla porta, i suoi capelli bianchi coperti da una benda sporca e parte della sua magnifica barba tagliata corta per rivelare un brutto taglio slabbrato lungo la sua guancia e la sua mascella. « E sono abbastanza sicuro che non era negli ordini di Óin. »

« Lui ha le sue medicine, io ho le mie » ringhiò Dwalin, e prese un altro sorso. Balin sospirò pesantemente, prima di zoppicare fino al letto e sedersi con un grugnito di dolore. Thorin si levò dalla sua strada, e solo allora si rese conto di dov'erano. Erebor.

«Siamo nei vecchi appartamenti di Fundin» mormorò.

«Devono aver iniziato le riparazioni» disse Frerin, ugualmente piano.

Dwalin si sedette di fianco a suo fratello e gli porse la fiaschetta. « La tua barba è ridicola » disse, e Balin fece un verso di assenso mentre prendeva un sorso.

«Aye, azaghâl belkul, e tu ti muovi come un vecchio bacucco di trecento anni»

«Meglio di alcuni»

«Vero. Nori non sarà più così furtivo in futuro, temo, non con quella stampella d'acciaio per piede»

« Gli impedirà di rubare ancora » grugnì Dwalin, e si riprese la fiaschetta.

«Nori ha perso un piede» disse Thorin in completo orrore. Furbo, vanitoso, intelligente Nori aveva perso un piede. Dwalin e Balin erano feriti. Come stava il resto della compagnia?

Balin portò un dito sopra all'apertura della fiaschetta per impedire a suo fratello di bere, e Dwalin lo fulminò con l'occhio buono. « Ti stai nascondendo qua dentro, nadadith » disse gentilmente Balin « Gli altri chiedono e si preoccupano per te. »

«Sto bene» esclamò Dwalin «Digli non sprecare il loro tempo.»

«Non è vero» disse Balin «Sei a lutto. È naturale, fratello.»

Dwalin ringhiò, e i suoi pugni si strinsero. «Nulla è naturale del modo in cui sono morti!»

Balin scosse la testa. «Non è quello che intendevo. Non è giusto che loro non ci siano più, ma è giusto che ti manchino. Mancano anche a me. E anche agli altri. Vogliono condividere il loro dolore col tuo, così che tutti possiamo guarire insieme la nostra grande ferita.»

«Non lo conoscevano come noi» disse Dwalin, il suo volto rosso e rabbioso. Le sue labbra si assottigliarono e la sua gola iniziò a sussultare rapidamente «Non sono cresciuti con lui, non hanno condiviso tutte le sue fatiche...»

«Forse gli altri non gli erano vicini quanto noi» disse Balin, e con una mano gentile portò la fronte di suo fratello contro la propria «Ma hanno condiviso le loro vite in altri modi. Dori ha cresciuto i suoi fratelli nella povertà di Ered Luin, così come lui ha fatto per Fíli e Kíli. Ori usava seguire i ragazzi come un cucciolo smarrito. Bofur e Bombur hanno perso le parole di Bifur agli Orchi, come lei perdette Thrór. Glóin era nello stesso gruppo di addestramento di Dís, e quei due terrorizzavano Dain ogni volta che visitava – non ricordi?»

Dwalin rimase in silenzio per un momento, e poi chinò la testa.

Balin passò la mano sopra alla testa disegnata di Dwalin. « Abbiamo viaggiato con loro – condiviso i loro pasti, le loro canzoni, i loro pericoli. Abbiamo tutti affrontato con coraggio troll e orchi e mannari e goblin e ragni – persino barili – insieme. Gli altri hanno il diritto al loro dolore, e desiderano confortarti nel tuo. Loro... lui non apparteneva solo a noi due. Apparteneva a tutti noi. Era il nostro Re. »

«Aye, il nostro Re» disse Dwalin amaramente, e i suoi occhi si chiusero così strettamente che rughe profonde si scavarono nella sua pelle «Nostro amico, e nostro Re.»

