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Autore: _firefly    26/04/2015    4 recensioni
One shot interamente ispirata alla canzone The man who can't be moved, dei The Script.
Niente e nessuno avrebbe mai potuto far muovere Harry da quel posto.
O almeno così pensava, prima di conoscere Louis.
**
AU!Larry
Lost!Harry Anchor!Louis
Conteggio 7.9k
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The man who can't be moved
(https://www.youtube.com/watch?v=gS9o1FAszdk)

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

Going back to the corner,

where I first saw you.

Gonna camp in my sleeping bag

I'm not gonna move.

 

 

Sua mamma glielo diceva sempre.

Mai, Harry. Non devi mai innamorarti di qualcuno, se sai che questo qualcuno prima o poi ti spezzerà il cuore.

Quello da cui non lo aveva mai messo in guardia, la sua saggia madre, era quanto fosse così dannatamente facile, innamorarsi e farsi spezzare il cuore da questo qualcuno. Nulla è mai stato più facile, per Harry. Nulla è mai stato così facile come farsi ferire da Ben.

All'inizio, era stata solo una sensazione. Una piccola, fastidiosissima voce che si era insinuata nella sua testa e che gli aveva sussurrato che forse, beh, forse Ben non era la persona che faceva per lui, che poteva bruciarsi, standoci insieme. Ma, si sa, le sensazioni sono cose piccole, cose che danno fastidio e che pensi di dover soltanto ignorare, che prima o poi passeranno.

Così Harry aveva semplicemente ignorato quella voce, come si fa con le cose di poco conto. Peccato che, col passare dei mesi, tutto si era complicato. La voce non era passata, non era semplicemente sparita. E da un piccolo sussurro impercettibile, si era trasformata in un grido vero e proprio.

Così, Harry aveva capito che Ben gli avrebbe spezzato il cuore, prima o poi. Lo aveva semplicemente constatato, una mattina, quando, svegliandosi da solo nel letto, dopo una notte a fare l'amore, Ben non c'era ed Harry si era sentito assolutamente vuoto, come mai gli era capitato. Probabilmente era andato semplicemente al lavoro, ma comunqe la consapevolezza lo aveva colpito, una sola frase lampeggiava nella sua mente.

"Lui mi ferirà a morte." aveva pensato, prima di alzarsi dal letto, l'odore del fidanzato ancora attaccato alla pelle. Ma non aveva sentito nulla nel constatarlo – nessun dolore sordo all'altezza dello sterno, nessun vuoto d'aria, nessun male alla testa –, aveva semplicemente capito di dover scendere a patti con questa consapevolezza. Di dover accettarlo, rassegnarsi, comprendere. E lo aveva fatto. Finchè Ben non gli aveva spezzato il cuore davvero, quasi un anno dopo.

"Ho conosciuto una ragazza." "Non ti amo più." "Mi dispiace, Harry."

Le parole avrebbero fatto male, al suo povero cuore rotto, ma Ben non le aveva nemmeno pronunciate. Le aveva semplicemente affidate ad un pezzo di carta distrattamente piegato sul suo cuscino, gli angoli rotti spiegazzati, la calligrafia incerta, come se ci avesse scribacchiato sopra le prime stronzate che gli fossero venute in mente. Harry aveva pianto per giorni, nella loro casa. Non aveva avuto il coraggio nemmeno di mangiare, per paura di rimettere tutto, non si era mosso da quel lato del letto, quello dove l'odore di Ben era ancora forte.

Ma poi anche quello era sparito. Come le lacrime di Harry, come il suo cuore completamente dissolto, partito per una meta sconosciuta alla ricerca dei pezzi mancanti.

Da quel momento, il riccio aveva provato a ricostruire la sua vita, ma non ci era riuscito. Qualsiasi cosa facesse sembrava non avere un senso. È questo che succede, quando il senso delle tue azioni diventa una sola persona: glielo puoi anche permettere, ma cosa succede se poi quella persona decide che non sei più abbastanza e semplicemente esce dalla tua vita? Cosa accade, in quel momento? Succede che si porta dietro anche il senso delle tue giornate; succede che non sai più come rialzarti, come rattoppare l'angolo di vita che ti rimane; succede che non vivi più, respiri e basta.

Harry glielo aveva permesso. Gli aveva permesso di impossessarsi della sua vita e di portarsela via. L'aveva persa nelle sue mani e ora non aveva la minima idea di dove potesse essere.

Così, una mattina, aveva deciso di uscire di casa, con solo qualche soldo e il suo sacco a pelo alla mano, deciso su quello che avrebbe dovuto fare. Se non poteva riavere indietro il suo senso della vita, lo avrebbe aspettato.

Ben sarebbe tornato, prima o poi, ne era certo – la vocina della sua Sensazione glielo aveva detto, quella mattina; aveva imparato a fidarsi di quella voce.

Quando Ben lo avrebbe fatto, lo avrebbe trovato nel posto in cui si erano incontrati per la prima volta. Ben sapeva esattamente che Harry lo avrebbe aspettato lì e, quando avrebbe capito il suo errore, sarebbe corso da lui in quel luogo, restituendogli la sua vita, dicendogli che lo amava ancora e che si era sbagliato, che la donna con cui era fuggito non avrebbe mai potuto essere come lui.

Sì, sarebbe successo. Harry si fidava della sua Sensazione.

Per quel motivo, il riccio era uscito di casa, ben sapendo che non l'avrebbe rivista per un po', serrando quindi tutte le porte e le finestre. Poi era uscito in strada e aveva camminato per una mezz'oretta, velocemente, fino a sentire le gambe doloranti. Poi si era fermato e si era semplicemente seduto a terra, la schiena poggiata contro il muro.

Il marciapiede era quello fuori dalla metro, esattamente alla fermata di Gloucester Road, all'angolo della Ventunesima strada nel borgo di Chelsea/Kensington, di fronte al bar della signora Smith, che aveva una figlia bellissima di cui non ricordava il nome. Era lì, che si erano incontrati la prima volta. Il posto dove per la prima volta aveva visto Ben Winston e subito se ne era innamorato.

Harry prese il sacco a pelo arrotolato e se lo mise sotto la schiena, sperando di stare leggermente più comodo seduto sul marciapiede duro. Le persone passavano davanti a lui, gettandogli occhiate perplesse o diffidenti, probabilmente prendendolo per un barbone.

Ma Harry stava soltanto aspettando.

E ce ne vuole di coraggio, per aspettare qualcuno che potrebbe metterci una vita, a tornare. E pensare che invece Harry sarebbe stato disposto a farlo, per tutto il tempo che ci sarebbe voluto. Non gli importava granchè: voleva soltando indietro la sua vita. Voleva soltanto indietro Ben.

