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Autore: Swindle    03/05/2015    4 recensioni
«Quando sarai su qualche autostrada sperduta...»
Metatron li ha fregati. E' riuscito a riprendersi la sua Grazia, e a far cadere il mondo su Castiel e Dean.
Sono in trappola.
Destiel. Angst. Angst e Destiel. Ho già detto Angst?
- spoiler fino alla 10x18
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Se siete entrati qui... spero vi piaccia l'angst. Davvero.
E che non mi odiate troppo dopo averla finita.
E' ambientata in un futuro che prevede fino alla 10x18, prima che Castiel recuperi la sua Grazia.
Forse da un certo punto in poi risulterà un po' OC. Perdonatemi, nel caso.


- Iku, questa è per te. Per le nostre giornate a sproloquiare e ridere come sceme, per le sere passate a parlare di progetti, per condividere con me tutto questo, per esserci. Grazie. -








 


On some lost highway






 







Non c’è tempo per analizzare la situazione. Il corpo di Castiel agisce prima che la mente abbia modo di pensare. Risponde a quell’imperativo che è entrato talmente a fondo nelle sue viscere da essere inscindibile dalla propria volontà. ‘Salvalo’ dice categorico, ‘proteggilo a qualunque costo’.

Castiel non saprebbe dire perché né da dove provenga quella voce, quella sensazione, quella necessità di custodire Dean. Sa solo che è nata nell’esatto momento in cui aveva scorto la sua anima, giù nel profondo dell’Inferno, ormai così tanti anni prima da sembrare secoli. E quando la sua mano l’aveva toccato, marchiando il suo corpo con la sua impronta, Castiel era stato condannato. Non lo sapeva ancora, ma allora si era già perduto.

Così quando intorno a loro il mondo inizia a precipitare, Castiel si slancia su Dean, buttandolo a terra, e coprendolo col proprio corpo. Il proprio corpo umano.

Dean sbatte forte la schiena e la testa e con uno sospiro rotto sembra sputare fuori tutto il fiato che ha in corpo. Il suo sguardo si fa vitreo, e perde i sensi per qualche secondo.

Secondi che per Castiel si allungano all’inverosimile, mentre la sua mente lavora febbrilmente, facendo ora quello che il suo istinto ha già fatto.

Metatron è riuscito a riprendersi la sua Grazia, ma li ha ingannati, e ora quel lurido prefabbricato sta crollando su di loro, messo in moto dal terremoto che lo scriba ha scatenato.

Non appena Metatron ha cominciato a pronunciare la litania e Castiel ha compreso l’enochiano, ha avuto due scelte: riassorbire a sua volta la propria Grazia e fronteggiare Metatron, o mettere Dean al sicuro.

La scelta più saggia sarebbe stata ovviamente risucchiare la sua Grazia dalla bottiglietta che aveva appena scambiato con Metatron, e una volta tornati i suoi poteri salvare Dean. Ma se Metatron avesse approfittato di quel momento per attaccare Dean? Con i poteri della tavoletta dei demoni che Metatron aveva ottenuto, nemmeno il marchio di Caino avrebbe potuto proteggerlo.

Invece far credere a Metatron che i loro deboli corpi umani fossero stati sepolti dalle macerie sembrava un buon piano. L’unico che il suo istinto - e quell’obbligo in fondo alla sua anima - gli ha dato modo di mettere in atto, in ogni caso.

Sempre che sopravvivano realmente.

Lo sguardo di Castiel vaga sul volto teso di Dean, ancora incosciente, poi sul muro vicino al quale si sono accucciati, e spera che sia un pilone portante, e che non cada insieme a tutto il resto. Si stringe di più sopra di lui, aderendo al suo corpo, facendogli da scudo.

Un ultimo assordante rombo gli comunica che il prefabbricato è completamente crollato. Castiel si azzarda ad alzare la testa dalla sua posizione. La polvere gli si infila immediatamente nel naso, facendolo tossire. È troppo buio intorno, e non riesce a calcolare quanto spazio vitale abbiano.

«Cas?» chiede flebile Dean.

Gli occhi di Castiel tornano subito sul volto di Dean, soppesandolo.

«Stai bene?» chiede con apprensione.

Dean sbatte un paio di volte le palpebre, le pupille che cercano di mettere a fuoco il viso dell’angelo.

«Cosa...?» biascica, «Che è successo?»

Dean si muove a disagio sotto di lui, volgendo la testa a destra e sinistra, inquadrando a fatica i cumuli di macerie che li accerchiano: «Non si vede nulla...»

«Aspetta».

Castiel si alza sulle braccia e si sposta di lato, dandogli più spazio, poi armeggia con la tasca del trench e ne estrae una fialetta scintillante, la Grazie che diffonde un leggero chiarore tutto intorno.

«Ecco» inizia a spiegare, «Metatron ha-»

 

Un boato esplode nell’aria. Frammenti di cemento e mattone grossi quanto una zucca precipitano intorno a loro, mentre il palazzo subisce una scossa di assestamento.

Dean si raggomitola in automatico in posizione fetale, coprendosi la testa con le braccia.

Castiel urla.

La boccetta gli scivola dalle mani e si infrange a terra, la Grazia che comincia a fluire dai vetri rotti.

«Cas!» grida Dean, senza capire cosa sia successo.

Mentre ancora pezzi di soffitto crollano e una nuvola di polvere si alza dalle macerie, Dean individua Castiel steso a terra a qualche passo da lui. Lo raggiunge in un attimo, inginocchiandosi vicino al suo corpo.

«Cas?» lo chiama, spaventato dall’immobilità dell’angelo.

Castiel ha il volto girato dall’altra parte, il braccio teso verso la bottiglietta, che prima di rompersi è rotolata troppo lontano perché ora possa sfiorarla, le dita che si muovono nell’aria afferrando il vuoto.

Dean vede la Grazia di Castiel che si alza leggera nell’aria, come un rivolo d’acqua che scorre al contrario, e capisce.

Impreca a voce alta, e si precipita, correndo con la schiena piegata e la testa bassa, verso quella fonte divina che pulsa debolmente.

Comprende subito che la fialetta è inutilizzabile.

«Cas, Cas, che faccio? Cosa devo fare?»

Tenta di afferrarla con le mani, ma è impalpabile.

«Merda merda merda!»

La Grazia continua ad ascendere, ancora qualche minuto e volerà oltre la portata di Dean.

«Cas dimmi come faccio a portartela!» dice disperato.

Castiel tossisce e Dean lo fissa. Negli occhi ha uno sguardo che non gli ha mai visto.

«Non puoi fare nulla, Dean...» sussurra.

«No! No no no!»

Si muove invano, cercando almeno di trascinarla verso l’angelo con uno spostamento d’aria, perché possa riassorbirla. Prova persino ad aspirarla lui stesso, ma niente funziona.

«Cas!» urla ancora, le dita tese verso l’alto mentre la Grazia svanisce nel buio.

Dean continua a fissare quel punto per lunghi istanti, ansimando con ferocia. Sente che con la Grazia un pezzo dello stesso Castiel, della sua essenza, è appena sparito davanti a lui. La sensazione lo aggredisce con forza, e per qualche secondo si sente perso e impotente.

Castiel mormora qualcosa, ma Dean è troppo lontano per sentirlo. L’uomo si riscuote, e raggiunge l’angelo.

«L’ho persa, Dean» sta sussurrando, «L’ho persa per sempre...»

I suoi occhi sono vuoti: per la prima volta da quando lo conosce, Castiel si è arreso.

Di slancio, Dean gli prende il volto fra le mani.

«No, Cas, non è finita. Usciremo da qui e ti aiuterò a ritrovare la tua Grazia. Andrà tutto bene, Cas, credimi».

Per tutta risposta l’angelo tossisce. L’attacco di tosse lo sconquassa e un secondo dopo sta gemendo.

