Disclaimer: I personaggi non mi
appartengono
La storia
è scritta senza fine di lucro alcuno.
I Promise
To Let The Sun In
A dire il vero, Steve ha smesso di
leggere già da un paio di minuti.
Seduto sulla poltrona del salotto,
tiene il libro sul palmo della mano destra, mentre la sinistra –Contro le cui
dita chiuse poggiano lo zigomo e parte del mento- di tanto in tanto si sposta
per trovare una posizione più confortevole al gomito puntellato sul bracciolo.
Prima sollevava gli occhi per
riflesso, addestrato com’è a non perdere la nozione dell’intorno, a tenere ogni
cosa sotto controllo e a portata di vista. Ora invece lo sguardo è fisso in
avanti, attento e intento a non farsi
scoprire, in religioso silenzio, trattenendo il fiato come durante un’operazione
militare –O, forse, più come quel momento in bilico tra disfatta ed arte quando
sua madre faceva arricciolare la crema sul bignè di pasta gonfia, costato ore e
sudore mal pagato e cento e mille pantaloni da cucire alla sartoria.
Merito anche dell’atmosfera di calma
che regna a casa Barton, il Capitano è in grado di vedere le sfumature dorate
della crema, la sua densità morbida e carezzevole, il sorriso sfumato di Sarah,
il dorso della mano magra e che già ingiallita che passa sulla fronte sudata,
gli occhi che brillano nella sua direzione Soddisfatta. Enormemente stanca, sì,
esausta e con le orbite segnate di nero, le dita un reticolo di cicatrici, i
polpastrelli tagliuzzati lì dove ha dovuto combattere con ago e filo, ma
felice.
Vede anche suo padre, nei rari
momenti in cui era lontano dalla bottiglia e non stava caricando il pugno già
spellato per colpire il volto tumefatto di Sarah. Accomodato in poltrona come
lo è Steve ora, portava il gilet stazzonato aperto sulla camicia polveroso, le
lunghe gambe distese, i pantaloni lisi talmente corti, ormai, da far intravedere
la caviglia nodosa ed il calzino rattoppato. In pace col mondo, Joseph sedeva
in poltrona leggendo il giornale, guardando sua moglie accontentare la voglia di
dolci di un bambino in miseria, e fumando la pipa.
Se non fosse per la paura di
danneggiare Laura e Nathaniel, anche Steve trarrebbe di tasca il porta-tabacco
e passerebbe la fiammella sul fornelletto, godendosi il brulichio eccitato entro le guance e sulla
lingua alla prima boccata1.
Non che gli dispiaccia rinunciare,
comunque. La sola Lila che disegna sul tavolino poco distante è abbastanza per
mettergli il cuore in pace.
La figlia di Clint è tesa in avanti, compunta,
le spalle minute curve sulla prodigiosa opera, le nocche minuscole ed il polso
già aggraziato punteggiati di macchioline all’acquerello. Talvolta incastra la
lingua tra i denti o la fa guizzare sulle labbra, per poi scostare con gesto
deciso e anche un po’ infastidito una treccia dispettosa caduta a pizzicarle il
collo.
Chissà se sarebbe stato lo stesso, se
nulla di tutto quel che è accaduto non fosse mai successo.
L’ombra di Stark sul portico gli ricorda cosa avrebbe perso.
Wanda Maximoff gli ha mostrato a cosa
ha rinunciato.
Ma cosa, cosa gli sarebbe spettato?
Una bianca staccionata dipinta di
fresco, una bandiera fuori dalla porta e torta alla cannella nel forno, foto
color seppia e quadri al carboncino, passi allegri sulle scale di legno, una
bimba di sei anni da sollevare e baciare sulle guance, da far vestire con
gonnelline e vestitini, da portare a prendere un gelato od una granita, da
tenere per mano, con cui guardare un film Disney al cinematografo, da
abbracciare quando Grimilide si muta in orrida vecchia, da consolare quando
sembra tutto perduto e Aurora condannata al sonno senza risveglio. Una bambina
bella e dalla guance rosse, con gli occhi azzurri e i capelli castani,
coraggiosa, sana, forte, con una deliziosa fossetta per ogni sorriso. Una
bambina cui piace sentire le partite di baseball alla radio –Ma solo se
accompagnate da una tazza di vero caffè inglese.