Così si mise più comodo, osservando le persone che camminavano per la strada. Sospirò. Il suo cuore spezzato ebbe un sussulto.

 

 

Got some words on cardboard,

got your picture in my hand

saying

"If you see this girl,

can you tell her where I am?"

 

 

Il barbone che la sera veniva sempre a fargli visita si chiamava Robert e aveva perso il conto di quanti anni aveva l'anno in cui ne aveva compiuti cinquantadue. Gli parlava, gli raccontava di lunghi viaggi in mare, di navigazioni di una vita, di una donna sconosciuta di nome Elisabeth, che gli aveva rubato il cuore prima di "darlo senza pietà in pasto ai pesci". Gli diceva che c'era un posto, al di là del mare, dove anche lui era stato felice. Ma non ci era mai tornato, perchè "nessun posto è più invivibile di quello in cui siamo stati felici, ragazzo". Harry lo sapeva.

"Lo so." gli rispondeva. Ma l'uomo si limitava a sogghignare, prima di porgergli un pazzo di pane che la signora del supermercato lì vicino gli regalava sempre, all'ora di chiusura. "Mi ricorda la mia Elisabeth." diceva e poi sorrideva alle stelle che non riusciva a vedere, sotto le luci di quella malandata Londra.

Robert non chiedeva mai ad Harry che cosa facesse lì seduto tutte le notti, avvolto in una coperta dentro un sacco a pelo. Harry gliene era grato, perchè anche se glielo avesse chiesto non sapeva come avrebbe risposto a quella domanda. Probabilmente con qualcosa di ridicolo, che non aveva nulla a che fare con lunghissimi viaggi in barca o donne bellissime.

Ma c'era un momento in cui anche Robert veniva sopraffatto dal sonno e così si postava sulla panchina poco lontana dalla sua postazione, sussurrando una piccola "Buonanotte", con una voce vecchia come il mondo stesso. In poco tempo si addormentava ed Harry sorrideva, prima di lanciare un'occhiata al bar di fronte a lui.

La bella cameriera, la figlia della signora Smith, sorrideva sempre agli ultimi clienti anche a quell'ora, poco prima della chiusura. Ad un certo punto chiudeva tutto e ballava, mentre puliva il pavimento con uno straccio e una scopa alla mano. Era bellissima, avvolta nella sua tenuta bianca: esattamente come la ricordava.

Dopo aver osservato la ragazza andare a casa, verso mezzanotte, anche Harry si accucciava, all'angolo della strada, e chiudeva gli occhi.

Ogni notte tormentato dallo stesso sogno.

 

 

Era lì da sei giorni in tutto, ed Harry aveva trovato un modo per far passare il tempo. Aveva riesumato una piccola foto di Ben dal fondo della tasca della sua giacca, una fototessera di qualche anno prima. Dopodichè aveva iniziato a mostrarla ai passanti che ogni giorno camminavano più o meno velocemente davanti a lui. "Hai visto questo ragazzo?" domandava, e la risposta era pressocchè sempre la stessa. "No." gli dicevano "Mai visto", come se tutti fossero stati intenti a provargli il fatto che Ben non fosse mai esistito, se non nella sua testa.

Ma Harry comunque non demordeva. Diceva "Se vedi questo ragazzo, puoi dirgli dove mi trovo?". Molti annuivano distrattamente, altri lo ingoravano e basta, ma Harry comunque passava al passante successivo.

Aveva ancora speranza, in fondo. Con più persone parlava, più aveva possibilità di ritrovare Ben, che lui finalmente tornasse. Se non poteva muoversi lui, si sarebbe mossa la voce, il passaparola.

Anche se Harry sapeva, che moltissime persone si sarebbero completamente dimenticate di lui; probabilmente avevano già le loro vite a cui pensare, cose da fare, bambini da andare a prendere agli allenamenti di calcio, adolescenti da rimproverare, mariti o mogli in cui trovare il senso della propria vita. Ma tentare non nuoce e Harry ci sperava, che a Ben prima o poi quella voce sarebbe arrivata e che avrebbe capito che era lui, che lo stava aspettando.

 

 

Some try to hand me money, they don't understand

I'm not broke, I'm just a broken hearted man.

I know it makes no sense,

but what else can I do?

How can I move on,

when I'm still in love with you?

 

 

C'era un ragazzo, Harry aveva notato, che passava sempre lì davanti, la mattina. Aveva una borsa a tracolla nera, le cuffiette bianche nelle orecchie e gli occhi talmente azzurri da poterli vedere fin dall'altro lato della strada. Harry sapeva che era un bel ragazzo, con quella camminata insicura e il sorriso dolce che rivolgeva a chiunque gli parlasse. Il riccio si limitava ad osservarlo da lontano, ogni mattina, reggendo tra le mani la sua tazza di caffè grande, comprata con gli spiccioli che qualche persona, passando, gli lasciava – nessuno capiva, dopotutto. Nessuno capiva che non era lì perchè non aveva soldi. Era il suo cuore, ad essere spezzato, non di certo il suo conto in banca.

Ma comunque, invece di spendere i suoi, di soldi, Harry preferiva usare quelli della gente. Dopotutto non gli importava: se gli fosse mai importato dell'opinione della gente, di certo in quel momento non sarebbe stato lì, seduto su quel marciapiede con i vestiti sporchi.

Harry incrociò le gambe, prese un sorso di caffè ed attese. Il ragazzo era entrato nel bar degli Smith, sorridendo e salutando tutti al suo passaggio. Si tolse le cuffie e un autobus coprì la visuale ad Harry. Quando si scostò, il castano aveva già in mano una tazza di caffè e stava poggiando delle banconote sul bancone.

Sorrise, scambiò due parole con la bella ragazza, ed uscì di nuovo dal locale. Poi prese una via secondaria, ed Harry lo seguì con lo sguardo finchè non sparì dalla sua visuale.

Se glielo avessero chiesto in quel momento, avrebbe giurato sulla tomba di sua madre che, per un secondo, gli occhi blu di quel ragazzo si fossero posati su di lui.

 

 

"So che non ha senso ma come posso andare avanti, se sono ancora innamorato di lui?" disse quella sera a Robert. Il vecchio aveva portato dell'alcool ed Harry non si era fatto pregare, aveva bevuto una birra a lunghi sorsi, diventando brillo in pochi minuti.

L'uomo, seduto di fianco a lui, sorrise e prese un sorso della sua. "Per questo sei qui seduto?" gli domandò. "Ti hanno spezzato il cuore, ragazzo?"