Dean si allontana leggermente, dandogli spazio per respirare. Sente il suo cuore galoppare crudelmente, le vene che gli pulsano nella testa impedendogli di respirare.

Calmati, si impone, concentrati.

Castiel geme di nuovo, e il ricordo del suo urlo colpisce con prepotenza la memoria di Dean.

Perché hai urlato?, si chiede.

Percorre con lo sguardo il corpo dell’angelo, finché i suoi occhi non incontrano la causa dei lamenti dell’angelo: un grosso masso sul polpaccio destro.

«Cazzo Cas!» e si precipita vicino alla sua gamba.

Con attenzione solleva il blocco, e lo lancia lontano da loro con uno sforzo impossibile per un semplice umano. Castiel geme ancora, e sembra sul punto di perdere i sensi. Dean gli afferra una mano e stringe forte.

«Resisti» lo incoraggia.

Ma resistere per cosa?

Strappa quello che rimane della stoffa del pantalone, esponendo la ferita. Gli basta una veloce occhiata per capire quanto sia seria. L’osso è sicuramente rotto, ma a questo penserà dopo. Ora deve assolutamente fermare l’emorragia.

Si solleva la felpa, oltre la giacca aperta, afferra la maglietta e strappa. Nel momento in cui appoggia il cotone appallottolato sopra la ferita, Castiel geme più forte.

Dean gli stringe di nuovo la mano, mentre la stoffa si inzuppa velocemente di sangue.

Deve analizzare la situazione. Si guarda attorno, gli occhi oramai abituati alla penombra. Il crollo in quel punto ha creato una cavità a ridosso del muro contro cui si sono riparati. Lo spazio è poco, alto poco più di un metro e mezzo e largo un paio di metri per quasi quattro. Castiel è ora steso in mezzo, mentre i cocci della bottiglietta sono all’altra estremità. Non c’è un punto in cui possano stare in piedi, sono costretti a stare accovacciati o comunque in ginocchio.

Dean calcola tutto questo in una manciata di secondi. Poi si obbliga a rendere il proprio respiro più profondo e regolare, cercando di sentire il proprio corpo.

La testa gli duole leggermente nel punto che ha colpito il pavimento quando Castiel l’ha buttato a terra - probabilmente salvandogli la vita - ma per il resto sta bene.

Guarda il viso dell’angelo, gli occhi chiusi con forza mentre cerca di non lamentarsi, e la sua mano che ricambia la propria stretta.

È buffo pensare che non si siano mai tenuti stretti per le mani tanto a lungo e in modo tanto intenso.

Non c’è molto che Dean possa fare, se non sperare che Sam e Charlie li trovino, sempre che nel frattempo Metatron non stia dando loro la caccia.

E per quanto riguarda la Grazia di Castiel... no, a quella ci penserà poi.

Se solo fossi riuscito a prenderla, ora Castiel avrebbe i suoi poteri e noi saremmo già fuori di qui.

Dean scuote la testa. Deve concentrarsi su quello che può fare in quel momento. Ovvero, assicurarsi che la ferita smetta di sanguinare. Non può certo permettere che Castiel si dissangui!

«Ok, Cas» attira la sua attenzione cercando di sorridere, «Facciamo in modo che questi orribili vestiti servano a qualcosa, eh?»

Si toglie la giacca, la piega e la sistema sotto la testa dell’angelo, in modo che riesca a respirare meglio. Castiel deglutisce, e lo gratifica con un profondo sospiro.

Poi toglie la cravatta a Castiel, gli estrae la camicia dai pantaloni e ne strappa i lembi in eccesso. Si toglie il proprio maglione e maglietta, per poi rinfilarsi solo il maglione. Infine estrae la cintura dai propri pantaloni.

Piega insieme cravatta, camicia e maglietta e li sostituisce ai pezzi che ha usato prima e che sono ormai fradici di sangue. Preme tutto insieme sulla ferita e gli avvolge intorno la cintura, senza stringerla.

«Cas, sei pronto?» chiede.

L’angelo lo guarda debolmente, e Dean non aspetta un cenno affermativo: stringe la cintura di colpo.

Castiel emette un urlo soffocato e sviene dal dolore.

 

Quando Castiel riapre gli occhi, vede il volto di Dean galleggiare nel suo campo visivo.

«Hello, Dean» dice pianissimo.

«Ehi Cas» risponde con un sorriso che non riesce a nascondere la preoccupazione, «Ben svegliato! Come ti senti?»

«Come un pennuto passato sulla piastra» riesce a soffiare Castiel, la voce più roca di quanto si aspettasse.

Dean ride brevemente, ma di una risata forzata.

«Be’» commenta, «Se hai la forza di fare battute assurde non puoi stare così male».

Castiel chiude un attimo gli occhi. La gamba gli pulsa in un dolore profondo e acuto, di quell’intensità che solo gli umani sono in grado di provare. Ma Castiel è stato malmenato e torturato, ne ha viste di peggiori. Si sente tutte le ossa rotte, e ha la bocca secca, la gola che arde. Poi gli torna in mente la Grazia, e singhiozza.

Dean lo prende come un brutto segno, gli occhi che saettano alla sua gamba.

«Lo so, fa male, ma non ti preoccupare, presto Sammy e Charlie saranno qui...» tenta di incoraggiarlo stringendogli la spalla.

Castiel lo osserva, e capisce che non ci crede molto nemmeno lui. Si sforza di sorridergli.

La sua Grazia è andata per sempre, non può usare i suoi poteri per tirarli fuori da quel casino, e in più dovrà condurre un’esistenza da umano. Sempre che sopravviva a tutto quello.

«In che condizioni è?» chiede, indicandosi la gamba con un cenno.

«Non così gravi, Cas, non preoccuparti» risponde Dean, gli occhi sfuggenti.

Sta mentendo.

Castiel sospira, la testa leggera, e desidera che Dean gli prenda di nuovo la mano, come ha fatto prima. Corruga la fronte, colpito dallo strano pensiero che ha appena fatto, da quell’impellente bisogno.

Dean sta trafficando con il cellulare.

«Funz-» prova a chiedere Castiel, ma viene bloccato da un attacco di tosse talmente forte che gli squassa tutto il corpo e lo lascia spossato.

Ho sete, pensa, incapace di traformare in voce le due parole.

Ma Dean capisce lo stesso - e a Castiel piace come riesce sempre a farlo - e dice: «Aspetta».

Gli solleva la testa con delicatezza e fruga nella giacca che aveva sistemato a mo’ di cuscino per l’angelo.

Il suo viso si apre in una breve espressione esultante: «Sei fortunato!»

Estrae dalla giacca una fiaschetta.

«Grazie a Dio sei un alcolista».

Dean ride: «Dio? E sempre pronto a giudicare tu, eh?»

Castiel muove la mano come a scacciare un insetto molesto «Lui, sì, dovunque sia».

Una mano del cacciatore sostiene l’angelo dietro la nuca, mentre quest’ultimo beve qualche sorso dalla fiaschetta, il gusto aspro del whiskey che scende giù incendiandogli la gola. Castiel tossisce un paio di volte strizzando gli occhi.

«Piano, piano» dice Dean, allontanando la fiaschetta dalla bocca avida di Castiel, «Vuoi ubriacarti per caso?»

«Non sarebbe una cattiva idea»

«Be’, non te lo permetterò»

Dean si porta la fiaschetta alle labbra, ma Castiel vede che ne prende solo un piccolissimo sorso. Vuole lasciarlo per lui.

Chiude gli occhi.

«Per quanto sono svenuto?»

«Non molto, una mezz’oretta credo».

«Quindi saranno passate un paio di ore almeno da quando abbiamo incontrato Metatron».

Dean non risponde.

Castiel apre gli occhi e fissa lo sguardo nel suo. Dean è inginocchiato vicino a lui, la testa appoggiata a un ginocchio mentre l’altro sostiene il suo peso, a terra.

