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Autore: Sea    25/04/2015    0 recensioni
Si sa, il blocco dello scrittore può farti impazzire ed Ed Sheeran stava cominciando a perdere colpi. Non voleva partire, per fuggire dai suoi problemi gli bastava il suo appartamento, non aveva bisogno di vacanze. Eppure si trovava lì, intrappolato dal suo manager, senza poter gestire la sua vita come una qualsiasi persona.
Non voleva che qualcuno interrompesse la sua solitudine, ma successe. Quell'incontro avrebbe trasformato la sua gabbia dorata in una via d'uscita, ma ancora non lo sapeva. Il suo deserto stava per trasformarsi in una florida oasi. Così, visse.
ATTENZIONE: IL CAPITOLO "TERZO GIORNO - PT II" è STATO MODIFICATO IN QUANTO MANCANTE DI UNA PARTE DELLA NARRAZIONE, ORA REINTEGRATA NELLO SCRITTO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo Giorno - III

 

Scrisse un biglietto e lo lasciò attaccato ad un magnete del frigo, riuscì a distinguere solo poche parole, poi la seguì fuori dalla porta.
 
Non credeva al destino. Il fatto di aver preso due caschi era dovuto solo al fatto che il suo inconscio desiderava non rimanere solo. Quando giunsero alla moto, lui montò in sella e le tenne il casco mentre montava dietro di lui, quando lo ebbe allacciato avviò il motore.
  • Ti avverto che io ho paura delle curve quindi non-
Troppo tardi, era già partito. Quando la sentì urlare e reggersi alle sue spalle, rise di gusto. Non sapeva perché.
  • Scusa!
La voce giungeva ovattata dall’interno del casco, ma era percepibile. Lo guidò lungo le strade fino a giungere nei pressi del porto. Sentiva l’odore della salsedine chiaro e piacevole, era da tempo che non gli capitava. In quella zona illuminata dal luccichio del mare, l’atmosfera era piacevolmente malinconica, le case dipinte di rosso, gli alberi ombrosi, lo stridio delle cicale e quell’aria tiepida sembravano usciti da una fotografia di 50 anni prima, quando forse quel posto vedeva i marinai partire e le mogli in veranda ad attenderli. Le mani di lei comparivano ai lati del suo campo visivo, come una visione. Era tutto così irreale da sembrargli una proiezione del suo inconscio fantasioso. Lungo l’ultimo tratto di strada scorse un vecchio mulino di mattoni rossi, le finestre murate. Si immaginò lì dentro, alla luce del tramonto, ad osservare il mare da un luogo in cui nessuno sapeva che Ed Sheeran esistesse. Quando scesero dalla moto, tornò alla realtà non sentendo più il calore delle sue mani sulle spalle. Sperava che avesse dimenticato la brusca partenza di poco prima, ma Sara non dimenticava nulla, lo avrebbe imparato presto. Infatti gli diede un pugno ben assestato sul braccio mormorando un “Ben ti sta!” che lui non comprese. Col casco a braccetto, lo guidò in un vicolo.
Si assicurava che Ed fosse ancora lì voltandosi di tanto in tanto e quando arrivò alla fine della strada, si fermò ad aspettarlo. Quando la affiancò, Ed si rese conto che erano giunti su una spiaggetta. Per raggiungere la sabbia dovettero camminare su enormi sassi e pietre, rischiando più volte di cadere su alcuni tratti scoscesi. Gli piaceva tutto questo.
Giunti alla sabbia, si calò a prenderne una manciata per osservarla. Era nera come il carbone.