Harry non annuì, semplicemente lasciò andare un piccolo sospiro, chinando la testa per guardare le stelle nascoste da luci ben più vicine. "Ben è la mia Elisabeth." disse a mò di risposta, chiudendo gli occhi. "Pregherò sempre perchè ritorni."

Robert lasciò andare una risata fragorosa. "A quale dio ti riferisci, ragazzo? A quello che ha in mano tutto il potere dell'universo e permette che le persone soffrano ancora?" disse sprezzante. Harry non seppe cosa rispondere, quindi semplicemente tacque. "Nah. Non pregare un dio, ragazzo. Conta solo sulle tue forze. Sono loro, che faranno tornare il tuo Ben." il riccio sapeva che non erano solo deliri di un vecchio pazzo, quindi annuì, ma non solo come gesto di cortesia. Sapeva che aveva ragione.

Stettero in silenzio per qualche minuto, solo poi Robert si alzò, dandogli la buonanotte con quei suoi modi rozzi. Harry attese, due auto passarono per strada, una dopo l'altra. Abbassò lo sguardo verso l'uomo, che ora stava camminando verso la sua panchina. "Robert?"

Il vecchio si fermò a metà strada. "Sì?" disse voltandosi.

"Tornerà?"

Robert gli sorrise. "Tornerà." rispose. "Ma sei tu che dovrai essere abbastanza coraggioso da mandarlo via di nuovo."

E, detto questo, voltò di nuovo la schiena al ragazzo, facendogli un piccolo cenno con la mano. Harry sorrise, rispondendo al saluto ben sapendo che non avrebbe mai potuto vederlo.

Poi si accoccolò sotto la sua coperta, lasciando la bottiglia di birra ormai vuota a qualche centimetro dal suo corpo.

Si addormentò in pochi minuti, dopo aver visto la piccola Smith uscire dal locale. Il solito sogno non lo tormentò più, quella notte.

 

 

Cause if one day you wake up and find that you're missing me

and your heart starts to wonder

where on this earth I could be.

Thinkin maybe you'll come back to the place that we'd meet.

And you'll see me waiting

for you

on the corner of the street.

 

 

Erano passati ormai dieci giorni, quando accadde.

Harry stava, come tutti i pomeriggi, osservando i passanti che, incuranti della sua presenza, gli passavano accanto come tutti i giorni. Harry aveva appena finito di mostrare in giro la foto di Ben, si era seduto di nuovo a terra, al solito posto. Ormai stare con il sedere poggiato sulla superficie dura non gli dava più fastidio, il suo fondoschiena si era assuefatto alla sensazione.

Passarono solamente pochi minuti, prima che Harry vedesse il ragazzo castano entrare di nuovo nel bar al di là della strada, le cuffiette sempre nelle orecchie, il sorriso sempre sul suo volto. Parlò per qualche minuto con la cameriera e, solo poi, si voltò verso di lui. Harry non seppe come, ma era sicuro che stesse guardando proprio lui. Quel blu era veramente difficile da ignorare.

Dopo qualche secondo, il castano voltò di nuovo la testa, parlò con la ragazza e poi uscì dal bar, sparendo in pochi minuti dalla sua visuale.

Harry non ci badò molto. Continuò a guardarsi intorno, a leggere qualche giornale che le persone lasciavano per strada, parlò con qualche curioso che si fermò a chiedergli cosa ci stesse a fare, lì seduto a terra.

Non seppe di preciso quanto tempo passò, prima che una voce si rivolgesse a lui. Era nuova, sconosciuta, ma, pensò Harry, bellissima. "Ciao."

Seppe che era il ragazzo del bar, ancor prima di voltarsi. E quando lo fece – blu. Soltanto tanto, bellissimo, sconfinato blu.

"Ciao." rispose istintivamente, osservando il ragazzo dal basso del marciapiede, mentre lui se ne stava in piedi di fianco a lui. Il ragazzo sconosciuto sorrise, Harry incrociò le gambe.

Non seppe più cosa fare, dopo. Il castano lo osservava carico di aspettativa, studiandolo e leggendolo come se fosse stato un libro aperto a sua disposizione. Ebbe la tentazione di chiedergli cosa volesse e soprattutto dove era sparito prima, ma si morse la lingua prima di poterlo fare. Semplicemente, decise di trattarlo come tutti gli altri passanti (anche se loro erano grigi. Mica come il castano). Così "Hai visto questo ragazzo?" gli chiese, allungandoli la foto ormai sgualcita di Ben. Lui lo guardò leggermente perplesso, poi abbassò lo sguardo verso Harry.

Sorrise e "Sì." rispose. "Riflesso nei tuoi occhi."

Al che, Harry si domandò se davvero il ragazzo fosse serio o lo stesse prendendo in giro. Ma quella volta, occhi blu era dannatamente serio e Harry quasi si spaventò della sua espressione. Abbassò lo sguardo sulle sua mani, non sapendo che altro dire, ma poi il castano si sedette di fianco a lui e allora smise di pensare.

"Come ti chiami?"

"Harry." rispose subito, alzando gli occhi verso il castano, che in quel momento se ne stava lì, a studiarlo attentamente. "Tu?"

La sua voce era decisa, quando rispose. Sorrise, prima di farlo. "Louis. Louis Tomlinson." aveva anche una bella voce, Harry dovette ammetterlo a se stesso. Era leggermente acuta, ma ascoltatrice. Non diceva mai nulla di troppo, nè nulla di troppo poco. "Cosa ci fai qui, Harry?"

Bella domanda, non c'è che dire. Il riccio si trovò in leggera difficoltà nel rispondere, ma dovette stringere la foto troppo forte, perchè Louis lo notò. "È per lui? È per lui che sei qui?" domandò, forse per rendergli le cose più semplici, forse per complicargliele ulteriormente. Sta di fatto che glielo chiese, ed Harry dovette annuire, sospirando leggermente. Forse il ragazzo avrebbe capito. Forse la risposta che gli aveva dato prima, quando gli aveva chiesto se conoscesse Ben, non era stata data a caso. Forse avrebbe capito.

"Sei qui da tanto tempo. Ti vedo, qualche volta."

Harry sospirò di nuovo. "Sto aspettando che torni." mormorò, più a se stesso che al ragazzo, forse. Si mise a giocherellare con un sassolino che trovò lì accanto, più per non pensare che per altro. "E che mi restituisca la mia vita."

"Come ha fatto a portartela via?"

Harry alzò gli occhi su di lui, lascando perdere il sasso e osservando il castano. Aveva le labbra semi-aperte, un cipiglio dolce e allo stesso tempo severo sul volto. Preoccupato, quasi. Come un padre che, prima di rimproverarti, cerca di capire. Ci prova, a farlo. "Gliel'ho permesso io." rispose, continuando a guardarlo in faccia. Il viso del ragazzo non fece una piega, annuì soltando, spostando poi lo sguardo verso la strada.