Gli occhi di Dean sono di un verde cupo, e Castiel si ritrova a desiderare di vederli più da vicino.

Dean sa benissimo cosa l’angelo voglia dire.

«Ci troveranno, Cas. Abbiamo tempo».

Castiel annuisce senza convinzione. «Non funziona il cellulare?»

Dean sospira, negando piano con la testa «Le macerie schermano il segnale, penso. Ma prima che crollasse tutto era acceso, il GPS avrà fatto il suo dovere, sono sicuro. Il piano è ancora in corso».

«Sempre che Metatron non sia già arrivato a Sam e Charlie».

«In quel caso Crowley lo starà tenendo a bada, è più interessato di noi a non fargli usare la tavoletta sui demoni, lo sai».

Castiel non dice nulla, ma non è convinto. Ha visto cos’è riuscito a fare Metatron.

«Come ha fatto a cacciarci in questo guaio?» chiede Dean, leggendogli quasi nel pensiero.

«Enochiano. Un incantesimo che non ho mai sentito però. Ha usato qualcosa nella tavoletta, credo, come aveva fatto con quella angelica».

«Ma se aveva tutto questo potere, perché non usarlo prima? Insomma, la tavoletta ce l’ha da mesi».

«Penso gli servisse la sua Grazia indietro. E io come uno stupido gliel’ho offerta su un piatto d’argento...» la sua voce si affievolisce.

Subito la mano di Dean corre a stringergli il polso.

«Cas, non è stata colpa tua, non potevamo saperlo».

«Avrei dovuto immaginarlo, invece» si passa la lingua secca sulle labbra, «E ora la mia Grazia...»

«Non pensarci, riusciremo a fartela riavere indietro, vedrai».

La mano di Dean stringe con più intensità il polso di Castiel, e l’angelo vorrebbe che il suo tocco scivolasse fino al palmo. Non riesce a capire perché, ma sente bisogno del contatto diretto di Dean.

Castiel scuote la testa.

«È andata, Dean, l’hai vista anche tu. L’ho persa per sempre» poi apre le labbra in un sorrisetto di scherno, «Mi dispiace, credo non potrò più aiutarti con i miei poteri».

«Ci siamo già passati. Sei riuscito a riavere i tuoi poteri...»

«No» lo ferma Castiel, «Ho giurato che non avrei mai più ucciso un fratello. Non posso. Quello che posso fare, invece, è vivere da umano».

«Non mi sembra che tu te la sia cavata molto bene l’ultima volta».

«Ehi, cosa vorresti dire? Sono un ottimo umano, io!»

Entrambi scoppiano a ridere, ma le risa di Castiel si trasformano presto in tosse, e in breve si sente senza fiato, non riesce più a respirare, la testa gli si fa leggera e...

Le mani forti di Dean lo sostengono, alzandogli la schiena, permettendogli di respirare meglio, guidandolo con la voce a prendere respiri più profondi e lunghi.

Quando si calma, e il suo respiro si fa meno erratico, sibila: «Forse hai ragione, non sono molto bravo con tutta questa storia dell’essere umano, del respirare...»

Alza lo sguardo, e trova il sorriso teso di Dean, i suoi occhi vicinissimi, scuri di apprensione per lui. Castiel sente uno strano groppo alla gola e cerca di sorridergli, ma è ovvio che non è in grado di fare un buon lavoro.

«Posso avere un altro sorso di quella roba da alcolista per favore?»

Dean annuisce, e lo aiuta di nuovo a bere, questa volta avvicinandogli personalmente la fiaschetta alla bocca quando si accorge che Castiel non riesce a tenerla in mano da solo.

 

Castiel è sempre più debole, Dean può vederlo ogni attimo di più. E respira a fatica. L’emorragia si è ormai bloccata, ma ha comunque perso molto sangue, e Dean inizia a essere davvero molto in ansia.

Non c’è nulla che possa fare, e questo gli dà alla testa. Mentre Castiel era svenuto aveva setacciato tutta la nicchia, in cerca di punti deboli, o passaggi, ma non ne aveva trovati. Sono in trappola.

Sono solo loro due, e Dean affoga un po’ al pensiero. Sono soli e Dean non è sicuro di poter affrontare tutto quello da solo. Non è sicuro di volerlo fare. Ha sistemato la fasciatura, ha cercato di pulire la ferita per quanto ha potuto... e ora non c’è più nulla da fare. Possono solo aspettare.

Cerca di non far trasparire troppo la sua preoccupazione, ma quando guarda gli occhi di Castiel, così blu e profondi... e ora così bui, a causa del dolore che prova. Sono sempre riusciti a scavargli dentro l’anima, a capirlo, e anche da umano la cosa non è cambiata. Non può nascondergli quanto la loro situazione sia disperata.

Allontana la fiaschetta dalla sua bocca.

«Ehi, Cas, conservane qualcosa anche per dopo, mh?»

Cas sorride debolmente, e ha un brivido.

Dean stira le labbra. La temperatura sta scendendo sempre di più, fra poco sarà notte. Si appoggia al muro dietro di lui, fa stendere la testa di Castiel sulle sue gambe, e apre la sua giacca su di lui.

«Grazie» mormora l’angelo, sistemandosi un po’ meglio sotto la coperta improvvisata.

«Come va la gamba?» si informa.

Non c’è risposta.

Dean si sporge sul suo volto. No, non è svenuto, ha gli occhi aperti e si sta mordendo un labbro Una volta che Sam e Charlie fossero arrivati a salvarli, Dean avrebbe trovato un angelo e gli avrebbe fatto guarire Castiel, a costo di prenderlo a calci in culo da lì all’eternità. Ma ora deve continuare a tenerlo sveglio.

«Cas?»

«Non la sento più, Dean» risponde lentamente.

«Be’, meglio, almeno non hai più dolore!» cerca di sdrammatizzare.

Non va affatto bene. Cazzo, Sammy, dove sei finito?

«Quanto credi che sia grossa questa rientranza, Dean?» cambia discorso Castiel.

«Non so... una decina di metri cubi, a occhio e croce».

«E quanta aria credi ci sia?»

Dean non risponde subito, non sa cosa dire. Sa dove l’angelo voglia andare a parare.

«Sono un umano, ora. Ho bisogno di ossigeno».

«Lo so, Cas», fa una pausa, «Ce n’è abbastanza».

Castiel sospira.

«Dimmi la verità, Dean, com’è la ferita?»

Cosa devo fare? Cosa devo dirgli?

Dean prende ad accarezzare i capelli di Castiel senza rendersene conto, cercando di confortarlo. Per qualche minuto nessuno dei due parla, mentre Castiel si scioglie sotto il suo tocco.

Dean si ritrova a chiedersi se qualcuno abbia mai accarezzato Castiel come lui sta facendo in quel momento. Certo, ha avuto quella notte di sesso con quell’angelo che poi l’aveva ucciso. Quanto affettuoso poteva essere stato come incontro?

Abbassa lo sguardo su di lui. Ogni tanto non pensa a chi e cosa sia davvero Castiel. Per lui ormai è solo... Cas.

Invece ora... un essere così potente e antico, ridotto a un umano spezzato e dolorante. Dean si sente invadere da una profonda compassione, e tristezza. E Castiel sceglie proprio quel momento per spingersi lievemente nella sua mano, facendo calare un blocco pesante e bruciante sulla bocca dello stomaco di Dean. Non può star accadendo sul serio. Non al suo Cas.

«È grave» sente dire alla propria voce, «Ma siamo passati in cose peggiori, Cas. Ce la faremo».

Castiel scuote piano la testa, le ciocche di capelli che si muovevano fra le dita di Dean.

«No, tu ci sei passato. Io ero un angelo, il dolore è... diverso. E quando ero umano, sono morto. Non un bell’esempio, mi pare».