«Shazara, Dwalin, o finalmente ti staccherò la testa, vecchio ubriacone» riuscì a dire Thorin attraverso labbra intorpidite. Frerin se lo tirò vicino, e Thorin seppellì il volto nella calda, viva spalla, respirando pesantemente.

«Stai bene?» mormorò.

«Io» gracchiò Thorin «Io non avevo pensato che avrebbero portato il lutto.»

Frerin sembrò sorpreso. « Perché non avrebbero dovuto? »

T horin alzò la testa e gli lanciò uno sguardo storto, e Frerin sospirò. « Follia dell'oro o no, Thorin, eri loro amico. Sei stato il loro Re per un secolo, sin da quanto Padre scomparve. Ti volevano bene. Certo che piangono. »

T horin seppellì di nuovo la testa, e Frerin gli tirò una treccia per confortarlo. « Andiamo. Chiudi gli occhi. Ci sono altri da vedere. »

T horin chiuse gli occhi, e quando li riaprì stava guardando una sala coperta di corpi fiaccati. Le centinaia e centinaia di feriti riempivano l'aria con i loro gemiti e grida, e Thorin dovette trattenere un urlo a sua volta vedendo il massacro che avevano fatto gli Orchi.

Óin sembrava esausto. Le sue trecce arricciate erano scompigliate e i suoi occhi erano profondi pozzi neri nella faccia scavata. Glóin, Dori e Bilbo si muovevano attorno a lui con movimenti meccanici, lavando i feriti, nutrendoli, bollendo l'acqua e spalmando ungenti sulle ferite. In un angolo su una grande sedia marcia sedeva Nori, strappando tessuto per fare delle bende. La sua gamba sinistra si fermava bruscamente sotto il ginocchio, e una stampella di metallo – ovviamente un lavoro di Bofur – sedeva finita a metà di fianco a lui. Tra i letti si trascinava Óin, debole e senza fermarsi, le sue mani mai ferme mentre cuciva e tagliava e avvolgeva. Nessuno di loro parlava.

La vista dell'Hobbit, i suoi occhi pieni di ombre , causò una grande ondata di rimorso nel petto di Thorin. Bilbo scivolava attraverso i suoi compiti come se fosse stato lui il fantasma, e non Thorin. La sua testa ricciuta era avvolta in delle bende. Ogni tanto Glóin gli poggiava una mano consolatoria sulla sua magra piccola spalla. Il ricordo del soddisfatto, educato piccolo compare che “dondolava sul tappeto” che aveva incontrato nella Contea tutti quei mesi fa lo colpì improvvisamente, e abbassò gli occhi. Non avrebbe mai potuto perdonarsi per ciò che aveva fatto, anche se Bilbo lo avesse perdonato un migliaio di volte.

Glóin si fermò di fronte ad una barella, e Thorin riconobbe l'inconfondibile forma di Bombur. Il largo Nano amichevole era avvolto in bende dalla coscia in giù, e nel sonno la sua faccia era deformata dal dolore. Glóin si morse il labbro inferiore un momento, prima di fare un segnale a Dori. Il Nano dai capelli argentati annuì e venne a tenere giù le spalle di Bombur con le sue mani possenti. Si guardarono negli occhi, e poi Glóin tagliò le bende. Gli occhi di Bombur si spalancarono, ed urlò. Sotto il tessuto, una putrescenza nera stava crescendo sulla gamba di Bombur. Con una dolorosa stretta all'addome, Thorin riconobbe il veleno degli Orchi. Glóin stappò una bottiglia e iniziò a massaggiare il contenuto sulla gamba di Bombur, ignorando le sue strilla di dolore. Del pus uscì dalla ferita, sporco di nero, e Glóin sospirò.

«Dobbiamo aprirla di nuovo, dici?» disse senza emozione.

Il volto di Dori si afflosciò, anche se la sua voce era ferma. « Sì dovremmo, Signor Glóin. Stavolta, però, lo farò io. Cucite in maniera atroce, se mi permettete di dirvelo »

« Sono un banchiere, non un tessitore » replicò Glóin.