Dopo qualche secondo, si mosse scompostamente, mettendosi più comodo. "Posso stare qui con te per un po'?"

Harry lo guardò di nuovo, ma poi annuì. Sperò solo che Ben non tornasse proprio in quel momento, altrimenti avrebbe potuto pensare cose strane di quel ragazzo. Era attraente, chiunque si sarebbe insospettito.

"Non hai nulla da fare che stare qui ad assecondare un mezzo pazzo?"

Louis sorrise, a quello. "No." rispose.

Restò con lui per un'altra ora. Parlarono sporadicamente, di solito Harry rispondeva a qualche domanda che gli poneva il castano. Poi Louis si alzò, sorridendo. "Ci vediamo, Harry." e si incamminò per la sua strada, senza ricevere alcun tipo di risposta dal riccio.

Era troppo impegnato a sperare che il castano sarebbe ritornato.

E presto. Anche il giorno dopo.

 

 

So I'm not moving,

I'm not moving..

 

 

Harry ricordava alla perfezione, il primo giorno in cui vide Ben. Fu lo stesso in cui si innamorò di lui.

Il moro stava entrando nel bar Smith, al di là della strada, Harry stava semplicemente camminando, insieme a qualche suo sporadico amico, di cui non ricordava neanche il nome. Il bar stava dando una piccola festa di inaugurazione, aveva aperto i battenti solo tre giorni prima e le persone parlavano già di un piccolo successo.

Harry aveva visto Ben entrare e così, semplicemente, aveva deciso di fare la stessa cosa. Aveva preso per il braccio il suo amico e lo aveva obbligato ad andare insieme a lui. Sapeva, che quel ragazzo sarebbe stato l'amore di cui le canzoni tanto parlano, la voce della sua Sensazione gli stava parlando e glielo aveva semplicemente detto. Harry le aveva come sempre creduto e aveva deciso di provarci.

Appena entrato, non sapeva cosa fare. Era stato solo il suo instinto a guidarlo fino a lì, ma poi lo aveva lasciato in balìa degli eventi. Ci pensò il destino, in realtà, a farli incontrare veramente.

La ragazza del bar, la figlia della signora Smith, lo aveva salutato come se fossero stati amici di vecchia data, per poi presentargli qualche suo amico. Tra questi, c'era anche Ben.

Harry non sapeva se fosse gay, etero o cosa, semplicemente lo trovava incredibilmente bello e perfetto per stare accanto a lui. E così, ci aveva parlato tutta la sera, stando attento a cosa stava dicendo, stando attento a ridere nel momento giusto, per non far intendere che magari lo stesse prendendo in giro.

Il risultato fu che, a fine serata, Harry era già innamorato della sua risata, del suo modo di muovere le mani mentre parlava, della sua parlantina dolce e sciolta. Tutto di quel ragazzo gli faceva pensare a bambini, cortili con la staccionata bianca e un anello al dito.

Quando lo aveva baciato, poi quella stessa sera, quasi cinque anni prima, tutto aveva avuto un senso.

Ben era la sua persona. Anche la sua Sensazione ne era certa.

Per questo, lo stava aspettando lì. Sapeva che se Ben sarebbe in qualche modo tornato da lui, sarebbe corso in quell'esatto punto, poichè sapeva che Harry lo avrebbe atteso lì, seduto a terra contro qualsiasi cosa.

Non aveva assolutamente intenzione di muoversi di lì. Per nessuna ragione al mondo.

 

 

Louis tornò due giorni dopo il loro primo incontro.

Non disse nulla, si limitò a sederglisi accanto, porgendogli quella che sembrava una busta con delle brioches. "Buongiorno." gli disse solo, sorridendogli con quel sorriso dolce che tanto gli piaceva. Harry avrebbe tanto voluto dirgli che non aveva bisogno delle sue brioches o della sua compagnia, ma in realtà aveva bisogno di entrabe le cose. Aveva fame. Realisticamente e metaforicamente parlando.

Quindi "Buongiorno." biascicò, prima di prendergli dalle mani il sacchetto e scavarci all'interno. Ne estrasse una brioche alla marmellata e la addentò immediatamente. Era dal pomeriggio prima che non mangiava, non aveva avuto nemmeno voglia di alzarsi per andare a comprarsi qualcosa.

"Così ti strozzi, Harry." gli disse il ragazzo, continuando ad osservarlo con quel sorriso togli-aria.

Il riccio alzò le spalle, mugolando di piacere quando il sapore dolce della marmellata gli inondò la bocca. Non si era accorto di essere così affamato prima di quel momento, diamine. Louis continuava ad osservarlo come se fosse un bambino che muove per la prima volta i suoi passi. Harry gli porse il sacchetto, nel quale altre due brioches riposavano. Il castano negò con la mano, sorridendogli. Poi spostò il suo sguardo verso la strada, osservando le persone che passavano, in quella tiepida mattina di ottobre.

"Sai." disse, dopo qualche secondo. "Dovremmo fare il gioco delle cinque domande."

Harry ingoiò l'ultimo boccone della brioche, per poi lzare un sopracciglio nella sua direzione.

Louis dovette leggere l'evidente perplessità riflessa sul suo volto, perchè sorrise. "Io ti faccio cinque domande, tu me ne fai cinque" spiegò, "per conoscerci."

Harry avrebbe voluto dirgli che non aveva voglia di conoscere proprio nessuno, che stava aspettando Ben perchè lo riportasse a casa, ma davanti a quegli occhi speranzosi, non seppe dire di no. Quindi "Okay." disse solo, alzando le spalle.

"Inizia tu."

Harry rifelttè per qualche secondo, prima di porre una domanda come le altre. Avrebbe poturo chiedergli tutto quello che voleva. Ma quello che gli uscì realmente fu un "Qual è il tuo colore preferito?" perchè, secondo lui, era il blu. Doveva essere il blu, la sua Sensazione non sbagliava mai.

Allorchè Louis sorrise, lo guardò e "Il blu." disse. "Perchè?"

"Vale come domanda?" chiese Harry, sorridendo quando il ragazzo scoppiò a ridere. "No, non devi rispondere." rispose, negando con la testa.

"Mio turno." disse. "Perchè sei realmente qui, Harry?"

Il riccio lo osservò attentamente, trovandolo sorridente e al tempo stesso assolutamente serio. Quasi lo spaventò, ma non si fermò dal rispondere. "Te l'ho detto. Per Ben, il ragazzo della foto."

