I’m dreaming of a white
Christmas
Il pronto soccorso era da sempre un posto caotico
e sicuramente poco accogliente, soprattutto durante le festività che rischiava
di diventare un ingorgo sull’autostrada dopo un gigantesco incidente, ma
quell’anno le cose sembravano andare esattamente l’opposto del solito. Pochi
casi, banali e soprattutto niente d’impegnativo a livello mentale.
Cameron salutò con la mano una bambina che si era
sbucciata un ginocchio giocando ai soldati con i fratellini e si rimise a
compilare le poche scartoffie che le erano rimaste in arretrato.
Come assistente senior aveva stabilito che
fossero i single scapestrati a coprire le trentasei ore a cavallo tra la
vigilia e il giorno di Natale in modo da permettere alle famiglie di essere
riunite e ai fidanzati di avere accanto la propria metà. Lei era un’eccezione,
infatti, nonostante la cosa non fosse risaputa, aveva un nuovo ragazzo. La
storia con Chase si era interrotta bruscamente ed era finita sulla bocca di
tutti. Contro il volere degli interessati, le persone si erano schierati a
favore dell’uno o dell’altro senza però accettare le spiegazioni che avevano
tentato di dare, così Cameron aveva preferito tenere per sé quel neonato
rapporto e del resto lui non era certo un caldo orso di peluche avvezzo alle
coccole.
Le giovani infermiere avevano acceso la radio che
stava diffondendo note canzoni natalizie, che, assieme ai festoni, rendeva
l’ambiente più caldo e accogliente di quello che era abitualmente.
Cameron osservò i propri colleghi e sorrise, se
la notte fosse trascorsa tranquillamente come prometteva d’essere, sarebbe
riuscita a fare anche un pisolino come il dottor Sgrovich che stava dormendo
con i piedi su di una scrivania. Aveva mandato il dottor Quad in radiologia con
un paziente vittima di un incidente stradale, apparentemente sembrava stabile,
ma le condizioni di un poli-trauma potevano variare velocemente. La maggior
parte degli infermieri invece, era andato nel reparto di pediatria a sistemare
i regali per i bambini e non erano ancora tornati.
Indispettita, Cameron mordicchiò il tappo della
penna. Avrebbe desiderato rimanere a casa per accucciarsi accanto a lui, bere
cioccolata calda e guardare le luci intermittenti dell’alberello che con tanta
cura aveva preparato, anche senza renderla una serata diversa dal solito,
eppure aveva fatto quella scelta per non metterlo ancora una volta con le
spalle al muro. Sospirò un po’ insoddisfatta dai suoi stessi pensieri e cercò
di godersi il Natale senza necessariamente cercare quel lato romantico che
avrebbe desiderato, ma certamente le canzoni di Sarah McLachlan non le stavano
rendendo le cose facili.
“Dov’è il caos, il sangue a fiotti e i bambini
frignanti?” – Disse una nota voce maschile che ruppe l’incanto di quella
tranquilla vigilia. – “E togliete quella nenia! Se vi arriva uno un po’
depresso si taglia le vene nel giro di pochi secondi!”
Cameron si voltò verso l’uomo e non riuscì a
trattenere un sorriso. – “E tu che ci fai qui?”
“Che ci fai tu qui? Pensavo che fossi rimasta
accucciata davanti all’albero a guardare le luci intermittenti mentre t’ingozzi
di cioccolata calda!” – Con voce sprezzante e divertita.
“Puff!” – Disse la donna sistemandosi una ciocca
di capelli. – “Dovevo dare il buon esempio e poi la domanda l’ho fatta prima
io.” – Felice come non mai di averlo tra i piedi.
“Mi sono chiesto a chi è che potevo rompere le
scatole e tu sei stata la prima a venirmi in mente.” – Lui la guardò con quel
suo sorriso sfrontato che lei aveva sempre amato e Cameron sentì le gambe
divenirle di gelatina.
“E dimmi House, perché non sei andato a rompere
le scatole a Wilson oppure a Cuddy?” – Cercando di camuffare quelle scomode
sensazioni.
“Stai scherzando vero? Sono con le rispettive
famiglie e non avevo nessuna intenzione di essere trascinato in un pazzo
Hanukkah!” – Come se in passato non avesse mai trascinato via Wilson da una di
quelle noiose feste piene di parenti che non vedi da una vita e dalla quantità
di cibo che potrebbe sfamare per un mese un villaggio del Darfur.
“Così sei venuto in un pronto soccorso monotono
fino all’inverosimile per rompere le scatole a me?” – Portando le mani ai
fianchi nella più tipica delle sue pose.