Bombur fortunatamente svenne. Thorin strinse i denti finché non scricchiolarono, e i suoi occhi si spostarono verso Bilbo. Lui stava attentamente portando cucchiaiate di zuppa nella bocca di Ori, che era piegato su se stesso mentre il suo respiro soffiava e rantolava. Sembrava che ci fosse del sangue nei suoi polmoni, e dall'aspetto dell'impasto sul suo volto per poco non aveva perso il naso. Sdraiato su una barella accanto a Ori c'era Bifur. Giaceva privo di sensi, il suo corpo sussultava di tanto in tanto. L'ascia che aveva portato per decenni gli era stata strappata dal cranio, e la sua testa era stretta in stracci insanguinati.

Ogni tanto Óin esaminava un Nano ferito solo per girarsi con un'espressione dura. Quel Nano sarebbe stato messo a proprio agio, gli sarebbero state date pozioni per rendere il loro sonno il meno doloroso possibile, e sarebbe stato lasciato solo per scivolare via dal mondo.

Attraverso la sua vergogna Thorin si chiese di quanti sei nuovi residenti delle Sale era responsabile.

Frerin mise la mano sull'avambraccio si Thorin. « Andiamo. »

C on un ultimo sguardo allo Hobbit, Thorin chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, stava guardando la sala delle udienze di Erebor, a forma di alveare e decorata, con i suoi torreggianti sentieri di roccia, e suo cugino lasciato cadere mollemente sul trono, con uno sguardo irato. I suoi selvaggi capelli rossi erano tirati indietro in una coda invece che nelle sue solite trecce fluenti, e sopra di lui vi era il buco aperto dove un tempo l'Archepietra aveva brillato. Dáin sembrava essere invecchiato di un secolo dall'ultima volta che Thorin l'aveva visto. La sua mano si muoveva senza sosta come se stesse cercando la sua grande ascia da battaglia rossa, Barazanthual, mentre ascoltava il Principino Elfico che parlava.

« Aiuteremo » stava dicendo il Principe « Mio padre è d'accordo. Manderemo cibo e medicine a Bard, e lui può mandarle a voi. Dubito che la tua gente si fiderà se ve le mandassimo direttamente. »

« Questo è un cambio di tono » replicò una voce, e per la grande sorpresa di Thorin Bofur era piegato accanto al trono, le sue braccia incrociate e i patetici resti del suo cappello in testa. La sua faccia normalmente piena di allegria era tirata in linee di sofferenza, e la luce nei suoi occhi era cinica e fredda. « Pensavo non credevate di doverci aiutare. »

I l Principe diede a Bofur uno di quegli sguardi Elfici imperscrutabili. « Un'amica mi ha fatto vedere chiaramente » disse infine « Che questa è la nostra lotta. »

«Un tempo conveniente per vedere chiaramente, ora che il drago è morto e tutto il resto è in cenere» ringhiò Dáin.

Il Principe inclinò la testa pieno di rimorso. «Aiuteremo» ripeté.

«Elfi» disse Frerin cupo «Sempre o troppo presto o troppo tardi.»

Bofur sembrava completamente d'accordo. Si raddrizzò la tunica con uno scatto improvviso e un ringhio sprezzante, e se andò.

Dáin osservò con la stanchezza scritta chiaramente sul suo volto, prima di girarsi verso l'Elfo. « Perdonatelo, Principe Legolas » disse « Ha sofferto per via della vostra... ospitalità, potremmo chiamarla? E in seguito, ovviamente, sembrava che sia Uomini che Elfi si sarebbero felicemente arrampicati sui loro corpi per rubare ciò che di diritto appartiene alla nostra gente. I Nani non dimenticano in fretta l'ingiustizia. »

«Spero che i Nani si ricordino anche che abbiamo combattuto per loro, alla fine» disse Legolas piano.

«Aye, è possibile, è possibile» Dáin sospirò e tirò più vicino un foglio di pergamena. «Ma non ci sperare, ragazzino.»

La bocca di Legolas si incurvò del più piccolo accenno.

