PREMESSA (sì, perché
io ormai con le premesse vado d’accordo!): questa fic avrebbe dovuto
partecipare alla Roundrobin “Io, in una
giornata con l’Akatsuki!”, raccolta di One-shot ideata dall’autrice Cocol_Sasso_97, la cui lettura è
caldamente consigliata a tutti!
Vi metto il link sia dell’autrice: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=114706
Che del primo capitolo della raccolta: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=759738
Io spendo lo stesso due parole sull’idea
e sul regolamento, per chi magari è pigro e non apre subito il link.
L’idea (a dir poco geniale!) di Cocol
prevedeva che ogni autore che volesse partecipare, scrivesse un capitolo su
come avrebbe trascorso una ipotetica giornata insieme
ai tanto temuti (?) membri di Akatsuki. La cosa alla fine ha preso una piega un
po’ comico-demenziale, le fan girl si sono sbizzarrite, e io ho voluto dare il
mio contributo!xD D’altra parte, questa fic era all’insegna del divertimento, e
io, anche se con estremo ritardo, posso dire di essermi divertita sia a leggere
i vari capitoli che a scrivere questo “obbrobrio”.
Se
qualche sventurato autore dei capitoli che presero parte alla raccolta si
imbattesse qui (in realtà ci spero), vorrei ringraziarlo di cuore per i
capitoli scritti e pubblicati, perché, come a me, sono sicura che abbiano
regalato a tutti i lettori un sorriso. Nominarvi tutti uno a uno è qualcosa di
praticamente impossibile visto quanti siete, ma un grosso GRAZIE va ad ognuno
di voi.
Vi lascio alla lettura senza stressarvi oltre, tanto mi rivedrete
a fine capitolo…
Non è nel nostro vocabolario!
Autore: WolfEyes
Genere: Comico (ci provo), altamente demenziale
Raiting: Verde
Avvertimento: Non ho mai scritto nulla su Aka,
e questo dice già tutto!
Alcuni
personaggi potrebbero essere OOC per il motivo sopraccitato.
In alcuni punti userò un gergo un po’ volgare, ma sapete
anche voi con chi abbiamo a che fare…
Sarà
in parte AU
Personaggi: Akatsuki
Era una bella mattina di
fine agosto, e benché fosse ancora molto presto, si poteva già capire che
sarebbe stata una giornata molto calda, che avrebbe superato i trenta gradi e
che non avrebbe dato tregua a nessuno.
Era una bella mattina di
fine agosto, ma per l’organizzazione segreta ben nota con il nome di Akatsuki,
che ancora sonnecchiava nel proprio covo, non sarebbe stata una gran bella giornata
come invece si sarebbero aspettati dalla loro monotonia.
Il consueto orario di
risveglio dei membri dell’organizzazione era ancora lontano quando qualcuno,
naturalmente la sottoscritta, bussò alla porta, ben consapevole che non sarebbe
stato accolto in casa immediatamente proprio a causa dell’orario.
Fortunatamente, l’unica
sveglia era Konan, che con tanti buoni propositi aveva deciso di svegliarsi di
buon’ora e preparare la colazione a tutti, ignara ovviamente che alle vittime
della sua generosità non avrebbe fatto molto piacere.
Chiedendosi chi mai potesse
far loro visita così presto, ricordando che l’ultima volta che avevano visto il
postino era stato almeno un mese prima, poiché corso via terrorizzato dalle
bombe di Deidara giurando che non avrebbe mai più fatto ritorno in quel covo di
matti, si diresse alla porta, scoprendo forse la sua rovina.
« Buongiorno. », la giovane
mi squadrò, leggermente indecisa su come rivolgersi a quello strano individuo
che si era trovata di fronte. « Posso… Esserti utile? », domandò infine, leggermente titubante.
« Piacere Konan! », dissi
nelle mie vesti di misterioso visitatore in tono cordiale, con un sorriso e con
una mano rivolta, in segno di saluto, alla ragazza, che la strinse. « Sono WolfEyes, ma è meglio che mi chiamiate semplicemente Giulia.
Scusa se ti sembro un po’ sfacciata, ma… Posso entrare? Avrei bisogno di tutti
voi e ti sarei grata se andassi a svegliare tutti gli altri »,
e detto questo rivolsi a Konan un altro sorriso, un po’ imbarazzato per la
stramba richiesta che sapevo di aver fatto.
Chiedendosi chi mai glielo
avesse fatto fare, mi fece entrare, e come chiuse la porta e si voltò per
dirigersi alle camere, notò che tutti, proprio tutti!, facevano capolino dalle porte
delle proprie stanze, con sguardo guardingo e sospettoso.