Dean si sente in colpa. Di solito è lui quello che spara una battuta stupida dietro l’altra, pur di rendere le cose più leggere. E invece ora è Castiel che continua a scherzare come mai ha fatto, mentre lui è rigido e non riesce ad aprire bocca. Cosa gli sta succedendo?

«Non mi dispiace essere umano, sai?» riprende Castiel, parlando più con se stesso che con Dean, «Va bene finire così la mia esistenza».

«Cas!» lo riprende.

«No, dico sul serio. È una cosa che mi ha detto Metatron. E aveva ragione sai? Una volta che mi fossi ripreso la mia Grazia... cosa avrei fatto? Non sono più un Angelo del Signore. Non lo sono più da tempo. Per lo meno non come i miei fratelli. Non appartengo più al Paradiso. E allora cosa sarei stato? Un angelo perduto che vaga per la Terra, senza più una casa... No, è meglio così. Non avrò più i miei poteri, ma potrò ancora fare una vita decente. Con voi uomini. Come uno di voi. Alla fine è quello che ho sempre desiderato...»

«Davvero?» chiede Dean seriamente interessato, è raro che Castiel sia così loquace riguardo a se stesso, «Davvero preferisci essere un mortale che un potente Angelo del Signore?»

«Dio, dammi un toast marmellata e burro di arachidi e non avrò alcun dubbio».

Dean ridacchia, e anche Castiel si lascia andare a un sorrisetto.

Dean si abbassa su di lui, e si accorge che è sempre più pallido.

«Seriamente, Cas, come umano sei ok, ma ti preferisco di gran lunga come angelo. Insomma, chi mi guarda le spalle con i suoi potenti mojo?»

Si fissano per qualche secondo negli occhi, e Dean si perde in quei tunnel blu.

L’immagine della prima volta che aveva visto l’angelo gli si forma nella mente, sovrapponendosi a quel Castiel stanco e dolorante. Si ricorda il timbro della sua voce, profondo e così potente, lo sguardo serio, la postura rigida, quelle grandi ali che si erano aperte, seppur invisibili, proiettando dietro di lui un’ombra immensa. E come aveva annunciato in modo solenne di essere Castiel, un Angelo del Signore.

Nonostante la sorpresa, e il dubbio che non fosse chi dicesse di essere (d’altronde gli angeli non esistevano, no?) non aveva mai provato un’emozione tanto forte come in quel momento. E una parte di sè aveva capito subito che lui era davvero l’essere che l’aveva salvato dalla dannazione eterna, un essere in cui avrebbe potuto riporre la propria fiducia per sempre.

All’improvviso si accorge della vicinanza tra i loro volti e si scosta, a disagio.

«Vorrei non aver nascosto tanto bene la Prima Lama» dice Castiel, «Ora ci avrebbe fatto comodo».

«Già».

Pensa alla forza che avrebbe avuto se avesse potuto avere l’arma del Marchio con lui. Avrebbe potuto distruggere le macerie intorno a lui e crearsi un passaggio solo con la forza di quella spada? Probabilmente sì. Avrebbe potuto salvare Castiel così. Forse l’unica cosa positiva che avrebbe mai potuto ottenere da quella maledizione... E invece non è abbastanza forte, senza la lama di Caino.

Rimangono di nuovo in silenzio a lungo. Non c’è molto altro da dire, la situazione è abbastanza chiara.

La notte sta scendendo, fa sempre più freddo e Castiel è più debole ogni istante di più.

E la mano di Dean non ha mai abbandonato la testa di Castiel da quando ha cominciato ad accarezzargli i capelli.

 

Castiel non sa cosa debba pensare. Capisce cosa stia succedendo, ma non come debba comportarsi.

Si sente spossato come mai è stato nella sua lunga esistenza, ha sonno, e vorrebbe tanto chiudere gli occhi e lasciarsi andare all’abbraccio piacevole di Dean.

Non avrebbe mai pensato che potesse finire così. Non era così che se l’era immaginata. Aveva l’eternità davanti, era stato destinato a un’esistenza immortale. E invece adesso cosa gli rimaneva? Forse un’ultima ora in un buco sperduto ai margini del mondo.

Con Dean Winchester.

Nel periodo in cui era stato umano, subito dopo che Metatron gli aveva rubato la Grazia la prima volta, a un certo punto si era reso conto che prima o poi avrebbe potuto morire. Morire davvero. Vita che ti passa davanti agli occhi in un istante, buio, freddo e poi il nulla. Tutto il pacchetto, insomma. E la sua anima umana che finiva... in Paradiso? Castiel non è proprio sicuro che quello sarebbe stato il suo posto. Ha creato troppo dolore, fatto troppi casini. Anche se non ne ha mai avuto l’intenzione. Ma sono le azioni, i fatti, e le conseguenze a contare... no?

Ma era stato un pensiero lontano. Perché nonostante il pericolo in cui si trovava allora, braccato da tutte le parti, dai suoi stessi fratelli, la morte era una cosa... laggiù. È una credenza molto umana, a ben pensarci.

Ma ora?

Ora sente le sue dita gelide cominciare ad afferrarlo. Ora, con la schiena sul duro pavimento, la sensazione di non avere più un gamba destra, l’aria che fatica a entrare nei polmoni e le dita di Dean nei capelli... è reale. Vicina. Incredibilmente reale e vicina.

Il suo cuore perde un battito, e rantola.

«Dean?» biascica, spezzando il silenzio.

«Sì?»

«Ti devo dire dove ho nascosto la Prima Lama. Per il rituale».

«Non ce n’è bisogno. Quando usciremo di qui, andremo a prenderla insieme».

Dean continua a passargli la mano nei capelli, con finta noncuranza. Non vuole capire, non vuole vedere.

«Dean?» lo chiama di nuovo.

Il cacciatore lo ignora.

Con uno sforzo immane, Castiel porta la mano sulla sua testa, posandola sul polso di Dean e bloccando il suo movimento. Se ne pente l’istante dopo. Gli manca già quella sensazione rassicurante. Ma almeno ottiene la sua attenzione.

«Dean, guardami» dice piano.

«Lo sto facendo».

«No, guardami sul serio».

Vede gli occhi di Dean vagare sul suo corpo spezzato, e incupirsi. Poi torna a fissarlo con sguardo esitante.

«La mia ferita è grave, e tu lo sai. Ho perso troppo sangue, sono molto debole e non ho già più sensibilità su tutta la gamba. Probabilmente la perderei, se anche dovessi uscire vivo da qui».

«Cas-»

Castiel alza lieve una mano, interrompendolo, in un piccolo gesto che gli costa tantissimo.

«Il luogo dove ho sepolto la Prima Lama» scandisce.

Dean deglutisce.

«Se usciremo di qui, ci andremo insieme. È dove ti sei risvegliato, quella volta, dopo l’Inferno».

Dean sussulta.

«Il posto dove mi hai salvato».

Castiel annuisce: «Se invece non dovessi farcela... be’, ora lo sai».

«Non parlare così, Cas. Ti porterò via di qui, vivo».

Castiel non risponde, un sorriso amaro sul volto. Non fare promesse che non sai se puoi mantenere, Dean.

Quella confessione l’ha lasciato vuoto e senza forze. Rabbrividisce.

«Hai freddo?»

«Sì» esala.

Dean sposta le mani e si muove, ma Castiel non ha la forza di alzare il viso per capire cosa stia combinando. Un secondo dopo Dean lo sistema meglio sulle sue gambe, avvicinandolo di più, mentre il suo maglione gli scivola addosso.

Castiel leva di scatto gli occhi, incontrando il petto nudo di Dean.

«Non puoi stare così, Dean!»

L’altro alza le spalle: «Io sto bene. Così va meglio?»

