Disclaimer: Quanto segue è solo una mera
esternazione della mia mente malata, e in nessun modo vuole essere
rappresentazione veritiera della verità, offesa, o un modo per lucrare sulla
sessualità dei personaggi citati. Ci lucrano già abbastanza da soli.
Note: Titolo della fic liberamente
ispirato a It’s Not A Side Effect Of The
Cocaine… dei FOB, titolo del capitolo a I
Kissed A Boy dei Cobra Starship. Grazie infinite a Christine e Blaise che
mi fanno sempre aria quando sto per svenire sotto il peso della mia idiozia, e
al forum perché lo amo e mi dà la forza di andare avanti <3
Nel mondo non c’è mai abbastanza Trohley. Io faccio del
mio meglio, per quanto delirante e sconclusionato \o/
It’s not a side effect of the pot, I am thinking we
are meant to be
I. I kissed a boy (and it started
shit up)
Quando finisce il concerto e scende
dal palco saltando gli ultimi tre gradini in un colpo solo, è tutto come al
solito: Joe e Patrick sono rimasti indietro, bloccati dai fan o dai tecnici, il
backstage è in festa e si sente scoppiare da qualche parte la risata spacca
timpani di Pete. Saluta Charlie sventolando le bacchette e si gira quando sente
dei passi lungo le scale, pronto a dare il cinque a chiunque sia.
È Joe, che lo nota solo dopo aver
mollato la chitarra ad uno dei tecnici; sul suo volto si apre un sorriso pigro
mentre lo guarda con occhi lucidi da dietro le palpebre pesanti, e appena
inizia a camminare lentamente nella sua direzione, sempre sorridendo, con gli
occhi sempre più brillanti, Andy nota qualcosa di insolito. Non fa in tempo a
domandarsi cosa, però, che si ritrova Joe addosso, il sorrisetto imperturbabile
dritto contro la sua faccia, ed è strano, perché mezzo secondo fa era
dall’altra parte della stanza, come…?
Joe lo bacia. Andy vorrebbe iniziare
ad agitare le braccia come un mulino ma si trova improvvisamente pietrificato,
sbatte contro una parete che non ricordava e sente Joe stringerlo per i fianchi
e accarezzargli piano le braccia provocandogli i brividi.
È un ottimo momento per smettere di
essere ateo e trovare una divinità a scelta da imprecare senza ritegno.
La bocca di Joe è dolciastra
d’alcol e altro. Andy fa un verso disgustato, ma Joe fraintende su tutta la
linea e gli infila allegramente la lingua in bocca, spingendolo contro il muro
tutto contento.
Andy è penosamente conscio di
essere senza una maglia, delle maledette mani di Joe che sono grandi e ruvide e
gli stanno percorrendo con accuratezza estenuante in petto, le spalle, il
collo; è penosamente consapevole di Joe che gli ha preso finalmente il viso tra
le mani e gli sta succhiando il labbro inferiore tra i denti, mentre la maglia
di Joe gli si appiccica addosso.
Per il resto, non si rende più
conto di nulla.
E poi il corto-circuito finisce,
rientrano le urla lontane della folla insieme alle risatine nella stanza, Andy
spalanca gli occhi e riesce a riprendere controllo del proprio corpo abbastanza
a lungo da spintonare via Joe e guardarlo a bocca aperta.
Joe sorride ancora, troppo stordito
per fare altro che andarsene via come se niente fosse. Andy tiene lo sguardo
fisso sulla sua schiena mentre se ne va, sconvolto, portandosi il dorso della
mano alle labbra che sente gonfie e calde.
Patrick gli compare davanti, con la
chitarra al collo e l’aria allegra. « Che succede? »
Andy, molto dignitosamente, fugge.
Dopo mezz’ora è ancora in uno stato
di apatia che ha del preoccupante. Tutto quello che ha fatto è stato arrivare
al bus come un automa, sedersi e scolarsi una bottiglia d’acqua intera per
levarsi il retrogusto di fumo dalla bocca, fissando per tutto il tempo il muro
con sguardo vuoto.
