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Autore: Nocturnia    05/05/2015    3 recensioni
"Ancora sveglia?"
Alex annuisce, masticando una barretta di cioccolato.
"Qualcosa non è andato come previsto nella simulazione?"
Alex lo ignora, continuando a sfogliare l'antologia di Kafka.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Ozwell Spencer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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By Reason
Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. I personaggi di Elaine, Isaac, Nadia Yance, Cora Korn, Vincent Simmons sono invece un'idea dell'autrice stessa. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"Suffering is the positive element in this world, indeed it is the only link between this world and the positive"

- Frank Kafka -



By Reason of Insanity



You felt the coldness in my eyes.


Il prigioniero urla; si contrae fino a spezzarsi le ossa, un grandioso arco di pelle e muscoli.
Si lamenta nella sua lingua madre, un dialetto duro e sincopato come le montagne che sovrastano l'isola.
Alex sorride, avvicinandosi.
L'uomo urla più forte, la maledice, implora pietà, si piscia nelle mutande.
Alex ride, portandosi una mano alla bocca - un gesto così vezzoso da risultare stonato, fuori posto.
"Tenetelo fermo." dice.
"La testa." ordina.
"Portatemi la valigetta." chiede.
La bocca gli viene spalancata a forza, le dita di Alex che gli premono le guance fino a fargli saltare qualche molare - pop! Li sente proprio uscire dalla loro sede, spremuti fuori come semi dalla terra.
"Farà male." conferma, e l'uomo può giurare d'aver visto una scintilla divertita - bramosa - sul fondo di quegli occhi artici.
Il parassita scivola giù per la sua gola senza alcun ostacolo.

Don't make me be myself around you.


Sangue sulle pareti, lungo le scanalature del tavolo autoptico, sulle piastrelle bianche del pavimento.
Alex annusa l'aria e dilata le pupille, un nero che sembra volersi mangiare anche la l'iride.
"Ti stai divertendo."
Alex sorride, inclina la testa, si porta una mano al fianco.
"No. Forse. Chi lo sa."
Una risata abortita, un brontolio trattenuto.
"Ne arriva un altro."
Parole fredde, lucide come il metallo.
"Bene."
L'infetto carica il peso in avanti e cerca la piega tenera del collo, Alex che ride senza alcun pensiero.
Il pugno lo centra in pieno viso, ossa che si frammentano sotto la sua forza e che forano la pelle, i tessuti, il cervello.
"È stato facile."
Distanze mantenute, distanze accorciate.
"Non avevo alcun dubbio."
Il sangue scivola dalle nocche, lungo le dita, tra anelli che disegnano serpenti e ombre.
"Questi imbecilli non sanno gestire una fuga di materiale virale nemmeno se s'impegnano."
Mani forti, vestite di nero.
"L'intelligenza è una maledizione, uhm?"
Un'altra risata, adulata - incredibilmente leggera.
"Non proprio."
Labbra tiepide sui polpastrelli sporchi di sangue, labbra che avvolgono - una lingua pericolosa come quella d'una vipera, altrettanto velenosa una volta che si è posata sul cuore.
"Albert."
Nomen omen, avrebbero detto i latini.

Just praying you won't remember.


Il tredici è un numero fortunato, secondo i giapponesi.
Sfiora il significato della vita ed è forse per questo che Albert l'ha ricevuto in dono da Spencer - la stella più luminosa, il ragazzo prodigio.
In America, dove sono cresciuti, il tredici è un numero maledetto.
Quell'uno diventa una falce e che quel tre mima le orbite vuote della Morte.
Alex non ha paura del calore e immerge le mani nel fianco del vulcano, osservando la pelle staccarsi in brandelli rossastri.
Ne tira fuori un pugno nerissimo e vetroso - ossidiana; tutto ciò che è rimasto dell'Uroboros, di lui.
L'epidermide prude e allunga piccoli tentacoli rosati lungo le falangi, avvolgendole.
Alex si rigira tra le dita quel sasso scuro e senza sfumature, se non una: una venatura rossa come il sangue che lo attraversa da parte a parte.
Chiude gli occhi, ingoia la cenere.
Il dolore non dovrebbe mai essere un fardello da portare in solitudine.

There's blood on my hands, like the blood in you.