« Ma… Siete già svegli! »,
esclamò la ragazza, interdetta. Nel giro di neanche cinque minuti la mattinata
aveva preso una piega già troppo strana per i suoi gusti!
Infatti, contrariamente a
quanto chiunque si sarebbe aspettato, tutti i membri di Akatsuki si erano
svegliati al solo sentire bussare alla loro porta. Terrore diventato abitudine?
A voi la scelta!
« Sì, abbiamo paura! Chi è quell’essere che ci viene a
svegliare a quest’ora? Cosa vuole? Non ne abbiamo già viste abbastanza? Questa
storia va avanti da più di un mese! », gridò Deidara,
spettinato ed esasperato, guardando l’ospite con un’occhiata terrorizzata e allo
stesso tempo quasi adirata.
« Oh! È questo che pensate di me? »,
chiesi, dispiaciuta. « No, potete stare tranquilli,
non sono certo qui per terrorizzarvi! Anzi, avete tutto il tempo per
svegliarvi, lavarvi e vestirvi, e una volta pronti potrò parlarvi
tranquillamente del motivo per cui vi ho fatto visita »,
spiegai, con un sorriso cordiale.
Così, la grande e temibile
organizzazione, dopo una decina buona di minuti (e una lite per chi dovesse
andare per primo in bagno, che costò a qualcuno la camera, saltata stranamente in aria con un botto
assordante), si riunì nel salotto, dove Konan ed io, nelle mie vesti di misteriosa
e stramba visitatrice, stavamo parlottando allegramente sedute davanti ad una
tazza di tè. Bevibile, a quanto pare, perché sono ancora al mondo!
Tutti ebbero quindi modo di
osservarmi attentamente, cosa che mi imbarazzò non poco, prima di darmi ogni sorta
di confidenza: altezza nella media, occhi verdi, capelli biondi raccolti in una
coda alta, cappellino con visiera, una larga camicia a maniche lunghe,
pantaloncini corti leggeri, un marsupio azzurro legato in vita e un paio di tennis logore.
Abbigliamento davvero
strano e insolito anche per gente che indossa costantemente una tunica nera
decorata con nuvole rosse!
« Bene, ora che siete tutti qui, posso spiegarvi come
stanno le cose! », dissi, mantenendo sempre quel
sorriso cordiale e leggermente imbarazzato. « Sono
WolfEyes, ma per comodità chiamatemi pure Giulia. Come avrete immaginato, sono
anche io una scrittrice di Fan-Fiction, come tutte le persone che avete
incontrato giorno dopo giorno in questi ultimi due mesi. Ebbene, anche io
passerò una giornata con voi, o meglio, voi la passerete con me! »
« Frena, frena! », gridò
Hidan. « Non sappiamo nulla di te, non è che ci vuoi
far fuori? Con qualcosa del tipo mollarci in un covo di fan accanite e
mentalmente disturbate che pur di toccarci ci farà a brandelli?! »
Era chiaro che l’esperienza
della Roundrobin li stesse esaurendo. E io avrei fatto altrettanto.
« Oh, che cosa drastica! Suvvia, non sono così
crudele, una cosa del genere potreste farla voi a qualche vostro nemico, io no
di certo! E… Tanto per la cronaca, e forse anche per la vostra salvezza, ci
tengo a dire che non sono ossessionata e/o perdutamente innamorata di qualcuno
di voi. Mi siete solo simpatici, chiaro? », spiegai,
con un tono calmo che ebbe il suo effetto rassicurante sui presenti, i quali si
rilassarono all’istante.
« Sia ringraziato Jashin! »,
esclamò l’albino smettendo di trafiggersi con la sua ascia.
« Tuttavia… », mi schiarii
la voce, « Se ora posso tornare al discorso originario senza che vi facciate
prendere da attacchi di panico, passerete la giornata con me, ma non sarà tanto
semplice ».
Quasi nessuno mi considerò
pari, troppo rassicurati dal fatto che forse sarebbe stata una giornata calma e
senza crisi isteriche. Ma con alta probabilità, si stavano sbagliando.
« Mi volete ascoltare?! Devo minacciarvi, per caso? »,
esclamai con tono più alto, ottenendo così l’attenzione dei presenti. Non
tollero che qualcuno non mi ascolti. « Dicevo… In questo mese, anzi, due mesi,
avete fatto un sacco di cose, come oziare, andare a cavallo, conoscere tanta
gente nuova, andare al mare, soffrire il caldo e nascondervi nei congelatori,
distruggere il covo e case altrui, scoprire amore e un po’ di umanità (Davvero?!o_o), vi siete addirittura
allenati, ammalati, qualcuno di voi è morto e poi rinato, siete stati
minacciati e fregati, ed un’altra infinità di cose come queste, e, diciamocelo,
non avete combinato un beneamato cavolo in fin dei conti…! Poiché ve la siete
presa fin troppo comoda, ho deciso di farvi fare un’esperienza nuova: verrete a
lavorare con me »
I membri
dell’organizzazione, che avevano ascoltato attentamente, cosa già di per sé
alquanto strana, si
lanciarono occhiate basite, restando muti come pesci.
