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Autore: Astrid lover    09/04/2015    0 recensioni
[ModernAU!]
L'amore... che sentimento meraviglioso. Non c'è sensazione più bella che sentire il cuore battere all'impazzata perché hai incrociato lo sguardo della persona che ami più della tua stessa vita. Capita a volte però di subire delle grosse delusioni. Magari la persona dei tuoi desideri non ti vuole... il cuore ti si spezza, cadi in un turbinio di emozioni negative e non fai altro che pensare a lui o lei. Ma secondo voi, si può scatenare una guerra per vendetta? E secondo voi, quello è amore? In questa storia vedremo come protagonisti i nostri Cavalieri dei draghi, ormai ventiduenni e pronti per affrontare il vero amore e... una catastrofica guerra causata solo per una delusione d'amore. Ce la faranno i nostri eroi a contrastarla? Serviranno rinforzi? E cosa succederebbe se una ragazza che fino ai 20 anni ha vissuto senza genitori né l'anima gemella, venisse accidentalmente risucchiata da un magico portale di ghiaccio e venisse catapultata in un mondo strano? E se trovasse l'amore?
(ambientata dopo le vicende di Dragon Trainer 2)
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un mese passò, lasciando i cavalieri fermi dov’erano a capire e ricordare le formule per ingrandire la chiave e Alexander e Astrid barricati senza muoversi nella caverna, poiché la castana aveva preso un’infezione importante e rischiava grosso. Era una mattina fredda e uggiosa e il giovane Alexander era uscito dalla caverna per prendere dal bosco delle bacche per preparare la medicina per l’amica, che ormai si trovava al termine della malattia. Dopo un po’ ritornò e prese una ciotola dallo zaino, dentro la quale mischiò l’intruglio balsamico di erbe e bacche. Terminò la preparazione, prese in mano la scodella ed entrò nella tenda dove ancora riposava Astrid. Si chinò su di lei e le posò un lungo, dolce bacio sulla guancia che la fece svegliare.
“Buongiorno Al…” bofonchiò lei, carezzandogli una guancia.
“Buongiorno Astrid.” Rispose lui, aiutandola ad alzarsi e sedersi per bere la medicina. La giovane fece una smorfia schifata e poi si mise in piedi.
“Ho fame…” sussurrò lei, accarezzandosi la pancia.
“Lo so… ma non puoi mangiare per più di un quarto d’ora.” Disse Alexander, mettendole una mano sulla spalla, mentre lei sbuffava annoiata.  “Come ti senti, a proposito?” chiese.
“Bene, possiamo procedere il cammino.” Rispose decisa dirigendosi verso la tenda per piegarla, ma venne fermata dall’amico che le prese il polso.
“Astrid… non voglio che ti affatichi!” disse lui, guardandola negli occhi.
“Non mi affatico. Voglio solo uscirmene da questo mondo e dare una lezione ad Elsa. Non può uccidere Cristina, mia sorella Astrid e me solo perché Hiccup l’ha lasciata anni fa.” Sentenziò chiaramente.
“Vorresti dirmi che Astrid Hofferson è tua sorella?!!” esclamò incredulo Alexander.
“Sì, certo. Ma i chiarimenti li faremo a Berk, quando tutto questo sarà finito.” Rispose, incitando Alexander a piegare la tenda. Fatto questo misero il tutto nello zaino e partirono a testa alta, non accorgendosi del grosso temporale che era scoppiato. Si inzupparono completamente, ma non per questo smisero di camminare.
“Ce l’hai un ombrello?” domandò Astrid, controllando tutte le pozze di fango per non andarci a finire dentro con le ballerine.
“No.... ma tieni, puoi usare il telo da pic-nic. Non fornirà molto riparo ma sempre meglio di niente.” Suggerì Alexander, tirando fuori il lenzuolo e porgendolo alla ragazza che lo prese e lo sorresse sopra la testa.
“Tu non vieni sotto?”
“No, usalo tu non preoccuparti.” Disse il giovane sorridendo ad Astrid. “Sai per caso dov’è il cuore di cristallo?”
