Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Greywolf    07/04/2015    6 recensioni
Cosa si è pronti a fare per un legame che si sente speciale? Si pronti a sacrificare i propri doveri pur di salvarlo? Il proprio futuro? La propria vita? Una cosa era certa: Naruto era pronto a tutto.
Storia partecipante al contest "Naruto versione fantasy" indetto da Ame tsuki sul forum di Efp
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurama, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nome dell’autore su EFP: Greywolf
Nome dell’autore sul forum: Sempre Greywolf anche se non sono iscritta.
Titolo della storia: Per un legame.
Pacchetto scelto: Draghi
Avvertimenti: Nessuno
Note: AU
Coppie: Nessuna
Rating: Verde
Introduzione: Cosa si è pronti a fare per un legame che si sente speciale? Si pronti a sacrificare i propri doveri pur di salvarlo? Il proprio futuro? La propria vita? Una cosa era certa: Naruto era pronto a tutto.
Eventuali Nda: Nessuna in particolare







 
Il giovane schiuse gli occhi con lentezza, ridestandosi pian piano dal torpore nel quale il sonno lo aveva trascinato, cercando di abituarsi velocemente alla luce del giorno che penetrava prepotente nella grotta in cui aveva trovato riparo la sera precedente. Non si era addentrato nelle profondità di quel buco scuro ma aveva preferito restare nei pressi dell’entrata per qualsiasi evenienza ma in quel momento avrebbe decisamente preferito trovarsi in un angolino un po’ più riparato dai raggi caldi di quella tiepida giornata primaverile per poter continuare a dormire. Siccome però ormai era sveglio non gli rimase che rassegnarsi. Si puntellò con i gomiti, lasciando che il mantello logoro con cui si era coperto gli scivolasse via dal petto nudo per scendergli fino alla vita per poi liberare un paio di lunghi sbadigli. Ancora leggermente intontito si guardò intorno e individuò i propri averi accatastati là dove li aveva lasciati  e le braci del fuoco ormai del tutto consumate. Nient’altro c’era eppure mancava qualcosa, o meglio qualcuno.
 
“Che se ne sia andato sul serio stavolta?” si domandò.
 
Accantonò presto quel pensiero sapendo che era impossibile. Con un grande sforzo di volontà alla fine riuscì ad alzarsi. Imprecò quando una fitta al fianco gli ricordò che era ferito. Dovette sedersi nuovamente per cercare di placare il dolore che lo stava attanagliando. Per quanto inutile fosse si era ritrovato a comprimere entrambe le mani sulle fasciature che malamente coprivano lo squarcio che gli solcava il fianco destro. Quando le tolse si rese conto di star sanguinando nuovamente. Stringendo i denti, si allungò fino a raggiungere la propria sacca dal quale trasse un altro rotolo di bene e un fascietto di erbe curative che aveva raccolto precedentemente. Ne prese quanto gliene serviva e se le cacciò in bocca iniziando a masticarle. Quando fu sufficiente prese quella sorta di impasto e iniziò a passarselo sulla ferita cercando di coprirne tutta la sua superficie, mordendosi il labbro per trattenere i gemiti di dolore. Terminata quell’operazione, si srotolò le bende intorno al fianco rifacendosi una stretta fasciatura. Impiegò parecchio tempo ma alla fine riuscì nel suo intento. Recuperò la borraccia e si sciacquò la bocca, prima di bere qualche lungo sorso. Ne aveva proprio bisogno
 
Per quanto fosse soddisfatto dell’essere riuscito perlomeno a medicarsi da solo, era per lui solo una magra consolazione dal momento che sapeva che non sarebbe bastato a sistemare le cose. Per quanto cercasse di essere ottimista e di non vedere quella ferita per ciò che era veramente, sapeva che prima o poi avrebbe avuto bisogno di cure serie. Un’altra volta.
 
Iniziò a rivestirsi facendo attenzione a qualsiasi movimento brusco che potesse dolere troppo alla sua ferita. Si infilò la maglietta corta che aderiva perfettamente alla sua corporatura forte e tonica seppur lungi dal essere immacolata per via delle innumerevoli cicatrici e ricuciture, dai solchi lasciati su di essa da una sola e unica lama, causa inoltre anche di quell’ultimo sfregio. Dopo di ché si infilò la maglia a scaglie di ferro simili a quelle che sarebbero potute appartenere a un vero drago – nonostante le apparizioni di questi ultimi si fossero fatte sempre più rare, il ragazzo aveva avuto la fortuna di incontrarne un paio e proprio su loro modello si era fatto fabbricare quella corazza – e se l’assicurò addosso, stringendo i lacci in modo che gli aderisse quanto più possibile al corpo. Era scomoda e pesante ma dopo gli ultimi scontri era diventata indispensabile almeno per evitare danni multipli e piuttosto gravi agli organi vitali, cosa che si era rivelata piuttosto utile nel suo ultimo duello nonostante si fosse comunque concluso con una sconfitta. Recuperò il proprio mantello e se ne legò due estremità intorno al collo. In ultimo recuperò una semplice striscia di stoffa rossa e se la legò dietro alla nuca come una sorta di copri fronte. Nei momenti più difficili il gesto di stringersela intorno alla fronte lo aiutava a pensare e a mantenersi determinato.
 
A quel punto era pronto per rimettersi in marcia. Doveva solo aspettare che il compagno tornasse e presto avrebbe potuto riprendere la sua ricerca.
Uscì dal suo rifugio respirando profondamente quell’aria fresca che gli regalava sollievo e gli scompigliava dispettosa i capelli dorati mettendoli più in disordine di quanto non lo fossero di solito. Continuava a respirare mentre teneva gli occhi chiusi e godeva appieno di ciò che il senso dell’udito, del tatto e dell’olfatto gli stano regalando: la natura viva e animata che popolava la foresta, il rumoroso frusciare delle foglie, ogni scricchiolio, il dolce cinguettare di chissà quali razze di uccelli diversi, il calore che penetrava fin dentro le ossa, il profumo dell’erba fresca, della corteccia degli alberi, odore di vita, equilibrio e pace. Adorava sentirsi investito da tutto quella tranquillità perché ormai nel suo animo era qualcosa che mancava da tanto tempo.
 
“Non ti avevo raccomandato di riposare oggi?”
 
Il biondo si voltò alla sua destra e scrutò la figura di un imponente demone-volpe dal folto pelo rosso sbucare dal sentiero e venire verso di lui. Una persona normale sarebbe fuggita immediatamente, consapevole che non esisteva una creatura più pericolosa e spietata in tutto il regno di Atheria ma lui non aveva alcun motivo per farlo.
 