«Dáin sta... firmando un accordo?» Thorin sputacchiò in oltraggio «Lo sta facendo! Dáin, smettila! Trascina questo Elfo traditore fuori dalla mia montagna! Gettalo dal picco più alto!»

Frerin alzò gli occhi al cielo. « Io non parlerei di gettare chiunque da ovunque, se fossi in te. »

B ilbo . Il senso di colpa lo riempì di nuovo, e la bocca di Thorin si serrò.

«Questo era crudele» sibilò.

«Anche te» gli fece presente Frerin «Dáin farà ciò che deve. Il Re Elfico è potente, e Bosco Atro è tra Erebor e i regni meridionali degli Uomini. Erebor ha bisogno del suo lasciapassare per gli scambi, quantomeno. Almeno questo suo figlio non sembra così male.»

« Questo suo figlio mi ha minacciato di uccidermi! »

«E tu ti sei comportato con tale tatto e diplomazia, sono sicuro. Dáin sa che Erebor è la torre di guardia del Nord. Fa da guardia a tutta la gente libera, non solo gente di Dale e Nani»

« Ma Dale... »

«È una rovina, e potrebbe rimanerlo per parecchio tempo» lo interruppe Frerin «Nel frattempo il cibo deve pur arrivare da qualche parte, e gli Elfi lo hanno e gli Uomini no. Apri gli occhi, nadad. Ha ragione. Potrebbe non piacerti, ma Dáin è più bravo di te in questo genere di cose. Ha regnato sui Colli Ferrosi sin da Azanulbizar – centoquaranta anni di pace e prosperità. Si è mostrato un capo ed un politico, e conosce questa roba come le sue tasche – meglio di te o me, vagabondi che eravamo.»

«Come fai tu a saperlo?» disse Thorin, torreggiando su suo fratello «Odiavi le lezioni!»

F rerin scosse la testa in esasperazione. « Perché ho guardato – guardato per decenni e decenni. Come pensi abbia fatto? »

T horin grugnì e spostò la sua attenzione su Dáin. Il vecchio guerriero brizzolato annuì al Principe, che si inchinò in cambio. Poi l'Elfo se ne andò, i suoi abiti frusciavano dietro di lui mentre camminava con piedi silenziosi il lungo sentiero di pietre spezzate.

Dáin si massaggiò la fronte prima di tirarsi in piedi e superare il trono fino alla porta dietro di esso, aprendola ed entrando nella sala d'ingresso del Re. Qui si fermò e si appoggiò pesantemente su un tavolo, e solo allora Thorin notò le bende attorno alla sua gamba. Del sangue vi stava passando attraverso.

«È ferito» disse. Frerin alzò le sopracciglia.

«Conosci Dáin. Non mostrerebbe una debolezza se ne andasse della sua vita. Quel Nano è completamente di ferro»

«Idiota testardo» disse Thorin mentre Dáin si massaggiava i bordi della ferita con le sue dita enormi.

«È un tratto di famiglia di cui andiamo piuttosto orgogliosi» ghignò Frerin.

«Idiota testardo» disse improvvisamente Dáin, e rise con la sua voce ruvida. Thorin batté le palpebre.

«Ha appena...?»

«Mi avresti staccato la testa per questo, o sbaglio cugino?» continuò Dáin, i suoi occhi fissi in qualche ricordo distante. Thorin seguì il suo sguardo fin dove la corona sedeva sul suo letto di seta marcia. « Gettato dal picco più alto della Montagna, senza dubbio. Beh, spero bene non ci siano Elfi dove sei andato. Altrimenti saresti ancora più torvo in morte di quanto non lo eri in vita! Invece mi hai intrappolato in questo dannato posto puzzolente per mettere a posto questo disastro. Io che devo trattare con quei dannati enigmatici mangia erba e quei pomposi Uomini avidi – e non farmi nemmeno iniziare con gli Stregoni! Se tu fossi qua di fronte a me, Thorin, rigido bastardo, ti ammazzerei io stesso, oh lo farei! »

«Per il martello e le tenaglie di Durin» sussurrò Frerin «Ha... Pensi che possa...»