Ha appena considerato vagamente
l’idea di prendere un’altra bottiglia (e votato contro, perché non vuole morire
d’infezione renale, grazie mille) quando, come se qualcuno avesse premuto un
interruttore, la scena gli si proietta in loop davanti agli occhi, vivida come
se fosse un film in dolby surround.
D’un tratto si ritrova talmente
stipato di emozioni che stritola la bottiglia vuota fino a sbiancarsi le
nocche, il respiro corto.
È furioso. Possibile che l’unica
reazione sensata gli venga dopo mezz’ora
che-
Scatta in piedi, mollando
violentemente il cadavere di plastica. La bottiglia cade a terra con un tonfo,
ma non ci fa caso e inizia a fare avanti e indietro per il bus come una belva
in gabbia, mentre cerca di focalizzare tutta la propria rabbia su Joe, nella
speranza di fargli esplodere la testa a distanza. Quell’idiota. Quel fottuto coglione…
Sarebbe stato diverso con Pete,
perché Pete è un'enorme piovra che non sente di averti dimostrato pienamente il
suo affetto finché non ti ha molestato, e tra le sue grinfie ci sono passati
tutti; sarebbe stato diverso con Patrick, perché con lui non sarebbe successo, visto che Patrick è il loro baluardo di buon
senso e sanità mentale. I baluardi di buon senso non saltano addosso agli amici.
I dannati fattoni sì, però. E anche
se sta cercando di non pensarci troppo il motivo principale della sua rabbia è
proprio questo, che Joe l’ha fatto solo
perché non era in sé, e che da lucido non lo farebbe mai. Evita di
soffermarcisi perché altrimenti potrebbe davvero spaccare qualcosa.
Fottuta testa di cazzo. Davanti a
tutti, approfittando dell’adrenalina post-concerto, come se- come se fosse normale, come se avesse il permesso. Ma il fatto che la DecayDance
sia un bordello camuffato da etichetta discografica non lo autorizza a saltare
addosso al primo che capita solo perché è in vena.
E lui è un povero deficiente a non
essersi scansato subito, a non averlo previsto da come Joe lo stava guardando.
Non riesce nemmeno a smettere di rivivere la scena, in un’infida parte nascosta
del suo cervello, nonostante lo faccia vergognare e star male.
Come prima, è Patrick ad
interrompere il filo dei suoi pensieri; stavolta però è serio e vagamente
preoccupato mentre sale sul bus e lo studia dalla porta, sistemandosi il cappello.
« Vuoi dirmi cosa- »
« Niente. » Prende l’iPod dal
tavolo e se ne va sbattendo tutte le porte che trova; si chiude nella propria
cuccetta, tira le tendine, si rannicchia contro la parete e si mette le cuffie,
cercando di concentrarsi sulla musica; si addormenta con i Seven Angels Seven
Plagues a palla nelle orecchie, furioso che l’unica cosa cui riesca a pensare è
il fatto che senza Joe addosso è tutto più freddo.
Patrick resta lì, irritato. Stava
solo cercando di essere gentile, eccheccavolo, non è mica colpa sua se la sua
band è una masnada di psicopatici.
Gli hanno raccontato cos’è successo
(e gli hanno anche fatto vedere una foto sgranata prontamente scattata con un
telefonino. Ha provveduto personalmente a cancellarla senza badare alle proteste
dell’autore) e di come Joe è saltato addosso ad Andy in uno dei suoi picchi di
stupidità, di come se n’è andato mollando Andy lì e della crisi di nervi di
Andy, che purtroppo pare ancora in atto.
Non gli era mai capitato di trovare
Andy non disposto a parlargli, o ascoltarlo - o sopportare di stare nella
stessa stanza con lui - e visto che Joe al momento è… da qualche parte, Patrick
fa una cosa che in caso di dubbio non aveva mai pensato di fare: chiama Pete.