“Credevo che stavolta te ne fossi andato sul serio, Kurama:” ammise, facendo spallucce.
 
“Tsk!” ghignò “Un giorno di questi lo farò sul serio visto che ti ostini a fare sempre l’opposto di quello che ti dico.”
 
Quando si trovò davanti a lui, altezzoso nei suoi due metri di altezza , voltò il capo e prese tra i denti il piccolo involucro che portava sulle spalle e con un cenno del capo intimò il giovane a prenderlo. Quello obbedì un po’ perplesso. Mentre cercava di capire il motivo di quel gesto, Kurama lo sorpassò e andò ad accucciarsi all’interno della grotta in un punto piuttosto buio. Il perché lo imputo alla sua natura che prediligeva l’oscurità piuttosto che la luce.
 
Un pensiero finalmente gli riaffiorò alla mente e lo fece sorridere.
 
“E’ un regalo per me?” domandò.
 
La Volpe non rispose, anzi fece finta che la cosa non lo interessasse minimamente e si sdraiò su un fianco dandogli le spalle. Incoraggiato da quel atteggiamento così ritroso nei suoi confronti non riuscì a trattenersi e gli si avvicinò, sedendosi al sua fianco.
 
“Posso aprirlo?”
 
Udì solo un borbottio ma per lui fu una risposta più che sufficiente. Sciolse il nodo dell’involucro di tessuto arancione che sembrava essere un po’ troppo lungo per la grandezza di quel che doveva essere il suo contenuto.
 
“Mi hai portato…due mele?!” esclamò leggermente deluso, sollevandone una.
 
“La colazione no?” rispose l’altro. Sentendo l’altro sbuffare, poco dopo aggiunse: “Guarda meglio.”
 
Aggrappandosi a quelle due parole, esaminò con attenzione i due frutti ma constatò che si erano mele e di sicuro non nascondevano nulla. Perplesso si domandò cos’altro ci fosse da guardare. Poi la sua attenzione cadde sull’involucro. Lo prese le mani e aprendolo scoprì che decisamente era più lungo di quel che credeva.
 
“M-ma…è un mantello nuovo!” esclamò entusiasta, accarezzandolo con devozione facendo vagare le dita sulle rifiniture nere dei bordi che delineavano la figura di fiamme scure che si inseguivano su quello sfondo di un colore tanto acceso.
 
“Grazie Kurama, è bellissimo!!” esclamò riconoscente attaccandosi al collo della creatura e stritolandolo in un abbraccio mentre quello sbuffava infastidito.
 
“Si, si…ORA MOLLAMI!”
 
L’ordine servì a farlo allontanare ma non a togliergli il sorriso dalla faccia. Impaziente si alzò in piedi- seppur con una certa cautela- per provarselo.
 
“Dove lo hai preso?” lo interrogò mentre ripiegava con cura il vecchio indumento e si infilava quello nuovo.
 
“Sanguini ancora molto?”
 
L’altro non rispose, ignorandolo completamente.
 
“E’ semplicemente perfetto!” esclamò invece “Il colore mi piace un sacco!”
 
“Moccioso....” ringhiò.
 
“Un po’, niente di che.” rispose “Ho già cambiato la fasciatura.”
 
“Se sanguina ancora non è un buon segno. Dobbiamo tornare da Tsunade prima che il danno diventi irreparabile.”
 
“Non c’è bisogno, te l’ho detto non è niente di grave.”cercò di liquidare in fretta.“Puoi dirmi come sto?”
 
L’interpellato voltò appena la testa per osservare il biondo fare un giro su se stesso prima di tornare al suo posto mormorando un “Come al solito.”.
 
“Te l’ho mai detto che sei un antipatico di prima categoria?”
 
“Si. Praticamente sempre negli ultimi18 anni.”
 
Rise pensando a quanto fosse vero. Kurama non era mai stato carino o gentile nell’arco di tutti quegli anni che avevano trascorso insieme, tenuti legati da un antico patto stipulato molti anni prima e che obbligava il demone a proteggerlo a qualsiasi costo. Nient’altro. Di certo non era obbligato a preoccuparsi di lui quando era piccolo ed era tormentato dagli incubi oppure piangeva perché gli altri bambini dell’orfanotrofio lo tenevano a distanza per via della sua presenza- seppur in forma pare a quella di una normalissima volpe- oppure ancora adesso che rischiava di sua volontà di farsi ammazzare tentando un’impresa pressoché impossibile. Eppure anche se spesso senza una parola, senza avere modo di dire nulla quel Volpone orgoglioso se ne usciva con quei piccoli segni di gentilezza che non avrebbe mai smesso di apprezzare. Anche solo la sua costante presenza era qualcosa di cui non avrebbe più potuto fare a meno. Era tutto, l’unica famiglia che gli era rimasta. Soprattutto da quando lui…Trasse un lunghissimo sospiro.
 
Riposto il vecchio mantello nella sua sacca e dopo aver addentato una delle due mele disse:
 
“Dovremo riprendere a camminare il prima possibile.” affermò “ E’ passata una settimana da quando lo abbiamo incontrato l’ultima volta e sono convinto che non sia lontano, anzi ho come la sensazione che si trovi qui nel bosco Scuro, da qualche parte. Se ci muoviamo a passo svelto credo che perlustrando accuratamente questa zona saremmo in grado di trovarlo prima che semini distruzione in qualche altro villaggio.”
 
Un sordo ringhio provenne dal suo compagno.
 
“Sei ancora intenzionato ad andare fino in fondo con questa storia?” domandò nervoso.
 
“Naturalmente.” rispose l’altro con grande tranquillità. Ma si preparò interiormente per affrontare di nuovo la conversazione che ormai si ripeteva da più di due anni.
 
Kurama si ridestò, accucciandosi a zampe incrociate proprio davanti a lui.
 
“Non ti è bastata l’ultima volta, dannazione?! Ti ha quasi ucciso, te ne rendi conto?! E tu sei ancora ostinato a volergli parlare per farlo rinsavire?!” sbraitò.
 
“Sono vivo, no? E tu sai che vuol dire questo!” ribattè. “Se non fosse stato lui, sarei morto adesso! Anche se non sembra, lui c’è ancora! E io sono l’unico che può aiutarlo a liberarsi!”
 