“Non ne ho la più pallida idea. Non so nemmeno se stiamo facendo la strada giusta.” Rispose imbarazzata la ragazza “Sempre dritto dovete andare… fino a che un piedistallo di pietra in mezzo al nulla non riuscirete a vedere…” disse la voce dentro la testa di Astrid. “Sempre dritto fino a che non vedremo un piedistallo…” ragionò a voce alta.
“Ok, sempre dritto.” Esclamò Alexander, procedendo quella difficile e fangosa avanzata.
Anche i cavalieri di Berk non se la stavano passando bene. La gravidanza di Astrid cominciava a vedersi notevolmente ed ormai la sua pancia non passava inosservata, anche se gli altri facevano finta di non accorgersene. Si svegliarono destati dalle gocce d’acqua che aveva fatto loro la “doccia mattutina”.
“Ah, buongiorno anche a voi..!” disse sarcasticamente Hiccup, spaventato dallo scroscio d’acqua riversatosi su di loro.
“Meraviglioso svegliarsi affogandosi!” aggiunse Astrid tossendo.
“Avete ragione! E’ un bel sistema davvero! Sorellina, prendi nota.” Ammise Tufo, dando numerose pacche sulla spalla alla sorella gemella che annuì e sorrise, felice di aver trovato un altro modo per “uccidere amorevolmente” il fratello. D’un tratto la pancia di Astrid si mosse, provocandole del dolore.
“Ah!” sussurrò tenendo la sofferenza repressa, aggrappandosi ad Hiccup e toccandosi il ventre.
“Tutto ok tesoro?” chiese allarmato.
“Il bambino… ha calciato…!” mormorò nell’orecchio del ragazzo, che sorrise e, senza farsi vedere, mise una mano sulla pancia della compagna. Tale mano venne colpita da un calcetto che fece ridere il giovane padre.
“Che bello…” sussurrò baciandola.
“Bello cosa?” domandò Cristina.
“Bello… il tempo!!” disse Astrid, saltellando e ridendo forzatamente.
“I-il t-tempo?” balbettò confusa la riccia.
“Sì! Non vedi che bel sole splendente e soprattutto non c’è una nuvola!” disse sarcasticamente. Ad Hiccup scappò una risata parzialmente muta.
“Proprio bellissima, Astrid. Ehm… mi stai prendendo in giro? Ok, questa è Berk e penso che non ci sia tempo migliore di questo periodicamente, ma mi sa che tu hai qualche problemino alla vista. Lieve lieve, forse sei anche un po’ daltonica ma… nulla di che.” Disse Cristina
“Che vuoi dire scusa?!” chiese Astrid stizzita
“Semplice: non è che una persona da un giorno all’altro scambia un cielo sereno per uno nuvoloso o piovoso, credo… spero... Senti… dobbiamo parlare.” Sentenziò chiara la riccia, dirigendosi verso la bionda, prendendole il polso e portandola nella foresta ghiacciata. “Astrid, ascolta, sei incinta?” domandò quando trovarono un posto abbastanza isolato.
“Ehmm… no…” mentì, fischiettando imbarazzata.
“Ah no? E cosa ci facevi nel negozio di bambini un mese fa?”
“Ehm… te l’ho detto, voglio fare un omaggio a mio nipote!!” esclamò Astrid.
“Ma quale nipote?! Eddai Astrid, non ci credo che tua sorella sia incinta nemmeno per tutto l’oro del mondo!” rispose irritata Cristina.
“Ci devi credere.”
“Allora facciamo alcune domande alla futura zia del bambino. Da quanto Astrid è incinta?” chiese la mora.
“D-due m-esi…?” disse in una mezza domanda.
“Ok, due mesi. Chi è il padre?”
“Il padre è… Sean!!” rispose prontamente.
“SEAN E’ IL PADRE DEL BAMBINOO?!?! Ma che ti sei bevuta qualcosa Astrid?”
“No.”
“E cos’è questa bella panzetta?” domandò nuovamente Cristina, toccando lievemente la pancia di Astrid, che in quel momento si mosse. Cristina sbiancò. “S-si è m-mo-ssa.” Balbettò spaventata Cristina.