  • È sabbia vulcanica, per questo è nera. Sono tutte pietre laviche rimpicciolite per l’erosione e oggi sono una spiaggia.
  • Non hai paura che il vulcano esploda? – chiese d’istinto, curioso della sua risposta.
  • In realtà non ci penso quasi mai. Ovviamente, se ci rifletto mi viene una fifa blu, ma per la maggior parte del tempo tutti noi lo dimentichiamo.
Continuarono a camminare sulla sabbia, diretti verso un muraglione a cui Ed non sapeva dare una funzione, ma quando giunsero al muro e attraversarono un grande cancello, si ritrovarono nel porto.
  • Così abbiamo risparmiato molta strada. Non ho voluto fartici arrivare con la moto perché spesso le rigano con le chiavi o le buttano a terra.
  • Allora meglio così, è noleggiata!
Sara si diresse ad un chiosco e chiese due birre all’uomo che vi lavorava, con molta confidenza. Insistette per pagare visto che Ed le aveva pagato la pizza. L’uomo le diede gratis un pacchetto di patatine e li salutò con la mano.
Salirono lungo una stretta scalinata fin sulla muraglia. Si trattava di un muro di protezione, un braccio artificiale del porto. C’era molta gente che passeggiava, qualcuno correva, altri erano fermi ad ammirare il panorama. Era la stessa vista che aveva ammirato dal treno, solo che la prospettiva era diversa, più ampia.
Per un po’ camminarono in silenzio, poi Sara cominciò ad indicare col dito tutte le città visibili.
Napoli, Sorrento, Meta, Castellammare di Stabia, Ercolano, Vico Equense. Si poteva ammirare l’intero golfo, da quella città. Capri svettava all’orizzonte col suo profilo elegante.
Al termine della muraglia c’era un’enorme statua di Gesù, con le braccia alzate e un dito puntato al cielo.
  • E adesso?
  • Adesso scavalchiamo – disse lei, alzando una gamba sulla ringhiera.
Alla fine del muraglione c’era una scogliera artificiale, le enormi pietre laviche che la componevano erano incastrare in un mosaico imperfetto.
Ed la seguì, poggiando i piedi sul primo scoglio. Passarono da uno scoglio a un altro secondo un preciso percorso. Evitando i vuoti più pericolosi, giunsero ad uno scoglio particolarmente piatto e vi si sedettero con le gambe penzoloni.
  • Benvenuto sullo scoglio di Sara – disse lei poggiando i palmi delle mani sui margini della pietra.
  • Ci vieni spesso? – disse lui guardandosi intorno.
  • Ogni volta che posso.
Senza distogliere lo sguardo dal panorama, Ed aggiunse – Chi sa quante vittime avrai portato qui – un sorriso sornione gli decorava il viso, i capelli rossi accesi alla luce del sole, gli occhi che si confondevano col cielo.
- Non sai quante – rispose Sara ridendo, osservando i gabbiani che volavano alto. – Cazzo! Oh scusa – aggiunse subito imbarazzata – Mio zio non ha aperto le birre. -
Lui la guardò col volto sereno per la prima volta dall’inizio di quella giornata.- Lascia fare a me – prese le birre ed usò i margini dello scoglio come ancoraggio per poi dare una forte botta alla testa della bottiglia. Dieci secondi dopo stavano brindando.
  • Ora posa la birra, poggiati sulle braccia e tieni la testa indietro, con gli occhi chiusi.
  • Perché?
  • Fidati di me.