«Te l'ho detto» disse Thorin serio «Mahal mi ha dato un dono. Percepiranno le mie parole nella loro mente più profonda.»

Frerin lo fissò.

«Lo so» Thorin chiuse gli occhi «Non ne sono degno.»

«Non quello» disse Frerin «Devi stare attento a cosa dici! Questo è un potere che nessun Nano dovrebbe avere.»

Thorin si accigliò. « Perché? Non possono sentire le mie parole direttamente come fai tu. »

«Potresti influenzarli senza che se ne rendano conto» disse Frerin, la sua luminosa giovane faccia insolitamente seria «Devi stare attento Thorin. Potrebbero fare qualcosa senza sapere cosa stanno facendo.»

Aprendo la bocca per rispondere, Thorin si ricordò improvvisamente il sottile potere dell'oro e la sua determinazione disperata nel vedere il tesoro della sua gente al sicuro in mano Naniche. A disagio, si rigirò verso Dáin. « Aye. »

M a Dáin era scomparso. Al suo posto era sdraiata un Nana in lacrime, la sua testa lanciata sui suoi avambracci incrociati, e i suoi capelli scuri, screziati d'argento, le ricoprivano le spalle. La stanza era pulita e modesta, nulla come la grandezza rovinata di Erebor. Questa era Ered Luin.

«Oh» disse Thorin debolmente.

«L'ha fatto anche dopo Azanulbizar» disse Frerin, la sua voce rassegnata « Per mesi e mesi. Tu – tu non l'hai visto – tu stavi tornando da Moria coi morti e feriti. Lei rimase forte di fronte alla corte e guidò la nostra gente in assenza di nostro nonno. Ma pianse nel silenzio delle sue stanze. »

L 'unica sopravvissuta della linea di Thorin singhiozzò nelle sue maniche, e nelle sue urla di disperazione c'era una profonda ed echeggiante solitudine che scosse Thorin nel profondo.

«Sorella» disse miseramente, il senso di colpa quasi un dolore fisico «Sorella, ti prego smettila. Va tutto bene. Andrà tutto bene.»

« No! » Frerin esclamò, e riportò il volto di Thorin al suo « Se può sentirti dentro nel profondo, dille ciò che le serve sentire. Diglielo! » suo fratello prese un respiro doloroso « Diglielo come vorrei poter far io . »

T horin fissò distrutto Frerin, il suo fratello perduto, lì con lui nell'abbraccio condiviso della morte. Poi guardò Dís, la loro testarda sorellina dalla volontà d'acciaio. « Io... »

Dís si portò le braccia attorno al corpo e fece un lungo, basso gemito. Un messaggio era schiacciato nella sua mano. I suoi occhi, del marrone più scuro come quelli di Thráin e Kíli, e bagnati di lacrime che le scendevano lungo le guance per inzupparle la barba complessamente tagliata, e il suo forte naso Durin era rosso dal pianto.

«Dís» iniziò Thorin senza speranza, e poi guardò Frerin.

«Trova il tuo coraggio, Oh Re Sotto la Montagna» disse con voce bassa. Thorin raddrizzò le proprie spalle e poi esitando si sedette tentativamente accanto a sua sorella. Si fermò per un momento per riordinare i suoi pensieri che correvano, e poi iniziò a parlare.

« Dís » disse gentilmente « Ti voglio bene. Mi dispiace di averti lasciata. Mi dispiace di averti portato via i tuoi ragazzi. Le Sale sono una meraviglia, e aspetteremo il tuo arrivo. Víli è qui, e gli manchi. Fíli e Kíli sono qui, e gli manchi disperatamente. Oh Dís, dovresti vederli con Frerin. È una catastrofe che aspetta di accadere, come dicevi sempre tu. Madre parla spesso di te, lo sai. E Padre è qui, ed è se stesso di nuovo. Nonno e Nonna, Fundin e Gróin e il resto. Siamo tutti qui, e ti vogliamo bene. Ti osserveremo finché non sarà il tuo momento di unirti a noi. Ti aspetteremo tutti. Ma anche tu dovrai aspettare noi » fece una pausa, e sollevò una mano per lasciarla al di sopra dei suoi capelli striati di grigio « Sorellina » mormorò « Desidero di non averti lasciata da sola. È uno dei miei rimpianti più profondi, e ne ho tanti. Oh, così tanti. Non ti darò torto se mi odi. »

F rerin osservò in silenzio quando Thorin tentò di accarezzare i capelli di Dís, e la sua mano passò direttamente attraverso le lunghe ciocche annodate.

