Film > X-men (film)
Segui la storia  |       
Autore: xX__Eli_Sev__Xx    08/04/2015    0 recensioni
[Seguito della One-Shot "You abandoned me"; spoiler X-Men DOFP]
Charles, Erik, Logan e Hank tornano a villa Xavier per tentare di localizzare Raven. Ad aiutarli ci sarà Charlotte Xavier, sorella di Charles, anch'essa mutante.
Durante le ricerche e gli allenamenti per migliorare i suoi poteri, Charlotte scoprirà cose che avrebbero dovuto rimanere nascoste, segreti mai rivelati e così potenti che sconvolgeranno totalmente la sua vita.
Nella corsa contro il tempo per salvare l'umanità e impedire al terribile futuro descritto da Wolverine di avverarsi, ognuno degli X-Men dovrà fare i conti con il proprio lato oscuro e mettere da parte l'orgoglio e l'odio per salvare, non solo le persone amate, ma l'umanità tutta.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The second chance

CAPITOLO TRENTAQUATTRO
 
 
Erik raggiunse il laboratorio ed entrò.
Era rimasto inginocchiato nell’atrio per quasi due ore a singhiozzare e tentare di non farsi sopraffare da tutti quei dolorosi ricordi che lo tormentavano ogni notte da quando era entrato in quel maledetto campo di concentramento.
Dopo aver perso sua madre e i suoi amici mutanti rischiava di perdere anche Charlotte e sapeva bene che se fosse successo davvero – per quanto lei fosse forte e determinata – lui non ce l’avrebbe fatta. Non voleva rimanere solo ancora una volta, quindi sarebbe morto con lei. Si sarebbe ucciso per seguirla. In quel modo forse sarebbero rimasti insieme, o perlomeno non avrebbe più provato tutto quel dolore.
Non aveva mai pensato veramente al paradiso: esisteva davvero? Una volta morti semplicemente si cessava di esistere? Si finiva in un limbo oscuro per l’eternità? Forse una volta gli sarebbe importato, ma adesso… il suo unico pensiero era Charlotte che stava soffrendo a causa della sua stupida guerra con Charles.
Raven era ancora seduta accanto al letto di Charlotte e le stava accarezzando i capelli e la fronte. Quando sentì la porta aprirsi si voltò e rivolse a Magneto uno sguardo di rimprovero.
«Erik.» disse con voce sconsolata. «Ti avevo detto di andare a riposare.»
Lui, gli occhi arrossati dal pianto e segnati da profonde occhiaie dovute alla stanchezza e allo stress, avanzò senza far caso alle sue parole. Riposare? Credeva davvero che avrebbe potuto riposare con Charlotte intubata e attaccata a tutti quei macchinari pochi piani sotto di lui? «Puoi lasciarmi da solo un momento?» chiese con voce flebile. «Vorrei…» indicò la ragazza e abbassò lo sguardo, reprimendo le lacrime alla vista della sua Charlotte in quelle condizioni.
Raven aggrottò le sopracciglia confusa da quella richiesta. «Ehm… certo.» si alzò e quando passò accanto a Erik gli poggiò una mano sulla spalla avendo intuito che volesse passare la maggiore parte del tempo con lei nel caso in cui non ce l’avesse fatta. «Lei ce la farà, Erik.» sussurrò «È forte e ce la farà.»
Magneto annuì, anche se non ne era per niente certo. Davvero sarebbe sopravvissuta a quello dopo tutte le torture di Trask e la violenza psicologica e fisica inflitte da suo fratello?
Alla fine Raven uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo nuovamente solo.
Erik si avvicinò al letto e si sedette sulla sedia prendendo la mano della ragazza e stringendola tra le sue. «Ciao.» la salutò con voce rotta. «Io… non so se puoi sentirmi, Lottie.» esordì. «Ma c’è qualcosa che devo dirti prima che-» un groppo in gola lo costrinse ad interrompersi. Si schiarì la voce per renderla ferma. «Non te l’ho mai detto e mi sento così stupido per non averlo fatto prima…» si fermò nuovamente e prese un bel respiro. «Ti amo, Charlotte. Ti amo con tutta la mia anima.» le lacrime ripresero a rigargli il volto. «Non voglio che tu muoia. Ti prego, non mollare. Non lasciarmi solo.» singhiozzò. «Tu sei stata l’unica che ha tentato di capirmi, che mi ama per quello che sono e non per quello che ho fatto.» si interruppe e le baciò la fronte. «Torna da me, dobbiamo ancora fare-» fu una leggera pressione sulla sua mano a bloccarlo, questa volta. Abbassò lo sguardo. La mano di Charlotte, pallida e collegata ad una flebo, aveva stretto la sua. Il cuore di Erik accelerò. «Charlotte.» la chiamò risollevando lo sguardo.