Louis scosse lentamente la testa, togliendo gli occhi dai suoi e rivolgendoli di nuovo alla strada. "No, intendevo dire, perchè proprio qui?"

"E' il posto in cui ci siamo incontrati. Se torna, torna qui." rispose deciso il riccio, alzando di nuovo le spalle e fissando un punto imprecisato a terra.

Sentì Louis sospirare leggermente, senza guardarlo. "Dove lo trovi il coraggio, di aspettare chi non torna?"

Perchè lo chiamava coraggio? Perchè non vigliaccheria o mancata forza di andare avanti? Perchè coraggio? Lui non era coraggioso, era solo uno stupido che credeva che il ragazzo che aveva amato per cinque anni avrebbe improvvisamente capito che lui era effettivamente abbastanza, per stargli accanto. Che nessuno lo avrebbe mai più messo da parte, che per la prima volta in vita sua, sarebbe stato il numero uno, nella vita di una persona, insostituibile.

Perchè peggio di non essere amati, è il non essere amati più. Perchè se non si è amati fin dall'inizio, si vive con questa consapevolezza e basta. Fa male, certo, ma se non si è amati più significa che la sensazione che ti scaldava il cuore l'hai provata e poi ti è stata tolta. Così era successo ad Harry. Lui era stato amato intensamente, per poi essere abbandonato. Dal tutto al niente, nel giro di una mattina.

"Non è coraggio."

"Chiamalo come vuoi." disse ancora Louis, dopo qualche secondo di silenzio. "Io lo chiamo coraggio."

Harry lo guardò di nuovo negli occhi, perdendosi in quegli occhi come se stesse cercando un appiglio sicuro per non affondare e lo avesse trovato sono nell'iride dei suoi occhi. Che paradosso, eh? Cercare appiglio negli occhi di uno sconosciuto. Come poteva, Louis, chiamarlo davvero coraggio?

Non ebbe nemmeno il tempo di parlare di nuovo, che il castano sorrise ancora, delle piccole rughette si formarono ai lati dei suoi occhi. "Ultima domanda." esordì.

Harry comprese solo in quel momento che lui ne aveva posta solo una all'inizio, niente di più. Ma annuì comunque, lentamente.

"Qual è il tuo colore preferito?"

Harry sorrise, scosse il capo e la risposta si fece immediatamente strada nella sua testa.

"Il blu." disse sicuro.

Louis sorrise.

 

 

Policeman says "son, you can't stay here",

I said, "there's someone I'm waiting for

if it's a day, a month, a year."

Gotta stand my ground even if

it rains or snows.

If she changes her mind

this is the first place she will go.

 

 

Erano due giorni, che Rob aveva la tosse. Lui la chiamava "l'allergia della città", diceva che ogni anni gli veniva ad ottobre, perchè di solito era in quel periodo dell'anno, che partiva sulla sua barca.

Quella volta, la donna del supermercato gli aveva dato una pagnotta di pane borbido e un fiore. Rob era convinto che, se avesse avuto il soldi la avrebbe sposata. Prima però, avrebbe dovuto divorziare con il mare, però. E con Elisabeth, la sua barca.

"Quando un uomo è sposato con il mare, ragazzo" gli disse in quel momento "non deve avere nessuna motivazione per tornare a terra e lasciarlo per sempre. Sarebbe come tradirlo."

E, probabilmente, aveva ragione. Ma Harry si frenò dal chiedergli come mai allora lo avesse tradito. Magari era la stessa motivazione per cui anche Ben lo aveva lasciato. Ma si frenò, perchè alla fine non era affar suo.

"Stamattina sono passato di qui." gli disse ancora, prima di addentare un pezzo di pane e annusare il fiore che, rosso, spiccava contro tutto quel nero. "C'era un ragazzo, con te."

"Louis." disse Harry istintivamente, avvolgendosi ancora di più nella sua coperta.

Era quasi una settimana che il castano veniva ogni mattina, a fargli compagnia. Stava qualche ora, poi spariva per andare all'università e il pomeriggio tornava, raccontandogli quello che aveva imparato di nuovo quel giorno. Parlava quasi tutto il tempo lui, Harry lo ascoltava e basta, trovandolo come sempre assolutamente meraviglioso. Quelli erano i momenti in cui quasi dimenticava del perchè stesse ancora lì. Non pensava a Ben e, probabilmente, se il ragazzo fosse tornato in uno di quei momenti, Harry gli avrebbe detto di aspettare, perchè Louis gli stava parlando di Dostoevskij e di Boudlaire, e di come si rammaricasse che Mr. Darcy fosse solo un personaggio inventato da una donna e non un uomo in carne ed ossa.

Louis studiava letteratura. Ed Harry era sicuro che prima o poi il castano sarebbe diventato un talentuoso scrittore. Chissà se si sarebbe ricordato di lui, in quei momenti. Forse sì. Forse avrebbe potuto diventare uno dei personaggi del suo libro, un giorno.

Harry sorrise. Più della sua voce, era un'altra la cosa che Harry adorava di più di Louis. Così lo disse a Rob, come se fosse un segreto inconfessabile da custodire come un piccolo tesoro.

"I suoi occhi sono del colore del mare, Rob. Neanche il tuo mare di cui parli tanto, può competere contro il suo."

L'uomo sorrise, a quello. Poi si alzò lentamente, il riccio pensò che volesse dargli la buonanotte.

"Forse, mio caro Harry," iniziò invece, il ragazzo chiuse gli occhi. "hai trovato la ragione per tornare a terra e non partire più."

 

 

Harry stava dormendo, quando qualcuno lo urtò leggermente, facendolo ridestare improvvisamente. Erano le prime luci dell'alba, notò, ma il sole non c'era quel giorno: nuvole scure coprivano il cielo, il vento gli sferzava il viso con violenza.

Harry si grattò leggermente un occhio, alzando lo sguardo verso la persona che lo aveva svegliato. Era un poliziotto, una donna: aveva un cipiglio severo in mezzo alla fronte, ma la sua parlata era dolce e quasi comprensiva. Harry si chiese dove fosse il poliziotto cattivo, la sua controparte. Ce n'erano sempre due nei film, no?

"Non puoi stare qui, ragazzo." gli disse, quando vide che Harry non accennava a dire nulla.

Il riccio si accigliò. Era lì da due settimane e nessuno gli aveva detto nulla per farlo muovere. Sospirò, osservò la donna e poi disse solo una cosa. "Sto aspettando qualcuno. Ci dovesse volere un giorno, un mese, un anno." mormorò deciso. "Non mi muovo di qui."