“Non ti preoccupare… è che ho fame, perciò la pancia gorgoglia e si muove… mai capitato?” chiese ridendo nervosa e toccandosi ossessivamente la treccia. Cristina la guardava confusa e allo stesso tempo rideva interiormente alle menzogne raccontate da Astrid.
“No, mai capitato. Io ho la pancia di una comune mortale, non di una aliena…” rispose ridendo Cristina. “Ultima domanda. No, sai perché più che altro? Perché mi sto sviscerando dalle risate a sentire le tue risposte!! Bene, allora. Signorina Hofferson, come spiegheresti scientificamente questo fenomeno?” chiese la riccia, prendendo il telefono dalla tasca e incominciando a registrare.
“Oh! E va bene! Ti dirò tutto , ma spegni quel maledetto cellulare, per Odino!!” tuonò la bionda, esausta.
“Vuoi che spenga il mio tesssoro?! Come puoi chiedermi una cosa del genere?!!” domandò Cristina arrabbiata.
“Guarda che non ti dico niente!!”
“Ok, d’accordo… il mio istinto da giornalista provetta mi dice che è meglio spegnerlo…” disse la mora, mettendo via il telefono e prendendo carta e penna.
“Uffa… praticamente, quando Hiccup comincia a baciarti così irresistibilmente bene, avviene una cosa che capirai molto presto… e poi puff! Nella panza della povera ragazza cresce un bellissimo neonato che nascerà dopo nove lunghissimi, estenuanti, faticosissimi mesi. In sintesi, la spiegazione scientifica è che sì, sono incinta. Contenta ora?!” spiegò Astrid con le braccia incrociate sul petto, mentre Cristina prendeva realmente appunti.
“E tu pensavi di tenere segreta una cosa simile ad una giornalista professionista come me?! Ma è fantastico! Questo cosetto sarà al centro dei miei pensieri da giornalista non appena sarà nato!!” esultò la riccia.
“Ehm… questo “cosetto”, come dici tu, è mio figlio.” Sentenziò Astrid, protettiva.
“E va bene. Allora chiamiamola creatura. Ti va ora?!”
“Già meglio. Se ti azzardi solo ad aprire bocca, non ti faccio arrivare a domani.” Minacciò Astrid. Cristina alzò le mani, in segno di arresa e fu all’ora che la bionda sorrise e tornò dal resto del gruppo con Cristina che la seguiva.
“A eccovi ragazze! Vi davamo per disperse ormai!” esclamò Axel, correndo incontro alle due.
“No… abbiamo chiarito solo due cosette. Vero Cristina?!” domandò in tono minaccioso la bionda.
“Certamente, Astrid.” Rispose la riccia, deglutendo pensando alla provocazione fatta qualche minuto prima, nel bosco.
“Bene. Si sono svegliati tutti, dobbiamo soltanto andare avanti nel nostro cammino.” Disse Axel, raggiungendo il gruppo.
“Ragazzi, oggi cercheremo di varcare questo portone. Non so come faremo senza la chiave ingrandita ma ci proveremo.” Annunciò Hiccup, indicando la grossa porta che si protendeva verso l’alto. La guardarono tutti, poi il castano emise un urlo.
“O per Odino! Hiccup che succede?” chiese terrorizzata Astrid, avvicinandosi all’amato.
“Come abbiamo fatto a non pensarci prima?! Davvero! Come abbiamo fatto?! La porta, ha un limite di altezza, non è che si estende fino all’infinito! Non c’è alcun bisogno della chiave, dobbiamo solo scavalcarlo in volo con i draghi!!” esclamò il giovane Capo.
“Sì ma questa è pura demenza… e poi dicono che quelli poco intelligenti siamo noi… Tsk, Noi sapevamo già che non c’era bisogno di quella stramaledettissima chiave da collana.” Commentò Bruta, dando delle pacche al fratello. Tutti la guardarono male.
“E perché non ce l’hai detto prima?” domandò stizzita Cristina.
“Perché… perché… perché?... Volevo tenere il segreto per me!! I segreti si chiamano segreti perché non vanno rivelati a nessuno!” rispose Bruta, mettendo le braccia conserte al petto. Gli altri non si curarono di lei e si misero sulle selle dei loro draghi. Si alzarono in volo e superarono la porta.