« Lavorare? », chiese Tobi,
che di tutto il discorso aveva capito soltanto che nessuno gli avrebbe comprato
caramelle o bambole o creme antirughe, oltretutto non menzionate.
« Sì, che c’è di strano? », chiesi,
altrettanto basita dalla loro reazione fin troppo stupita.
« Scusa, Giulia, ma… Come
dire, credo che lavorare non rientri nel nostro vocabolario… », ammise Pain,
quasi mortificato dalla cosa.
« Già, noi non abbiamo mai
lavorato », ammise Sasori.
« Cosa? », ora quella
veramente scioccata ero io.
« Ci siamo sempre e solo
limitati ad allenarci e ad uccidere qualche ninja di tanto in tanto… », sbuffò
Kisame con un’alzata di spalle, osservando la spada appesa alle proprie spalle.
« Volete dirmi che non avete idea di che cosa
significhi lavorare? Neanche lontanamente? », mi alzai dal
tavolo quasi indignata, battendo le mani su di esso.
« Non rientra nel nostro vocabolario! », dissero quasi come fossero un innocente coretto.
In preda quindi
all’esasperazione, tirai magicamente fuori un dizionario di 2500 pagine,
sbattendolo con forza sul tavolo, che in tutta risposta tremò paurosamente, e
in breve trovai la definizione di lavoro.
Dovevano pur ricordare vagamente qualcosa! Ed in quanto studente di economia
non potevo tollerare che non conoscessero almeno in parte il significato di
quella parola.
« “Applicazione di una energia umana, animale o meccanica al conseguimento di
un fine determinato” », lessi.
Guardai il gruppo, ma non
ci fu nessuna reazione da parte loro. Definizione troppo generica, così passai
a quella dopo.
« “Grandezza scalare data dal prodotto dello
spostamento del punto di applicazione di una forza per la componente della
forza secondo la direzione orientata dallo spostamento o dal prodotto del
modulo della forza per la componente dello spostamento secondo la direzione
orientata della forza…”. Un momento, questa è fisica! »,
mi lamentai. Figuriamoci se una definizione del genere poteva loro ricordare
qualcosa! Ma poi trovai quello che cercavo, e risi con un ghigno basso e
perfido.
« “L’attività produttiva,
dal punto di vista economico,
giuridico, sindacale, intesa anche come fonte di reddito individuale o comunitario”… La cosa che ho omesso di dire è
che tutti voi sarete pagati ».
E in quel momento, lo sapevo,
uno tra tanti, ovvero Kakuzu, si era illuminato come se davanti a lui si fosse
aperta la cassaforte di Paperon de Paperoni.
« Sìììììììììì! Andiamo a lavorareeeee! », gridò euforico,
balzando in piedi e correndo qua e là come un bambino a cui i genitori avevano
appena detto che sarebbero andati allo Zoo a vedere le tigri. Il fatto che
potessi sfruttarlo mi piaceva assai!
« Questo è lo spirito, Kakuzu! »,
riuscita nel mio intento, rimisi il tomo nel piccolo marsupio. (Sì, perché io può!u_ù )
« Non vale, lo hai
comprato!!! », si lamentò Hidan sbuffando.
« Andiamo, non fate quelle facce, non sarà male. Un
po’ di moto e di sole vi farà bene »
« Tutti a lavorare! Tobi lavora perché is a good boy!!
», anche Tobi si unì alla corsa euforica di Kakuzu, fermandosi
di tanto in tanto ad abbracciarmi, ma tutti lo ignorarono.
« Hai detto sole? », urlò
Zetsu, indignato.
« Sì. Il lavoro consiste nella raccolta della frutta,
più precisamente delle pere », spiegai.
« E staremo tutto il giorno sotto il sole? Oh mio Jashin, è la fine! »
« Mi ritengo fortunato a non temere il caldo, ma non
credi che il lavoro sotto il sole sia nocivo al legno di cui sono fatto? », domandò Sasori.
« Macchè, anzi, molto
probabilmente lo renderà più resistente! », gli
assicurai con un sorriso, quando a dire il vero non ne avevo idea.