 
Charlotte si voltò. Aggrottò le sopracciglia tentando di capire dove fosse. L’oscurità sembrava avvolgere ogni cosa, ma man mano che la ragazza si muoveva sembrava diradarsi, come se il movimento prodotto dal suo corpo stesse spazzando via la nebbia oscura.
Finalmente qualcosa emerse dalla coltre di nebbia ergendosi di fronte a lei. Sembrava villa Xavier, ma era molto diversa da come se la ricordava. Il giardino era più curato e le pareti della casa non erano dipinte di giallo, ma di un pallido marrone. Le finestre erano coperte di polvere, come se da mesi nessuno le avesse pulite.
«Tesoro.»
Sentendo una voce alle sue spalle, Charlotte si voltò. Non riconobbe immediatamente la figura che aveva di fronte, ma dopo aver sbattuto più volte le palpebre, capì.
«Papà.» disse stupita. «Ma… tu sei…» morto, avrebbe voluto dire, ma si bloccò. Suo padre era morto quando era molto piccola. Non doveva avere più di otto anni, ma ricordava bene l’affetto che l’aveva legata a lui. Sua madre non aveva mai avuto molto tempo di occuparsi di lei e anche dopo la morte del marito il loro rapporto non era migliorato. Ma con suo padre era sempre stato diverso. Lui sapeva dei suoi poteri e la amava per quello che era e per ciò che sapeva fare.
«Morto?» chiese lui. «Sì.» confermò alla fine. Accennò un sorriso e si guardò intorno.
«Dove siamo?»
«A casa.»
«Ma… come sono arrivata qui?» chiese ancora aggrottando le sopracciglia, confusa.
Lui si avvicinò. «Qual è l’ultima cosa che ricordi?»
La ragazza abbassò lo sguardo e frugò tra i suoi ricordi. «Charles. Che mi pugnala.» disse «La voce di Erik e quelle di Hank e Raven.» deglutì a fatica ricordando il dolore e il ghigno sul volto di Charles. «Sono morta?» domandò. Se era lì con suo padre, morto anni prima, forse significava che era morta anche lei.
Il padre le sorrise. «No, piccola.»
«Ma sto morendo, non è così?» chiese con un filo di voce.
«Dipende.» replicò l’uomo sorridendo tristemente.
Charlotte non riuscì a capire. «Da cosa?»
«Da te.»
Lei scosse il capo. Come poteva dipendere da lei? Poteva forse scegliere? «Vuoi dire che posso scegliere?» indagò dando voce ai suoi pensieri.
Il signor Xavier annuì. «Sì.»
«Potrei rimanere qui con te, se lo volessi?»
Annuì ancora.
Charlotte, per un momento, fu molto tentata. Voleva così bene a suo padre e le mancava così tanto. Ma aveva solo diciannove anni, tutta la vita davanti e forse se ne sarebbe pentita in seguito.
«Pensaci bene, Lottie.» l’avvertì «Una volta compiuta la tua scelta non potrai più tornare indietro.» forse aveva intuito ciò che le aveva attraversato la mente. «Sicura di voler rimanere qui?»
«Sarebbe tutto più semplice.» rispose la ragazza «Non dovrei più soffrire.»
Gli angoli della bocca del padre si incurvarono. «La mia coraggiosa Charlotte non ha mai scelto la via più semplice. Ha sempre combattuto.»
«Forse la Charlotte che conoscevi non esiste più.» si ritrovò a dire. Dopo tutto ciò che aveva vissuto era cambiata e forse la Charlotte che una volta non si sarebbe arresa, se n’era andata insieme ai suoi ricordi rubati. Forse era stanca di combattere ed essere sconfitta.
«E non pensi a Charles? E a Raven, Hank e Erik?» domandò il padre.
