A Teatro
Non era la
prima volta sul palco per loro. Avevano messo su tanti di quegli
spettacolini - dalle favole per e con bambini a qualcosa di
più serio interpretato da loro stesse - che ci avevano un
po' fatto il callo. La differenza, stavolta, stava nel palcoscenico.
Tutt'altro che un comune palcoscenico.
E nel pubblico.
Sapevano esattamente chi avrebbe presenziato alla prima e la sola idea
le stordiva.
Avevano trascorso il giorno della rappresentazione facendo tutto
fuorché ripassare il copione. Tanto per cominciare, la
ragazza con i capelli lisci aveva trascorso quarantacinque
preziosissimi minuti a gironzolare per casa con una mistura a base di
uovo che le avrebbe miracolosamente reso i capelli lucenti, sani e
invidiabili. E lo erano davvero.
La ragazza con i capelli ricci, invece, aveva giocato a prevedere il
futuro utilizzando un Palantìr di scorta e dal momento che
non ci aveva visto proprio niente di interessante, si era data alla
cucina sfornando Lembas in quantità industriale.
Al diavolo la dieta! Meglio rotolare felici per i ridenti prati della
Contea dopo aver mangiato come Hobbit e poi fare una bella cura
dimagrante presso gli Elfi che appiccicare il naso contro
un'immaginaria lastra di vetro che ti separa dall'agognato pasto.
Non è che la pensassero sempre così, ma accadeva
spesso. Specialmente prima di una rappresentazione teatrale
così importante.
«Adotta
anche tu un Bilbo per la vita!»,
disse la ragazza con i capelli lisci materializzandosi così
all'improvviso che per poco all'amica non andava di traverso il Lembas
appena sfornato.
«Volentieri!», rispose l'altra annuendo
convinta e mandando giù quella delizia. «Chi non
mangia in compagnia o è un
ladro, o è una spia. Ingrassa con me mentre compiliamo il
modulo di adozione», aggiunse.
Non è che finirono tutta la teglia, ma quasi.
Dietro le quinte cominciarono a sentire tutta la tensione da cui erano
scappate durante il giorno.
«Chi ha avuto la splendida idea di darmi la parte
di un'Entina?», chiese retorica la ragazza con i capelli
ricci.
«Tu», fece l'altra.
«Immaginavo. La prossima volta, ti prego, non
assecondarmi. Ok?».
«Ok. Però sei perfetta come
Barbalbera!», rispose la ragazza con i capelli lisci
scoppiando in una delle sue risate spontanee.
«Elfi!», esclamò con finto
tono arreso. Se ne andò non senza difficoltà in
quel costume da Ent, borbottando qualcosa, presumibilmente in Entese.
Calarsi nella parte è fondamentale per chi decide di
recitare, no?
Nel pomeriggio di quello stesso giorno, la ragazza con i capelli lisci
aveva ricevuto una telefonata a dir poco oscena e quella con i capelli
ricci un messaggio che avrebbe fatto senso perfino alla Bocca di Sauron
Tolkieniana. Roba da non poterci credere.
Le due, che si trovavano una sul balcone e l'altra in camera da letto,
quasi si scontrarono nella sala da pranzo. Perfino la persona
più buona e paziente del mondo non avrebbe voluto trovarsi
con loro in quel momento.
«È vomitevole!», fece una
riferendosi alla telefonata che aveva ricevuto.
«Un emerito idiota!»,
rispose l'altra in merito al messaggio.
Continuarono così per un buon quarto d'ora prima di rendersi
conto che c'era qualcosa di strano.
«No scusa un momento... Chi è che
sarebbe un emerito idiota?», domandò la ragazza
dai capelli lisci.
«Il mio amico. Perché?»,
rispose la riccia. Poi ci arrivò. «Aspetta... Chi
è
vomitevole?».
L'ora successiva la trascorsero a dire peste e corna dei due ragazzi,
augurando loro di essere preda dei più atroci tormenti.
Non che non lo meritassero, comunque.
«Quel che ci serve è un uomo come
quelli dei romanzi», disse la riccia.
«Tipo Aragorn che pur di non offendere Eowyn mangia quella
schifezza?»,
chiese l'altra.
«Quelli», rispose con decisione.
«Pure tutto sporco di terra e sangue di Orco non
lo disdegnerei», disse la liscia.
Fu
inevitabile mettersi a ridere. E fu inevitabile mettersi a parlare di
erba pipa di Pianilungone o quella del Vecchio Tobia.
Non è che facessero uso di droghe - non illegali almeno - ma
avevano una sostanza stupefacente molto, molto efficace. Armitage il
suo nome.