La donna dovette vedere qualcosa nel suo viso, perchè non disse quasi più nulla. Si limitò ad andare nella sua auto, a tirare fuori una coperta abbastanza pesante e a porgergliela. "Non posso fare nulla per farti muovere." disse. "Ma almeno non prendere freddo."

Harry le sorrise. La donna ricambiò, poi andò via, lasciandolo di nuovo solo.

Il riccio si coprì con la coperta nuova. Poi fissò le nuvole nere.

 

 

Pioveva. Pioveva davvero forte.

Harry aveva freddo, ma comunque stringeva i denti senza dire nulla, osservando le persone che correvano da un lato all'altro della strada coperte da fogli di giornale o da ombrelli mal ridotti, piegati dal vento sfrezante che, Harry ne era sicuro, avrebbe portato via anche lui.

Era bagnato dalla testa ai piedi, le mani gli facevano male per quanto erano raggrinzite, le braccia tentavano di nascondersi il più possibile, in modo da conservare quel poco di calore che ancora gli rimaneva in corpo.

Ma comunque, non poteva di certo muoversi di lì. Non l'avrebbe fatto e basta. Freddo o non freddo.

Pensò a casa sua, certo, ma ormai che senso avrebbe avuto tornarci? Sarebbe stato un corpo estraneo in un organismo, come uno straniero in terra sconosciuta. Totalmente fuori posto.

Passò un'altra mezz'ora, prima che Harry avvertisse qualcuno sederglisi di fianco. Non dovette neanche girarsi, per capire che era Louis. Il suo odore di buono e il fiato caldo che gli colpiva le guancia erano abbastanza di indicazione, per lui.

"Harry." disse infatti il ragazzo, urtandolo con la spalla. Il riccio si voltò, osservando quegli occhi profondi come il mare in tempesta, che quel giorno avevano una traccia di grigio, al loro interno. Gli fecero quasi paura. Sembravano tormentati. "Harry, ti prenderai un accidente se rimani qui."

Il riccio avrebbe voluto dirgli che non gli importava un fico secco della polmonite, che Ben avrebbe potuto tornare da un momento all'altro, ma sarebbero state tutte bugie. Harry aveva solo paura. Paura che se si fosse mosso di lì, non avrebbe più avuto il coraggio di tornarci.

Perchè Louis aveva l'odore buono di un nuovo inizio. Ma Harry doveva chiudere il passato e riappropriarsi della sua vita piena di buchi e di lacerazioni, prima di fare qualsiasi cosa.

Così scosse la testa e alzò le spalle, senza dire nulla. Strinse le ginocchia al petto, poggiando la testa su di esse.

Louis sbuffò sonoramente, passandosi una mano sul viso, perchè le gocce avevano iniziato a scendergli dai capelli e gli entravano negli occhi. Ci riprovò. Ovviamente lo fece. "Vieni a casa con me Harry." disse.

Ma "No!" rispose il riccio, urlando forse più del dovuto, per sovrastare le mille voci della pioggia.

Louis sbuffò ancora, ma non se ne andò, come Harry avrebbe invece pensato. Anzi. "E allora sto qui io con te." dissse. "Cazzo, sei un testardo." aggiunse poi, facendoglisi più vicino ancora.

Un enorme groppo serrò la gola del riccio, costringendolo a respirare forte per tentare di cacciarlo via. Voltò il viso bagnato verso quello di Louis, muovendosi incerto nella sua direzione. "Non devi stare qui per forza." trovò la forza di mormorare, sperando che il castano lo sentisse. Non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di dirlo più forte e di nuovo.

"Non ti lascio qui da solo, testone." rispose Louis con tono forse più affettuoso del dovuto, perchè sapeva che era arrabbiato.

Poi il castano fece una cosa, che Harry scolpì nella sua memoria come se fosse stata la cosa più preziosa di questo mondo. Allargò un braccio, posandoglielo attorno alle spalle, in modo che Harry potesse accoccolarsi sul suo petto ampio, coperto solo da una felpa bagnata che aveva iniziato a profumare di pioggia.

Harry appoggiò titubante la testa al suo petto, stando attento a non gravare su di lui. Louis lo strinse anche con l'altro braccio, tirandoselo leggermente addosso, in modo da farlo stare più comodo. Il riccio prese tra le dita un lembo della sua felpa, tirandolo come per evitare di crollare ancora.

Ma fu quando Louis gli posò un bacio sulla testa, che Harry non ce la fece più.

Si mise a piangere.

Tutte le lacrime trattenute in quelle due settimane uscirono in quel momento, si mischiarono alla pioggia incessante, cadettero sulla felpa del castano bagnandola ulteriormente. I singhiozzi iniziarono a scuotergli il corpo stremato, mentre il castano lo stringeva ancora di più, sussurrandogli cose che però Harry non riusciva a sentire. Probabilmente era qualcosa di rassicurante, dolci parole che mai da nessuno avrebbe udito ancora. E probabilmente si sarebbe sentiro rincuorato da quelle parole, se solo le avesse davvero sentite.

Harry pianse, pianse ancora. Pianse per quasi un'ora, stingendosi al petto di Louis senza sosta, mentre il ragazzo continuava a baciargli il capo e la fronte bagnata.

Solo alla fine, quando la pioggia cessò, anche Harry smise di piangere. Louis lo fece sollevare e gli afferrò le guance bagnate, asciugandogliele con delicatezza.

"Ti porterò via di qui, Harry."

Si lasciò baciare una guancia con delicatezza, prima di essere avvolto di nuovo in quell'abbraccio.

Harry gli credette. Sotto il londinese cielo arrabbiato di ottobre, stretto in un abbraccio che sapeva di salvezza, con il corpo scosso dai brividi, Harry semplicemente gli credette.

 

 

Cause if one day you wake up and find that you're missing me

and your heart starts to wonder

where on this earth I could be.

Thinkin maybe you'll come back to the place that we'd meet.

And you'll see me waiting

for you

on the corner of the street.

 

 

"Rob?"

"Mh?"

"Tornerà?"

"Tornerà. Ma sei tu che dovrai essere abbastanza coraggioso da mandarlo via di nuovo."

 

 

Quel giorno, Louis gli raccontò di Don Chisciotte e di come rincorresse i mulini a vento pensando che fossero dei draghi sputafuoro. Harry rise leggermente, a quello.

"Era un po' matto." commentò solo, osservando una ragazza che andava in bici, dall'altro lato della strada.

Louis sorrise genuinamente, osservandolo. "Forse." disse.