Dal canto suo Kisame era
più preoccupato di poter finire disidratato, ma avremmo risolto anche quel
problema… Oppure ci saremmo assicurati il pranzo, dipende dai punti di vista!
Un paio di minuti e alla
fine tutti si arresero. In fondo non potevano opporsi, e benché fosse difficile
da credere, erano stati costretti a fare di peggio rispetto al lavoro in
campagna (o così credevano).
« Un consiglio: usate una camicia a maniche lunghe, so
che farà caldo, ma eviterete di scorticarvi le braccia con i rami. Lo dico per
esperienza! E sarebbe meglio per voi che evitaste i colori scuri, soprattutto
il nero. Procuratevi anche dei guanti magari », disse
infine.
« Ah, ecco perché sei
vestita in quel modo bizzarro », commentò Hidan, squadrandomi da capo a piedi.
« Ovvio, mica avrete creduto che io mi vesta sempre
così! Non esiste! », esclamai allora, quasi offesa.
Non sono una di quelle che veste solo firmata ma un minimo di gusto ce l’ho
anche io. Insomma, camicia rosa, pantaloncini giallo canarino, marsupio
azzurro… Ero un pugno in un occhio anche per un daltonico!
« Ma no, non dire così, io trovo che la canottiera bianca che hai addosso ti stia bene
», disse Itachi, che invece di guardarle la “maglietta” praticamente mi stava
guardando all’altezza dei capelli.
Spostai ripetutamente lo
sguardo dalla mia camicia larga al viso di Itachi, poi compresi la situazione e
gli diedi ragione senza obiettare. “Sorridi e annuisci” può diventare una
filosofia di vita in certe occasioni!
Circa una decina di minuti
più tardi, si ripresentarono tutti nel salotto, già pronti e con tutto
l’occorrente, e naturalmente Kakuzu era in prima fila, pronto già da nove
minuti e trentacinque secondi.
Tuttavia, la cosa
stupefacente era, oltre al fatto che mi avessero presa alla lettera,
il loro abbigliamento. Sembravano più dei cioccolatai prodotti in serie che dei
“contadini”! Cappellino bianco, camicia bianca, pantaloncini bianchi, guanti
bianchi… Facevano impressione, e ancora di più per il fatto che ogni cosa
indossassero portasse il logo di Akatsuki: la famosa nuvoletta
rossa!
« E questi?
», chiesi indicandoli, quasi inorridita e timorosa di
conoscere la risposta.
« Oh, ti
riferisci all’abbigliamento? Beh, erano gadget per le nostre fan, o in generale
per tutti i fan di Aka, ma poi Kakuzu non ha più voluto farle produrre a causa
dei costi elevati che non riuscivamo più a coprire con le vendite. Ora ne
abbiamo a volontà », raccontò Tobi, che aveva
gesticolato come se attorno a lui stessero volando milioni di farfalle
colorate. Mi chiesi se fosse fatto, ma poi lasciai perdere.
« E così…
sarebbero stati per le vostre fan! », dissi con sguardo malizioso. «
Ammettetelo che in fondo vi piace farvi desiderare! Ma con il cattivo gusto che
avete avuto ve lo credo che avete fallito! », commentai, poco gentile.
« Visto?! Io ve l’avrò detto mille
volte! », esclamò Konan, incrociando le braccia.
Finalmente qualcuno le aveva dato ragione!
« Bando
alle ciance! E’ ora di andare! », annunciai con troppa
carica, perché gli altri quasi mi fulminarono con lo sguardo. Ma al mio
schiocco di dita, ci ritrovammo all’aperto, in una vasta campagna ricoperta di
file di alberi ordinate e cariche di frutti.
« Bene, cominceremo con questa fila,
e ora prestate attenzione », dissi, rivolgendomi all’intera organizzazione
posta in semicerchio davanti a me. Accanto a noi stava il carro già carico di
bins (sono grandi
recipienti di plastica quadrati, solitamente gialli, che vengono posti sul
carro e servono a contenere la frutta raccolta. ndWE) vuoti. « Su questo carro ci sono nove bins, e, cosa molto semplice,
dobbiamo riempirli tutti di pere! E fate attenzione a non rompere i piccioli ».
A quel punto mi guardarono come se fossi impazzita, o come
se si aspettassero che da un momento all’altro dicessi loro che si trattava di
uno scherzo e che potevano buttarsi nel macero* lì accanto con tanto di
materassini gonfiabili, per la gioia di Kisame che già temeva di disidratarsi e
si era portato dietro sei bottiglie d’acqua da due litri.
« Faremo
varie soste per bere, e se avete bisogno di qualsiasi cosa, chiedete a me.
Diciamo che sono il vostro “capo provvisorio”, per oggi ».