Castiel esita un attimo, poi annuisce. Deve ammettere che il maglione ha riportato un po’ di calore al suo corpo, inoltre così ha il profumo di Dean più vicino, a cullarlo.

Le mani di Dean tornano una sulla testa e l’altra sul lato del viso dell’angelo, accarezzandolo piano. Castiel non è certo che si renda davvero conto di quello che sta facendo.

«C’è una soluzione a tutto questo» dice a un tratto Dean, come sovrappensiero.

«Mh?» risponde debolmente.

«Mi devi uccidere».

Le parole sono abbastanza scioccanti da far riemergere Castiel dalla nebbia.

«Cosa?» farfuglia.

Dean annuisce, poi inizia a parlare in tono concitato.

«Io non posso, per via del Marchio. Non me lo permette. Ma potrei trovare una pietra abbastanza affilata, qui intorno. E tu potresti spingermela nella gola. Non dovrebbe essere troppo difficile. Non dovrebbe costarti troppo sforzo, e io mi tratterrò dal difendermi. E una volta morto, il Marchio mi risveglierebbe come demone, perché non può lasciarmi andare. E a quel punto io avrei i poteri da demoni, e potrei portarci via di qui in un soffio!»

Castiel lo guarda con orrore, ha dipinta sul viso un’espressione allucinata.

«Sei impazzito?» riusce a dire, anche se vorrebbe urlare. Non può credere che Dean davvero stia proponendo una cosa del genere. «Non sappiamo come ha fatto Crowley a risvegliarti, e se non funzionasse? E poi sottointendi che io sarei in grado di ucciderti, e non è così!»

Castiel gli afferra il polso e lo stringe forte.

«Non posso farlo, Dean. L’ho dimostrato altre volte, non sarei mai in grado di ucciderti, nemmeno se ne andasse della mia vita!» quasi lo urla, e un secondo dopo ne paga le conseguenze con un feroce attacco di tosse, spasmi ovunque, ai polmoni, alla pancia, fitte alla testa, ronzio nelle orecchie e la sensazione della ferita che si riapriva e di stare affogando in un liquido pastoso.

Quando alla fine il suo corpo si calma, lasciandolo dolorante e con le lacrime agli occhi, si accorge di avere le braccia di Dean avvolte intorno alle spalle e la sua fronte vicina alla propria, da sopra.

Dean lo sta cullando, chiedendogli scusa in una lunga litania.

«Dean?» cerca di attirare la sua attenzione.

Il cacciatore si riscuote, e lo guarda, qualcosa di simile alla disperazione dipinta negli occhi.

«Mi dispiace».

«No, dispiace a me, Dean. Per tutto quello che ti ho fatto passare... Tutte le volte che non ho capito, e che non ho risposto alle tue richieste di aiuto. Mi dispiace.»

Dean appoggia la fronte sulla sua e chiude gli occhi.

Rimangono in quella posizione per qualche minuto, poi il viso di Castiel si apre in una smorfia.

«Posso avere quell’ultimo goccio di veleno, ora?»

Dean lo guarda sorridendo appena, triste, e annuisce.

Lo aiuta a bere, come le volte precedenti, ma questa volta gli permette di finire tutta la fiaschetta.

Castiel deglutisce piano, lasciando che l’alcol vada a intorpidirgli i sensi, più di quanto il dolore, la stanchezza e il freddo non abbiano già fatto.

«Ho sonno, Dean».

«Non ancora, Cas. Ti fidi di me?»

Castiel lo guarda con gli occhi appannati. È strano ma tutti quegli angeli, tutti quegli esseri che a ragione poteva chiamare fratelli, e nessuno ha mai significato tanto come Dean Winchester, per nessuno ha mai provato quell’affetto, a nessuno mai avrebbe affidato la sua stessa vita.

«Mi fido di te».

«Allora resisti ancora un po’. Fallo per me».

«Va bene» annuisce Castiel, sistemandosi meglio nel suo abbraccio.

 

Dio, è così stupido. La mente di Dean viaggia in quinta, cercando una soluzione, qualunque soluzione, ma ha finito le idee. E la consapevolezza che Castiel si sia arreso, che abbia accettato... Cazzo, non riesco nemmeno a pensarlo.

Vederlo così gli spezza il cuore. Gli monta una rabbia dentro a cui non sa dar nome, un senso di impotenza che lo sta lacerando.

Ha gli occhi chiusi, troppo debole per tenerli ancora aperti, e respira lentamente. Ma è sveglio, per il momento.

«Dean?» sussurra.

«Sì?»

«Sento tanto freddo».

Dean serra gli occhi, deglutendo. Il whiskey è finito, e Dean ha esaurito le opzioni. Non c’è che una cosa da fare.

Si districa lentamente da Castiel, e l’angelo mugola per l’improvvisa sensazione di lontananza.

«Cosa fai?» ha la forza di chiedergli, aprendo di poco gli occhi e guardandolo.

«Quello che non credevo avrei mai fatto in vita mia» scherza Dean con un sorrisetto che non convince nemmeno se stesso, «Mi spoglio davanti a un uomo».

È già senza maglietta, perciò non ci mette molto a svestirsi del tutto. Si toglie i pantaloni e anche le scarpe, rimanendo in calzini e boxer.

Poi si avvicina a Castiel e prende a togliergli il proprio maglione e la giacca che gli aveva steso addosso tempo prima.

«Dean?» Castiel lo guarda confuso, senza capire.

«Fidati di me, Cas, fra poco andrà meglio».

Lo aiuta a mettersi seduto. Gli toglie il trench - che allarga subito per terra - poi la giacchetta leggera e la camicia che ha sotto, lasciandolo a torso nudo.

Lo guarda con un sorriso, cercando di rassicurarlo. Ci pensa per un po’, e alla fine decide di togliergli anche i pantaloni già mezzi laceri. I suoi occhi controllano la ferita, e si morde un labbro per non far uscire il gemito frustrato. Nonostante la cintura sia ancora ben fissata subito sopra il taglio profondo e trasversale, il sangue si è rappreso e la gamba ha un colorito violaceo. Sta facendo infezione.

Esita qualche attimo, prima di aprirgli la patta dei pantaloni e sostenerlo per sfilarglieli. Castiel ha un’espressione così fiduciosa e stanca che Dean non si sente nemmeno a disagio.

Una volta rimasto anche lui in calzini e boxer, lo fa distendere sul trench aperto, mettendogli sotto la testa il pantalone appallottolato, per tenerla sollevata. Poi gli rimette sopra tutti i loro indumenti. Infine ci si infila sotto, cercando di far aderire i loro corpi il più possibile, e di trasmettergli il proprio calore.

Nonostante sia stato lui quello a petto nudo fino a qualche istante prima, è Castiel quello freddo come un iceberg. Dean si sistema meglio, abbracciandolo, e solo allora si permette di pensare alla situazione in cui sono. Se non fosse un uomo tutto d’un pezzo, forse arrossirebbe. Forse Castiel è arrossito, ma al momento Dean ha il capo appoggiato sopra la sua spalla, e non riesce a vedergli il volto da lì.

No, Castiel è troppo ingenuo per arrivare a pensare a certe cose. E lui lo sta facendo unicamente perché non ha altra scelta, per tenerlo al caldo. Tutto qui. Fine della discussione.

Il petto di Castiel si alzaa e si abbassa piano, e Dean si chiede per quanto ancora glielo sentirà fare.

Scaccia via il pensiero, con una smorfia amara.

Rimangono a lungo zitti, senza avere il coraggio di muoversi.

Ora che Castiel è nell’abbraccio di Dean, quest’ultimo si rende conto di quanto l’angelo sia piccolo, e magro. Sembra così fragile, la pelle è liscia e quasi traslucida sulle ossa sporgenti, così diverso dalle curve e dalle morbidezza dei corpi nudi a cui il cacciatore è abituato. Dean non può a fare a meno di aprire le dita e passarle piano sulla sua pelle, tentando di non far fluire via il poco calore che ancora Castiel mantiene in corpo.