“Sayonara stupida porta di…”
“Moccicoso. Per favore, contegno.” Lo zittì Hiccup, severo. Dopo qualche ora di volo trovarono un grande prato a cielo aperto fra i boschi ed atterrarono lì, per mangiare qualcosa e riposarsi.
“Sorellina, dammi qualche calcio nel didietro… Mi si è completamente addormentato!!” si lamentò Testa di Tufo. La gemella saltellò felice e si preparò a sferrare il colpo fatale. E così fu.
“Ehi Tufo. Non ho sentito la parolina magica… aspetta… non ho sentito “Ahi!”! Cos’è sta storia?!” sbraitò la ragazza.
“Te l’ho detto! Ho il didietro addormentato!  Vuoi vedere?” chiese il fratello, cominciando ad abbassarsi i pantaloni.
“TUFO NO!” urlarono in coro gli altri, fermandolo appena in tempo.
“Come siete schizzinosi!” sussurrò il ragazzo, riallacciandosi la cintura. Tutti sospirarono sollevati: il lato B di Testa di Tufo non doveva essere proprio il massimo. Presero dagli zaini dei panini e si sedettero a mangiare. Hiccup raggiunse la sua bella Astrid e si accomodò accanto a lei.
“Hey tesoro… come va?” chiese, toccando leggermente la pancia.
“Tutto bene… il bimbo è un po’ agitato ma sicuramente con il suo bellissimo papà vicino si calmerà.” Sussurrò la bionda, guardando le labbra di Hic. Lui sorrise e si avvicinò ulteriormente a lei, appoggiando la sua fronte su quella della bionda. I due chiusero gli occhi e si baciarono con passione, stringendosi a vicenda in un dolce abbraccio. Il bacio durò a lungo e si separarono solo per prendere fiato. Hiccup si mise in piedi ed aiutò la compagna ad alzarsi, poi si sedette nuovamente, facendo accomodare Astrid sopra le sue gambe e facendo aderire la schiena bagnata della ragazza con il busto altrettanto zuppo del giovane. Infine il ragazzo posizionò una mano sul pancione dell’amata e l’altra carezzava la treccia laterale.
“Ti amo, Hic.” mormorò Astrid.
“Anche io, bellissima.” Disse lui, posandole un bacio sul collo.
“Ehm… cugino hai finito di scambiarti dolci effusioni con la tua ragazza?” domandò iracondo Moccicoso.
“Io e Hiccup possiamo baciarci quando vogliamo, Moccicoso.” Sentenziò la ragazza. Il corvino sbuffò e continuò a mangiare il suo panino, nauseato dalla dolcezza della coppia. 
Intanto, Alexander e Astrid continuavano la loro avanzata, durata tutta la mattinata.
“Alexander… non ce la faccio più… la pioggia mi appesantisce e sono stanca…” si lamentò Astrid, facendosi cadere tra il fango.
“Ok, ci fermeremo Astrid. Non ne posso più nemmeno io.” Rispose sbuffando il giovane, indicando un’altra grotta, più piccola e meno profonda di quella precedente. Accesero il fuoco e si avvicinarono per darsi calore a vicenda. Dopo un po’ stesero un telo per terra e si posizionarono sopra, sprofondando nel sonno. Passarono le ore e Alexander si risvegliò, destato da una goccia d’acqua posatasi leggiadramente sulla sua fronte. Si stropicciò gli occhi e guardò l’amica dormire. Le sorrise e si alzò, per controllare se le nuvole avessero mai cessato di piangere con il cuore infranto. Sorpresa: il sole splendeva felice nel cielo terso e azzurro e nessuna nuvola compariva nel raggio di chilometri. Uscì dalla caverna e, pensieroso, si sedette su una roccia non tanto lontana da essa. Poco dopo vide Astrid avvicinarsi a lui con due bicchieri d’acqua in mano. Lei gli sorrise e si sedette vicino a lui, porgendogli un bicchiere e bevendo un sorso dal suo non appena Alexander prese l’altro.