“Sei solo un povero ingenuo!” lo rimproverò “Anche se sei vivo perché sicuramente lui ha impedito che la serpe ti uccidesse con l’ultimo barlume di forza di volontà che gli è rimasta, non significa che tu possa liberarlo! Stai certo che la prossima volta non andrà così, non gli permetterà di impedirgli di ucciderti!”
 
“M-ma…”
 
“Niente ma!” lo zittì “Orochimaru ormai si è impossessato completamente del corpo e dell’anima di Sasuke! Per quanto possa provare a opporsi l’ultima parola spetta sempre a quel bastardo dell’Eremita dei serpenti, vuoi metterlo in testa?! Non ti ha ucciso solo perché probabilmente riteneva troppo faticoso sopprimere il briciolo di volontà che quel ragazzino ha dimostrato di conservare! Ti ha concesso di vivere ancora una volta ma stai pur certo che non accadrà ancora! Anche se mi hai chiesto di non intervenire, ho seguito tutto il vostro scontro. Era decisamente seccato quando mentre stava per sferrare l’ultimo colpo è stato costretto a fermarsi! So per certo che se ti opponi ancora lui in quella forma ti ammazzerà una volta per tutte!”
 
“Ha ucciso i miei genitori, Kurama!” iniziò il biondo “Si è impossessato del regno lasciandolo cadere preda della miseria e della paura e utilizza i suoi abitanti solo per i suoi esperimenti o il suo divertimento personale, straziandoli al punto che invocano la morte! E può fare tutto questo perché si è impadronito del castello, di quella che doveva essere la mia casa, in cui avrei dovuto vivere con la mia famiglia e che un giorno avrei dovuto utilizzare come punto di partenza per continuare a mantenere la prosperità ad Atheria! Mi ha tolto ogni cosa! Ora non ho intenzione di farmi portare via per sempre l’unica persona che nei momenti più difficili è stata tutto per me! Il mio primo legame, mio fratello e con te l’unica famiglia che ho mai avuto! E se per portarglielo via sarò costretto a rinunciare alla mia vita, sarò lieto di farlo!”
 
“Ma ti senti?” ringhiò ancora il demone, sbuffando dense nuvole di chakra, segno che era decisamente furioso “Tu sei il principe, cazzo lo hai dimenticato?! Il tuo dovere è pensare al bene di tutti e non a quello di una sola persona o peggio solo al tuo! Finché Orochimaru vivrà utilizzando il corpo di Sasuke sarà inarrestabile e non ci sarà speranza di spodestarlo! Uccidendo quell’Uchiha invece, obbligheremo la serpe a rientrare nel suo vero corpo ormai ridotto a un vegetale e recisa la sua anima in quello stato, ce ne libereremmo per sempre! Non puoi pensare solo a cercare di salvare quel che ritenevi essere un amico sacrificando quelli che a tutti gli effetti sono i tuoi sudditi! Se tu dovessi morire, la speranza che questo regno risorga sparirà!”
 
“Te lo ripeto.”
 
Una risolutezza incrollabile si era impossessata degli occhi azzurri del principe. Persino il demone ne risultò intimorito comprendendo che a nulla sarebbe servita quell’ennesima conversazione sull’argomento. Il ragazzo sapeva cosa voleva. E nulla sarebbe riuscito a persuaderlo a rinunciare. Non poteva dire di non averci provato a fargli cambiare idea. Erano due anni che ci provava. Anni di lunga e profonda sofferenza per quell’anima che non riusciva a trovare pace e che aveva fatto di quel suo obbiettivo l’unica cosa che lo tirava avanti.
 
“Non permetterò a Orochimaru di prendersi anche mio fratello. Mi ha tolto tutto. Non mi lascerò portare via anche lui….dovesse costarmi la vita! Se mai questo dovesse accadere allora il regno dovrà cavarsela senza di me!”
 
Esitò un momento. Poi però aggiunse con tono flebile:
 
“So che è un comportamento egoista il mio…ma non sono disposto ad abbandonare Sasuke. Lo farò tornare in sé, fosse l’ultima cosa che faccio! E poi mi occuperò di Orochimaru e dei suoi scagnozzi!”
 
Preso atto ancora una volta di quella risposta, il demone dovette rinunciare. Non c’era più nulla che potesse fare per lui, per cercare di salvarlo da quello che lo aspettava. Era consapevole che la prossima sconfitta avrebbe segnato la sua fine quindi stabilì che fosse ormai giunto il momento di rivelargli ciò che per 18 lunghi anni si era tenuto dentro e consegnargli il lascito di suo padre.
 
Poteva essere la sua unica speranza di uscire vittorioso da quella battaglia, salvando sia se stesso che il suo mio amico.
 
“Se è quello che desideri non ti intralcerò. Sei talmente testardo che cercare ancora di farti cambiare idea sarebbe un’inutile perdita di tempo.” sospirò arrendevole “Sta riposando in una radura a circa 10 km da qui. E’ solo, probabilmente si sta preparando ad andare a massacrare qualche villaggio nei paraggi.”
 
“Non c’è tempo da perdere allora! Muoviamoci!” lo incitò ma prima che potesse alzarsi la Volpe lo bloccò con una zampa sulla spalla.
 
“Prima di questo…” iniziò “…devo raccontarti del patto che ho stipulato con tuo padre la notte in cui è stato ucciso. E soprattutto di ciò che mi ha lasciato per te.”
 
 
 
 
 
Minato era arrivato in piena notte. Aveva sentito il portone della segreta sbattersi violentemente e poi i suoi passi incalzanti che ormai conosceva a memoria come quelli del suo carceriere. Capì subito che doveva essere successo qualcosa dal momento che non scendeva mai nei sotterranei da solo quando faceva uno dei suoi soliti tentativi per provare a domarlo. Ma poi perché dovuto provarci in un’ora così tarda?
 
Da un decennio il temibile demone-volpe era segregato all’interno di un’oscura gabbia dalle sbarre dorate dall’unione dei poteri delle due nobili famiglie degli Uzumaki e dei Namikaze che gli avevano imposto un sigillo confinante a cui non si sarebbe più potuto sottrarre a meno che un esponente della famiglia non gli avesse concesso la libertà. Ma dal momento che il re era desideroso di poter utilizzare il suo potere per impedire ai regni confinanti di mirare al proprio, il Novecode sapeva che la sua prigionia sarebbe stata eterna. Per di più  re e regina avevano da poco messo al mondo un piccolo marmocchio tale e quale al padre per cui era pronto già a sopportare minimo un altro centinaio di anni di carcere. Ma chissà…forse quella visita improvvisa poteva portare qualche buona notizia per lui.
 