Lei sospirò. «Non mi vuoi qui?» stava tentando di cacciarla. Era abbastanza evidente.
«No.» confermò l’uomo. «Non ti voglio qui, ma non perché non tenga a te, tesoro, ma perché voglio che tu viva una vita meravigliosa accanto all’uomo che ami e ai tuoi amici. Non voglio che tu rimanga bloccata qui a causa mia.»
«E se tornassi e non ce la facessi?»
Il padre rise sommessamente. «Perché non dovresti farcela?»
«Non sono abbastanza forte.»
«Sai che non è vero.» disse scuotendo il capo.
Charlotte abbassò lo sguardo. Suo padre aveva ragione. Non poteva morire. Non in quel momento. Non prima di aver aiutato Charles.
Una leggera folata di vento le accarezzò la pelle facendola rabbrividire. Per un momento le sembrò di aver sentito una voce che la chiamava, una voce famigliare, meravigliosa. La voce di Erik.
Si volse. «Erik?» chiese, ma non c’era nessuno alle sue spalle. Scosse il capo e tornò a rivolgersi verso il padre, ma quando si fu voltata completamente vide che non era più lì. «Papà?» lo chiamò, ma nessuno rispose. Inspirò ed espirò profondamente un paio di volte. «Devo tornare.» fu l’ultima cosa che disse prima di essere trascinata verso il basso in una voragine buia e soffocante.   
 
«Mi senti?» chiese Erik osservando il suo viso. Gli aveva appena stretto la mano. Forse lo stava ascoltando e stava tentando di fargli capire che era ancora lì. «Hank!» gridò.
Lo scienziato arrivò in pochi secondi dalla stanza adiacente, credendo che fosse successo qualcosa alla ragazza. Aprì la porta con una spinta e si precipitò dentro.
«Che succede, Erik?» chiese avvicinandosi.
«Mi ha stretto la mano.» spiegò Magneto ansimando e indicando la giovane.
«Cosa?» domandò lui aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi. «Quando?»
«Un minuto fa.»
«Potrebbe essere stato un riflesso involontario.» disse distruggendo le speranze del mutante. Non voleva mandare in frantumi le sue aspettative, ma voleva essere realista. Prese una piccola torcia e dopo averle sollevato le palpebre di Charlotte la accese puntando il leggero fascio di luce sulla pupilla. Dopo qualche secondo abbassò la mano sospirando sconsolato. «Mi dispiace, Erik.» concluse. «Era solo-» si interruppe cercando le parole «Non risponde, mi-mi dispiace.» balbettò.
Erik abbassò lo sguardo. Certo, avrebbe dovuto immaginarlo. Sarebbe stato troppo bello per essere vero. Bofonchiò un «Grazie» e poi tornò a osservare la sua Charlotte accarezzandole la mano e il volto pallido.
Hank annuì e si voltò per tornare da Charles che era disperato dopo aver scoperto quello che aveva fatto a sua sorella. Era ancora rinchiuso nella stessa stanza da giorni, sotto l’effetto del siero. Era rimasto seduto nell’angolo della stanza con la testa fra le mani ripetendo a bassa voce «è colpa mia» per tutto il tempo. Hank lo aveva osservato, aveva tentato di parlargli, di fargli capire che era colpa di Trask, che Charlotte sarebbe stata bene… ma nulla di tutto ciò gli aveva fatto cambiare idea.
Un ansito lo fece voltare.
«Erik, è tutto ok?» domandò. Non si sarebbe fatto venire un attacco di panico? Senza Charles o Charlotte non sarebbe riuscito ad aiutarlo, lui non era un telepate e nemmeno sapeva come rassicurarlo. Un tranquillante non sarebbe stato sufficiente in quel caso, ne era certo.
«Non sono stato io.» rispose l’altro con urgenza, volgendosi verso di lui. «È stata-»
Un altro ansito, più forte del precedente.
Hank vide Charlotte muoversi sotto le lenzuola. Il battito cardiaco era aumentato e l’elettrocardiogramma aveva cominciato a gracchiare sonoramente. «Sta tentando di respirare.» corse nuovamente accanto al letto. «Charlotte.» la chiamò. «Charlotte, riesci a sentirmi?»