Passarono pochi secondi, prima che Louis parlasse di nuovo. "L'altro giorno l'ho messo vicino ad Anna Karenina. Ho pensato: se vicino a lei c'è Don Chisciotte, lui di certo farà di tutto per salvarla. E forse, la salverà davvero. Chi lo sa." gli disse, alzando le spalle. "I libri mica puoi metterli a caso."

Harry sorrise, guardandolo negli occhi per quella che doveva essere la millesima volta da quando si erano conosciuti. Forse Louis stava parlando delle opere di Tolstoj e Cervantes, forse stava parlando di loro due.

Probabilmente Louis era una specie di pazzo Don Chisciotte che tentava di salvarlo disperatamente e che, forse, un giorno ce l'avrebbe anche fatta. Ma Louis non disse altro, così nemmeno Harry si azzardò ad aprire bocca.

"La ragazza del bar.."

"Parli di Sophia?" domandò Louis, sorridendo quando la ragazza apparve dalla vetrina del locale di fronte a loro due, portando in bilico due bicchieri pieni di frappè alla fragola. Harry annuì. Sophia. Si chiamava così, la figlia della signora Smith.

"Cosa vuoi sapere?" gli chiese ancora Louis, sorridendo quando vide il viso assorto del riccio.

Harry scosse la testa. Niente, solo.. "Come fai a conoscerla?"

"Cinque o sei anni fa, non ricordo, l'ho conosciuta quando hanno inaugurato il locale. Siamo diventati amici, quella sera."

Harry non si stupì, dopo quella rivelazione. Ovviamente aveva già visto Louis da qualche parte. Ovviamente doveva averlo già incontrato, in vita sua.

Harry si chiese se il Destino non avesse sbagliato la sua ordinazione, quel giorno, e non gli avesse fatto conoscere Ben, che era la persona sbagliata, quella che prima o poi lo avrebbe ferito, invece che Louis, la persona davvero destinata a lui. Dopotutto, la sua Sensazione gli aveva detto che lì dentro c'era l'amore della sua vita, ma non aveva di certo specificato nome e codice fiscale.

Ma non disse nulla, più per non spaventare Louis e se stesso, che per altro.

"E' molto bella." scelse di dire, grattandosi il naso.

Louis sorrise. "Lo so. Liam è un ragazzo fortunato."

Liam. Ecco come si chiamava il fidanzato della ragazza, Harry aveva decisamente la memoria corta.

Harry si chiese se Louis non fosse in qualche modo interessato a lei, da come ne parlava, ma poi appoggiò la testa sulla sua spalla e allora smise di pensare e basta. Si piegò leggermente, poggiando a sua volta la testa sul capo dell'altro ragazzo.

Ebbe quasi la sensazione di tornare a respirare.

Soprattutto quando Louis gli accarezzò leggermente una mano, sospirando. Avrebbe tanto voluto baciarlo.

 

 

People talk about the guy

that's waiting on a girl

Oooh..

There are no holes in his shoes,

but a big hole in his world

Oooh..

 

 

 

Louis stava leggendo un libro, quel giorno.

Aveva deciso di pornarne uno anche a lui, ma Harry non aveva voglia di sprecare il tempo che passava con lui leggendo solo un libro. Voleva parlare con lui, vederlo sorridere e sentirsi amato in qualche modo, da Louis.

Di fatto, non si stupì molto, quando vide che il libro che gli aveva portato si era rivelato essere il Don Chisciotte. Nemmeno quando il ragazzo gli aveva sorriso nel modo più dolce possibile e aveva aperto invece il suo.

Harry lo stava solo ascoltando pensare. Aveva la testa contro la sua spalla, gli occhi puntati sul viso di Louis, coperto in parte dagli occhiali neri, che lo rendevano ancora più bello e luminoso di quanto non lo fosse normalmente. Quando il ragazzo si voltava verso di lui, semplicemente spostava repentinamente gli occhi sulle parole del libro, facendo finta di niente.

Sapeva, però, che Louis si era accorto che il libro non era la sua priorità, in quel momento. Che stava guardando lui. Ma gli era grato, perchè non diceva niente.

"Saresti un bel personaggio, per un libro. Sai?" domandò Louis ad un certo punto, togliendosi gli occhiali e chiudendosi il libro in grembo.

Harry stiracchiò la schiena, sorrise. "Una gionalista mi ha fermato, stamattina. Voleva sapere che cosa ci facessi qui seduto da solo." spiegò, Louis ridacchiò leggermente.

"E cosa le hai detto?"

Harry alzò le spalle. "Che aspettavo l'autobus." disse. "Non voglio finire sul giornale." aggiunse, arricciando le labbra al solo pensiero di cosa avrebbero potuto scrivere di lui.

Louis rise apertamente, osservandolo attentamente, in modo da evitare di fare mosse azzardate. "E ti ha creduto?"

"Sì."

Louis sorrise nella sua direzione. "Ti immagini il titolo su tutti i giornali? 'Il ragazzo che non vuole essere mosso'." disse Louis, senza smettere di sorridergli. "Potrebbe essere un bel titolo. Potrebbe arrivare a Ben, lui potrebbe vederlo e potrebbe, non lo so – tornare."

Harry sospirò. Non si era mai accorto quanto quella possibilità potesse veramente spaventarlo. Era passato quasi un mese, ma di Ben nessuna traccia. Ed Harry sentiva come se non sarebbe mai più tornato. Ma forse, pensava, era meglio così. Non avrebbe avuto indietro la sua vita, ma aveva trovato qualcosa di meglio, probabilmente. Inconsistente, senza nessuna base solida, una costruzione su palafitte, un edificio che avrebbe potuto crollare da un momento all'altro. Ma comunque una cosa bellissima. "Sì, potrebbe.."

"Nessun buco nelle sue scarpe, ma un grande buco nel suo mondo." sussurrò Louis sovrapensiero, a mò di sottotitolo.

Peccato che ora, a bloccare quel buco, ci fosse Louis.

 

 

Harry, il giorno dopo, si svegliò con un pensiero.

Non sapeva più chi stava aspettando. Se Ben o se, ancora, Louis. Forse entrambi. Forse nessuno dei due. Forse Louis, ma non voleva davvero ammetterlo a se stesso, sebbene lo sapesse alla perfezione.

Per questo motivo, quando Louis quel giorno arrivò in ritardo al solito posto, Harry non lo fece nemmeno sedere. Aveva avuto paura che Louis non sarebbe mai più tornato. Aveva davvero avuto paura di perderlo. Per questo aveva capito che c'era solo una cosa che avrebbe mai potuto fare.

Si alzò in piedi, non lo salutò nemmeno, non ce n'era bisogno e semplicemente gli prese il viso tra le mani e lo baciò.