L’uomo era arrivato tutto trafelato, esausto dopo quella che doveva essere stata una corsa mortale. Tra le sue braccia, avvolto in una copertina e stretto al suo petto con fare protettivo, c’era un fagottino che dormiva incurante di ciò che stava per accadere.
 
“Uhuhuh che c’è Quarto? Soffri di sonnambulismo forse?” domandò ghignando la creatura mentre abbassava il muso per guardarlo attraverso le sbarre.
 
“Non c’è tempo Volpe!” ansimò esausto “Devi aiutarmi!”
 
Egli iniziò a ridere ancora più forte.
 
“Questa si che è buona!” affermò “Potrai anche tenermi rinchiuso qui senza che io abbia modo di scappare ma mai otterrai da me l’obbedienza! Io non ti devo nulla!”
 
“Ascolta, non c’è tempo! Ci metteranno poco a sfondare il portone e arrivare qui per uccidermi!” dichiarò Minato “Per questo motivo ti devi occupare di lui!” e indicò il bambino che continuava a cullare tra le braccia contemplandolo con affetto.
 
“Non c’è nulla che io debba fare per te. E del marmocchio non mi interessa nulla.” disse voltandosi e dandogli le spalle “Se morite entrambi sarà solo meglio per me.”
 
“E’ qui che ti sbagli! Resterai rinchiuso qui a vita se il clan degli Uzumaki e dei Namikaze dovessero estinguersi senza averti reso la libertà! Ma io sono qui per offrirti un accordo!”
 
“Preferisco trascorrere l’eternità qui che fare un favore a te…sarà un piacere vederti morire mentre cerchi inutilmente di proteggere il tuo moccioso.” commentò il demone. Non c’era pietà nelle sue parole, del resto il suo risentimento per gli esseri umani aveva raggiunto il culmine con la sua cattura.
 
“Ho perso mia moglie poco fa quando ha cercato di proteggerci entrambi…il suo ultimo respiro è stato per raccomandarmi di proteggere lui per cui non mi interessa di morire! Ma…” e guardò ancora il visetto paffuto del suo piccolo, così simile a quello della sua amata Kushina“… lui deve vivere. Non ha colpe se non quella di essere mio figlio e quei sicari lì fuori lo uccideranno solo per questo! Sono suo padre e darei la mia vita se servisse a farlo sopravvivere ma questa notte non andrà così. Non sarò in grado di proteggerlo ma tu puoi farlo. Sono pronto a offrirti la libertà! Ti chiedo solo di tenerlo al sicuro finché non arriverà il suo momento!”
 
Kurama non aveva perso nemmeno una parola di quel discorso. La prospettiva di fare un favore a quell’uomo gli provocava un enorme ribrezzo ma la possibilità di tornare ad essere libero lo attirava troppo. Finalmente avrebbe potuto avere la sua vendetta, se non sul re, almeno sul suo regno.
 
Si rigirò ancora una volta e scrutandolo con l’enorme occhi rosso tra i ferri che lo incatenavano domandò:
 
“Potrei anche prendere in considerazione la tua offerta ma non temi che userei la libertà per radere al suolo questo insulso paese? Sei disposto a sacrificare la vita del tuo popolo solo per il tuo marmocchio?”
 
“Voglio che cresca, che diventi forte e che si prenda il posto che merita, se lo vorrà. Questo è il mio patto, Volpe: rimuoverò il sigillo che ti confina qui ma te ne applicherò un altro che ti obbligherà a proteggere mio figlio fino a quando non compirà 18 anni, solo allora tu potrai parlargli di questa conversazione e ottenere la libertà che ti ho promesso!”
 
Alle sua spalle sentiva quegli uomini che poco prima lo stavano inseguendo parlottare e dare potenti colpi al portone di pietra da cui era giunto nelle segrete. Era rimasto poco tempo.
 
“Se gli potrò raccontare di questo solo tra 18 anni, lui non potrà sapere di potermi liberare in qualsiasi momento.” riflettè il demone “Astuto Quarto…”
 
“Allora? Accetti?”
 
Lesse sul volto dell’uomo quanto profonda fosse la sua preoccupazione, quanto desiderasse avere almeno la certezza di sapere che suo figlio sarebbe stato al sicuro prima di morire. Era rassegnato  a morire e non gliene importava.. Voleva solo salvare il piccolo. Qualcosa nel cuore della creatura, un antico sentimento mosse le sue parole:
 
“Ci sto.”
 
Senza perdere tempo, adagiò il piccolo a terra che si svegliò non appena sentì mancare il calore paterno e iniziò a piangere. L’uomo gli scoprì appena il pancino pronto ad applicare il primo sigillo.
 
“Mi serve una goccia del tuo sangue.”
 
La Volpe si morse appena la zampa e la fece passare tra le sbarre in modo che il re potesse prenderne quanto gliene serviva. Tracciò una scia rossa sul palmo della mano destra e poi la congiunse con l’altra, concentrò le energie necessarie e poi compose alcuni segni con le mani prima di applicare una pressione sull’addome del piccolo dove comparve un motivo nero a forma di spirale.
 
“Funziona.” comunicò “Spero per te che non piangerà sempre così.”
 
Raccolse il bambino coprendolo nuovamente e cullandolo un po’ tra le braccia per farlo calmare. Gli parlò con dolcezza, confortandolo e riuscì nel suo intento. Poi sollevò il capo e con serietà dichiarò:
 
“Io, Minato Namikaze, quarto sovrano del regno di Atheria, dichiaro rimosso il sigillo di confinamento. Puoi uscire.”
 
Non appena pronunciò quell’ultima parola, il cartiglio che bloccava l’ingresso della gabbia si bruciò all’istante. Bastò un colpo con una sola delle nove code all’enorme creatura per riuscire a distruggere le sbarre. Minato indietreggiò lasciando che il demone uscisse dalla sua prigione, sgranchendosi le zampe.
 
Un altro colpo più forte giunse alle loro orecchie.
 
“Portalo via!” gli intimò.
 
Kurama convogliò le proprie forze e applicò su se stesso una tecnica di rimpicciolimento arrivando ad essere alto tanto quanto l’uomo. In quella forma sarebbe stato più facile muoversi senza dare troppo nell’occhio.
 
“Ascolta…c’è un orfanotrofio ai confini del regno, portalo lì così potranno nutrirlo finché non sarà un po’ più grande. Se puoi cambiare dimensioni, ti basterà assumere quelle di una normale volpe e potrai stargli vicino finché non sarà pronto per vivere da solo.” gli raccomandò “E poi quando sarà pronto a combattere…fagli aprire questo.”
 
