Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady Vibeke    27/12/2008    4 recensioni
Non ti nausea questo silenzio? Ti sento respirare e vorrei ucciderti perché tu ancora ci riesci. Se ne avessi la forza mi alzerei di qui e ti graffierei via dal viso la tua insopportabile incuranza. Sei sempre stato così, non so perché ho creduto che potessi essere differente, per una volta.
È tutto sempre lo stesso, la stessa vecchia storia che si ripete anche dopo che il libro è stato chiuso una volta per tutte.
Sa di amaro quest’aria, di arido e sterile. Sa di noi, e fa male averla addosso.
Perché sei tornato?
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa non è una storia felice.

Questa non è una storia d’amore.

Questa, in fondo, non è nemmeno una storia.

Questa è una nenia, una litania, è un lamento dedicato a qualcosa che non c’è mai stato, non è mai nato, eppure…

Non c’è più.

 

-------

 

Occhi chiusi e mente spenta.

Cosa ci fai ancora qui?

La stanza è buia e la candela consumata, troppo corta per illuminare discorsi lunghi anni. Io qui, seduta, le spalle ricurve sul tavolo, e tu lì, in piedi sulla porta, con la tua impeccabile disinvoltura, elegante ed altero. Vorrei che il tempo ti avesse cambiato.

I capelli biondi scompigliati nel loro modo studiato, le braccia incrociate sul petto più forte di una volta, più robusto, più uomo. Era una donna che ti aspettavi, quando sei tornato a cercarmi?

Il fuoco brucia sciogliendo la cera, portandosi via un altro velo di luce, mentre tra me e te l’oscurità è più palpabile.

Non ti nausea questo silenzio? Ti sento respirare e vorrei ucciderti perché tu ancora ci riesci. Se ne avessi la forza mi alzerei di qui e ti graffierei via dal viso la tua insopportabile incuranza. Sei sempre stato così, non so perché ho creduto che potessi essere differente, per una volta.

È tutto sempre lo stesso, la stessa vecchia storia che si ripete anche dopo che il libro è stato chiuso una volta per tutte.

Sa di amaro quest’aria, di arido e sterile. Sa di noi, e fa male averla addosso.

Perché sei tornato?

Non so se vedi la polvere che riveste questi muri. Vivevamo in un bel posto, tempo fa. Ricordi com’era? Immenso e pulito, luminoso, pieno di voglia di vedere il futuro.

Che cosa vedi, adesso, guardandomi appassire davanti a questa fiamma morente?

Anch’io sono rimasta la stessa.

Disegno con le dita parole che la mia lingua non conosce, mentre le schegge del legno mi recidono la pelle e mi entrano nella carne. Come una scheggia, anche tu sei entrato in me, con identico dolore, identica prepotenza. Oggi non sono più disposta a lascarti entrare.

Cosa sei venuto a fare?

Lancette metalliche scandiscono una mezzanotte ancora lontana, ed ovunque tu sia, mentre il tuo corpo è qui, mi chiedo se sei consapevole che il tuo posto non è mai stato questo.

Mi guardi e non mi vedi, ma non è una sensazione nuova, per me. I tuoi sorrisi, le tue carezze, i tuoi baci… Polvere su di me come su queste pareti.

Ti appoggi allo stipite e sospiri, come se fossi tu la vittima di questa situazione, come se fossi stata io a chiamarti qui dopo tutti questi anni.

Ero riuscita ed estirparti dopo un lungo sanguinare, ti avevo sepolto sotto alle migliaia di giorni sopravvissuti senza di te. Eri tutto e ti ho guardato sparire senza preavviso.

Crudele il tuo cammino verso la lontananza.

Ho pianto, per te.

Per te non conta niente?

Per te non conto niente?

C’era una volta, e ora non c’è più.

E tu te ne resti lì immoto, ad aspettare, forse. A pentirti, forse. Di giorni buttati ne abbiamo tanti alle spalle, non sarà questa notte a fare la differenza. E chissà se le tue labbra di vetro hanno trovato altre superfici ghiacchiate da sfiorare.

Non ti piaceva il mio sapore salato, vero?

E allora perché? Perché sei tornato?

Il viso scavato e le mani ossute, mani di musica, e forse è l’incombenza del ricordo ad adombrarti lo sguardo. Bello come allora, inspiegabile come allora, impossibile come allora. Solo adesso vedo quanto è profondo l’abisso che abbiamo scavato tra noi. E, no, non dimentico che sei stato tu a cominciare.

E adesso perché sei qui?

Fuori sento l’oceano in tempesta, la pioggia che si abbatte contro le mie finestre fragili, ed il vento ulula, come se il mio malessere appartenesse anche a lui.

E la candela brucia inesorabile.

Amami da lontano, se vuoi. Le tue bugie non mi toccano più. Il tuo talento è sprecato, mentire non cancellerà i tuoi sbagli.

Cosa cercavi quando hai bussato a questa porta?

Cosa speravi di trovare sotto a queste macerie?

Nulla è rimasto di ciò che hai lasciato. È tardi, ora, per cercare riparo, per chiedere asilo.

Sei qui da ore e ancora non hai capito che per te io non ci sono più. Te ne stai lì, sulla soglia, e attendi un cenno da parte mia che non arriverà mai.

Rassegnati a questo nulla, ti devi abituare. Guardati in tasca e dimmi se non è che vuoto quel che ti è rimasto di noi. Chiudi quel vuoto in uno scrigno e getta via la chiave, oppure fanne quel che vuoi. Non mi riguarda più. Non mi riguardi più.

Un tuono scuote la casa. Nei tuoi occhi riecheggia la luce cruda del lampo.

Vedi, adesso? La vedi la mia assenza?

E allora, dimmi, perché ti trovi in questo punto preciso del cosmo, proprio stanotte? Sei venuto ad uccidermi? O a guardarmi morire?

Il cancro che mi hai messo nel cuore ha smesso di consumarmi, ormai. Non morirò. Non questa notte. Non davanti a te.

Se era questo che aspettavi, va’ pure, non lo avrai. Puoi dirmi addio, se lo vuoi, e che questa volta sia l’ultima.

Ti guardo voltarti e sparire ancora, inghiottito dalle tenebre. Per la seconda volta osservo senza agire, ma adesso so cosa sto facendo.

Ti guardi indietro una sola volta, uscendo, ma non ricevi risposta. Io ti ho già detto addio molto tempo fa.

Ti sbatti la porta alle spalle, la casa vacilla, ma io non mi sono mai sentita così forte.

Di fronte a me, sul tavolo, volto un foglio bianco e scopro una foto sbiadita. Il tuo braccio attorno alla mia vita, la mia guancia sulla tua spalla. Io e te, come due sconosciuti.

Avvicino la carta alla pallida fiamma e lascio che si incendi in un alito di vento. L’unico bagliore di vita che si accenderà mai tra di noi. E guardo la cenere fluttuare leggera ed incandescente fino ad adagiarsi esanime a terra. È tutto. Tutto ciò che c’è, tutto ciò che siamo stati, tutto ciò che saremo mai.

La candela annega nella sua stessa cera.

C’era una volta…

Ma forse non c’è mai stato niente.

 

_______________________________________________________________________

 

A/N: per lui, stavolta. Perché quel che stato è stato, e ci sono cose che vanno solo dimenticate.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: Lady Vibeke