«A cosa pensi?»
Lila è ferma nell’atto di dare una
generosa pennellata di giallo zafferano sulla carta impregnata di colore troppo
diluito, e lo squadra con l’aria tipica dei bambini che hanno colto in
flagrante un adulto che ficcanasa in giro, e che da adulti useranno per quando troveranno
i bambini con le dita affondate nel barattolo di marmellata. O, anche, il
medesimo sguardo di Clint quando scopre che, durante le infruttuose trasformazioni
controllate, Hulk gli ha rubato i cetriolini dal frigo2.
Sono di Clint anche i tratti decisi
del volto, lo sguardo che da serio sa diventare riso in un gioco di luce, uno
schiocco di dita ed un battito di ciglia. Sono del padre anche le mani e la
cura, la precisione. Osserva quanto la circonda con la stessa attenzione –E la
consapevolezza di non essersi lasciato sfuggire nulla, della propria capacità
di cogliere il più infinitesimale dettaglio, di vedere tutto, ciò che è reale e
ciò che non lo è.
«Ad un sogno che ho fatto» le
risponde Steve, chiudendo il libro e tenendolo ora sulle ginocchia. Vi posa sopra
le dita intrecciate, batte appena i palmi fra loro e inarca le sopracciglia,
per poi accennare al tavolino con movimento impercettibile del mento «E tu cosa
fai?»
«Un disegno per la zia Nat!» Lila si
passa il dorso della mano sul naso, così da colorarlo di una vivace nota
canarina.
«E cosa disegni?»
«Una farfalla. Perché lei è elegante
e bella come una farfalla. E poi si vede che è triste, quindi le voglio
regalare il disegno perché così torna di nuovo felice. Le voglio bene e voglio
che sia felice, non triste.»
Il Capitano sorride e annuisce, a
dirle che capisce perfettamente la meccanica e la logica di quel pensiero –Quanti
disegni, a sua madre, di fiori e mari lontani, di frutta zuccherina e dolci da
far venire l’acquolina e che potevano vedere unicamente attraverso la vetrina
della pasticceria, sfoglie e torte del cui sapore non sapevano dire nulla se
non quanto dettato dallo slancio dell’immaginazione e dallo stomaco arso da
cibo passito. Sarah, una figuretta esile sotto le coperte, un fuscello
infagottato di lana grezza, sorrideva e per un istante le lacrime si
ritraevano, lasciando null’altro, a parte il sole, a danzare sulle ciglia.
«Anche tu dovresti fare un disegno,
sai?»
Steve corruga la fronte, un mezzo
sorriso che sosta sull’angolo della bocca.
«Per zia Nat?»
Lila scuote la testa, le trecce che
balzellano e saltellano sulle spalle e sulle guance.
«No-oh.» e punta su di lui quegli
occhi birichini, le labbra arricciolate nell’atto di pronunciare una
sacrosanta, inoppugnabile verità «Per lo zio Tony!»
E Steve si porta una mano al petto e
scoppia a ridere di gusto –Finalmente.
Per un istante i polmoni tornano a
ricevere aria, tra le dita il corpo di Peggy scivola via come fumo, e che siano
lacrime oppure chicchi di sole non importa: il ricordo non fa più così male.
Note
1 Nei fumetti più
vecchi di Cap, in particolare quelli degli anni Sessanta, lo si vede in più di
una vignetta intento a fumare la pipa.
2 Nella serie animata
Avengers Assemble, uno dei motivi di litigio tra Hawkeye e Hulk è proprio il
fatto che quest’ultimo gli frega e finisce costantemente i cetriolini, di cui
Occhio Di Falco è ghiotto Uomini, sono così bambini