Castiel emette un piccolo sospiro.

Ho fatto una cazzata, pensa Dean, in un lampo di lucidità.

«Cas?» lo chiama, «Tutto ok?»

«Sì», risponde Castiel, la voce ridotta a meno di un sussurro, meno dell’ombra del profondo tono che aveva caratterizzato l’angelo del Signore.

A quella flebile sillaba, Dean sente qualcosa dentro di lui che si spezza. D’istinto, lo stringe ancora di più nel suo abbraccio, prendendo con più convinzione a carezzargli il fianco con una mano, e il collo e il retro della nuca con l’altra. Non ha mai avuto un contatto così intimo con un uomo, eppure non prova alcun imbarazzo, perché quello è il suo Cas, il suo Cas che ha bisogno del suo tocco e del suo calore, e niente altro.

«Dean» riprende Castiel.

«Shh, non sforzarti» gli sussurra in risposta.

«No, io...» deglutisce, raccogliendo le forze, «Te lo devo dire. E questa potrebbe essere la mia unica occasione. Lo è».

Dean sente la voce che gli si blocca da qualche parte tra lo stomaco e la trachea, ma si forza a rispondergli lo stesso.

«Dimmi».

«Ti sbagliavi, prima. Non sono stato io a salvarti, quella volta».

«Cosa vuoi dire?»

«Sì, è vero, ti ho tirato fuori dall’Inferno... ma in realtà sei stato tu a salvare me».

Dean scuote piano la testa.

«Dico sul serio. Ho vissuto millenni, Dean, millenni. Riesci a immaginarlo? E per tutto quel tempo, non ho avuto che una missione: eseguire gli ordini. Qualunque essi fossero. Certo, obbedivo a mio Padre come un bravo figlio, ma... Allora non lo capivo, ma penso che tu possa comprendere facilmente che esistenza triste fosse in realtà. Finché non mi diedero l’ordine giusto. Mi dissero di tirarti fuori dall’Inferno. Non ti sorprenderà sapere che non mi chiesi nemmeno perché, nè mi interrogai su quel comando tanto inusuale. Lo feci e basta. Era così che funzionava. Ma fin dal primo momento in cui toccai la tua anima all’Inferno, io...»

Castiel deglutisce, e Dean non ce la fa più. C’è qualcosa che spinge agli angoli dei suoi occhi, e il suo cuore è troppo pieno di strazio per sopportare altro.

Si tira su quel tanto che gli occorre per guardarlo negli occhi. Occhi così blu da sembrare due pozze infinite. Sanno di un pomeriggio uggioso passato al caldo in casa, e dell’ultimo boccone della tua crostata preferita, quello che conservi e mangi per ultimo perché è il più buono.

«Ti prego, Cas» mormora, in un tono di voce che fa a gara con quello dell’angelo in quanto a inconsistenza, «Basta».

Castiel scuote piano la testa, e riprende.

«Tu mi hai cambiato, Dean. Mi hai insegnato così tanto... Mi hai insegnato a vivere. Mi hai mostrato cosa fosse il libero arbitrio, cosa volesse dire combattere fino in fondo per la giustizia, per la libertà, per la pace. Mi hai fatto capire l’importanza del coraggio, e di avere un ideale da perseguire. Mi hai preso per mano e mi hai fatto vedere cosa fosse l’amicizia. Di più. Sei diventato mio amico, ti sei fidato di me. E mi hai perdonato tutte le volte in cui ho sbagliato e fallito. Erano cose, sensazioni, che in millenni di vita io non avevo mai conosciuto, e sei stato tu, tu! Un umile e semplice umano che i miei fratelli ritenevano debole e senza speranze, a donarmele».

Castiel alza con fatica un braccio e avvolge una guancia di Dean nella propria mano.

«Mio padre mi avrà pur creato, ma sei stato tu a darmi la vita. Mi hai salvato. E io non potrò mai ringraziarti abbastanza, non potrò mai scusarmi per tutto quello che ti ho fatto, per quanto ti ho ferito».

Dean serra gli occhi, incapace di dire alcunché, e si strofina un poco nella mano di Castiel.

«Sai cosa penso?» chiede ancora Castiel, e Dean, anche se a occhi chiusi, poteva sentire il sorriso nelle sue parole, «Che ne è valsa la pena. È valsa la pena di esistere per tutti quei secoli, da solo, per poi avere l’occasione di incontrare te. E vale la pena di morire, ora, solo per aver vissuto questi anni al tuo fianco».

A quelle parole, Dean apre gli occhi di scatto, allontanandosi dalla sua carezza.

 

Castiel non saprebbe dire con quale forza sia riuscito a fare il suo discorso - forse è stata semplice volontà - ma ce l’ha fatta, e ne è contento. Dean deve sapere quelle cose, deve sapere quanto conta per lui.

Dean, che ora lo fissa a occhi spalancati, reggendosi con le mani sul pavimento, un’espressione disperata negli occhi. Castiel si sente inondare da una sensazione leggera e dolce.

Allora anche tu tieni a me...

«Andiamo, Dean» cerca di scherzare, senza sapere perché, «Non sono la prima persona, il primo amico che vedi morire. Purtroppo la lista è lunga, no? Mi dimenticherai presto».

Dean sussulta. Quando risponde, la sua voce trema dalla rabbia: «Non dirlo, non provare nemmeno a dirlo, coglione!»

Castiel vede i suoi occhi verdi che sanno di estate, e prati infiniti in cui riposare col sole che splende alle spalle, luccicare in modo minaccioso.

«Scusami» risponde.

Lo sguardo di Dean si quieta. Prende un respiro profondo, come se stesse cercando di mettere insieme parole che non vuole dire.

«Non puoi abbandonarmi, Cas» dice alla fine, «Come farò senza di te? Non riesco nemmeno a pensarci...»

«Non ti preoccupare. Ce la farai, come hai sempre fatto. Hai Sam, hai Charlie... c’è Crowley che non lo ammetterà mai ma sotto sotto gli importa di te, ci sono tutti gli altri cacciatori, ci sono tutte le belle ragazze che devi ancora incontrare».

Dean espira e geme, «Non mi importa delle altre ragazze, Cas. Io non... non credevo di poter provare qualcosa del genere. Ma...» deglutisce, e Castiel vede quanto gli costino quelle parole, «Noi siamo una famiglia. Tu hai bisogno di me, e io ho bisogno di te. Non posso pensare di perderti, non ci riesco. Non farlo. Vorrei che i nostri ruoli fossero invertiti».

Castiel scuote la testa.

«Non capisci, Dean? Va bene così, è giusto così. Non poteva essere il contrario. Perché io non ho nessuno, nessun altro all’infuori di te».

La sua mano va a cercare quella di Dean, e la stringe. Dean ricambia con la stessa intensità, e Castiel pensa che ci sono poche cose al mondo belle come quella. Si costringe a continuare.

«Morirei senza di te. Invece tu devi combattere, devi continuare a salvare il mondo da tutte le prossime Apocalissi che verranno. Me lo devi promettere, questo».

Dean scuote la testa: «Non potrò farcela senza il mio angelo a guardarmi le spalle...»

«Ma io ci sarò, sai? Sarò sempre lì a proteggerti, anche se non potrai vedermi» il suo pollice prende ad accarezzare lieve il dorso della mano dell’altro uomo, «Promettimelo».

Si guardano negli occhi. Castiel ha l’impressione di poter vedere fino in fondo alla sua anima, di averla di nuovo lì davanti, come all’Inferno, straziata e persa, ma così splendente, così bella. Gli tornano in mente tutte le volte che Dean gli ha detto che sono una famiglia, che per lui è come un fratello. Tutte le volte che ha cercato di fargli fare la cosa giusta, che l’ha guidato. E ogni volta i suoi occhi verdi erano come in quel momento: profondi, liquidi, tristi, ma con quella speranza insistente, quella voglia di proteggere quello che ama a ogni costo.