L'occhio scoppia nell'orbita, un botto sommesso e che gli ricorda la rottura di un guscio d'uovo.
Lascia andare il soggetto ER - 012, un sacco di carne e ossa ormai inutilizzabile.
La cella è piccola, angusta, e puzza di paura e sudore; Albert storce il naso, le pupille che si contraggono fino a diventare una fessura quasi invisibile.
"Tempo di reazione?"
"Cinque minuti e due secondi."
Uno sbuffo, un sopracciglio alzato, la stessa espressione di un bambino contraddetto.
"Li spaventi troppo."
"Sciocchezze."
"Ti stai divertendo."
"No."
"Bugiardo."
Un sorriso, una scrollata di spalle.
"Forse."
Alex assottiglia le labbra, il naso immerso nella cartella clinica e la punta dei capelli che ne sfiora le pagine.
"Guai in Paradiso?" ribatte, la penna che ha tra le mani che fa clic clic, clic clic, clic clic.
"No."
Uno scatto, il fascicolo ora dimenticato sulla sedia.
"Excella?"
Nessuna risposta.
"Irving?"
Albert socchiude gli occhi, inspira.
"Jill?"
Una microespressione; dubbio, forse.
"Ah." commenta solo Alex "Quel tipo di problema."
Albert esce dalla cella, prosegue per le scale, cerca l'uscita - da lei, da loro.
"Il P30 non funziona come dovrebbe?" lo incalza lei, seguendolo.
Una leggera contrazione della mandibola.
"Funziona troppo bene?"
Un silenzio pesante; nessuna espressione.
"Non puoi avere tutto, Albert. Dominare non è poi così divertente senza un po' di sana competizione, uhm?"
Gli occhiali scivolano al loro posto, spinti dall'indice.
Alex sorride, camminandogli al fianco e godendosi la momentanea vittoria.

You can't shake this awful feeling.


Alex è una donna egoista; come lui.
Socchiude gli occhi, s'inclina all'indietro, gli sfiora la nuca con la punta delle dita.
Non le interessa ciò che vuole Albert (non in quel momento) e prende invece tutto quello che può darle - lo esige, quasi.
Lascia che lui la morda mentre scivola tra le sue cosce, giocando con un desiderio che gli bagna le mani - le labbra quando decide di sapere che sapore abbia.
Alex gli stringe il polso, lo guida, non gli concede null'altro che questo: compiacerla.
Albert le mormora parole irritate - eccitate - nell'orecchio e lambisce la pelle tenera della schiena, afferrandole poi i capelli e costringendola a guardarlo.
Excella avrebbe socchiuso la bocca, trattenuto un gemito  - si sarebbe offerta a lui come un agnello sacrificale.
Alex invece ride, gli occhi ben aperti e un sorriso di sfida sul volto.
Una torsione del polso, un movimento un po' più rapido, e i denti di Alex si chiudono sulle dita della mano libera di Albert, affondando fino a quando non è il sapore del sangue a inondarle il palato.
Wesker ascolta il suo orgasmo, ne segue i contorni, lo spinge fino quasi al limite del dolore - e Alex lo segue, scivolando contro il suo petto e appoggiandogli la testa sulla spalla.
"Brutta giornata?" le chiede, ed è la prima parola coerente che si scambiano da quando tutto è iniziato.
"Uhm." sibila Alex, le palpebre pesanti, il respiro irregolare "Orribile."
"Una fortuna che sia arrivato io."
Alex sorride, baciandogli il palmo della mano.
"Assolutamente."
Il silenzio non è mai stato più confortevole.

Crawl to the mirror and see all that you've become.


Nemico, criminale, villain - mostro.
Diversi nomi, stesso significato.
A volte Alex sorride al suo riflesso e si finge l'eroina della storia, la principessa da salvare, la guerriera da emulare.
A volte chiede ad Albert di farlo e lui ride - un suono terribile e magnifico - dicendo che lui l'eroe della favola lo è già stato - la S.T.A.R.S, ricordi?
A volte pensano a come sarebbe stato se: ruoli diversi, occhi sempre uguali.
A volte.
Le fiabe sono buone solo a ucciderli i mostri, non a raccontarli.

You try to weep, but no tears have or will ever come.


Allevati. Ibridati. Incrociati.
Come cuccioli di Hunter, come osceni esperimenti.
Sono stati scelti, selezionati, pedigree perfetto e DNA da purosangue.
Hanno esaminato i loro genitori - malattie genetiche, seme, ovuli, stato di salute, QI, abitudini - e hanno preso la loro prole, bambini esibiti come a una fiera - controlla i denti, hanno tutte le dita? Falli correre, falli sgroppare, guarda fin dove possono arrivare senza spaccarsi le gambe.
Studiati, controllati, guidati - costretti.
Alex si chiede: se fossero sopravvissuti tutti e tredici, Spencer li avrebbe anche usati come animali da monta?
Per mantenere pura la linea di sangue, ovviamente.
Alex studia il risultato delle sue analisi e ride all'ironia - un suono triste, amaro.
Quale divinità è brava solo a togliere la vita, invece che concepirla?