« Yo, Trickster » risponde Pete,
poi si sente qualche guaito e Pete si mette a parlare con Hemingway. « Hai fame
cucciolo? Hai fame? Ma sì che hai fame! Adesso Petey ti dà la pappa. Ma bravo
Hemmy, bravo! Qui! »
« Pete. »
« Ma brav- scusa. Che c’è? »
« Che fa Joe? »
« Joe è, uh… » Lo sente camminare in
giro. « Collassato sul divano, e ho i miei dubbi che stia respirando. Aspetta…
ok, sì, è vivo. Hemmy, no, non masticargli le scarpe! Perché? »
« Andy » sospira. Prende da bere
dal frigo e si siede accendendo il laptop: sarà una lunga conversazione. « È stupido.
»
« Davvero? E perché mai… ah, oh! »
Pete ridacchia. « Se l’è presa? »
« No, sembra solo la versione
multicolor dell’incredibile Hulk. »
Sente un pop e il rumore di bollicine, e sa che Pete si è aperto un RedBull,
l’insonne sconsiderato. « Ma dai, per così poco? »
« Non ti hanno fatto vedere le
foto? »
Risolino nervoso. « No. Cioè,
giusto una di sfuggita. Pure venuta male, sai, non si vedeva nulla. »
« …Pete, cancellale. »
« Certo » un’altra risatina, e
Patrick si annota mentalmente di perquisire il sidekick di Pete l’indomani. «
Ma non mi sembrava niente di che. Io ti ho fatto di peggio sul palco. »
« Ci hai provato » arrossisce,
nonostante possa solo immaginare il sorrisetto di Pete. « È che… è Andy. »
« Giusto. Nessuno bacia Andy.
Oddio, pensi sia colpa mia? Se l’avessi abituato a certe cose- »
« Saresti morto » lo blocca prima
che possa partire con dei sensi di colpa che sarebbero solo inutili e
assolutamente folli. « Non sei tu, sono loro. »
« Già. » Hemingway mangia
rumorosamente sullo sfondo. « Quindi? »
Patrick sbatte le palpebre. «
Quindi cosa? »
« Quindi perché hai chiamato? »
Perché speravo in una risposta che ero certo non sarebbe mai arrivata. « Sostegno morale? »
« Vedrai, gli passerà. »
« Tu non l’hai visto… »
« Okay, se non gli passa
organizzerò un piano- »
« NO. » Tutto ma non i piani di
Pete.
« Va bene, allora se continua ad
essere stupido gli parleremo. Parleremo con tutti e due. »
Patrick si toglie gli occhiali e si
strofina gli occhi, stanco. Forse è il caso di spegnere il computer e andare e
dormire. Dall’altra parte della cornetta Pete si muove, probabilmente armeggiando
con la tv per prepararsi ad un’intensa nottata di repliche e zapping. « Sono
veramente degli impediti » dice dopo un po’. Qualche secondo di silenzio e poi,
più piano: « Io so gestire il mio imperituro amore per te molto meglio. »
Patrick abbassa lo schermo del
portatile con un piccolo sorriso. « ‘Notte Pete. »
C’è un gruppo di muratori con i
martelli pneumatici che sta demolendo la testa di Joe. O quello, o la sera
prima si è scolato, tipo, una tanica di vodka.
Si sente un cerchio alla testa (di
muratori che danzano con i loro trapani a tutta birra, ovviamente) e un peso sullo
stomaco che, non appena riesce a scollarsi le palpebre per controllare, si
rivela Hemingway appallottolato. Oddio, è svenuto di nuovo sul divano.
Fa tre tentativi per alzarsi, due
dei quali si concludono con la sua faccia premuta contro i cuscini per bloccare
la nausea e uno con la discesa di Hemingway, che gli ha lasciato una bella
chiazza di bava all’altezza dello stomaco. Al quarto riesce a mettersi
verticale e deve aspettare cinque minuti per riuscire a racimolare le forze per
sollevarsi e barcollare in bagno. Dopo essersi attaccato al rubinetto del
lavandino, aver fatto pipì ed essersi levato la t-shirt sporca si sente
sufficientemente lucido per intraprendere il periglioso cammino verso la
cucina. Ehi, sono tre metri.
Pete è seduto sopra il tavolo a
gambe incrociate, con il portatile in grembo e una tazza di caffè in mano.