Alla fine Dean annuisce piano: «Te lo prometto».

Si passa la lingua sulle labbra secche e deglutisce. Castiel viene catturato da quel movimento, gli fissa la bocca sentendo uno strano calore all’altezza dello stomaco, ma senza poter dargli un nome. Si accorge solo dopo qualche secondo che Dean ha ripreso a parlare.

«Cas, non posso lasciarti andare. Ci deve essere un modo. Dio ti ha già riportato in vita una volta!»

«Dio non c’è, Dean. Lo sai. È andato chissà dove... già tempo fa».

«E allora il Paradiso! Sono stati gli altri angeli a tirarti fuori dal Purgatorio, no?»

Castiel scuote la testa e sorride piano al disperato tentativo di Dean di non arrendersi. È così da lui.

«Non c’è più nessuno, Dean. E oramai sono solo un umano, come gli altri. È così che funziona la vita, e in un certo senso è quello che mi merito».

«Non è vero! Hai fatto così tanto per l’umanità... per me. Io... non posso accettarlo» Dean serra gli occhi, sta tremando, e la sua voce è roca e bassa come lo è stata poche volte. A Castiel ricorda quando Naomi, controllando la sua mente, gli aveva ordinato di uccidere Dean. Era stato Dean a rompere quel legame, perché Castiel era stato troppo debole per farlo da solo, si era fatto picchiare e l’aveva pregato, e aveva usato qualcosa di più forte del controllo di Naomi, e con questo aveva vinto.

«Quello che...» continua Dean, e si interrompe subito bruscamente. Spalanca gli occhi e lo fissa, e Castiel riesce a vedere tutta la pena, tutta la disperazione nei suoi occhi... e anche qualcos’altro.

«Si può voler talmente bene a una persona da sentire male?» esala Dean, così pazzo di dolore da sembrare un’altra persona.

Lo sguardo di Castiel si intenerisce, alza le braccia e passa le mani sulle sue spalle, sentendo i muscoli tesi nello sforzo di sostenere il suo corpo, per non pesare su di lui.

«Se me lo avessi chiesto quando ci siamo conosciuti non avrei saputo nemmeno cosa volessi dire, Dean. Ma ora... penso proprio di sì. Si può».

«Dimmi cosa posso fare. Ti prego, dimmi cosa devo fare perché tu non te ne vada. Non lasciarmi» lo supplica.

Una mano di Castiel si sposta dalla spalla di Dean, percorre il collo e si ferma di nuovo sulla guancia ispida di barba di Dean.

Deglutisce penosamente. Può leggere negli occhi di Dean la realtà: sta morendo, e non c’è nulla che possa fare per impedirlo. E nemmeno Dean.

Ha paura. Ha una fottuta paura.

La mano che è ancora posata sulla spalla di Dean rafforza la stretta. Ha bisogno... di non sentirsi solo. Vuole sentirlo più vicino, più vicino. Si aggrappa a lui come se fosse l’unica salvezza che ha - e lo è.

«Dimmi cosa posso fare, Cas» ripeta Dean.

Posso farlo, posso chiedertelo davvero?

Il suo pollice passa esitante sopra la bocca di Dean, che separa di poco le labbra e manca un respiro. Castiel lo guarda affascinato.

Cos’ha da perdere, d’altronde? Non può succedere nulla peggio di così. Sta morendo, e se Dean ridrà alla sua richiesta... be’, almeno avrà avuto l’opportunità di vederlo ridere un’ultima volta.

Il suo sorriso, il suo splendido sorriso... Vuole vedere la bocca di Dean aprirsi in quel sorriso dolce ancora una volta, per lui. Vuole vedere i suoi occhi verdi risplendere. Dean è il centro del mondo, lo è sempre stato, sa di sole dietro le spalle che illumina i capelli e le lentiggini, sa di estate e prati verdi in cui riposare, sa semplicemente di casa.

Raccogli tutto il suo coraggio e soffia un’unica parola.

«Baciami».

Dean sgrana gli occhi, e per un terribile e lunghissimo istante, Castiel crede che farà peggio di ridere, che si allontanerà da lui con orrore.

Ma poi, in un secondo, la bocca di Dean è sulla sua, le sue mani a incorniciargli il viso. Castiel ha solo il tempo di spalancare gli occhi, e quando per la sorpresa separa di poco le labbra...

Le sue labbra sono morbide, la sua lingua esigente, la sua bocca infuocata. Castiel si sente sciogliere un nodo alla base dello stomaco, un nodo che non si era mai accorto di avere. E si sente così in pace ora, così bene, mentre Dean lo bacia a fondo, con irruenza, con disperazione, senza pensarci.

Non pensa mai, Dean. Agisce e basta, si butta a capofitto nelle cose, senza curarsi delle conseguenze. Ma per una volta va bene così. Castiel chiude gli occhi, risponde al bacio e... desidera che non finisca mai.

Sì, per una volta va bene così.

 

All’improvviso Dean si rende conto di quello che sta facendo, e si tira indietro con uno scatto, spalancando gli occhi.

«Scusami» mormora, «Io non...»

Ma Castiel lo fissa con occhi liquidi, la bocca aperta lievemente mentre respira piano e a fatica cercando di riprendere fiat, le labbra rosse, il viso che ha ripreso un po’ di calore.

Dean sente ancora le sue labbra sulle sue, il modo in cui ha risposto al suo bacio, lasciandosi totalmente andare a lui, lasciandosi guidare, così pieno di fiducia...

Semplicemente Dean non riesce più a guardarlo. Poggia la fronte sul suo petto e serra gli occhi con forza.

Dio, cos’ho fatto? Cos’ho fatto?!

«Non puoi farmi questo» sussurra, la voce rotta, « Ti ho già visto morire una volta, e cosa ti avevo detto, Cas?»

«Di... non farlo... mai... più».

«E tu me l’avevi promesso, Cas, me l’avevi promesso...»

Dean non riesce più a parlare, le lacrime spingono sui lati degli occhi, gli scappa un singhiozzo e ci vuole tutta la sua forza di cacciatore per impedirsi di piangere.

Castiel non risponde e posa una mano sulla testa di Dean. Ora è Castiel ad accarezzargli i capelli, chi sta - chi dovrebbe - confortando chi, esattamente?

Dean manda a fanculo tutto - quella situazione di merda, Metatron, Sam, il destino, persino Dio.

Poi alza la testa e unisce di nuovo le loro labbra, senza aprire gli occhi.

Questa volta il bacio è lento. Le loro lingue giocano ed esplorano piano, assaporando l’odore, il sapore e lo spirito dell’altro. Dean può sentire ogni muscolo del suo corpo, ogni atomo, tentare di mettere in quel gesto tutto ciò che vorrebbe dire a Castiel, e - Dio, non credeva che baciare il suo Cas gli avrebbe fatto provare tutto quello.

Quando si staccano e si guardano negli occhi, Castiel fa per aprire la bocca, ma Dean non ce la fa a sentire quello che l’angelo vorrebbe dire. Allora gli chiude le labbra con la sue, poi prende a baciargli le guance, la fronte, il collo, scendendo giù fino alle clavicole, sentendo il respiro rotto di Castiel nelle orecchie e mormorando parole senza senso.

«Perché non l’abbiamo fatto prima, Cas? Questo... questa cosa, è talmente grossa che io...»

Dean non sa come spiegarsi.

Castiel deglutisce, il pomo che va su e giù davanti agli occhi di Dean, le sue mani sempre appoggiate sulle spalle del cacciatore.

«Credo che si possa amare qualcuno senza per forza... senza baciarlo, o toccarlo. Volergli talmente bene che...» la voce di Castiel trema.