Louis rimase immobile per qualche secondo, colto alla sprovvista, ma poi semplicemente decise di ricambiare. Lo avvolse tra le braccia, gli strinse il retro della nuca, immergendo la mano tra i suoi capelli per tenerselo più vicino, mentre Harry gli aveva allacciato le braccia attorno al collo.

Era un gesto avventato, egoista alla massima potenza, Harry non avrebbe mai potuto dargli quello di cui Louis aveva bisogno. Ma, in quel momento, quando Louis lo strinse ancora di più e violò le sue labbra con la lingua, non gli importò assolutamente nulla di quello che sarebbe potuto accadere. Harry, semplicemente, voleva riavere indietro la sua vita e pensava di avere tutto il diritto di riprendersela. Anche se prima, avrebbe dovuto chiudere questo baratro che aveva nel cuore, prima di poterlo riempire di nuovo. Per questo, quando Louis si staccò e fece per sussurrare qualcosa sulle sue labbra, Harry non glielo permise.

"Aspettami, Louis. Ti prego, promettimi che mi aspetterai."

Al che, il castano lo guardò negli occhi, annuì e lo baciò di nuovo, suggellando quella che sembrava essere una promessa.

Harry, in quel momento, seppe che Robert aveva ragione. Aveva trovato la sua ragione per tornare a terra e non partire mai più.

 

 

 

Maybe I'll get famous

as the man who can't be moved.

Maybe you won't mean to,

but you'll see me on the news.

And you'll come running on the corner,

cause you'll know it's just for you.

I'm the man who can't be moved,

I'm the man who can't be moved..

 

 

Louis camminava per la strada, quel pomeriggio.

Aveva tra le mani un altro libro da regalare al piccolo Harry e aveva intenzione di portarglielo quel giorno. Era un romanzo di Gàrcia Marquez, L'amore ai tempi del colera, pensava che Harry lo avrebbe semplicemente amato. Non vedeva l'ora di vedere quello splendido sorriso fare capolino sul suo viso, con tanto di fossette.

Louis sapeva, che avrebbe potuto innamorarsi di lui con una semplicità immensa. Ma sapeva anche che prima di poterlo permettere, il riccio avrebbe dovuto mettersi in pari col cuore, riprendersi la sua vita, per poi permettergli di entrare. Gli aveva chiesto si aspettarlo. Ed è quello che avrebbe fatto, a costo di tornare all'angolo della strada tutti i giorni.

Avrebbe fatto letteralmente qualsiasi cosa, per avere Harry tutto per sè. Per poter assaggiare quelle labbra quando voleva, per poterlo amare come avrebbe veramente meritato. Per poter essere la sua salvezza, per poterlo portare via da quella strada. Avrebbe tanto voluto farlo. Anche in quel momento. Combattere i suoi demoni al suo fianco, leggergli romanzi, scrivergli storie da potergli dedicare, tutti i giorni.

Quando arrivò poco lontano dal posto di Harry, però, vide che il riccio stava parlando con un ragazzo. Era davvero bello. Capelli neri, un accenno di barba sul viso, gli occhi determinati, il fisico statuario.

A primo impatto, Louis pensò che fosse un passante incuriosito, come si fermavano tutti i giorni. Ma poi. Semplicemente capì.

Quello era Ben. Il Ben di Harry.

Quindi semplicemente attese.

Il riccio era di spalle, non poteva vederlo nè sentire la sua voce, ma sapeva che stava parlando con quel suo tono deciso che tanto amava. Forse stava anche piangendo. Non lo sapeva. Sperava solo che tutto finisse molto presto, che il suo cuore smettesse di battere all'impazzata e che lui potesse finalmente avvicinarsi al riccio per chiedere spiegazioni o semplicemente per baciarlo, come aveva fatto i giorni precedenti, incessantemente.

Voleva davvero baciarlo di nuovo, in quel momento.

Passarono altri cinque minuti, prima che il ragazzo annuisse. Poi abbracciò brevemente Harry, che non ricambiò, e se ne andò. Non prima di avergli tirato un'occhiataccia, che di certo non sfuggì a Louis.

Solo poi, il castano decise di avvicinarsi. Mise le mani sulle spalle del riccio, che era rimasto fermo nella sua posizione, le massaggiò lentamente e attese che Harry si rilassasse sotto il suo tocco.

Così fece. E quando Louis gli chiese "Era lui, non è vero?" ed Harry si voltò verso il castano, non stava decisamente piangendo.

Harry sorrideva. Di un sorriso che non gli aveva mai visto stampato sul viso. Il sorriso di una persona finalmente libera, con in mano la sua vita.

Harry non rispose. Si sporse verso di lui, lo baciò piano, mugolando quando Louis gli immerse come sempre la mano tra i capelli per avercelo sempre più vicino. Per avere sempre di più, sempre di più..

E quando, poi, Harry parlò contro le sue labbra, Louis capì che la sua attesa era finita. "Tu sei la ragione per cui voglio muovermi." sussurrò. "Portami a casa, Louis."

 

 

Going back to the corner,

where I first saw you.

Gonna camp in my sleeping bag

I'm not gonna move.

 

 

 

 

Angolo autrice

Ciaaao popolo di efp :)

ieri pomeriggio ho letto un tweet in cui una ragazza dava l'idea per scrivere una os ispirata a questa stupenda canzone dei The Script. Io come potevo ignorarlo? Insomma, comprendetemi.

Ho in porto un'altra storia decisamente più lunga e decisamente meno complessata (forse), ma ieri sera davvero non ho resistito. Avevo bisogno di scrivere una cosa più introspettiva, è un periodo difficile, anche considerando che l'ho scritta totalmente d'istinto, senza pensarci troppo.

Spero che vi piaccia e spero anche se abbiate colto il suggerimento sottoforma di link dell'inizio, e che l'abbiate letta con The man who can't be moved in ripetizione, come ho fatto io mentre la scrivevo. Come qualcuno ben sa (sì Lella, parlo di te ahah), sono in pieno periodo The script, quindi amen. L'ho scritta e niente, fatemi sapere che cosa ne pensate. Magari potrei considerare di farlo con altre canzoni, in futuro. :)

So che è abbastanza improbabile che una persona possa fare una scelta come quella di Harry, ma si chiama au per questo motivo, no?

Anyway, un enorme grazie va a Gloria, ovviamente, dato che ieri sera l'ho aggredita verbalmente per farmi aiutare a decidere un paio di cose. Tipo, chi far soffrire dei due. (Ha scelto Harry, quindi è decisamente tutta sua la colpa).

Detto ciò, fatemi sapere cosa ne pensate, le recensioni sono gratis! Ne sarei davvero felice.

Un bacione, alla prossima! M. :)

  
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