Nessuna.

We are the ones you should be fearing.


La paura è un sentimento tremendamente umano.
Si aggrappa alle tue sinapsi e provoca loro convulsioni irragionevoli e paranoiche, l'adrenalina giù per la gola, nell'aria che respiri, una morsa a inguine e un pugno nello stomaco.  
Alex vuole superarla - vuole trascendere.
"Tu non hai mai paura?"
"No."
Alex toglie una siringa dal contenitore, gliela porge.
Albert la fissa per qualche istante, il viso immobile - così immobile che ad Alex pare quasi di veder sciogliersi i lineamenti.
"No." ripete, gelido - metallico. Come l'adrenalina.
Alex ripone la siringa, chiude la valigetta.
Adesso hanno entrambi la risposta che cercavano.

And you move your lips, but the words, they just fall to the floor.


L'eroe crede che sia giusto procurare dolore al mostro.
È lui che fa del male agli altri, quindi perché non ricambiare il favore?
L'eroe è dalla parte dei buoni, protegge la gente; quelle stesse persone che il mostro divora e terrorizza e sbrana ogni notte.

"Mi dispiace moltissimo, Master Alex."

Dolore. Fatica a respirare. Battito aritmico.

No.

Il mostro deve soffrire, è così che finisce la favola.
Il mostro deve essere punito, è così che vuole il pubblico.
Il mostro non può amare - non ne è capace.

No.

Giusto e sbagliato, nero e bianco.
L'eroe sa sempre qual è il confine, quali sono i passi da compiere.
Il benessere delle vittime è superiore a quello del mostro, sempre.
Ma chi decide le vittime e i carnefici? Chi decide che un dolore vale più dell'altro?
Non è forse uguale per tutti la sofferenza?

Non quando valica i confini della morale - dell'eroe.

Alex chiude gli occhi, si sfrega le palpebre.
Il dolore è una deflagrazione senza suono.

No matter how many nights did you lie wide awake to the sound of the poison rain.


A trascinarsi sotto la pioggia non c'è un dio.
A raccoglierne la furia non c'è una donna distrutta.
A cercarne le gocce acide non c'è un predatore spietato.

"Master Alex!"

Stuart scivola nel fango, arranca lungo il crinale.
La cerca, la chiama, la venera.

"Master Alex, la prego!"

Labbra rosse che gocciolano rosso, occhi che cercano l'orizzonte e si scontrano con la sua vastità.
Un profilo che scivola, che diventa acqua e lacrime.
Stuart la raggiunge, le si affianca con un ombrello in mano - ah. Quale crudele ironia.
"Master Alex."

Devozione.

Morirà.
Lo immolerà sull'altare della dea e Sospita avrà il suo tributo.

Sacrificio.

Alex solleva lo sguardo, si lascia schiacciare dalla tempesta.
Sotto la sua forza una bambina di nove anni che invidia ancora quello stupido bicchiere di latte al cioccolato.

Crash, crash, burn, let it all burn.


I fantasmi sono tutto quello che le è rimasto; tutto quello per il quale respira ancora.
Stira il colletto della camicia, si porta i capelli oltre le spalle.
Controlla il rossetto, arcua un sopracciglio.
Veste i colori del lutto, bianca come la Morte - come un fantasma.
Raddrizza le spalle, rinuncia a staccare una maschera che ormai è pelle e carne.
"Abbiamo i primi risultati del trial."
Respiro regolare, battito simmetrico.
"Sono..." una pausa. Un sorriso "... Soddisfacenti."
La facciata non crolla, il potere saldo nel pugno.
Dentro, di Alex rimangono solo macerie.

Tell me would you kill to prove you're right?


"Ci conosciamo?"
Excella è giovane: tremendamente giovane.
Si muove come una donna, ma sotto (dove Alex annusa incertezza e illusione) rimane una ragazzina di soli ventitré anni.
"No."
Excella inclina la testa, dubbiosa.
Mi ricordi qualcuno dicono i suoi gesti Mi ricordi qualcosa.
"Aveva un appuntamento?"
Alex accavalla le gambe, sorride da dietro un tailleur nero e stretto come una seconda pelle.
"No."
Si alza, percependo il suo odore; profumi costosi, ambizione, Albert.
Excella si porta le mani sui fianchi, assottiglia gli occhi.

