Questa storia è dedicata a Lè
e Tya, alias Kaho_chan e Hipatya, che mi hanno distolta dalla retta via per
trascinarmi nel folle shippaggio della SuiKa.
È una AU spin-off di “Ain’t
no mountain high enough!” scritta da Hipatya,
e parla dell’ipotetico appuntamento tra Suigetsu e Karin ^__^ Se ancora
non avete letto quella FF, correte a farlo, perché è
meravigliosa.
Clà-Mela
But baby, you hardly even notice
When I try to show you
this song It's meant to keep you
From doin'
what you're supposed to
Like wakin'
up too early
Maybe we could sleep in
I'll make you banana pancakes
Pretend like it's the weekend now
» Banana Pancakes
I
primi appuntamenti non erano mai
stati il suo forte, riconobbe Suigetsu. Qualche idiota gli aveva detto che, da
quel momento in poi, tutto era in discesa.
Sì,
pensò sbuffando, probabilmente con una ragazza normale, non di certo nel
suo caso. Perché lui –dall’alto della sua straordinaria
intelligenza- aveva avuto la magnifica idea di invitare Karin Guthrie.
E
Karin Guthrie non era una ragazza normale. Anzi, fino a poche settimane prima
non avrebbe nemmeno detto che fosse una ragazza.
Era
irascibile, isterica e un po’ nevrotica. Quando si arrabbiava cominciava
ad urlare come una furia, spalancando gli occhi e stringendo i pugni, mentre la
palpebra sinistra iniziava a tremare in preda a spasmi involontari. Decisamente
spaventosa.
Quindi,
alla luce di tutto ciò, perché
diavolo aveva un appuntamento con Karin?
Il
via vai natalizio non si era ancora affievolito, dalla vetrina del locale
poteva osservare l’enorme fiumana di persone che correvano lungo il
marciapiede, stringendosi in sciarpe e cappotti, del tutto incuranti del freddo
nevischio che cadeva fin da quella mattina. All’interno del bar
c’era un caldo rassicurante, quasi familiare, unito al delizioso profumo
di torte al cioccolato e muffins. Ma c’era solo un piccolo particolare
che, unito al ritardo epico di Karin, riusciva ad innervosire Suigetsu: quella
dannata canzone.
Dalle
casse disseminate qua e là per la stanza, Jack Jonhson canticchiava
delicatamente Banana Pancakes in repeat
da ben trentacinque minuti e venti secondi.
A
ben pensarci quel motivetto era dir poco irritante, oltre che totalmente
insensato. Poteva esistere qualcosa di più stupido?
“I’ll make you banana pancakes”.
Suigetsu
scosse la testa. Il ritardo di Karin, ed insieme con esso la paura di ricevere
un clamoroso bidone, cominciava a farlo straparlare.
«
Mi scusi, vuole ordinare? » chiede educatamente una cameriera,
richiamando la sua attenzione.
«
No, grazie » rispose atono. « Sto aspettando una persona ».
«
…non vuole nulla nel frattempo? Un tè, una fetta di torta, un
succo? ».
«
Niente ».
«
Un caffè, un frullato… ».
«
Nulla di tutto ciò ».
«
Un centrifugato, una tisana, una cioccolata… ».
«
Niente, grazie » sibilo,
liquidandola. Questa si strinse nelle spalle, tornando scocciata da
dov’era venuta.
Il
ragazzo cominciò a studiare attentamente il menù del locale, ben
concentrato nel non pensare a Karin.
Era
mediamente grande, di color giallo limone.
…Dove diavolo si era
cacciata?
Con
dei graziosi fiorellini lungo tutto il bordo, viola e rossi.
… Quasi quaranta
minuti di ritardo!
Sulla
prima pagina erano elencate tutte le tisane, accompagnate da una rapida
descrizione dei loro effetti benefici. Quella al timo e arancia non sembrava
male.
…Probabilmente voleva
solo umiliarlo. Sì, aveva accettato l’appuntamento solo per
quello. Quella brutta arpia.
Anche
quella al pompelmo e fiori di gelsomino aveva un’aria invitante. Forse
accompagnata con dei biscotti a miele.
…oddio, non che Karin
fosse brutta. Era piuttosto carina, in effetti, ma rimaneva comunque
un’arpia.
Forse
era meglio una fetta di torta, magari una cheese cake.
…chissà cosa
pensava la gente che lo vedeva seduto lì! Sicuramente qualcosa come
“Ehi, ma hai visto quello sfigato? Sarà stato bidonato dalla
ragazza”.