Lei lo stava già facendo. La imitò e chiuse gli occhi. Riusciva a sentire sotto i palmi le vibrazioni provocate dalle onde che si infrangevano poco più sotto. Il vento fresco allontanava l’afa e gli scompigliava i capelli. Il profumo del mare si mischiava al sapore della birra. Non sapeva dire per quanto tempo fosse rimasto in quella posizione, ma era così rilassato che per un po’ si perse nello scrosciare delle onde. Non esisteva più niente. Né la musica, né i concerti, né le interviste, né i testi delle canzoni che non riusciva a scrivere.
Quando aprì gli occhi, il sole stava cominciando a tramontare e Sara beveva un sorso di birra. Si raddrizzò e bevve un sorso anche lui. Doveva farlo più spesso.
  • Allora, quanti anni hai?
Lei si voltò per rispondergli
  • Se non vado errata, ho la tua età.
  • Cioè 22 anni? – disse lui.
  • Si.
  • E cosa sei nella vita?
  • Studentessa. Spero di laurearmi entro un anno.
  • Cosa studi?
  • Scienze della Formazione Primaria. Vorrei fare l’insegnante.
  • In un liceo?
  • Cosa? No! Alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria. Non sopporterei mai una banda scalmanata di adolescenti.
Lui rise, immaginandola presa d’assalto dallo stesso gruppo di ragazzi che lo aveva circondato quella mattina. In effetti, a guardarla, non avrebbe detto diversamente, aveva un viso molto dolce.
  • E tu, Ed? Cosa sei nella vita?
  • Vuoi dire oltre ad essere un cantante? – non sapeva esattamente come rispondere a quella domanda. Si voltò a guardare il mare e riprese a parlare. – Non ne sono sicuro. Forse sono solo un tizio coi capelli rossi che suona una chitarra. Non ho mai pensato di essere qualcosa di diverso. Una volta ho pensato che mi sarebbe piaciuto aprirmi un bar, ma il giorno dopo avevo già cambiato idea e sono partito per Londra. L’unica certezza che ho è che non è il numero di album venduti che mi qualifica. Io sono le mie canzoni, è da lì che nasce tutto.
Era sicuro che lei avesse ascoltato attentamente le sue parole, le stava soppesando immobile, con le dita che accarezzavano il fianco della birra. Abbassò lo sguardo, riflettendo sul numero di possibilità concrete che lei lo scaricasse il giorno dopo, doveva essere patetico ai suoi occhi.
Ed stava affrettando ancora il suo giudizio. Sara era una ragazza molto semplice, ma ciò non significava che fosse scontata.
  • Sai, nella mia modesta opinione, nessuno può capirci veramente. Quello che mi hai detto ha un valore che io non posso definire, quindi lo accetto in silenzio. Non ti giudico, se pensi che lo abbia fatto.
Lo aveva pensato. Bevve l’ultimo sorso di birra, desiderandone subito un’altra per rinfrescare ancora un po’ la gola arida. Poggiò la bottiglia di fianco a sé e il rumore del contatto del vetro sullo scoglio ruppe quel silenzio.
  • Ed?
Lo chiamò improvvisamente, distogliendolo dai suoi pensieri.
  • Perché sei qui?
Lo guardava negli occhi mentre poneva la sua domanda, senza lasciar trasparire timidezza, mentre nei suoi, probabilmente, aleggiava il più completo disappunto riguardo alla domanda tanto quanto la risposta. Doveva dirle la verità? Farle una tale confidenza?
  • Se non ti va, non rispondere.
  • No, ecco…non so da dove cominciare, è una storia lunga.
  • Ho tutto il tempo che ti serve.
 