La tigre ha tirato fuori gli artigli.

"Devo chiederle di andarsene." dura, implacabile, impaurita.

Oh, adesso capisco perché ti piace tanto questa donna, Albert.

"Nessun problema." replica Alex, sorridendole "Conosco la strada."
Excella rilassa le spalle, si lascia sfuggire un sospiro quasi impercettibile.

Quasi mi fai pena. Quasi.

"Tornerò più avanti."
Excella irrigidisce la linea delle labbra, un broncio delizioso.
Anche no. suggerisce il suo volto Anzi; vedi di crepare da qualche parte e di non ripresentarti mai più alla mia porta.
Alex vorrebbe rassicurarla e dirle che coraggio, piccola donna: sai come si dice, no? Muore giovane chi è più caro agli dèi.

Vorrebbe.

Excella capirà troppo tardi che l'amore di un dio è solo un rogo senza speranza.

So this is how it ends, so this is who you are.


Non è rabbia, non è tristezza.
Non è nulla.
Il sangue scivola dalla piega del gomito, lungo il braccio, gocciola dalle unghie scheggiate.
Immobile, bianca come la neve.
Sotto i piedi viscere e merda, tra le dita arterie e carne molliccia - putrida.
La prigione è fredda, il suo cuore è cenere.
Il tallone le fa male ed è scalza (le scarpe erano troppo belle - troppo rosse - per una cosa del genere)
Un sospiro, poi due, tre, quattro - infiniti sospiri, singhiozzi senza suono e senza lacrime.
Ibridati. Creati. Allevati.
Purosangue. Predestinati. Scelti.
Tutte una marea di stronzate.

But you don't feel alone.


"Ancora sveglia?"
Alex annuisce, masticando una barretta di cioccolato.
"Qualcosa non è andato come previsto nella simulazione?"
Alex lo ignora, continuando a sfogliare l'antologia di Kafka.
"Alexandra." la richiama, incrociando le braccia al petto.
"Eh."
Un sopracciglio alzato - stupore.
"Come, prego?"
"Ti ho sentito." sottolinea Alex, passando alla pagina successiva "Ti avevo già sentito al primo gradino."
Offesa, leggera irritazione.
"Se qualcuno non avesse costruito tutto questo dannato posto in metallo e vetro..."
"Uhm. Non fare la vittima."
"Non sto..."
Albert chiude la bocca di scatto, strappandole il libro di mano.
"Mi stai prendendo in giro."
"Non oserei mai."
Una risata intrappolata negli occhi.
"Alexandra."
"Albert." ribatte lei, quella risata sempre lì, una lucciola che galleggia nell'azzurro delle sue iridi.
"Piantala."
Anche i mostri sanno ridere del loro stesso destino.

Pushing on I can't escape, everything that comes my way is haunting me.


"Che essere patetico che sei."
Un colpo di tosse, sotto le dita sangue e vomito.
"Che spreco di risorse."
Freddo lungo la schiena, bollente sulle guance.
"Che delusione."
Alex si strappa la camicia, i pantaloni, afferra il bordo della vasca e trema.
"Stai zitto." bercia "Stai. Zitto."
Malattia, senescenza: pelle secca, medicinali, urina.
"Avrei dovuto ammazzarti come la puttana ingrata che sei."
Alex soffoca un conato, il diaframma che si contrae dolorosamente.
"Ma forse questa è una punizione più che sufficiente."
"Fottiti."
Spencer ride, un suono sgradevole e che le ricorda il crepitio della foglie morte.
"Il Progenitore è sempre stato per i più degni, i più forti." occhi vacui, liquidi "Albert è davvero un esemplare stupendo."
Alex ringhia; porcellana rotta tra le mani, schegge d'osso in bocca.
"TU ci hai avvelenato."
"Vi ho reso migliori."
Alex reprime un gemito, brucia sotto la pelle.
"Ci hai uccisi, uno per uno!"
"Andavate selezionati."
Mattonelle rotte, adrenalina e rabbia.
"Non siamo bestie da monta, maledetto vecchio. Non siamo cani che puoi selezionare e far accoppiare per poi scegliere il cucciolo più bello."
"Più forte. Cosa che tu non sei."
"Non ci hai mai chiesto cosa volessimo!" grida - stride "Non ti è mai importato!"
Pupilla dilatata, petto ansante.
"E ora sei morto." un sorriso, denti bianchissimi e che vogliono mordere "Morto. Putrefatto sul pavimento della tua stessa villa, mangiato dai corvi. Strappato pezzo per pezzo."
Alex solleva lo sguardo, brilla di follia e sudore.
Spencer aggrotta le sopracciglia, ora giovane, ora vecchio.
"Avranno iniziato dagli occhi. Iniziano sempre da quelli. Tic, tic, tic, una cornea qui, una cornea là. Poi saranno venuti i tuoi esperimenti. Quelle cose che chiamavi soggetti. E avranno affondato le mani nel tuo addome rinsecchito, gustandosi quelle rivoltanti interiora marce. E poi il tempo, la polvere, la naturale decadenza di un corpo."
Spencer arretra, apre e chiude le mani, la bocca.  
Alex ride - singhiozza.
"Tu non esisti." dice, improvvisamente seria "Non sei mai esistito."
"Alexandra..."
Lo specchio si frantuma, i ricordi scivolano a terra.
"Albert ti ha ucciso."
Spencer perde la voce, il potere.
"Albert mi ha salvata."