No, Pain non poteva uccidermi, era la mia Fan-Fiction e
avrebbero fatto tutti ciò che volevo, per cui almeno per quel giorno avrebbe
dovuto sopportare!
«
D’accordo, cominciamo! Siamo in undici quindi presumo che ce la caveremo
abbastanza bene! Ora ci disporremo… », mi guardai
attorno e notai che mancava qualcuno.
Vidi Kisame a mollo nel macero e Itachi che girava a tentoni, non capendo dove ci fossero alberi e dove no. E
con mio grande sgomento vidi Zetsu cercare di ingoiare una pianta…
Una pera volante lo colpì in piena fronte a gran velocità,
facendolo cadere a terra.
« EHI!
Nessuno ti ha detto che avevi il permesso di mangiare queste piante!! Provaci ancora e ti investo con il carro e con i tuoi
resti faccio una tisana, specie di pianta carnivora maleducata! », gridai, poi in preda alla rabbia mi voltai verso Kisame,
il cui materassino gonfiabile andò a fondo, colpito da un’altra pera volante. « E tu! Non ti pago per startene lì a prendere il sole,
chiaro?! Provaci un’altra volta e ti userò
nell’insalata al posto del tonno!! »
Crisi isterica a parte, presi Itachi per le spalle e gli
indicai quali erano veramente gli alberi…
Cominciai a temere che avrei faticato più io di tutti loro
messi insieme…
Una volta organizzati come si deve, cominciammo a lavorare
e nonostante i miei timori, riuscimmo a lavorare abbastanza bene, anche se
rischiammo più volte di investire Tobi, Sasori sviluppò la fobia per le cimici,
temendo che potessero nuocere al legno di cui era fatto, e dovetti fermare
Itachi quando mi accorsi che prendeva pere dal bins tentando di riattaccarle
alle piante. Fummo costretti a fare frequenti pause per bere a causa di Kisame
e alla fine Zetsu scomparve chissà dove… Tutto abbastanza normale insomma, ma
il peggio sarebbe stato quel pomeriggio, perché non sapevo se avrebbero retto
ancora senza distruggere l’intero frutteto.
Finalmente, tra sospiri di sollievo e grida di gioia,
condussi tutti in casa per pranzare. Apparecchiai una lunga tavola,
naturalmente con il loro aiuto, e servii e tutti minestra
fredda. Erano tutti talmente esausti ed inebetiti da non fare storie per
il cibo, tanto che lo stesso Kisame non si accorse che nella minestra c’era del
tonno (avrebbe potuto anche essere suo zio) e Tobi non fece storie per le
verdure.
Io e Kakuzu sembravamo quelli più svegli, io per
l’abitudine, lui per la sete di soldi, ma decidemmo di fare comunque un
riposino: nel giardino erano disposti enormi lenzuoli e cuscini delle sedie a
sdraio a farci da letto, tanto, appunto per la stanchezza, nessuno fece storie,
e con mia sorpresa fu abbastanza facile gestirli tutti…
Il peggio sarebbe avvenuto quel pomeriggio, perché
certamente saremmo andati in contro ad una crisi isterica da stress da raccolta…
Riprendemmo alle due e mezza del pomeriggio e il caldo si
faceva davvero soffocante. Di Zetsu non c’era traccia e Itachi continuava a non
vedere un beneamato cavolo al di là del suo naso, ma eravamo comunque un buon
numero.
Kakuzu aveva cominciato a bisbigliare piani per i suoi
affari, investimenti e tassi di interesse che solo lui capiva, Pain e Sasori
lavoravano in silenzio (almeno loro), Hidan minacciava di falciarmi quando lo
riprendevo perché rompeva i piccioli…
«Diamine,
fai attenzione, ti pago per raccogliere, non per distruggere! »
« Quante
storie! »
« Quante
storie un corno, i piccioli rotti graffiano le altre pere, che poi marciscono… Ne
viene fuori un disastro! », sbraitai.
« Ma che
vuoi che sia? », disse lui con noncuranza mentre
gettava nel bins una manciata di pere minuscole.
« Fermati
immediatamente! Primo: non si lanciano! E secondo… », presi al bins le pere che
vi aveva appena gettato, « Ascoltatemi tutti, ve l’ho già detto stamattina:
queste sono troppo piccole, le buttate a terra, chiaro? ».
L’albino squadrò me e poi le pere che stavo mostrando a
tutti.
« In poche parole,
le pere grandi quanto le tue tette le lasciamo dove sono! »
esclamò, sghignazzando.
Naturalmente, indignata ed infuriata, gli lanciai una pera,
che però lui prese al volo e alla quale diede un morso.