Nella
terza pagina erano elencate tutte le torte, sì. Ah, ecco, la cheese
cake: una fetta per due dollari e cinquanta centesimi.
…non avrebbe mai
pensato che Karin Guthrie potesse essere stronza fino a quel punto. Ma
gliel’avrebbe fatta pagare, eccome.
Senza
accorgersene cominciò a stringere la scatola metallica dei tovagliolini
con forza, piegandola leggermente verso il centro.
«
Hai deciso di sfogare la tua rabbia repressa su una povera scatoletta di latta?
».
Una
voce acuta e terribilmente irritante raggiunse le orecchie di Suigetsu,
costringendolo ad interrompere la sua compita lettura del menù.
«
Stavo leggendo » scandì, mostrando i denti stranamente appuntiti.
« Ero talmente interessato da essermi estraniato dal mondo ».
Karin
roteò gli occhi.
«
Ma certo, la lista delle torte è uno dei brani più interessanti
mai scritti » osservò sedendosi di fronte al ragazzo. « Ehi,
guarda, un’american pie costa ben tre dollari: ti supplico, non prendere
a pugno il tavolo! ».
«
Cercherò di trattenermi » sbotto Suigetsu con una smorfia.
«
Ammirabile » fu il lapidario
commento di Karin. « Beh, c’è qualche problema? ».
«
No, assolutamente no» rispose Suigetsu, assottigliando gli occhi. Sulla
sua tempia una minuscola venuzza aveva cominciato a pulsare, dandogli
un’aria vagamente inquietante. Per sua (s)fortuna Karin non ci fece caso
e continuo a parlare con noncuranza.
«
Bene, allora possiamo ordinare? » chiese disinvolta, prendendo il
menù dalle mani del ragazzo.
La
vena sulla fronte di Suigetsu iniziò a pulsare in maniera
impercettibilmente più rapida, mentre il diretto interessato artigliava
il ripiano del tavolino circolare, cercando invano di darsi una calmata.
«
Possiamo ordinare?! » ringhiò lui, con la voce di un tono
più bassa del normale, fissando la ragazza in volto. Lei sollevò
entrambe le sopracciglia, perplessa.
«
Preferisci continuare a distruggere l’arredamento del locale? »
domandò sarcastica. « Guarda, laggiù ci sono delle indifese
teiere! » esclamò, indicando il bancone del bar, a pochi passi da
loro.
Lo
sguardo di Suigetsu si fece più sottile e la stretta delle sue mani
più salda.
«
Non sei divertente » sibilò nuovamente.
«
Se non c’è nessun problema allora dimmi perchè sei
così… come dire, scazzato
» domandò infastidita, sporgendosi verso di lui, oltre il bordo
del tavolo, fino ad arrivare ad una manciata di centimetri dal volto
dell’altro.
«
Mi hai lasciato qui, come un idiota, ad aspettarti per quaranta minuti! » rispose Suigetsu, marcando per bene le
ultime due parole, enfatizzandole.
La
ragazza roteò nuovamente gli occhi, per la seconda volta nell’arco
di un minuto.
«
Che sarà mai un piccolo ritardo! » sbottò incrociando le
braccia.
Sì,
era vero, era arrivata un po’
in ritardo, ma aveva delle ottime giustificazioni. Come quella meravigliosa
camicia che faceva capolino dalla vetrina di Foreve21, o quei divini stivali
scamosciati che…
Insomma,
motivi validissimi che –di certo- Suigetsu non avrebbe potuto capire.
Non
aveva la sensibilità adatta.
«
Ah, certo » esclamò stizzito. « Magari per la regina delle
stronze quaranta minuto sono nulla, ma non per me: io non posso passare la vita
ad aspettare che tu ti faccia viva! ».
«
Quante storie Hozuki » sbuffò Karin. « E poi dicono che sarei
io quella isterica. Calmati! ».
Suigetsu
fece una smorfia.
«
Ho fatto la figura del deficiente! » le fece notare, risentito.
«
Forse perché lo sei »
rispose la ragazza, senza più trattenersi. « E comunque volevo
vedere fino a quanto mi avresti aspettato ».
Lui
spalancò gli occhi e boccheggiò come un pesce per qualche attimo.
Con
quell’espressione stolida ma comunque
infuriata, a Karin diede l’impressione che somigliasse spaventosamente ad
un piraña e per poco non gli scoppiò a ridere in faccia.
