Il crimine può attendere.
E' notte fonda, Londra è silenziosa e di tanto in tanto passa qualche macchina fuori dall'alto e moderno edificio di Scotland Yard. E' accesa solo una luce tra i tanti piani dalle larghe finestre, l'ufficio di Greg è piccolo e disordinato per i tanti documenti e verbali di casi irrisolti, su una pila pericolante di rapporti incompleti un posacenere di vetro raccoglie mozziconi e cenere di sigaretta in quantità elevata per le sole due persone presenti. Sherlock è in piedi, appoggiato contro il tavolo, e cerca di leggere per l'ennesima volta le righe di un fascicolo. Greg lo fissa dal vetro, una mano in tasca e l'altra appoggiata al distributore di caffè, pensando che fa un freddo micidiale e che Sherlock è affascinante mentre è concentrato. Lo guarda gettare un fascicolo per terra, frustrato dalla complessità del loro caso, poi affondare le dita affusolate nei ricci scuri e scompigliarli. Probabilmente ha dato sfogo anche ad un sospiro frustrato, ma quando rientra nell'ufficio con due caffè fumanti Sherlock è già alle prese con altri appunti sparsi per la scrivania.
Si occupano di quel caso da cinque giorni esatti, Greg si lascia andare con il sedere contro la scrivania e passa al detective un bicchiere di caffè nero. Sherlock non sorride e non lo ringrazia, ma ormai lo yarder ci è abituato e quasi non ci fa caso.
-Forse dovremmo fare una pausa.- propone invece, guardando sconsolato quanto lavoro ci sia ancora da sbrigare prima di poter andare a casa.
-Il crimine non si prende pause.- lo rimbecca Sherlock, saccente.
-Ma noi sì, e farebbe bene anche a te. Ecco, prendi.
Greg fruga per qualche istante in una tasca interna della giacca, ne estrae una sigaretta spiegazzata e la porge al detective con un sorriso gentile. Sherlock lo guarda, perplesso, poi prende la sigaretta e la infila tra le labbra chiare, accendendola. Ne prende un lungo tiro e Greg lo fissa quasi rapito, sussultando quando il silenzio viene interrotto.
-Immagino sia un gesto significativo, per te.
-Cosa?- chiede lo yarder, non capendo quale sia il senso delle parole di Sherlock. Ci lavora insieme da anni, ma ancora stenta a comprendere buona parte dei suoi comportamenti, figurarsi le sue frasi pronunciate così, senza un'apparente logica.
-Era l'ultima.
-La sigaretta? Sì.
Rimangono in silenzio tutti e due, poi Sherlock sfila il filtro giallognolo dalle proprie labbra e si avvicina allo yarder, fino a fermarsi davanti a lui. Si guardano negli occhi, Sherlock con un lieve sorriso che gli piega un angolo della bocca, la dischiude lentamente e lascia che il fumo grigiastro della sigaretta si infranga sul viso arrossato del poliziotto.
-Sherlock...
-Prendiamoci una pausa.- sussurra di nuovo il detective, ignorandolo. -Potrei averne bisogno, adesso.
Greg annuisce, desiderando molto più di una boccata di fumo da quelle labbra.
-Già, anche io, direi.- mormora, sulla bocca di Sherlock. Il crimine avrebbe potuto anche aspettare qualche minuto, dopotutto.