« Ma sono acerbe… », disse, masticando ancora il boccone.
Un’altra pera, oltretutto marcia, gli arrivò dritta in
testa, imbrattandolo e facendogli andare di traverso il boccone soffocando la
sua risata.
« Gh-Sto…
S-to
soff-cando! »
«
Arrangiati, beota, sei immortale no? »
Così tornai alle mie mansioni, davanti alla fina,
chiacchierando allegramente con Konan, alla quale stavo passando la ricetta
della pasta fredda (niente di complicato in effetti, ma sappiamo con chi
abbiamo a che fare!).
« Giuli-chan? », mi chiamò Tobi.
« Dimmi,
cosa c’è? »
« Perché
prima hai detto di non amare nessuno di noi? », mi
domandò, coi lacrimoni (o così si suppone dal tono
della voce).
« Beh, non
è che non vi ami, è che non nutro nessuna particolare ossessione per voi. In
questo ambito, mi state simpatici », spiegai.
« Come sarebbe
a dire in questo ambito? », esclamò Tobi indignato.
« Beh, parliamoci chiaro, nell’anime
recitate la parte dei cattivoni di turno che
ammazzano ninja per i cercoteri e balle varie. E io,
in tutta onestà… », mi battei due volte un pugno sul petto poi allontanai la
mano e alzai due dita, « Tifo Naruto! », esclamai,
serissima, con un tono ed uno sguardo fermi e decisi.
« Allora mi spieghi perché diamine non ci lasci in pace e
pensi a Naruto?! », mi urlò
contro l’albino, che aveva riacquistato il solito colorito pallido dopo essere
scampato al soffocamento (non che per lui fosse complicato) che gli aveva
colorato la faccia di blu.
« Scrivo
già abbastanza su Naruto, tu non ti preoccupare e pensa agli affari tuoi, anzi,
a lavorare! », urlai io di rimando continuando
tuttavia a fare il mio lavoro.
Con le imprecazioni di Hidan e i borbottii
economico-finanziari di Kakuzu come sottofondo, il lavoro procedeva a ritmo
sostenuto e in maniera abbastanza tranquilla. Dovevo solo tenere d’occhio il
caro Itachi ogni tanto, che per sicurezza avevo posizionato accanto a me, e
rassicurare Kisame, che temeva di morire disidratato e puntualmente si
rovesciava addosso una bottiglia d’acqua.
Diedi un’occhiata al cellulare nel marsupio per controllare
l’ora e successivamente osservai i bins, che erano quasi pieni e che oltretutto
avevamo già cambiato parecchie volte.
« Bene ragazzi, visto che ci avete già preso la mano…»
« Sì, sì,
la mano. Io te la stacco, la mano », sibilò Hidan.
« Guarda che ti sento, ingrato
masochista! », esclamai, seccata per essere stata
interrotta. « Dicevo, visto che procedete bene mi
assento un attimo. Voi continuate così, torno subito! », e detto questo salutai tutti quanti agitando una mano e
corsi via.
Ci misi solo pochi minuti e, preoccupata che mi avessero
fatto esplodere il frutteto o che si fossero mangiati le piante o che qualcuno
le avesse falciate, corsi immediatamente dal gruppo di matti che mi stava quasi
esasperando.
« Eccomi! », urlai, con un sorriso a trentadue denti, sbucando dal
nulla e facendo prendere un accidente a tutti.
« Ma che $£~ô@!!! P£%$Օö}
Æ~@#?= !!! », esclamò l’albino, spaventato.
« Smettila o per ogni parolaccia che dici ti detraggo due
euro dalla paga », gli dissi.
« Fortuna
che di cuori ne ho cinque! », sospirò Kakuzu.
« Vuoi per
caso fare concorrenza alle mie esplosioni? », mi
chiese Deidara, quasi indignato.
« Calma,
calma, è tutto a posto! », esordii. «
Ho solo qualcosa per voi. Basta raccogliere, facciamo una pausa! », dissi loro sorridendo e mostrando una scatola di ghiaccioli.
Probabilmente lo sguardo di Tobi si illuminò.
Tutti mi corsero incontro per scegliere il ghiacciolo.
Kisame forse accolse il gesto come quello di un salvatore sceso dal cielo.
Dovetti aiutare Itachi a scartare il ghiacciolo e barattare il mio all’arancia
con l’unico rimasto alla menta per volere di Hidan, che altrimenti non mi
avrebbe reso vita facile (non che fino ad ora avesse fatto il contrario).