«
Arpia » riuscì a sibilare lui, un istante dopo, ritornando in
possesso delle sue facoltà psicomotorie.
Karin
gli si avvicinò ulteriormente.
«
Ripetilo se hai il coraggio! » lo minacciò, avvicinandosi
ulteriormente a lui.
Dovevano
sembrare alquanto bizzarri ad un osservatore esterno. A prima vista era la
classica coppietta che, naso contro naso, si sussurrava banalità
melense, capaci di far venire il diabete ad un oompa-loompa; semplicemente
agghiaccianti.
Ma
se qualcuno si fosse preso la briga di avvicinarsi, e magari origliare pure
–per quanto fosse maleducato-, avrebbe potuto vedere gli occhi
lampeggianti d’ira e udire i simpatici “complimenti” che i
due “innamorati” si stavano scambiando con tanta passione.
Da
far cagliare il latte, insomma.
«
Arpia, arpia, arpia, arpia, arp- » cantilenò Suigetsu, inclinando
leggermente il capo.
«
Smettila o ti uccido! » lo avvertì lei, soffiando attraverso i
denti.
«
Sei stata tu a dirmi di ripeterlo » le fece notare, con una nota
strafottente nella voce. « La tua memoria vacilla? ».
«
Vuoi che ti faccia vacillare io, a suon di calci?
».
«
Smemorata e acida come una vecchia! » la rimbeccò Suigetsu,
storcendo la bocca in un ghigno che mandò in bestia Karin.
«
Preferisco essere vecchia e acida, piuttosto che idiota come te »
gracchiò, arrivando a sfiorare col proprio naso quello di Suigetsu, che
la fissava astioso.
«
Brava, ora inizia con gli insulti da prima elementare » la schernì
lui, sorridendo sprezzante.
Karin
si morse le labbra, nervosa.
«
È per abbassarmi al tuo livello… » chiosò saputa. «
Dubito che il tuo cervello sia più sviluppato di quando avevi sei anni
» concluse soddisfatta della propria risposta.
Immobile,
attese pazientemente la reazione del ragazzo.
«
Contando che già a sei anni ero più intelligente di te…
».
«
Certo, l’importante è crederlo » aggiunse Karin, con una
nota stridula nel tono altezzoso, cosa che non sfuggì minimamente a
Suigetsu, che sorrise compiaciuto.
«
…e sicuramente più affascinante! » trillò lui,
infantilmente.
«
Come? Ma ti sei visto? Quei denti sono ridicoli… » commentò
la ragazza, sempre più prezzante. « Magari credi pure di essere figo!
».
Suigetsu
si sentì punto sul vivo.
«
Io sono figo »
puntualizzò con ovvietà. « Alle ragazze piace il mio fantastico sorriso ».
A
Karin scappò una risata derisoria.
«
Certo, infatti sei pieno di ammiratrici » lo prese in giro.
«
Ovviamente! » ribatté lui, con espressione superiore.
«
E allora perché non sei a fare il cascamorto con loro? »
domandò Karin, assestando un ben piazzato colpo basso.
Suigetsu
non rispose subito. Rimase a fissarla per qualche momento, con sguardo
enigmatico, facendole sbattere le palpebre, preplessa.
«
Perché a me piaci tu! »
disse poi con semplicità.
La
ragazza sgranò gli occhi, mentre un insulto alquanto fantasioso le
morì sulle labbra.
«
A-ah » riuscì a balbettare, sempre guardandolo sorpresa.
«
Ah? » chiede Suigetsu, un po’ scocciato. « Non mi dici altro?
».
«
Cosa vuoi che ti dica? » sbottò lei, arricciando il naso alla
francese.
«
Che ti dispiace immensamente del ritardo… » cominciò il
ragazzo con voce suadente (?!).
A
Karin sfuggì una risatina, poi cominciò ad arrotolarsi una ciocca
di capelli rossi attorno alle dita con fare civettuolo.
«
Sì può fare… » concordò.
«
Che per farti perdonare usciremo nuovamente insieme e tu arriverai puntuale…
».
Karin
rise di nuovo.
«
Mi sembra equo » disse annuendo, senza muoversi di un millimetro.
«
E che ripagherai la scatoletta dei tovaglioli rotta al posto mio! ».
«
IMBECILLE! ».
Suigetsu
sorrise.
La
scatoletta dei tovaglioli non sarebbe stata l’unica cosa che avrebbero
dovuto ripagare, quel pomeriggio.