«Vivi per noi, namadith» disse Thorin, e la sua gola si chiuse attorno alle parole, facendole suonare brevi e stridule «Aspettaci. Guida la nostra gente a casa.»

Dís ricacciò indietro le lacrime, e la sua mano si strinse attorno al messaggio spiegazzato « Quell'idiota orgoglioso » gracchiò, la voce roca dal pianto.

«Aye» disse Thorin, e sorrise nonostante la nuova tempesta di vergogna «Un idiota orgoglioso che ti vuole bene. Anche se sono morto, quello non cambierà mai. Nessun velo della morte può fermarlo.»

«Nulla l'ha mai fermato» disse lei, e seppellì nuovamente il volto fra le mani «Perché non si è mai fermato

«Linea di Durin, sorella» disse lui, e deglutì «Un orgoglioso... tratto di famiglia.»

« Che la Linea di Durin sia dannata alle profondità più orrende di Moria » sibilò tra le mani, e la sua voce iniziò ad alzarsi con disperazione a malapena contenuta « Dannata sia la nostra Linea, e dannato il nostro orgoglio, e dannato il nostro nome, e dannata la nostra cieca, capricciosa follia! Che il drago si riprenda Erebor se solo me li potesse riportare! Li avrei qui ! Quanto ancora sarò solo? I miei figli sono morti! Mio fratello morto! La nostra Linea è finita ed io sono sola! » girò su se stessa e prese una tazza dal comodino e la scagliò contro il muro con urlo di rabbia e miseria.

«Andrai avanti» disse Thorin «Lo farai, figlia di Re, migliore delle sorelle. Sei testarda quanto il resto di noi.»

Lei collassò sul letto, e le sue lacrime ricominciarono. Thorin si alzò e sospirò.

«Mesi, dici» disse cupo.

«Mesi» disse Frerin.

«Pensi che l'abbia raggiunta?»

«Penso che potrebbero volerci qualche altro tentativo» disse Frerin cinico.

Thorin sospirò e chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, era su un parapetto che dava sui cancelli di Ered Luin. Sbatté le palpebre stancamente, il vuoto dolore sotto le sue costole pulsante come un secondo cuore. « Ma chi altro c'è? Chi della nostra famiglia non abbiamo visto? »

F rerin inclinò la testa. « Ah, certo. L'ultimo e più piccolo. E certamente uno dei più rumorosi. »

« Chi...? » Thorin si girò.

Un robusto giovane Nano, di neanche settant'anni, accatastando la legna per i bracieri che avrebbero tenuto calde le guardie del turno di notte. I suoi capelli rosso intenso erano tirati in delle tracce da lavoratore, la sua corta barba folta sulle guance e legata in due piccole trecce che sporgevano ai lati del mento. La sua faccia era seria e pallida.

« Il figlio di Glóin » disse Thorin sorpreso.

«Aye» disse Frerin « Te lo eri dimenticato? »

«Una volta che la missione iniziò non ebbi molti pensieri per altro» disse Thorin, e si avvicinò al giovane Nano «Dunque questa è la stella di Glóin. Non ho mai passato molto tempo col ragazzo, anche se conosceva bene Fíli e Kíli. È quasi cresciuto.»

« Ha solo sessantadue anni, anche più giovane del figlio di Dáin » disse Frerin, grattandosi la barba « Voleva andare con voi, se ti ricordi. Si crede abbastanza pronto per un'avventura, ma suo padre gliel'ha proibito. È stata una scena notevole. Mi sono divertito un sacco. »

S tudiando il volto del giovane, Thorin vide tracce della Linea di Durin nelle sue sopracciglia dritte e spalle ampie, e nella posizione alta delle sue orecchie. Il suo naso però non era la lama affilata dei Longobarbi ma il naso tondo e corto dei Vastifasci, e aveva i capelli e la barba infuocati che aveva ereditato dalla madre Barbafiamma di Glóin. « Somiglia di più a suo padre » commentò.