Tirò fuori un piccolo rotolo dalla giacca da notte che indossava e glielo mostrò.
 
“Sciogliendo il sigillo al suo interno potrà evocare la spada delle Eremita delle Sei Vie…la Squarciapaura.”
 
“Che cosa?! Sei tu a possedere quell’arma?! Credevo che fosse andata perduta!”
 
“E’ quel che credono tutti…invece è stata tramandata dalla mia famiglia da generazioni perché avessimo sempre un mezzo con cui poter trionfare su forze al di là delle semplici capacità umane.”
 
“E tu vuoi che io gliela consegni?! E’ un ragazzino, non sarà mai in grado di usarla senza essere surclassato dal suo potere!”
 
“E’ mio figlio.” disse “Ci riuscirà.”
 
Kurama sbuffò. Non era affatto d’accordo che un arma del genere andasse affidata a un moccioso.
 
“Non vedo perché abbia bisogno di un’arma simile.” commentò.
 
“Ho riconosciuto il marchio che quegli uomini portano sul braccio…sono sicari di Orochimaru.” spiegò “Sono certo che lo conosci bene anche tu, sai di cosa è capace. E quindi capirai che quest’arma è la sola cosa che può sconfiggerlo nonostante le sue abilità di eremita dei serpenti.”
 
A quel punto non gli era rimasto che convenire con quel ragionamento. Afferrò il rotolo con i denti e spingendolo con la lingua se lo fece calare giù in gola. Deglutì un paio di volte e poi si lecco le labbra scure:
 
“Lo custodirò finché non sarà pronto.”
 
“Bene. Ora andate.”
 
Accarezzò un’ultima volta il viso del suo bambino e gli lasciò un leggero bacio sulla tempia. Poi lo sistemò meglio nella coperta in modo che il demone potesse trasportarlo senza problemi. Quest’ultimo afferrò con delicatezza quell’ammasso di coperte con i denti e lo tirò su pronto ad andare.
 
“Anche se forse non avrà valore per te…” cominciò l’uomo “…voglio ringraziarti. So che vuoi solo la tua libertà ma ti sono riconoscente per aver accettato di occuparti di lui.”
 
Sbuffò una nuvola di chakra rossa per fargli capire che non gliene importava nulla.
 
“Si chiama Naruto.” lo informò e l’altro roteò gli occhi. Nemmeno questo gli importava.
 
“Digli solo che non deve dimenticare mai chi è, Naruto Uzumaki. E di seguire senza esitazione ciò che il suo cuore gli dice di fare. Non è obbligato a reclamare il regno. Digli che basta che sia felice.”
 
Il portone venne sfondato e rapidamente la segreta venne invasa da decine di uomini. Kurama chinò il capo in un segno di addio, l’uomo gli urlò di correre via e così fece. Nessuno dei presenti era così folle o pazzo da opporsi a un demone codato e poi era troppo occupati a respingere gli attacchi dell’uomo conosciuto come il Lampo Giallo per curarsi di lui che li ignorava e pensava solo ad allontanarsi da quel luogo. Il demone abbandonò il luogo della sua antica prigionia mentre dietro di lui un urlo straziante gli comunicava che il re era morto. Il regno era stato conquistato.

 
 
 
 
Il giovane principe ascoltò quel racconto trattenendo la propria emotività e impedendole di surclassarlo. Non riusciva a credere che suo padre avesse rischiato il tutto per tutto pur di salvargli la vita e che anche sua madre si fosse sacrificata per lo stesso motivo. Era la prima volta che si commuoveva ascoltando il compagno parlare dei suoi genitori.
 
“Perché…” domandò piano al termine del racconto “…perché non hai salvato anche lui?”
 
“A quel tempo ritenei fosse perché temeva che non avrei accettato il patto se mi avesse chiesto di portarvi via entrambi. Riflettendoci poi capii che lo fece per impedire che tu potessi correre rischi. Coloro che si introdussero nel castello quella notte non si sarebbero fermati finché il re non fosse morto…se avessi salvato anche lui, ci avrebbero perseguitato a vita. Così invece ti ha tenuto al sicuro. E poi…ritengo volesse rivedere tua madre.”
 
Il ragazzo annuì. In cuor suo era felice di sapere che i suoi genitori si erano amati a tal punto anche se in tutti quegli anni sarebbe stato felice di aver avuto almeno suo padre accanto. La sua vita in orfanotrofio era stata difficile nonostante la presenza del cercoterio. Si era sentito sempre allontanato da tutti e più di una volta era stato vittima di percosse da parte degli altri bambini nelle quali Kurama non poteva intervenire perché avrebbe finito per ferirli e rischiando di farlo cacciare quando aveva ancora bisogno di vivere lì. Solo la presenza di Sasuke lo aveva salvato. Per questo era così determinato a salvarlo, gli doveva troppo.
 
“Papà ti ha lasciato una spada per me allora?” chiese curioso.
 
Il demone gonfiò le guance e un suono sordo cominciò a salirgli su dalla gola, fu scosso da un paio di spasimi e un attimo dopo tossì a terra un rotolo completamente fradicio di bava.
 
“Ma che schifo!” esclamò il biondo disgustato.

“E’ il contenuto che ci interessa.” Affermò “Aprilo.”
 
“Kurama?”
 
“Mh?”
 
“Come hai fatto a non digerirlo?” domandò innocente.
 
“Idiota!” lo rimproverò, facendo scattare una coda in avanti e colpendolo sulla testa “Aprilo e non fare domande stupide!”
 
Superando il ribrezzo iniziale, Naruto prese il rotolo e lentamente con la punta delle dita iniziò a srotolarlo. All’interno vi trovò una lunghissima formula di quello che sembrava un incantesimo, lui però non riusciva a comprenderne i simboli e le parole.
 
“Solo un Namikaze può sciogliere il sigillo.” lo informò “Quindi se lasci cadere qualche goccia di sangue in questo punto…” e gli indicò il quadrato intorno a cui vorticavano tutti quei segni “…spezzerai il sigillo.”
 
Senza attendere oltre si morse forte il pollice e poi lo portò su quel quadrato  lasciandovi cadere qualche lacrima vermiglia. Poi di colpo tutte le scritte risplendettero di luce dorata e, quasi fossero animate, si staccarono dal rotolo per agglomerarsi in una piccola sfera dorata che un istante dopo si modellò e lasciò il posto ad una spada.
 