Plic, plic, plic.

L'acqua si mischia al suo sangue in silenzio.

Now they're finally here and you know what they're looking for.


I mostri gli eroi sono arrivati e ti strapperanno tutto.
Apriranno le loro bocche irte di denti e spine, maciullando la tua debole carne.
Ti pianteranno le unghie nel petto e tireranno, cordoni di viscere e sangue.
Abuseranno di te, delle tue speranze, del tuo corpo.
Useranno il tuo dolore come un'arma e te la pianteranno dritta nel cuore.
Giocheranno con i tuoi polmoni, togliendoti l'aria.
Banchetteranno con il tuo fegato, la tua milza, il tuo utero sterile.
Non lasceranno niente di te e quando avranno finito inchioderanno la tua pelle sul loro blasone - una tacca in più.

No.

Claire Redfiled ha lo stesso odore di suo fratello - la stessa nauseante puzza d'eroismo.
Sarai ben felice di sapere anche che sapore ha la sua disperazione.

A grim reflection of all the things that you have done.


Il virus a volte vince.
Il virus a volte libera la bestia l'uomo che è in noi.
Albert è frenetico - un uomo folle per un folle mondo - pupille dilatate, respiro accorciato.
Sotto la pelle il virus disegna un intrico nero e pulsante, le vene tese nello sforzo di controllarlo - di dominarlo.
"Passatemi la valigetta." ordina Alex, una mano protesa all'indietro "Apritela."
Uno degli scienziati fissa il corpo del collega steso a terra, morto. Insanguinato. Frastagliato.
"La siringa." freme Alex, e c'è urgenza nella sua voce.
Il virus geme, si contrae, s'irrigidisce: nella mente, nel petto, tra le gambe.
"Togli il cappuccio." ringhia Alex, le dita che ondeggiano alle sue spalle. "Ora."
Il virus apre la bocca, la richiude. Emette un lamento terrificante - osceno.
Alex allinea le spalle, si abbassa: fiuta l'aria, studia il suo avversario.
Il virus ansima, cerca una via di fuga, comprende le sue intenzioni.
"Albert." mormora.
Il pugno scatta in avanti, Alex scarta leggermente di lato, lasciando che le trapassi la spalla.
Uno degli scienziati grida, una donna corre verso l'uscita bloccata.
Il virus pasteggia con la loro paura, si arriccia dietro labbra sottili, durissime.
"Zitti." bercia Alex, artigliandogli il gomito e trattenendolo contro il suo petto - incastrandolo tra la sua spalla maciullata e il muro "Lo state solo eccitando di più."
Il virus sibila, si dimena, cerca di strapparle la faccia.
Alex alza il braccio sano, lo colpisce sul collo; gli inietta il siero.
Secondi, minuti. Silenzio.
"Alexandra?"
Occhi interrogativi, che scivolano via dai suoi.
Albert ritrae il braccio, lo lascia ciondolare contro il fianco.
Fissa lo squarcio che le attraversa la spalla destra, nota i sottili filamenti di muscolo che vanno rigenerandosi.
Uno degli scienziati si permette di svenire; la donna di prima vomita la colazione sul pavimento.
La bestia annusa la sua stessa vergogna e lecca per lei le sue ferite.