« Ragazzo! » venne urlato da sotto. Gimli si asciugò la fronte sudata e si sporse dal parapetto per guardare dove il Capitano stava appoggiato alla propria lancia nel cortile. « Hai finito con la legna? »

«Quasi!» rispose Gimli. Aveva una voce da uomo, profonda e robusta e toccata dall'accento di Thaforabbad, come quelle di Glóin e Óin. «Cosa devo fare quando ho finito?»

«Acqua per i pony» disse il Capitano «La ronda tornerà in un paio d'ore.»

«Aye, e l'acqua sarà pronta» disse Gimli, e tornò ad impilare la legna.

«Ancora non sa?» si chiese Thorin.

« Gimli? » Frerin alzò le sopracciglia « Lo sa. Guarda quant'è pallido, e quelle macchie di colore sulle sue guance. »

Thorin osservò il giovane Nano lavorare per un altro momento, notando i suoi movimenti meccanici e la persistenza accanita con cui metteva un piede di fronte all'altro. « Il ragazzo porta il lutto per i suoi compagni di giochi, e preferisce lavorare fino ad essere esausto che piangere » disse.

« Ho pianto a sufficienza » mormorò Gimli a se stesso « Aye, e anche rumorosamente! Il lavoro è ciò che mi serve. Il lavoro mi stancherà la mente e terrà i miei pensieri silenti. »

«Thorin!» gli occhi di Frerin si spalancarono in stupore «Ti sente!»

« Mi sente bene, anche più chiaramente di Dáin o Dís » disse Thorin lentamente, e piegò la testa da un lato per studiare meglio il suo cugino più giovane. Gimli incrociò le dita e fece scrocchiare rumorosamente le nocche, e poi osservò un albero segato alla base e slegò l'ascia da legna dalla cintura. Un ragazzo forte, dunque. « Deve essere un ragazzo piuttosto percettivo. Glóin dev'essere orgoglioso di lui. »

« Mio padre farebbe bene a chiamarmi » ringhiò Gimli improvvisamente prima di colpire il legno con un movimento elegante e preciso: Dwalin stesso non avrebbe fatto di meglio. Thorin fu preso di sorpresa dall'abilità del giovane Nano. Tra ogni colpo, Gimli continuava i suoi borbottii arrabbiati. « A mio zio servirà il mio aiuto. Potrei dare conforto ai miei cugini. Avrei dovuto essere stato lì. Loro erano più grandi di me, e più importanti. Avrei dovuto disobbedire a mio padre. Li avrei protetti. Avrei comprato le loro vite con la mia, se ce ne fosse stato bisogno! Nessun Signore dei Colli Ferrosi dovrebbe sedere sul trono di Erebor! »

«Ambizioni elevate» disse Frerin, e si appoggiò al parapetto «Vedi quel movimento? È un combattente d'ascia naturale, ed è già un guerriero di talento. Dwalin lo ha addestrato insieme ai nostri nipoti. È stato piuttosto divertente osservarli – sono entrambi ugualmente cocciuti.»

« È un Nano, certo che è cocciuto » disse Thorin « Ed è anche un Durin, quindi un altro colpo contro di lui. Che altro c'è in lui? »

F rerin fece spallucce. « È onesto, e gentile quando desidera esserlo. La sua lealtà, una volta donata, è dura come il diamante e sincera come il mithril. La sua fedeltà è assoluta, e non infrange mai la parola data. Questo qui sarà un buon Signore dei Nani. Però, non è altro che un bambino, e può essere veloce nell'arrabbiarsi, impulsivo e a volte piuttosto arrogante. »

Q uesto bambino è di quattordici anni più vecchio di quanto tu non sia mai stato , pensò Thorin. Ad alta voce, disse: « Proprio come te, quindi » e Frerin sorrise, anche se era in qualche modo meno luminoso a causa delle sofferenze che avevano visto.

