Solo…
Ancora una volta sono solo…
Sono solo in compagnia.
Sai, nii-san, non c’è niente di peggio che essere soli quando
si è circondati da persone.
Vorresti gridare il tuo silenzio…e poi ti chiedi perché
nessuno riesce a sentire, nonostante tu
stia gridando con tutte le tue forze.
Ma tu questo non lo puoi sapere…vero, nii-san?
Quando hai voglia di stare solo, non fai altro che
andartene…quando vuoi compagnia, quelle rare volte, non hai bisogno di
cercarla…sei sicuro che ci sarà sempre qualcuno a strisciare ai tuoi piedi,
otosan, kasan, Shisui…io.
Alzo gli occhi su di te, e, come se solo tu potessi sentirmi,
mi guardi.
Nii-san, mi sono chiesto molte volte se tu sapessi quanto
bello e letale potesse essere il tuo sguardo.
Quel nero così vivo sembra in qualche modo corrotto.
Mi sorridi, a tuo agio in mezzo alle persone invitate a casa
nostra da otosan.
Essere un Uchia comporta responsabilità, ma porta anche
piacere.
Sarebbe questo il piacere…com’è inutile e blando. Non serve a
niente, non ne convieni?
Abbassi leggermente il capo, come fai quando studi qualcosa
di curioso.
Ormai conosco a memoria tutti i tuoi gesti, ma non perché
sono il tuo otouto.
Io studio sempre il mio idolo d’ombra, così incantevole e
affascinante, così bello e vivo.
Spero di somigliarti almeno un poco, ma non credo.
Non credo affatto di essere com’eri tu a otto anni, non penso
di avere né il tuo carattere né il tuo fascino.
Tu così tenebroso e forte dovresti essere paragonato a me?
Se fossi nei tuoi panni questo mi risulterebbe quasi come un
insulto.
Invece questo paragonarmi a te mi rende più piccolo di quanto
non sia, così insulso.
Eppure in questo tuo essere grande e nel mio essere piccolo,
tu non mi hai mai ignorato, anzi, molto probabilmente sei l’unica persona che
mi abbia mai apprezzato per ciò che sono.
Mi sistemo meglio nel mio cantuccio, torcendo tra le dita la
tenda.
Ho fatto in modo che nessuno possa vedermi…tranne te,
naturalmente.
Tu mi SENTI, come otosan sente kasan, ma il nostro è un
legame più profondo, un legame a doppio nodo che ci viene da dentro.
Arrossisco senza motivo al tuo ghigno poco rassicurante, che
fai sparire subito per poi rivolgerti educatamente alle persone con le quali
stavi parlando.
Ti congedi, inchinandoti leggermente in segno di rispetto.
Nella tua eleganza non mi hai mai fatto pensare ad una
sottomissione…
Con movenze feline, passi che un poco mi turbano, mi
raggiungi.
Per un attimo mi guardi con un misto di tenerezza e commiserazione,
ma poi ti abbassi per avere il mio viso davanti al tuo e scrutarmi con
attenzione ti porta via quell’espressione.
Chiudo gli occhi nel sentire la leggera carezza che mi
concedi sulla guancia.
È un tocco fugace, così raro che tento di godermelo nella
pienezza del suo calore, anche se dura un solo istante.
-Perché non sei fuori a giocare con gli altri?
Abbasso lo sguardo imbarazzato.
E ora cosa dirti?
La verità…e se mi deridessi?
Dovrei dirti che volevo stare sotto il tuo sguardo vigile,
che è da una sera che tento di ottenere la tua attenzione senza fare nulla…che
è meglio stare soli con se stessi che soli in compagnia?
Sbuffo e guardo oltre le tue spalle larghe, segno che non mi
và di approfondire l’argomento.
Ti sento sospirare rassegnato prima che, con la solita
familiarità di sempre, le tue dita vadano a picchiettarmi la fronte mentre mi
ripeti il solito “baka otouto”.
Io sorrido.
So che non otterrò di più…ma valeva la pena di aspettare per
questo.
Perché so che in questo momento tu non stai pensando ad altri
che a me.
Quindi nascondo un sorriso nelle solite lamentele quando mi
massaggio il punto colpito.
Tu invece non ti trattieni, lasciandoti scappare una
risatina.
Si, ora ne sono certo, stai pensando a me, SENTI la mia presenza perché ti vedo più rilassato,
i muscoli non sono più tesi come prima.
Con chi altri ti fai scappare queste emozioni, nii-san?
Solo con me…
E allora non posso fare a meno di ricambiare, ma il tuo
sguardo si ferma un istante altrove e per un attimo si illumina di una luce
furbetta.
Rivolgi nuovamente la tua attenzione su di me.
-Perché non mi aspetti sopra?
Non lascio neanche che tu termini la frase che già salgo le
scale.
So già cosa intendi tu per “sopra”.
Con un’espressione da ebete, raggiungo la tua camera e, tolte
le scarpe, la scomoda cravatta e il gilet che sono stato costretto ad
indossare, apro la porta-finestra ed esco sul tetto, facendo attenzione a non
scivolare.
Attendo ed il tempo qui non sembra passare mai.
Che otosan non ti abbia lasciato venire da me?
Che tu sia stato trattenuto dagli ospiti?
Che mi abbia ingannato solo per sottrarti al mio sguardo?
Metto un broncio deluso.
Mi hai lasciato solo anche tu?
Ma mi devo ricredere quando sento scivolare sulla mia guancia
qualcosa di freddo e liquido.
Non sono lacrime, no…è una scia dolce-amara che tu ti
affretti a portare via con la lingua.
Guardo con occhi grandi da cucciolo le tue mani e tu mi lasci
al mio bottino con una risatina.
Sai come conquistarmi…
Lecco felice il cono al cioccolato che mi sono guadagnato con
una serata passata sotto la tua ombra.
Sei consapevole del fatto che i dolci non mi piacciano, ma
che vada matto per questo gusto un po’ salato, l’unico che riesca a gustare.
Tra una leccata e l’altra ti guardo mentre assapori con
deliberata lentezza il tuo cono.
Devi aver colto la mia occhiata perché ti giri e con uno
sguardo che mi blocca mi rubi un poco di gelato.
Io mi ritraggo inorridito, facendoti la linguaccia,
guadagnandomi un piccolo ghigno mentre allunghi il tuo cono verso di me.
Vendicativo, rubo proprio dal punto dove prima è passata la
tua lingua e sgrano gli occhi.
Questo sapore…mi ricorda te, la tua pelle lattea, la tua
ombra corrotta come le chiazze che il cioccolato forma sulla crema.
Sapevi, Itachi, che la stracciatella ti somiglia?
Allora, spero sia piaciuta!
Ringrazio tutte coloro che hanno commentato le mie ultime oneshot!