Tossisce, e Dean si chiede se sia per la ferita, per la stanchezza e per il dolore o se per quello che sta dicendo.

«Ci bastava quello che avevamo» conclude semplicemente.

«Ma ora non mi basta» risponde Dean, «Non mi bastano questi minuti con te. Vorrei, vorrei...»

I secondi si allungano, e nessuno dei due dice più nulla. Non riescono.

«Sai, avrei potuto scegliere un altro tramite. Gli angeli non hanno davvero un sesso distinto, come gli uomini»

Dean si tira su a guardarlo, alzando un sopracciglio: «Awesome».

Castiel lo fissa con intensità.

«Un tramite donna. Sarebbe cambiato allora, mh?»

Dean ridacchia: «Ah, sì, me lo immagino già, Castielle, l’angelo con le trecce nere e due tette che...»

Poi nota l’espressione seria di Castiel, e chiude gli occhi.

«Forse sì. Mi dispiace Cas, sono stato un idiota».

Dean continua a tenere gli occhi chiusi, mentre Castiel, in una carezza leggera, passa le mani sulle sue braccia, esitando sopra il Marchio di Caino, poi continua sulle spalle, fino ad appoggiare una mano su un certo punto e stringere un po’ la presa.

«Mi piaceva la mia mano, qui».

Dean spalanca gli occhi di scatto, e vede la sua espressione furba e un luccichio debole sul fondo degli occhi. Si riferisce all’orma che gli aveva lasciato quando l’aveva tirato fuori dall’inferno.

«You son of a bitch!»

Castiel ride lievemente, e Dean non resiste più: copre la sua bocca, impossessandosi delle sue labbra, e lo bacia per un tempo che vorrebbe infinito.

Quando si stacca, lo dice.

«Vorrei poter passare il resto della mia vita a baciarti»

Castiel alza una mano e gli accarezza il volto. Dean si perde.

È il centro del suo mondo, il boccone più buono della crostata migliore che lasci per ultimo. La sua pelle sa di erba appena tagliata, e di ruscello che scende verso il mare, i suoi occhi grandi, innocenti e blu come non ne ha mai visti sanno di universo e stelle e luogo in cui costruire la propria casa in un pomeriggio uggioso e non andarsene mai più.

«Sono fortunato allora, Dean. Puoi fare in modo che per me accada»

A quelle parole, qualcosa in Dean si rompe definitivamente, e sa che non resisterà a lungo.

Lo bacia di nuovo, lo abbraccia, lo accarezza, cercando di memorizzare tutto, ogni respiro, ogni ansito di Castiel, ogni linea del suo viso, ogni tocco dei suoi polpastrelli sulla sua schiena. Il modo in cui piega di poco il volto, la capacità che ha di trasmettergli la serenità più profonda che abbia mai provato anche in quella situazione, come si affidi a lui completamente, aprendogli il proprio cuore, lasciandolo entrare fin dentro alla sua anima.

Dean cerca di scolpire tutto questo nella sua mente, nel suo cuore, nel suo corpo, e si odia per questo, per il motivo per cui lo fa.

Passa diverso tempo prima che Castiel parli di nuovo. La sua voce è flebile ormai, tanto che Dean riesce a sentirla solo perché è a mezzo centrimetro da lui. Il suo cuore è debole, i battiti lenti.

«Quando...» inizia a dire.

Dean gli mette un dito sulle labbra, cercando di non farlo parlare.

Ma Castiel, deciso, scuote la testa e ricomincia.

«Quando sarai... su qualche autostrada sperduta... e guiderai a tavoletta... cantando una vecchia canzone rock... e sarà estate e sarà notte e sarà buio....» Castiel deglutisce, e Dean lo guarda attraverso un velo liquido, senza capire perché, «A un certo punto... avrai voglia di fermarti... e parcheggerai a caso in mezzo a qualche campo... Scenderai e... ti sdraierai sul cofano dell’Impala... Metterai le mani dietro la testa... e guarderai il cielo scuro... con le stelle che luccicano... Ci sarà solo silenzio intorno a te...» Castiel sorride di poco, «Ti ricorderai di me, allora? Con... le stelle a risplenderti... negli occhi, e... il vento ad accarezzarti... il viso... penserai a me?»

Qualcosa di caldo scende sulle guance di Dean. Si passa un braccio sugli occhi, e prende un respiro profondo.

«Sì, Cas» la sua voce è rotto, «Penserò a te ogni giorno della mia vita».

«Bene, bene. Ma con un sorriso, eh. Con uno dei tuoi sorrisi che mi prendono in giro».

«Ti ricorderò e mi mancherai, sempre».

Si guardano negli occhi, poi le palpebre di Castiel tremano, chiude gli occhi, e annuisce piano.

Dean ascolta il suo respiro farsi più erratico, il suo battito cardiaco sempre più lento e lieve.

Non cerca più di fermare le lacrime.

«Dean» sussurra a un certo punto Castiel, e il cacciatore per poco non lo sente, non riconosce la sua voce, «Dean, mi sento...»

«Shhh... lasciati andare, Cas, ci sono qui io».

Lo abbraccia stretto, gli incornicia il volto fra le sue mani, appoggia la fronte sulla sua e gli bacia piano le labbra.

«Ti amo» gli sussurra sulla bocca.

Le labbra di Castiel si stirano in un piccolo sorriso.

Ed è l’ultima cosa che fa prima che il suo petto smetta di alzarsi, il suo cuore smetta di battere.

Dean serra gli occhi e soffoca un urlo.

Lo stringe più forte, e lo bacia ancora, piangendo.

Ma non c’è più nulla che possa fare.

Se n’è andato, se n’è andato, se n’è andato.

Non riesce a pensare ad altro.

 

Un rombo sulla destra, e una luce improvvisa.

Dean copre Castiel col suo corpo, poi alza il braccio per ripararsi dal chiarore improvviso e tenta di guardare in quella direzione per capire cosa stia succedendo.

«Dean!» urla qualcuno.

Il cuore di Dean perde un battito. È la voce di Sam.

«Squirrel!» esclama un’altra voce conosciuta, «Arriva la cavalleria!»

«Dean, Cas! Ce l’abbiamo fatta!» è Charlie, il primo viso che spunta dal varco che Crowley ha creato con i suoi poteri, «Metatron è morto!»

Anche Cas, pensa Dean, il cuore pieno di rabbia e orrore, e vorrebbe urlare che non è possibile, che non è giusto. Meno di mezz’ora fa.

 

 

***

 

«Ciao, Cas» la voce di Dean è piatta, metallica.

Osserva la piccola lapide bianca, un pentacolo e due ali come effige.

«È da un po’ che non vengo a trovarti. Ti ho messo qui, al posto della Lama. Ho pensato fosse il luogo perfetto».

Dean si abbassa su un ginocchio, posando a terra la spada. Passa la mano sulla scritta incisa sulla pietra: Castiel, Angel of the Lord, best hunter, best man, best friend.

«So che avresti voluto essere un cacciatore, ma sei stato molto di più. Non era giusto avere solo una croce come noi altri. Ho mantenuto la promessa. Continuo a cacciare, a salvare il mondo da tutte le Apocalissi. Ma...» sospira, «Non vedo Sam da un po’. Ogni tanto vedo Charlie, spesso Crowley. Saprai perché. Ci sono giorni in cui penso di non farcela, di non riuscirci. Ma poi mi ricordo di quello che ho detto e... Tu sei l’unico pensiero che mi fa andare avanti. Mi dispiace, ma questo era l’unico modo. Spero tu possa perdonarmi».

Si tira su, e fissa ancora per un po’ la lapide, il sole che tramonta nell’orizzonte.

Poi si volta, e sbatte le palpebre.

Quando riapre gli occhi, sono tutti neri.

  
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