There's no relief in the dark from what isn't there.


Il desiderio è una puntura sul cuore, un ragnatela elettrica che s'irradia su tutto il petto.
Albert si rilassa sulla sua bocca, inclina i fianchi in avanti.
Le accarezza i capelli, cerca un punto saldo.
Alex scivola su di lui con la lingua, le labbra - porta in ginocchio un dio dagli occhi grondanti sangue.
Il desiderio si è fatto ora un nodo vicino alla gola, soffocante - vibrante.
Albert divarica le gambe, rovescia la testa all'indietro.
Reprime un gemito, chiude gli occhi - vulnerabile.
Asseconda i suoi movimenti, li conduce.
Lo blandisce Alex, ne segue ogni curva, ogni punto debole.
Serra le dita tra i suoi capelli, la spinge contro di sé.
Il desiderio è adesso il rombo del suo stesso cuore nelle orecchie, tra le cosce.
Alex lo sente - lo percepisce - e accelera; preme, circonda, lecca.

Ah.

Un sillaba, una parola.
"Meglio?"
Occhi socchiusi, sguardo in tralice - sfamato.
Alex gli sorride, mordendogli inguine, l'addome, il petto, il collo - cercandogli il viso, la bocca, tutto.
La risposta è sulle sue labbra ancora umide.

We hang by our own rope.


Brilla d'oro Albert, gocciola sangue.
Stuart lo fissa con un misto di fascinazione e repulsione, lo stesso sguardo che si riserva a una serpente velenoso.
Non fa nulla di particolare; legge gli ultimi aggiornamenti sul T -Phobos, dondola una gamba sull'altra.
Alex è al suo fianco, raggomitolata sulla poltrona vicina.
Gioca con una ciocca di capelli, segue con la penna i risultati del trial della mattina.

Due bambini che fanno i compiti. Due bambini che hanno la crudeltà dei mostri e l'arroganza degli dèi. Due bambini che vogliono avere il mondo ai loro piedi - come tutti i bambini, d'altronde.

Stuart si schiarisce la voce, attira la loro attenzione.
Alex solleva lo sguardo, Albert lo ignora.
"Sono arrivati i campioni che aveva richiesto." inizia "Li ho fatti portare nel laboratorio del livello due."
Alex annuisce, sovrappensiero.
Stuart indugia ancora qualche secondo, indeciso.
"Serve altro?" la voce di Wesker lo coglie di sorpresa, un timbro monocorde, profondo - affilato come il metallo.
"No."
"Bene." la discussione è chiusa.
Stuart aggrotta le sopracciglia, fa per dire qualcosa, ma la risata di Alex lo interrompe bruscamente.
"Ti diverti proprio a far incazzare la gente, eh, Albert?"
Solo allora Stuart nota l'ombra di un sorriso su quel volto impossibile e durissimo.

I'm lost in a haze, fighting life to the end of my days.



"Riproduzione cellulare dimezzata."
Alex chiude gli occhi, si passa una mano tra i capelli.
"Capacità di coagulazione ridotta, emopoiesi al minimo. I tuoi globuli rossi non sopravvivono più di cinquanta giorni, le piastrine due."
Pallida come un fantasma; gelida come un morto.
"L'energia richiesta dal virus ti sta mangiando ogni altra risorsa."
Silenzio nella stanza, grida nel cuore.
"Alexandra."
"Ci sono." per adesso.
Albert inclina la testa, contrae le spalle.
I fogli degli esami clinici scivolano sul tavolo, fuori dalla sua vista.
"Serve una fonte di nutrimento aggiuntiva."
Alex annuisce, fissa uno degli infetti - ride senza alcuna allegria.
"Uno fottuto zombie." ribatte, e continua a ridere.
Albert le si avvicina, cerca un contatto.
Alex alza lo sguardo e nei suoi occhi legge... niente.

Né compatimento né pena. Né disgusto né commiserazione. Niente.

Alexandra sorride a quella inaspettata dimostrazione di fiducia.

You're counting teeth with your tongue, "Are they all there?"