“Che hai?” domandò dolcemente la giovane.
“Nulla… sono solo stanco di camminare e mi manca mio fratello, a dir la verità…” confidò Alexander, prendendo la testa fra le mani. Astrid sorrise malinconicamente, posò il suo bicchiere per terra e si inginocchiò per poterlo vedere in faccia.
“Anche a me manca molto Astrid. La sogno di notte. Sogno di riabbracciarla e poter condurre la nostra normale vita, a Berk. Magari assistere al matrimonio fra lei e Hiccup, veder crescere un bambino e poter diventare zia. Ma per raggiungerli dobbiamo essere forti e procedere il nostro cammino per riportare Frost alla coscienza e ribellarsi ad Elsa.” Disse Astrid, prendendo le mani del giovane, costringendolo così ad alzare il capo e guardarla. Lei sorrise e si alzò su di lui, poi avvicinò lentamente il volto a quello dell’amico ed accostò la sua fronte a quella del ragazzo. Un altro sorriso si dipinse sul viso della giovane, che contagiò anche l’altro. Poi, inaspettatamente, Astrid baciò Alexander, affondando le sue mani nei capelli castani di lui. Il ragazzo strinse a sé la giovane ed approfondì quel bacio.
“Era da tanto che bramavo le tue labbra.” Sussurrò Alexander, quando si staccarono.
“Anche io.” Annuì lei, baciandolo di nuovo, con più foga.
“Davvero? Non credevo che una bellezza come te desiderasse uno come me.” Disse lui, fra un bacio e l’altro, cominciando a sbottonare la camicetta di Astrid, facendola rimanere in intimo. Prima che la ragazza potesse rispondere, con la coda dell’occhio Alexander vide un Morte Sussurrante volare verso di loro e mostrare la sua coda con le spine. Prima che lui potesse reagire, il drago sparò le sue letali schegge, alcune delle quali si conficcarono nella schiena di Astrid e le trapassarono il busto. Alexander sussultò, vedendo la pelle nuda di quella ragazza coprirsi di sangue dal punto gravemente ferito.
“ASTRID!” urlò lui, staccandosi da lei e stendendola sull’erba, reggendosi a gattoni su di lei.
“Al… silenzio, non succede nulla.” Lo zittì la giovane.
“No! Stai sanguinando! Stai morendo!!!” gridò in preda al panico.
“Shh…. Non ti preoccupare. Ce la caveremo bene.” Sussurrò lei, con voce più roca di quella di prima.
“E come? Come Astrid!!??” domandò lui, con la voce bassa e interrotta da singhiozzii. Una lacrima rigò la sua guancia. Astrid allungò la mano tremante e ormai priva di forze verso il volto del ragazzo ed asciugò a fatica la lacrima, che precedeva una cascata di sue gemelle.
“Non devi piangere. Devi essere forte e continuare il nostro cammino cosicché tu riesca ad incontrare mia sorella e gli altri e dire loro, specialmente ad Astrid, che le volevo troppo bene e che mi sono sacrificata per il benessere della sua futura famiglia e per un eventuale matrimonio e figlio. Dille che mi dispiace non poter stare con lei e che non volevo andarmene così presto ma che Odino mi ha voluta con sé e che non possiamo cambiare le sorti del destino.” Sussurrò sorridendo forzatamente.
“No… Astrid, non mi lasciare solo… tu hai colmato un vuoto che è stato creato dagli anni in solitudine. La prima volta che ti ho vista, stesa priva di forze su quel suolo nero come la pece, ho guardato il tuo bellissimo volto, i tuoi bellissimo occhi chiusi protetti da quelle tue bellissime ciglia folte, il tuo naso e la tua bocca meravigliosa, che fin dal primo momento bramavo… Non andartene… ti prego!!” disse Alexander, continuando a piangere, prendendo la mano della ragazza che si era posata sul suo volto, baciandola.
“Addio, Al…” sussurrò con una voce quasi impercettibile, sorridendo e spegnendo per sempre i suoi occhi verdi, versando una lacrima che le rigò la guancia. La mano fino a poco prima sorretta dal ragazzo, cadde sul suo petto a peso morto.