Deidara e Sasori cominciarono a discutere della linea artistica dei ghiaccioli,
quasi amichevolmente, e ne dedussi
che il caldo doveva aver fatto loro molto male e che Sasori non c’era così
abituato come aveva detto. Zetsu era sparito di nuovo e Pain chiacchierava
amabilmente con Konan, mentre Kakuzu contava un mucchietto di soldi che, non so
per quale motivo, si era portato dietro.
Riprendemmo a lavorare e, tra qualche sbuffo e qualche
protesta, arrivò fortunatamente l’ora di tornare a casa. Ci dirigemmo verso la
fine della fila per poter uscire dal frutteto e lì finalmente ritrovammo Zetsu.
« Che
cavolo ci fai qui? », gli chiese Pain, poco cordiale.
« Io… », balbettò, con un’aria che più che spaventata era
quella di uno che pareva non accorgersi veramente della realtà circostante. « Oh, voi non potete capire! Io… Mi sono innamorato! », esclamò poi, tutto d’un fiato, con fare teatrale e pausa
a effetto.
« Che cappero stai dicendo, razza di rapanello cotto?! », gli chiese Hidan. La natura
doveva avergli fatto male. Sarebbe diventato vegetariano? A voi l’ardua
sentenza.
« Vedi? Non
potete capire! Questa pianta è meravigliosa! Voi non potete vederla come la
vedo io, voi non vedete il suo fascino, la sua perfezione, la sua immensa
bellezza! », spiegò allora, con gli occhi che avevano
la forma di due cuoricini.
« Oh ma che carino!!! », esclamò
Konan, giungendo le mani e con lo sguardo sbrilluccicante.
Dietro di lei, Pain la abbracciava.
Gli altri inorridivano, non so dire se per Zetsu o per la
scenetta tra Konan e Pain, mentre Kisame ne aveva approfittato per ributtarsi
nel macero con lo stesso materassino della mattina, riparato da un grosso
cerotto.
“Sorridi e annuisci, sorridi e annuisci, sorridi e
annuisci”, mi ripetevo io!!!
Ma quando scorsi Itachi che pregava qualcuno, che vidi
essere una pianta, di cambiare canale perché le telenovele non gli piacevano,
rivolto non tanto alla scena quanto al muro della casa, mi caddero le braccia!
« Beh
ragazzi, la vostra giornata lavorativa è terminata e vi faccio i complimenti
per aver resistito allo stress e al caldo e per essere riusciti ad essere
efficienti e produttivi! », esordii io, nella speranza
di attirare l’attenzione di tutti e di distrarli dalle scene pietose.
« Giulia,
che ne dici di venire a cena da noi? Così, per ringraziarti della giornata. », mi chiese Konan, facendo un passo verso di me.
« Ma siamo
tutti sporchi e puzzolenti! », protestò Deidara,
alquanto contrario ad una cena in quelle condizioni.
« Beh
allora facciamo così. », schioccai le dita e ci
ritrovammo nel loro amato covo, dal quale eravamo partiti e dove ora Kisame
“galleggiava” sul pavimento e Zetsu abbracciava la gamba della tavola. « Ora voi vi lavate e io torno più tardi. Ci state? », dissi sorridendo. Ormai avevo preso confidenza con quel
branco di matti.
« Sì,
certo, direi che si può fare. », mi disse Pain, che
ora tornava praticamente ad essere il capo ufficiale della banda di criminali
più ricercata nel mondo ninja eppure così strampalata da sembrare, o da essere,
una vera comica.
« Allora a
dopo! », esclamai, sorridendo e salutando tutti prima
di aprire la porta e andarmene.
Trascorsero circa due ore e pensai che ormai tutti avessero
avuto il tempo di fare la doccia a turno, dovendosi dividere lo stesso bagno.
Mi ripresentai a casa loro con meno imbarazzo della mattina
stessa e bussai nuovamente, stavolta più decisa. Tuttavia non ricevetti risposta
ed ebbi timore che mi stessero giocando uno scherzo.
Hidan avrebbe potuto falciarmi, Deidara farmi esplodere,
Sasori trasformarmi in una marionetta, Zetsu mangiarmi, Kisame farmi a fettine
come fossi sashimi per vendicarsi dei compagni caduti, Itachi, non vedendo,
poteva sbattermi la porta in faccia aprendola, Tobi rovesciarmi una secchiata
di vernice addosso, Konan coprirmi di post-it e Pain usarmi come nuovo corpo.
Avrebbero potuto farmi di tutto pur di farmela pagare. Me l’avevano detto, no?
Un brivido mi percorse la schiena ed ebbi veramente paura. Era la mia Fic, sì,
ma quale strambo e insano pericolo avrei corso?
Deglutii e mi feci forza. Provai ad aprire la porta e mi
resi conto che non era chiusa a chiave. Restai sulla soglia, facendo capolino
appena per vedere all’interno. La luce era accesa e chiesi, a voce non tanto
alta, « C’è nessuno? ».