Alex non ha mai veramente vissuto.
Prima l'Umbrella, dopo Spencer. Prima Nadia, dopo il nulla.
Alex non ricorda una sola volta in cui abbia fatto una cosa normale, un gesto che potesse annoverarla tra gli esseri umani.
A nove anni il Progenitore, a tredici la morte.
A quindici l'addestramento, a sedici il silenzio del laboratorio.
A venti un corpo sopravvissuto a malapena, a trenta già vecchia.
"Scommetto che Cora era un'ottima madre."
Albert fissa un granchio che lotta contro la corrente sul bagnasciuga.
"Vincent no; dalla sua scheda risultava una testa di cazzo. Buon tiratore, però."
Il mare scivola placido sull'orizzonte, si congiunge con esso.
"Li hai uccisi tu, vero?"
Albert non annuisce, non nega.
"Un classico; uccidi il padre e la madre. Ascendi al tuo trono, o prode Zeus."
Un sorriso, labbra pallide e prive di rossetto.
"Ironico come Spencer sia rimasto schiacciato dallo stesso destino."
Il sole sanguina sull'acqua, muore nel cielo.
"Non ho mai mangiato un gelato in un parco." dice all'improvviso "Non ho mai avuto un appuntamento. Non ho mai visto un film al cinema. Non ho mai litigato per un parcheggio."
Albert la fissa in tralice, il buio che va inghiottendone i lineamenti.
"Però so come far mutare un virus in cento modi diversi."
Albert ride e il suo cuore è un po' più leggero.

I just wanna break this crown.


I re vengono deposti, gli imperi muoiono.
Secoli di genealogie che si sfilacciano, sangue che annerisce e marcisce.
Sono stati incrociati per essere gli apostoli del nuovo dio, cresciuti all'ombra del Grande Padre.
Alex tossisce, nebulizzando saliva e sangue.
Come Aleksej Romanov, la genetica di Alex è così pura da essere debole, eliche che racchiudono il segreto dell'immortalità.
Pesa la corona sul suo capo, cucita con il filo d'infinite menzogne.
Pesa e ricorda più un giogo, una maledizione.
"Morirò." lo dice - lo ammette - così piano da essere un sussurro appena udibile.
Albert la fissa in silenzio, innervosito dalla sua fragilità, allarmato da un sentimento che i più chiamerebbero preoccupazione.
"Vattene." gli dice, tra le dita rosso e nero.
Wesker non muove un muscolo.
"Vattene!" ringhia Alex, la voce soffocata "Torna in Africa, dal tuo progetto e dalla tua Aheri. Fuori!"
Albert si alza, liscia una piega immaginaria sul cappotto.
Si guardano, si studiano, si comprendono.
Agli dèi non piace essere osservati mentre cadono.

And you're so cynical, narcissistic cannibal.


Un filo rosso; una macchia sbiadita, nulla più.
Albert la sfiora con la punta delle dita, percorrendone i contorni irregolari e umidi sul lenzuolo.  
Annusa un desiderio consumato, nasconde un gemito indecente tra le sue gambe.
Alex rafforza la presa sui suoi fianchi, non distoglie lo sguardo.
"Questa è quasi una sorpresa."
"Quasi?"
Una risata tra i suoi capelli, impronte rosse sulla bocca e tra le cosce.
"Quasi." conferma, e affonda ancora - divora sempre.
Alex s'inarca all'indietro e sussurra il suo nome.

Sometimes, I hate the life I made.


L'odio è un sentimento prezioso, che va centellinato.
Alex inspira, celando gli occhi dietro lenti grandi e scure.
I capelli nascosti da un foulard azzurro, le labbra perfettamente disegnate, sembra quasi una diva degli anni sessanta - fuori tempo, fuori sincrono.
Si siede sull'erba corta e ben curata, osservando la donna che la fissa come se avesse visto un fantasma.
La donna inclina il capo, un gesto che la fa sembrare un uccellino.
"Io so chi sei." le dice "Hai il suo odore."
Alex sorride - piega un angolo della bocca.
"Allora sai anche cosa sono venuta a fare."
La donna indurisce lo sguardo, comincia a torturare le pagine del libro che ha sulle ginocchia.
"Non posso."
Alex annuisce, porgendo il suo profilo al sole tiepido di maggio.
"Lo immaginavo."
Una tortora plana verso di loro, in cerca di briciole.
"Mi ucciderai?" le chiede la donna, nessuna paura, nessun tremore.
Alex si balocca per qualche minuto con l'idea, poi si stringe nelle spalle, riportando lo sguardo sulla povera bambola rotta che ha davanti.
"Dormi bene la notte?"
"No."
"Sei in pace con quello che hai fatto?"
"No."
"Sei sempre stata sotto il suo controllo?"
Silenzio.
Alex annuisce ancora, intrecciando le dita sottili tra loro.
"È sempre stato bravo a manipolare le persone; a dare loro ciò che volevano - a far credere loro di poterlo avere. Come con Excella." uno spasmo, una contrazione involontaria della mandibola "Come con Spencer." s'inclina verso di lei, portandosi gli occhiali sulla punta del naso "Come con te, Jill."
La donna ammorbidisce i lineamenti, una reazione così strana.
"Stai morendo." e sono pietre quelle parole "Posso sentirlo dal tuo sangue. Lui mi ha addestrata a sentirlo."
Alex le cerca gli occhi, non cambia posizione.
"Sì."
"E lo vedi anche tu?"
"Sempre."
Un cane scodinzola al suo padrone, un bambino piange sulle giostre.
Ironico come Albert sia stato in grado di lasciarsi dietro solo fantasmi e rimpianti.