“NO!!!!” urlò Alexander, accasciandosi sul corpo sporco di sangue della ragazza.
“Ah!!!” urlò il giovane, svegliandosi a causa di un tuono. Si asciugò le lacrime dal viso e si voltò subito verso la ragazza, che dormiva beatamente accanto a lui. Tirò un sospiro di sollievo e buttò la schiena a peso morto sulla coperta ed il cuscino, coprendosi gli occhi con le mani. “Solo un incubo… un bellissimo ma devastante incubo…” sussurrò. Poco dopo Astrid si svegliò, saziato il suo bisogno di dormire. Sbadigliò e si stropicciò gli occhi ma prima che potesse dire qualcosa si ritrovò tra le braccia muscolose del ragazzo.
“Ehm… Alexander?” chiese stranita, non ricambiando immediatamente l’abbraccio.
“Astrid! Per gli dei ho temuto di perderti!” esclamò lui, aumentando la presa.
“E lo sarà, se non mi lasci respirare… mi stai soffocando!!” urlò lei, strangolata dall’affettuosa morsa. Lui allentò subito, terrorizzato al solo pensiero di vederla morta veramente. “Quindi? Vorrei spiegazioni.”
“Ho… ho fatto un sogno dove tu… ehm… eri nella foresta e venivi trafitta da un aculeo di un Morte Sussurrante.” Balbettò lui, arrossendo, pensando di aver visto in sogno il petto nudo della ragazza e di aver baciato le sue labbra.
“Ah. Beh, non preoccuparti!” esclamò lei, ridendo e dandogli una pacca sulla spalla, prima di alzarsi e bere un bicchiere d’acqua. Lei ne prese uno anche per lui e si diresse verso il ragazzo, che sbarrò gli occhi alla vista della scena simile a quella vissuta nel sogno.
“Bevi, ti servirà.” Disse sorridendo e sedendosi vicino a lui.
“No no! Ne faccio a meno, grazie!!” rifiutò Alexander, alzandosi e dirigendosi fuori dalla grotta. Il tempo però era rimasto immutato: pioveva a dirotto e di sole non ce n’era nemmeno l’ombra. Sospirò, sollevato dall’idea di non rivivere quel bruttissimo incubo.
“Alexander ma che hai?!” chiese lei, raggiungendolo e mettendogli una mano sulla spalla. Lui si guardò l’orologio digitale che segnava le diciotto e trenta: avevano dormito molto, forse troppo.
“Nulla… non ti preoccupare. Te la senti di procedere?” domandò per cambiare discorso. Lei annuì e insieme riordinarono le cose da mettere nello zaino. In pochi minuti partirono.
“Ragazzi ce ne andiamo da qui?! A vedere Hiccup e Astrid sbaciucchiarsi e abbracciarsi tutto il tempo mi vengono le carie e il diabete! Forza, non abbiamo molto tempo da perdere!!” gridò Moccicoso, stanco di assistere alle dolci effusioni del cugino e dell’amata. La coppia sbuffò e si scambiò l’ultimo bacio a fior di labbra, poi si alzarono e, in sella ai draghi, trovarono un posto nel quale accamparsi per la notte incombente. Dopo mezz’ora trovarono un fortino in legno costruito vicino ad un laghetto e ad una parte di foresta.
“Strana questa casetta…” notò Gambedipesce, toccando le assi con le quali era composta. “Muscolone, sapresti dirmi che ha costruito questa?” domandò lui al suo drago, che leccò una parte del muro. La draghessa indicò Astrid.
“Probabilmente l’ha costruita mia sorella!!” esultò la bionda, saltellando felice.
“Se è veramente così allora vuol dire che siamo sulla strada giusta. Ci accamperemo qui fino a domani.” Disse Hiccup abbracciando la compagna. Tutti si sedettero all’interno della modesta costruzione e guardarono il sole accarezzare la superficie marina, fin quando il cielo non diventò scuro e si ricoprì di stelle, che Hiccup paragonò inferiori agli occhi della sua amata, prima di baciarla per l’ultima volta e stringerla a sé, abbandonandosi al dolcissimo sonno.
   
 
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