A Naruto non era mai capitato di vedere una spada più semplice. Nessuna rifinitura, nessun segno distintivo che potesse far pensare che quella di fronte ai suoi occhi fosse una spada ritenuta leggendaria e per di più proprietà del mitico Eremita della Sei Vie di cui narravano le leggende del regno. L’unica cosa che attirò la sua attenzione fu la lama…era assolutamente immacolata. Non un graffia o un’ammaccatura. Eppure facendo due conti quella spada doveva avere millenni.
 
“Si chiama Squarciapaura per un motivo…combatte le sue come arma, quindi neutralizza l’usura e qualsiasi danno che subisce restando così sempre intatta, ma cosa più importante conferisce a colui che la impugna il suo stesso potere. Chi riesce a impugnare questa spada può sconfiggere qualsiasi suo nemico che si tratti di un uomo, del tempo stesso…o anche solo di uno spirito…così dice la leggenda.”
 
Il principe comprese immediatamente cosa questo significasse.
 
“Aspetta…significa che se riuscissi a impugnarla…potrei anche uccidere lo spirito di Orochimaru dentro il corpo di Sasuke?” chiese titubante ma con un nuovo briciolo di speranza.
 
“Esatto.” confermò l’altro.
 
“Ma è fantastico!” esclamò entusiasta “Se me l’avessi detto prima ci saremmo risparmiati tante inutili battaglie!”
 
“Non potevo farlo prima.” gli ricordò “E anche se avessi potuto non lo avrei fatto.”
 
“Eh? Perché?”
 
“Impugnala e capirai.”

Naruto non comprendeva dove fosse il problema. Che potesse avere problemi a impugnarla? Eppure non sembrava pesante. L’impugnatura era classica quindi per la sua mano sarebbe andata benissimo. Era appena più lunga della spada in suo possesso che si era procurato da un fabbro in paese. Non vedeva in essa alcun problema.
 
Sfiorò l’elsa della spada ma non appena le sue dita si chiusero intorno ad essa sentì come se gli stesse risucchiando via la vita. Dovette lasciarla andare immediatamente prima che gli venissero risucchiate tutte le forze.
 
“Comprendi ora? Se avessi impugnato quella lama qualche anno fa ti avrebbe ucciso all’istante.” Spiegò “E’ uno strumento incredibilmente potente che passando di mano in mano si rafforza proprio per poter mantenere intatto il proprio potere. Anche per l’uomo più forte sarebbe impossibile tenerla in mano più di qualche secondo ecco perché i Namikaze l’hanno tenuta nascosta e finora mia usata…farlo comporta praticamente la morte.”
 
“Vorrà dire che dovrò essere molto veloce.” concluse Naruto.
 
“Sei uno sconsiderato! Non ti basterà la velocità per riuscire nel tuo intento! Non puoi sapere per quanto tempo sarai in grado di impugnarla prima che ti uccida e usarla basandosi sulla fortuna equivale a un suicidio!”
 
“E’ l’unico modo sicuro per salvare Sasuke e sconfiggere il nemico del regno! Rischierò!”
 
Per quanto ammirasse la sua risolutezza non poteva permettere che fosse così impulsivo e non si soffermasse a riflettere sulle conseguenze.
 
“Credo che tu non riesca a metabolizzare due cose fondamentali..” cominciò “La prima è che hai un solo tentativo a disposizione. Se va male il prezzo sarà la tua vita. Però la seconda oserei dire che costituisce attualmente il problema più serio…”
 
“E quale sarebbe?!”
 
“Riuscirai a trafiggere il cuore di Sasuke con questa spada?”
 
Il ragazzo si irrigidì bruscamente e rimase inebetito di fronte a quella domanda. Non ci aveva pensato…
 
“Se ti affidi alle leggende su questa spada, non solo dovrai riuscire a impugnarla solo il necessario ma dovrai riuscire a immettere in lei la tua volontà e focalizzare attentamente il tuo nemico…a quel punto dovrai puntare comunque al cuore di Sasuke e trapassarlo. Se lo farai bene, il tuo amico resterà illeso non appena estrarrai la spada perché avrai colpito solo lo spirito che abita il suo corpo. Altrimenti…porrai fine con le tue mani alla sua vita. Sei disposto a correre davvero questo rischio?”
 
Il biondo chinò il capo, perso in una profonda riflessione. I rischi erano davvero altissimi. Non era certo che le leggende intorno a quell’arma fossero fondate o solo frutto di fantasia. Anche se il fatto che gli avesse risucchiato di colpo le forze testimoniava che non era una spada normale. Ma per il resto? Era davvero in grado di trapassare il petto di Sasuke senza fargli alcun male? Era disposto a correre il rischio di ucciderlo? Alla fine prese la sua decisione.
 
“Bisogna avere un po’ di fede, amico mio. Una cosa è certa…io non mi permetterò errori.”
 
 
 
 
 
 
 
Giunsero nei pressi della radura silenziosi e leggeri. Per quanto la stazza non lo facesse sembrare possibile, la Volpe era in grado di passare perfettamente inosservata come il più crudele predatore che attende nell’ombra la sua preda. Nascosti dietro un cespuglio fecero vagare lo sguardo alla ricerca del loro obbiettivo, consapevoli che lui era lì vicino.
 
Il cercoterio toccò con il muso il braccio del ragazzo per attirare la sua attenzione e lo spinse a guardare alla sua destra a una cinquantina di metri da loro. Adagiato sull’erba, incurante di qualsiasi cosa stava disteso il suo vecchio amico, la testa abbandonata sul braccio piegato e il corpo avvolto in una larga maglia di finissimo acciaio che lasciava però il centro del petto scoperto e con la spada lunga riposta nel fodero legato al fianco.
 
Naruto sentì una fitta al petto. Eccolo il suo migliore amico. Suo fratello. Il burbero, orgoglioso e scontroso Sasuke Uchiha conosciuto tanti anni addietro quando era stato affidato anche lui all’orfanotrofio dopo che la sua famiglia era stata sterminata. Lo stesso che seppur con il cuore contaminato dal desiderio di vendetta non si era trattenuto dal cacciare tutti quei ragazzini che lo picchiavano, a dirgli che era una femminuccia e che non doveva farsi mettere sotto in quel modo, lo stesso che lo ascoltava e che condivideva il suo dolore per la mancanza di dei genitori oppure che lo faceva entrare nel proprio letto quando aveva un incubo, permettendogli di dormire accanto a lui senza chiedere nulla e non opponendo resistenza quando lo teneva stretto a se in cerca di conforto.
 