All the stars will burn out sometime.


Nel suo sangue scorre il veleno del serpente.
Nei suoi occhi si riflette una storia di cui non è mai stata la protagonista; solo l'ombra.
Le lenzuola sono fresche sotto le sue mani (non ci ha più dormito da allora. Forse un divano, oppure una poltrona. A volte persino il laboratorio) il sangue caldo tra le dita.
Sono tutti morti. Soldatini ubbidienti. Vittime predestinate. Cavie già testate.
È il momento del silenzio questo, del grande respiro prima del balzo.
Il suo corpo la tradisce, gemello malvagio della donna che era.
Sotto il rossetto le labbra sono secche, fessurate.
Dietro la pelle, tessuti che vanno divorandosi dall'interno, una forma contorta e parossistica di cannibalismo.
Alex sbatte le palpebre un paio di volte, ascolta il dolore.

Adesso capisco come devi esserti sentito Albert.

Potrebbe bruciarlo.
Potrebbe bruciare quel maledetto diario e far morire la sua storia con lei.
Potrebbe. Ma non vuole. Non può.

Adesso capisco perché non ci era permesso.

L'agonia di un mostro è quella di non aver mai potuto veramente sperare in un altro finale.

Desecrate my mind and rely on you.


Cos'è che definisce un eroe?

Il numero di persone che sono disposte a morire per te. Le vittime del tuo stesso delirio di giustizia. Le misere formiche che hai calpestato nella tua lunga strada verso l'Olimpo.

Cosa invece un villain?

L'innocenza che hai strappato a chi ti ha guardato negli occhi troppo a lungo. I corpi che hai ammassato sotto la tua forza. La brutalità con la quale hai usato le loro ossa per farti spazio tra gli déi dell'Olimpo.

La Morte li riconosce per quello che sono e sorride sempre a entrambi.

Now like it matters, you can't escape, don't even try.


La lotta, una naturale estensione del loro essere.
L'ambizione, il corollario necessario.
L'egoismo, un punto di forza.
La violenza, un divertimento.
L'intelligenza, il loro dono.
La bellezza, un'aggiunta - una maschera.
Il controllo, una necessità.
Il potere, il loro obiettivo.
L'amore?

Ah.

Un errore fatale.

The Ones.


Nessuno va mai oltre il e vissero felici e contenti.
Nessuno vuole sapere; nessuno vuole vedere.
Basta che l'eroe vinca, che l'amore venga ricambiato, gli sforzi ripagati.
Alex ascolta l'isola morire e non prova nulla.
Alex guarda se stessa morire e non prova nulla.
No, non c'è redenzione per lei, perché lei non ha sbagliato - non chiederà scusa.
La favola finisce qui e ora - ma avrà un epilogo diverso.

Il mostro vive. La principessa muore. Il regno viene condannato.

Alex sorride e, per la prima volta, è grata di non sentire più nulla; di non provare più nulla.

Ma è come una crosta. Grattala e tutto tornerà in superficie.

Sospira, l'inchiostro che si asciuga sul foglio, la memoria che continua a gocciolare - a scavare nella pietra del suo coraggio.
La parola fine viene scritta dalle mani di un mostro dagli occhi troppo umani per dirsi tale.




Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
Le canzoni utilizzate per i titoli dei paragrafi sono: "Narcissistic Cannibal" dei Korn. "The Ones" degli Aesthetic Perfection. "Blood On My Hands" degli Used. "Hurricane" dei 30 seconds to Mars.
Il titolo della storia è tratto dal libro di Shane Stevens, "By Reason of Insanity".
Sospita è Giunone nella mitologia romana, sorella e sposa di Giove. 
   
 
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