Non un solo rumore, né una parola che fosse umana.
Silenzio. Era davvero possibile che proprio lì dentro ci fosse silenzio?
Mi decisi ad entrare. Tesi l’orecchio e mi accorsi che
qualche rumore effettivamente c’era. Salii le scale e, facendo più attenzione
possibile, sbirciai l’interno di una stanza, da dove pensavo provenisse il
rumore.
Mi ritrovai a guardare Kakuzu che, spaparanzato
sgraziatamente sul letto, russava senza alcun ritegno. Spensi la luce e chiusi
la porta, per il bene degli altri. Continuai per il corridoio e sbirciai in
ogni stanza: Konan e Pain si erano addormentati abbracciati, Deidara
probabilmente sognava di fare creazioni di creta perché le sue mani
digrignavano i denti, Zetsu si era accovacciato in un vaso, Tobi abbracciava il
cuscino come un koala si attacca ad un albero, Sasori invece abbracciava una
marionetta e Kisame si era rintanato in una vasca d’acqua con tanto di
sassolini e piante decorative (che Zetsu non aveva ancora mangiato).
Tornai giù e posai sul tavolo un biglietto e delle buste,
ognuna delle quali riportava il nome di un membro dell’organizzazione, e infine
mi diressi verso la porta d’ingresso e spensi anche quella luce, così come
avevo fatto per ogni stanza della casa. Kakuzu avrebbe apprezzato.
Mi voltai un’ultima volta verso le scale, scossi la testa
ripensando alla giornata e mi venne da sorridere.
« Che
pastine! », dissi tra me e me, mentre mi richiudevo la
porta alle spalle.
“Grazie per la bella giornata e per l’aiuto che mi avete dato. Ecco
qui i vostri soldi.
Adesso
la parola lavoro rientra nel vostro
vocabolario. Se così non fosse, chiamatemi!
Spero di
non essere stata così insopportabile.
Giulia
PS:
Kakuzu, e tutti voi, non approfittatevi del fatto che Itachi non vede quanti
soldi ha. Tobi, non spenderli tutti in dolci. Deidara e Sasori, comprate
argilla e marionette finché volete ma non litigate. Kisame, con questi potresti
andare qualche giornata in piscina e riprenderti. Zetsu, puoi venire a trovare
la tua bella pianta quando vuoi. Konan e Pain, non sono abbastanza per una
vacanza, ma una cena romantica ve la potete permettere.”
Angolo dell’autrice:
Ebbene, il mio obbrobrio, che cominciai a
scrivere il lontano 29 agosto 2011 e terminai probabilmente un anno dopo, ha
finalmente visto la luce.
Avrei dovuto pubblicarla allora, ma tra
impegni di ogni genere, la cosa finiva nel dimenticatoio, inoltre mi ero sempre
detta che avrei preferito leggere prima tutti i capitoli che precedevano il
mio, per correttezza verso tutti gli autori, ma poi non sono più riuscita a
stare al passo con gli aggiornamenti e alla fine… EFP ha tolto la possibilità
di scrivere Roundrobin… u_u’
Non l’ho nemmeno riletta prima di pubblicarla…
Quando ho visto il documento di Word di questa fic insieme a quelle che sto
riordinando, mi sono tirata una marea di nomi e, con l’autorizzazione di Cocol, l’ho dovuta pubblicare per liberarmene… Quindi, se
ci sono errori, non esitate e farmeli presenti!
Ai tempi in cui scrissi la fic ero solita
andare da mia zia a raccogliere frutta (chi è delle zone della Pianura Padana
capirà) e mi sono detta, non avendo una vera e propria predilezione per questi
personaggi in particolare, “Perché non farli venire a lavorare con me, visto
che non hanno fatto altro che andare al mare e divertirsi?” (o almeno, questo
fin dove avevo letto io… Ero arrivata al sessantesimo capitolo, le mie
recensioni lo confermano!).
Ad ogni modo, mi scuso per la lunghezza (4.800
parole solo di corpo del testo, sono stata nei parametri u_u)
e per la eventuale pesantezza, è un genere che non so
scrivere e probabilmente non ho fatto ridere nessuno, ma scrivendo mi sono
divertita e l’obiettivo, in fin dei conti, era quello…
Ringrazio ancora di cuore tutti coloro che
hanno contribuito alla raccolta, Cocol per la sua
brillante idea e tutti coloro che l’hanno letta e seguita e… A tutti coloro, se
mai ci saranno, che leggeranno questa.
Un abbraccio a tutti!
WolfEyes