Erano stati inseparabili fin quando la sete di vendetta di Sasuke non aveva preso il sopravvento sui suoi sentimenti. Plagiato dalle promesse di potere di Orochimaru, incontrato per caso durante una gita nella foresta, se n’era andato senza dire una parola, abbandonandolo. Quando lo aveva ritrovato ormai era troppo tardi. L’eremita dei serpenti aveva già preso possesso del suo corpo forte e giovane e lo utilizzava per esercitare il terrore e seminare la distruzione che desiderava. Aveva provato di tutto per convincerlo, per farsi ascoltare, per farlo rinsavire. Tutto inutile. Il controllo era troppo forte.
 
Eppure il biondo non aveva mai perso la speranza. Perché anche se lo spirito di Orochimaru albergava dentro il corpo di Sasuke, lui era sempre lo stesso. Lo riconosceva nello stile di combattimento, nel tono di voce anche se le parole non erano le sue, nel suo sguardo freddo e distaccato. Quel che a lungo era stato suo amico, fratello e compagno non era sparito. Era nascosto da qualche parte in attesa di essere trovato.
 
Per questo nel corso di corso di quei due anni aveva continuato a provare. Si era lasciato ferire non solo dalla sua spada ma anche dalle sue parole continuando a chiamarlo, senza gettare mai la spugna. Più di una volta era stato ferito in modo veramente molto grave. Solo l’intervento di una professionista come Tsunade aveva impedito che facesse una brutta fine. Non appena però era nuovamente in grado di stare in piedi, ricominciava le ricerche e dava il via a nuovi scontri. Lo squarcio al fianco era stata l’ultima ferita nella sua campagna per riportarlo in sé anche se aveva rischiato moltissimo dal momento che il dolore lo aveva bloccato inerme alla mercè del nemico. Se quel briciolo di coscienza di Sasuke non fosse riemersa in tempo, sarebbe stato ucciso. Quella però era stata la prova che non aveva sperato a lungo invano. Ce la poteva fare. Ora aveva un’arma in più per poterci riuscire. E doveva farcela a ogni costo. Prima però…
 
“Kurama….” sussurrò.
 
Il demone sapeva già cosa gli avrebbe detto. Ogni volta gli raccomandava di farsi da parte.
 
Ma Naruto lo sorprese. Gli prese delicatamente il muso e fece combaciare le loro due fronti. Prima di allora non si sarebbe mai sognato di fare un gesto simile ma ormai poteva permettersi quell’ultimo momento con il demone, che a modo suo era stato un po’ come il padre che non aveva mai conosciuto.
 
“Questo è il mio ultimo ordine per te. Voltati e comincia a correre, non guardarti mai alle spalle ma pensa soltanto a correre. Finché non avrai più fiato o una briciola di energia in corpo.” gli raccomandò “E goditi questa corsa perché sarà la prima di tante altre…ti voglio bene…”
 
E con una lacrima solitaria che gli solcava la guancia, onorò la promessa di suo padre.
 
“Io Naruto Uzumaki, principe del regno di Atheria, ti dichiaro libero e appartenente a nessun altro se non a te stesso!” sussurrò un po’ più forte “Vai ora…”
 
E allontanò da sé. E il grande demone per la prima volta ferito nel più profondo dell’animo obbedì a quell’ultimo ordine, andandosene via…seppur voltandosi un’ultima volta a guardare il ragazzino che aveva visto crescere andare incontro al suo destino.
 
 
 
 
 
“Ancora non ti basta Moccioso?” lo schernì l’Eremita parlando attraverso quel corpo perfetto di cui si era impossessato e attraverso il quale riusciva ad esercitare perfettamente i suoi poteri.
 
“Ridammi Sasuke…” ripeté per la centesima volta il principe, sostenendosi a fatica con la propria spada.
 
Lo scontro non stava andando affatto bene. Stavolta sembrava che Orochimaru avesse deciso di porre fine alla sua vita ad ogni costo. La sua difesa aveva ceduto presto, era troppo debilitato per via della ferita al fianco, la prova con la spada- che non aveva ancora sguainato ma teneva ben nascosta sotto il mantello- gli aveva prosciugato gran parte delle forze e come se non bastasse il suo avversario gli stava concedendo solo in quel momento un attimo di respiro. Si era dovuto sbarazzare della propria armatura, lo ingombrava troppo. Se l’avesse tenuta ancora sarebbe già morto.
 
Ora era stanco, tremendamente. Non ce la faceva più. Ma non poteva mollare.
 
“Mi hai stancato…” sbuffò incurante il moro “…ti sei rialzato per l’ultima volta.”
 
Prima che potesse in alcun modo alzare una qualsiasi difesa o almeno provare a scansare l’attacco, Naruto colpito violentemente e scaraventato contro il tronco di un albero. L’impatto fu violento e minacciò seriamente di fargli perdere i sensi. Quel che accadde dopo si svolse velocemente.
 
Con la vista annebbiata, vide il proprio avversario caricare verso di lui, la spada stretta in entrambe le mani, concentrato su un punto preciso. Lui era consapevole di non essere più in grado di muoversi, non lo avrebbe schivato. Tanto valeva sfruttare l’occasione. Del resto, c’era modo migliore per essere sicuri di non mancare il bersaglio?
 
Sguainò la Squarciapaura proprio mentre sentiva l’arma del moro trapassargli la carne. Chiuse gli occhi.
 
Un solo pensiero, un unico ricordo invase la sua mente e vi si abbandonò a tal punto da non sentire minimamente la propria energia convogliarsi nella spada. Tanto meno tutta quella che gli veniva portata via dalla stessa.
 
“S-sas’ke…” lo chiamò l’ultima volta prima di tossire un fiotto denso di sangue.
 
 
 
“S-sas’ke…? Posso dormire qui con te? Ho paura a stare da solo…”
 

 
“Sbrigati…”
 
….
 
“Sas’ke sei il migliore!”
 

 
“Sas’ke?”
 
“Che vuoi ancora?!”
 
“…”

 
 
 
Sasuke riaprì gli occhi stordito e soprattutto con un gran mal di testa. Gli sembrava di essersi svegliato dopo un lunghissimo sonno, forse per questo che percepiva tutti i muscoli così intorpiditi. Sentì un peso gravare su di sé, poco dopo si rese conto che un corpo era appoggiato contro di lui completamente abbandonato. Riconobbe preso quella chioma bionda che per tante serate da piccolo l’aveva infastidito impedendogli di riposare.
 