«Hai
preso il Palantìr?»,
chiese ansiosa la ragazza con i capelli ricci.
«Mica posso cavarmela con le solite palle di
vetro. Eccolo qui», le rispose la liscia con un sorriso.
Al di
là del sipario iniziava a sentirsi un vociferare sempre
più insistente. Segno, questo, che il teatro stava
riempiendosi.
Se da un lato era una rassicurazione, dall'altro aggiungeva altra ansia
alla già abbondante dose.
«I capelli?», fece la liscia.
«Sì, li ho», rispose la
riccia.
E
giù a ridere per spazzare via la tensione.
«Sono perfettamente elfici»,
commentò infine, «Molto meglio di quelli color
rame dell'Elfa
innominabile», sussurrò.
Da buone
divoratrici di libri non avevano molto apprezzato l'aggiunta di Tauriel
alla pellicola. Del resto se erano lì quella sera, in quel
teatro e con quello spettacolo, era per l'amore che nutrivano nei
riguardi delle opere di Tolkien.
Un giorno, mentre lavoravano ad una breve recita scolastica, ebbero la
brillante idea di mettere su uno spettacolo in onore di uno degli
autori che amavano di più. Certo non avevano preventivato di
interpretare loro stesse un personaggio, ma non erano state capaci di
resistere al richiamo del palcoscenico e dal momento che la scelta
più ovvia sarebbe stata cimentarsi in un Hobbit,
naturalmente avevano optato per qualcosa di più stimolante.
Così la liscia vestiva i panni di un'Elfa e la riccia quelli
di una Entina.
«Spiamo?», sussurrò la
ragazza con i capelli lisci.
«E se poi non c'è?».
«C'è, c'è. Allora,
spiamo?».
«Non tentarmi, che se poi lo vedo svengo e perdi
l'Entina», mormorò la riccia.
«Spio da sola allora», fece l'altra.
«Non ti azzardare!», protestò
la ragazza con i capelli ricci.
E le loro teste fecero capolino da dietro l'enorme sipario rosso.
Una volta
entrate in scena, vincere la paura era stato più semplice di
quanto si credesse.
La rappresentazione andò magnificamente e nessuna delle due
sbagliò nulla, inciampò o dimenticò
una battuta. A fine spettacolo si sentirono così orgogliose
di loro stesse che si abbracciarono forte con tutti gli impedimenti che
un costume da Ent poteva rappresentare.
Rientrarono veloci dietro le quinte per riapparire poi nei panni delle
due giovani donne che erano.
La platea era in tripudio, inondata di luce. I presenti non la
smettevano di applaudire.
Fu in quell'istante che li videro sul serio.
Prima, quando avevano spiato, non erano certe di averci visto bene, non
erano certe che fossero proprio loro, che fosse proprio lui. Ora che
tutto era ben illuminato, invece, non avevano alcun dubbio.
Gliel'avevano detto che a quella prima ci sarebbero stati Peter
Jackson, Orlando Bloom, Martin Freeman e signora, Viggo Mortensen e
Richard Armitage.
Non potevano credere ai loro occhi eppure era tutto vero, lo sapevano.
Quei cinque uomini ed una donna erano in prima fila, in piedi,
sorridevano e applaudivano proprio a loro trascinando tutti gli altri
spettatori in quella standing ovation da sogno.
L'apoteosi dell'emozione per le due ragazze, che non smettevano di fare
inchini di ringraziamento, fu quando il più alto tra loro si
mosse dalla propria postazione, si diresse in un punto a loro due
invisibile, recuperò un enorme mazzo di fiori e
salì sul palco per consegnarglielo di persona.
Istintivamente si voltarono di nuovo in platea, verso Peter, Orlando,
Martin, Amanda e Viggo. Poi tornarono a Richard.
«Grazie», dissero in sincrono.
«Questo è per noi
incredibile», aggiunsero.
N.d.A.
Prima di dire qualsiasi altra cosa, voglio dedicare questo ennesimo
pezzo delirante alla mia compagna di avventure, complice, divoratrice
di storie, sognatrice e amica Veronica che ha ispirato ciò
che avete appena letto. A te, sperando di farti sorridere.
Sarà la presenza di Richard a rendere un po' demenziali gli
scritti in cui lo coinvolgo, oppure forse sarò io ad essere
irrimediabilmente andata.
Comunque stiano le cose, vi ringrazio per essere arrivati fino in
fondo. Doppiamente grazie se deciderete di condividere con me il vostro
parere.