“Avevo pensato di fare un salto in chirurgia per
andare a trovare un certo canguro, ma, visto i nostri recenti trascorsi, non mi
è parsa poi una così buona idea.” – Mentre rubava un candy cane dal taschino di
Cameron, che lo guardò roteando gli occhi fintamente infastidita.
“Già, sarebbe stata sicuramente una pessima
idea.” – Firmò rapidamente la cartella della sua ultima paziente e poi lo
guardò in quei meravigliosi occhi azzurri. – “Così sei toccato a me?” – Mentre
si mordicchiava il labbro inferiore.
“Sempre che tu non preferisca che vada a trovare
Foreman e Tredici oppure Kutner o Taub, ma non penso di meritare una tale
punizione.” – Mentre posava lo sguardo ovunque purché non fosse sulla donna che
aveva di fronte.
“Il che vuol dire che io sono un regalo?” –
Sorridendo a quei sott’intensi tutto loro.
“Il meno peggio che c’è in circolazione in
effetti.” – Accennando un sorriso.
Cameron sbuffò e roteò gli occhi, sapeva che non avrebbe
mai ricevuto complimenti da lui, ma si sa, la speranza è l’ultima a morire.
“Ora che facciamo?” – Guardandosi attorno
curioso.
“Facciamo?” – Quel plurale la sorprese perché
sott’intendeva che lui sarebbe rimasto.
Lui non rispose se non con un cenno rapido del
capo.
La donna rimase un attimo pensierosa e poi le
venne una certa idea. – “Ti va una cioccolata calda?” – Avrebbe avuto il suo
Natale anche senza essere nel proprio appartamento.
“L’hai fatta tu?” – Chiese diffidente.
Lei lo ignorò e andò in sala sosta, certa che lui
l’avrebbe seguita. – “Siediti e bevi.” – Allungandogli un bicchiere colmo di
densa cioccolata bollente.
Lui la annusò e poiché l’odore era invitate,
iniziò a sorseggiarla. Cameron gli si sedette accanto appoggiando buona parte
del proprio corpo contro quello dell’uomo. Un sorriso felice le si dipinse in
volto: il suo Natale stava diventando perfetto.
“Grazie per essere venuto.” – Sussurrò felice.
“Prego.” – Disse lui accogliendola nel proprio
abbraccio. – “Pensavo che avessi fatto grandi progetti per noi e invece ti
ritrovo a lavorare qui come ogni giorno.” – Sussurrando quelle parole che
temeva.
Cameron si lasciò sfuggire un sorriso. – “In
realtà possiamo dire che li avevo anche fatti, ma so che tu non sei per queste
cose, così ho pensato di salvare me dall’imbarazzo di chiedere e te dall’essere
costretto ad accettare una cosa che non ti andava di fare.” – Le costava fare
quella confessione, ma sapeva benissimo che lui preferiva l’onestà a finte e
buone menzogne che con il tempo avrebbero fatto più male che un rifiuto
ottenuto nell’immediatezza.
Lui sbuffò un poco. – “Sei troppo prevenuta nei
miei confronti Cameron!” – Aumentando la presa sulla vita della donna in
maniera possessiva.
“Forse.” – Mormorò lei.
“Dottoressa Cameron!” – Disse un’infermiera
trafelata. – “E’ appena arrivata una donna gravida, ma non capiamo quello che
dice.” – La donna fu sorpresa del tenero quadretto che si presentava davanti ai
suoi occhi, ma saggiamente non disse nulla, ci teneva troppo al proprio posto
di lavoro.
“Il dovere chiama.” – Disse con rammarico
scivolando dall’abbraccio di House. – “Grazie per la visita.” – Salutandolo con
una mano. Avrebbe desiderato ricevere almeno un bacio, ma aveva ottenuto più di
quanto sperato e quindi uscì dalla stanza con serenità.
Lui le fece un cenno con il capo e lasciò che lei
sparisse dietro alla porta. Sapeva che non era da lui essere romantico, ma non
aveva resistito da solo nel proprio appartamento. Ogni anno aveva trovato uno
svago diverso, ma quello sotto molti aspetti era un Natale diverso perché c’era
Cameron ed era sua.
Sospirò un poco e si alzò da quello scomodo
divano. L’aria era ancora satura dell’odore di lei e per un istante si ritrovò
a rivivere quel caldo contatto che c’era stato tra loro.
“Ti stai rimbambendo vecchio mio.” – Disse a una
stanza vuota. – “Fantastico! Ora parlo anche da solo!” – Scosse il capo e uscì.