“Dobe, che diavolo ci fai appoggiato così a me?” chiese seccato.
 
La risposta dell’altro arrivò poco dopo terribilmente flebile.
 
“S-scusa…n-non riesco… a m-muover…mi…”
 
Il colpo di tosse che seguì fece scattare un campanello d’allarme nel moro. Come se avesse recuperato di colpo la percezione del proprio corpo prese atto della posizione in cui si trovava. Le dita erano strette intorno all’impugnatura della sua spada…ma quest’ultima era tremendamente scivolosa. La lasciò andare e provò a scostarsi dall’amico che però non accennava a muoversi e sarebbe crollato a terra se non lo avesse preso al volo.
 
“Che ti succede?” gli chiese ma non ebbe bisogno di risposta quando percepì qualcosa di caldo bagnargli le dita là dove si erano posate per tenerlo su e un pungente odore ferroso gli giunse alle narici. Lo girò lentamente e con orrore scoprì la propria lama conficcata nell’addome del biondo, che respirava ancora a scatti mentre una macchia rossa si diffondeva a velocità allarmante.
 
“Cazzo!” imprecò.
 
Lo adagiò sull’erba e slacciandogli il nodo del mantello intorno al collo glielo sfilò e lo strappò usandone una metà come laccio emostatico che gli legò intorno alla gamba e l’altro si preparò a usarlo per tamponare l’emorragia non appena avesse estratto la lama. Ma non riuscì nemmeno a toccare l’elsa che una mano tremante e troppo fredda gli bloccò il polso.
 
“L-lascia…stare…” mormorò il biondo a fatica.
 
“Zitto, pensa a respirare!” lo rimproverò cercando di liberarsi dalla sua presa che però era troppo salda nonostante le sue forze fossero giunte al limite.
 
“Dobe…” lo chiamò poi in una supplica a lasciarlo fare.
 
Il principe lo guardò intensamente. Per quanto gli fosse possibile cercava di apparire sereno anche se era consapevole che la morte sarebbe sopraggiunta di lì a poco. Il moro non capiva. Come poteva essere successo? Lui non aveva nessun motivo di fargli del male, non a lui l’unico che fosse riuscito a trasmettergli un po’ di calore, a ricordargli cosa significa avere qualcuno che conta su di te, a regalargli un sorriso quando era l’ultimo dei suoi pensieri. Cos’era successo allora?!
 
Crudelmente la sua mente gli ricordò di Orochimaru. Dei suoi propositi di vendetta. Della sua brama di potere. Si era lasciato usare. Aveva permesso che il suo corpo fosse sfruttato e utilizzato contro la sua volontà. Come aveva potuto essere così ingenuo? Ecco che pagava il prezzo del suo errore…
 
Come gli avesse letto nel pensiero sentì la presa sul suo polso irrigidirsi un po’.
 
“N-non è…s-tata colpa tua…non lo avresti…mai f-fatto…” ansimò, richiamando a sé le ultime forze.
 
L’Uchiha fece scivolare la propria mano a stringere quella dell’amico.
 
“Perdonami, ti prego…”
 
Il biondo si allargò in un sorriso un po’ più pronunciato. Cercò di stringere la mano che Sasuke gli stritolava quasi con più forza di quanto avesse mai fatto.
 
“R-resta…” lo pregò e l’altro capì. Gli si fece più vicino e gli sollevò un po’ la testa facendogliela poggiare sulle sue gambe e nel mentre non lasciò mai la presa.
 
Restarono così per diversi minuti, in un silenzio carico di significato. Poi:
 
“V-vivrai…anche…per me?” chiese tra un respiro e l’altro.
 
L’Uchiha non voleva rispondere. Voleva trattenerlo ancora lì. Non era possibile.
 
“Te lo prometto.” giurò.
 
Tentò di ridere ma non vi riuscì. Non riusciva più a respirare, la tosse lo stava soffocando. Respirò quanto fu profondamente gli fu possibile e con il tono più sereno che avesse mai avuto dopo tanto tempo parlò un’ultima volta.
 
“G-grazie, fratello…sei…s-sempre…il…migliore…”
 
La sua voce sparì con un soffio.
 
Sasuke non versò una lacrima. Ma per una volta avrebbe voluto farlo.
 
Non poteva. Aveva promesso che avrebbe vissuto anche per lui, per portare a termine ciò che aveva iniziato e che andava completato, per non rendere vano tutto quello che aveva fatto per salvarlo. E lo avrebbe fatto ad ogni costo.
 
Ma una parte di se era morta con Naruto quel giorno. Nessun altro avrebbe visto quello per cui il biondo aveva combattuto tanto strenuamente, ciò per cui aveva sacrificato la vita. Qualcosa che la mente non può spiegare. Qualcosa che solo il cuore conosce.
 
“Sas’ke?”
 
“Che vuoi ancora?!”
 
 
 
 
“Grazie per tutto quello che hai fatto per me.”
 
“Dobe…so che faresti lo stesso.”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note personali: Dunque, mi appello a tutti coloro che sono arrivati a leggere fin qui e in modo particolare a quel qualcuno che ha letto altre mie storie. Non è stata una delle mie storie migliori, insomma per un mio modo personale di trattare le fan fiction in generale. Normalmente non mi sarei mai sognata di dare tante cose per scontato, di tagliare o omettere scene fondamentali. La storia per come l’avevo pensata in origine era decisamente più lunga, partiva dalla caduta del re fino alla sconfitta dell’usurpatore raccontata alla fine. C’erano tante cose che avrei voluto aggiungere, scrivere e raccontare ma calcolati male i tempi, effettivamente per scrivere quello che avevo in mente ci sarebbe voluto davvero moltissimo. Quindi vi chiedo di comprendere che questa storia è uscita così per tutta questa serie di motivi e che non è nel mio stile essere superficiale su certe cose. Comunque sia ve la propongo così come l’ho presentata per il contest, ma con un’amica ci stiamo lavorando su per scriverla meglio, sistemarla, approfondirla per cui in futuro la ripubblicherò quando sarà la storia proprio come speravo che fosse. Quindi se vi andrà, non so fra quanto ma potrete leggere la nuova versione. Se questa ve la sarete scordata non importerà ^^ La nuova versione sarà leggermente diversa ma molto più dettagliata e accurata. Comunque detto questo spero che vi sia piaciuta almeno un po’. Fatemi sapere ci tengo! A presto! :D
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Greywolf