Sara aveva finito la sua birra ormai da un po’, ma quasi non se ne era resa conto, presa com’era ad ascoltare la storia di Ed. Videro il tramonto distrattamente, ma Ed non si trattenne dal fare una foto a quello spettacolo: un rosso vivido e freddo, intenso, tingeva un cielo così terso da rendere nitido ogni particolare. Le nuvole lontane sembravano ergersi a pochi passi da lui. Un panorama in alta definizione.
Il rumore della fotocamera che scattava fu l’unico suono che permise ad Ed di interrompersi, giusto il tempo dello scatto e poi tornò a parlare come se nemmeno si fosse accorto che le lancette del suo orologio segnavano le 20:00. Sara pensò che forse non parlava con qualcuno da molto tempo, quindi meglio non interrompere quel flusso di pensieri.
  • Così ho preso il primo treno per Napoli e sono venuto qui. Il resto lo sai.
  • Sei davvero complicato, Ed Sheeran. Probabilmente al tuo posto sarei combinata anche peggio, devi avere un bel nodo in mezzo ai pensieri. Vedrai che si scioglierà, conosci molto bene te stesso.
  • Lo spero, ma sembra che ci voglia un’eternità.
Continuava a guardarlo mentre il blu rivestiva ogni cosa, compresi i suoi occhi stanchi. Le ciglia chiare brillavano sullo sfondo celeste. A volte pensava che a momenti sarebbe suonata la sveglia, ma doveva essere ancora notte fonda visto che aveva avuto il tempo di ascoltare la storia di quella testa rossa.
La maglietta bianca brillava sotto la camicia scozzese e, alzandosi e abbassandosi, le faceva notare che quel cuore batteva, quel petto respirava. Probabilmente in un sogno non avrebbe notato una cosa del genere. Nonostante fosse consapevole di quanto fosse ridicolo, allungò una mano e con l’indice gli punzecchiò il braccio. Lui si voltò istintivamente.
  • Sto soltanto verificando che tu sia vero. – disse, senza curarsi di rendere la frase in tono ironico.
  • Cosa? – aggrottò le sopracciglia e si fece sfuggire una risatina isterica.
  • Ti prego, fa finta che non abbia fatto niente o dovrò ucciderti!
  • Mi piego alla sua volontà, milady.
  • Ti va di andare a cena? Dobbiamo andare via, si sta facendo buio.
Ed ritirò le gambe e piantò bene i piedi a terra prima di alzarsi in piedi su quella piattaforma, poi le tese una mano per aiutarla. Lei l’afferrò e si tirò su con uno slancio, ma quella mossa affrettata le annebbiò la vista. Strinse più forte la mano di Ed per paura di perdere l’equilibrio.
  • Sara? Tutto bene?
  • Si, scusa, mi sono alzata troppo in fretta. Mi gira la testa.
Teneva gli occhi chiusi e i piedi ben fermi, attendendo che quella sensazione di vuoto passasse, mentre Ed lasciava scivolare il braccio intorno alla sua vita.
  • Tieniti a me.
Le mani lunghe e sottili stringevano le maniche della sua camicia fino a far sbiancare le nocche, ma non era un problema. Sentì il suo respiro regolarizzarsi lentamente finché aprì gli occhi, sbattendo ripetutamente le palpebre.
Lentamente, la stretta si allentò, ma la percezione della sua mano calda tra la schiena e il fianco era tagliente e disorientante come una pugnalata. Reale.
  • Ti senti meglio? Dammi la mano, non si sa mai.
In silenzio, Sara afferrò la mano di Ed, ignorando il tintinnio delle bottiglie vuote che aveva infilato in borsa. La sensazione predominante, in quel momento, era il calore intenso di quelle mani contro le sue. Erano mani spesse, morbide, ma la stringevano in modo rassicurante. Fecero il percorso a ritroso fino alla ringhiera, dove riuscirono entrambi a scavalcare senza problemi. Una volta al sicuro, lei si scusò senza un vero motivo e in quel momento, allo stesso modo, Ed arrossì, pregando che lei non avesse percepito quella piccola scossa che lo aveva percorso muscolo per muscolo. Indeciso sul da farsi, optò per la strada più semplice: lasciò a lei la scelta del lasciare o non lasciare la sua mano, le aveva ceduto il dilemma.
Per un attimo Sara lo guardò negli occhi alla ricerca della decisione giusta, senza trovarla, così decise che se lui lo avesse voluto, le avrebbe lasciato la mano. Una vera-e-propria coppia di idioti.
  • Andiamo? – disse allora. – Conosco un posticino alle pendici del Vesuvio che prepara tutti i piatti tipici.
Quando silenziosamente arrivarono alla moto, ormai era sparito anche l’ultimo raggio di luce e le stelle si dispiegavano sul loro manto di velluto blu. Con le chiavi nella mano destra, Ed si rese conto che per infilarsi il casco necessitava di entrambe le mani, così guardò quelle dita sottili strette nelle sue, per poi incontrare il suo sguardo. Ebbe la sensazione che stessero pensando la stessa cosa.
Simulando naturalezza, Sara sfilò le dite dalle sue, ma subito il fresco della sera rese ancora più evidente il distacco, disperdendo il calore che aveva ricevuto la sua mano. Non si era nemmeno resa conto che Ed fosse già in sella. Infilò il casco sui capelli ricci e si assicurò di averlo allacciato bene, prima di alzare la gamba per montare dietro di lui. Una volta seduta, si ritrovò dinanzi alle sue spalle larghe e, un po’ titubante, vi poggiò le mani. Sentiva sotto i pollici i muscoli palpitanti. Tutto il resto fu annullato dal rombo della moto che partiva.


Angolo autrice:

Salve, lettori! Un po' alla volta cominciamo ad entrare nella vera storia.
Preciso da subito che questa ff non tiene conto di avvenimenti reali, sia spaziali che temporali, è un po' tutto mischiato. Quindi non spaventatevi se non vi ritrovate con le uscite dei singoli e roba del genere. Era essenziale per la storia.
Spero di leggere qualche commento e mi scuso per la brevità dell'aggiornamento.
Bye! :)
 
  
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