La ragazza spalancò gli occhi e ansimò ancora. Il tubo che le percorreva la gola le impediva di parlare e sembrava che la stesse soffocando. Tentò di sollevare una mano per allontanare quel fastidio dal collo, ma i muscoli sembravano intorpiditi e rigidi come se non si fosse mossa per mesi interi.
«Charlotte, devi tranquillizzarti.» le disse Hank. «Calmati.»
La giovane si voltò verso di lui e incontrò il suo sguardo.  
«Sei intubata e se continui ad agitarti i tubi danneggeranno le vie respiratorie.» spiegò. «Calmati e respira con il naso.» le consigliò mentre si muoveva verso il tavolino dove teneva l’attrezzatura per le operazioni.
Charlotte annuì, chiuse gli occhi e prese a respirare lentamente attraverso il naso.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira, continuava a ripetersi.
Finalmente il battito cardiaco tornò regolare. I polmoni e la gola non le dolevano più e anche le testa aveva smesso di pulsare dolorosamente. Si guardò intorno.
Perché era intubata?
Cosa ci faceva nel laboratorio di Hank?
«Ok, Charlotte, adesso ti sfilo il tubo dalla gola.» le disse dopo aver infilato i guanti. «Continua a respirare con il naso.»
Lei diede un cenno di assenso e riprese a ripetersi “inspira ed espira” come poco prima.
Hank le sfilò il tubo dalla gola tentando di essere veloce, ma anche di non arrecare danni. Alla fine sorrise e dopo averlo riposto nel lavandino dove l’avrebbe lavato e disinfettato, tornò accanto a Charlotte. «Come ti senti?» chiese.
Lei annuì e si schiarì la voce. Non parlava da un po’ – anche se non sapeva esattamente quanto – il che rendeva difficile anche solo salutare. «Bene» sussurrò con voce roca e flebile, portandosi una mano alla gola come se potesse attenuare il dolore.
«Ti prendo un po’ d’acqua.» le disse Bestia. Dopo essersi avvicinato al lavello le porse un bicchiere d’acqua. «Lentamente» le raccomandò.
«Grazie.» replicò lei e poi bevve a piccoli sorsi. La situazione era decisamente migliorata. L’arsura alla gola era scomparsa, per lasciare il posto ad un leggero fastidio, comunque sopportabile.
«Ok, vado ad avvertire Raven.» concluse Hank sorridendo. «Sei in buone mani.» affermò indicando Erik, poi uscì.
Charlotte sorrise e volse lo sguardo verso Erik che le stava ancora tenendo la mano, ma non aveva ancora detto nulla. I suoi occhi erano vuoti e sembrava che fosse decisamente sotto shock.
«Erik?» lo chiamò lei sollevando la mano e portandola al suo volto. «Erik, stai bene?» chiese aggrottando le sopracciglia e tentando di ignorare il dolore alla gola.
«Lottie…» sussurrò lui mentre altre lacrime gli rigavano le guance. «Sei… io credevo…» balbettò. Si era svegliata davvero. Era lì con lui. Non poteva crederci. Forse stava sognando.
«Ehi» ridacchiò lei «Magneto senza parole?» ridacchiò. «Incredibile.»
A quel punto Erik sorrise e sentì le lacrime rigargli nuovamente le guance. «Mi sei mancata così tanto…» sussurrò poggiando la fronte contro la sua. «Credevo che-»
«Sto bene.» lo rassicurò circondandogli le spalle con le braccia e accarezzandogli i capelli. «Non potevo lasciarvi.» affermò sorridendo. «Se me ne vado questa casa andrà in rovina.»
Entrambi risero e quando si separarono Erik la baciò accarezzandole delicatamente le labbra con le sue, assaporandone ogni centimetro con una delicatezza inaspettata, ma anche con urgenza e desiderio, dopo giorni di paura e preoccupazione. Quando si separarono, colo fiatone, ma sorridenti, il mutante le sussurrò a fior di labbra: «Bentornata, Blade.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ok, lo so, sono imperdonabile per questi orribili ritardi e ammetto che questo capitolo l’ho scritto e pubblicato di getto in un momento d’ispirazione (che per la cronaca mi manca da settimane). Spero non sia troppo assurdo e affrettato e soprattutto spero che vi piaccia! ;)
A presto con il prossimo.
Fatemi sapere, mi raccomando! ;)
Eli
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: xX__Eli_Sev__Xx