«Io non sono mai stato così rumoroso»

« Tu eri più rumoroso, credimi » disse Thorin, e tornò a guardare Gimli, che stava spaccando legna con convinzione « Dunque. Ce n'è ancora uno giovane rimasto. Non tutti i nostri bambini si sono spenti. »

«Non tutti» fu d'accordo Frerin «Il figlio di Dáin Thorin regna sui Colli Ferrosi come reggente, e la stella di Glóin brilla ancora.»

Gimli impilò l'ultimo carico di legna, e poi si appoggiò pesantemente sulla sua ascia mentre alzava la sua testa rossa nella sottile luce del tardo pomeriggio. «Ah, amici miei» disse piano «Gaubdûkhimâ gagin yâkùlib Mahal. Mi mancherete. Che voi non siate mai dimenticati.»

L e sopracciglia di Thorin si abbassarono, ma prima di poter dire altro, batté le palpebre e venne trasportato via.

La vasca giaceva brillando di fronte a lui, le stelle lampeggiarono e svanirono nelle profondità. Il collo di Thorin era dolorante, e si raddrizzò con un gemito prima di toccarsi il volto con la punta delle dita. Le sue guance erano bagnate.

Frerin gli venne accanto, e tirò per un braccio. « Stai bene? »

T horin lo osservò per un lungo momento, e il peso di tutti i suoi errori era più pesante della Montagna. « No » disse, e si voltò.

Frerin gli prese la mano gentilmente e lo guidò via dalla vasca. Thorin pensò a tutto ciò che aveva visto, e chinò la testa. Rovina e disperazione erano state lasciate dove lui era passato, e sua sorella, i suoi cugini e compagni erano rimasti con quell'intero terribile, doloroso disastro.

L'unico barlume di luce nell'oscurità era un giovane Nano borbottante che tagliava legna con un movimento da guerriero, che portava delle sopracciglia alla Durin e un naso alla Vastifasci e i capelli rosso acceso dei Barbafiamma.

TBC...

Note:

Thaforabbad – le Montagne Grige (dove molti Nani cercarono rifugio direttamente dopo la caduta di Erebor)

Narvi di Khazad-dûm – una grande artigiana della Seconda Era, che con Celebrimbor (il più grande fabbro degli Elfi Noldor) creò le Porte di ithildin di Khazad-dûm

Telchar di Nogrod – Prima Era. Uno dei più grandi fabbri Nanici di tutti i tempi. Forgiò la spada Narsíl (la lama di Elendil, che venne poi riforgiata sotto il nome di Anduríl e usata da Aragorn figlio di Arathorn) e il coltello Angrist che poteva tagliare ogni cosa.

Khazad-dûm – ora conosciuto come Moria (Sindarin), il Pozzo Nero. Regno perduto dei Nani Longobarbi, il Popolo di Durin, dall'Era degli Alberi. Un Balrog vi venne scoperto nei giorni di Durin VI. Uccise il Re, il suo successore Náin I, e spazzò via la maggioranza dei Nani e così il Regno venne abbandonata. Sono stati fatti molti tentativi di riconquistarlo.

Belegost (Khuzdul: Gabilgathol) – Regno dei Nani Vastifasci nelle Montagne Blu (Ered Luin), città sorella di Nogrod. Il Regno fu perduto nelle Guerra dell'Ira, quando le montagne crollarono o gran parte di esse cadde nel mare.

Nogrod (Khuzdul: Tumunzahar) – Regno dei Nani Barbafiamma nelle Montagne Blu, città sorella di Belegost, perduta anch'essa nella Guerra dell'ira. Questi nani furono i responsabili del sacco del Doriath e dell'assassinio di Elu Thingol.

Per i curiosi: l'Albero Genealogico Durin è piuttosto più grande che Thorin, Dís, Fíli e Kíli. Prima di BotFA, Balin è sesto in linea per il trono, e Gimli è decimo!

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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