Fissa Joe insistentemente mentre sbatte in giro, come se si aspettasse qualcosa
di allarmante come trovargli una testa in più o vederlo camminare dritto. Joe
agguanta una scatola di Cheerios e si appoggia al lavandino, mangiandoli
direttamente dalla confezione. « ‘mbè? »
Pete gli lancia uno sguardo
compassionevole e ritorna a scrivere con la mano libera. « Niente. »
Vabe’, avrà una faccia terribile,
sai che novità. Barcolla verso la macchinetta del caffè, e mentre passa dietro
Pete sbircia lo schermo, tanto per vedere cosa c’è di talmente importante da
fargli battere i tasti così rapidamente. È uno dei suoi tanti blog, che insiste
a chiamare “privati” quando poi aggiunge chiunque gli mandi la richiesta, e lo
sta aggiornando; è in attesa che si carichi una delle immagini in allegato.
Quando l’ultimo pixel della foto è
al suo posto Joe si è ormai scordato il caffè.
Crolla su una sedia, gli occhi
sbarrati incollati al monitor pure dopo che Pete ha abbassato tutte le finestre
con aria leggermente colpevole. Non… non si ricordava niente del genere.
« Cos…? » gracchia. « Quando? » Ha
abbastanza esperienza in fatto di foto su internet da saper riconoscere un
fotomontaggio: quello, in nome del cielo, non
lo è.
« Tabula rasa? »
Joe apre e chiude la bocca un paio
di volte. Non è proprio proprio tabula rasa; si ricorda che il concerto era
stato fantastico, più che fantastico, che era stato spettacolare. Si ricorda
che il pubblico era impazzito e una ragazza dalla terza fila aveva tentato di
lanciargli un reggiseno, si ricorda che non aveva minimamente voglia di
andarsene alla fine, si ricorda che era sceso e aveva visto Andy che rideva, ed
era fradicio di sudore, a petto nudo e-
Dio del cielo santissimo. « Devo parlargli. »
Si alza di scatto in barba ai
giramenti di testa e si fionda fuori dal bus, agitatissimo. Rientra tre secondi
dopo tremando come una foglia e corre a mettersi una maglia, perché ci sarà
pure il sole ma fa freddo a girare
nudi, e rotola di nuovo fuori con un braccio incastrato nella t-shirt
Pete lo osserva centrare
miracolosamente la porta, restando ad ascoltare i tonfi e le imprecazioni anche
sfumano man mano che si allontana. Oh, che gente sconsiderata. Sospira, riapre
tutte le pagine internet e clicca Invia.
Joe praticamente si lancia dentro
il bus di Andy, e quasi cade a faccia avanti. Si tira su come se nulla fosse
aggrappandosi alla maniglia e analizza la stanza, ma trova solo un Patrick
perplesso intento ad editare il blog di Pete. (Pete dà sempre le sue password a
Patrick perché se le scorda puntualmente, e Patrick è più difficile da crackare
di un sidekick. Patrick dal canto suo è contento di fargli da agenda, visto che
così può contenere le crisi mediatiche che Pete rischia di scatenare ogni tanto
mettendo su internet Cose Che Non Dovrebbero Vedere La Luce Del Sole.)
« È uscito » dice tranquillamente
Patrick mentre preme con insistenza Canc. Joe rantola qualcosa che potrebbe
essere “grazie” o un polmone che tenta la fuga per la libertà dalla sua gola, e
corre via verso… ovunque sia Andy. Furbo, non chiedere neanche un’indicazione.
Meglio così, dopotutto, almeno avrà
tempo per pensare a qualcosa di meno stupido di “ehi, scusa, ti ho fatto una
tonsillectomia? Vabe’, non mi ricordo, amici come prima?”. Di certo non può dirgli
che gli è piaciuto e sarebbe pronto per il bis, e comunque non farà in tempo a
dire nulla perché Andy lo ucciderà.
Pacifismo non violento a farsi benedire.
Andy non è da nessuna parte nei
pressi dei bus o del parcheggio. Non è nel market vicino alla venue - nemmeno
nel reparto macrobiotico! - né nei camerini né nel backstage. Sta per andare a
setacciare gli altri bus quando passa accanto al palco e, duh, Andy è lì sopra
e sta suonando. Dev’essere diventato sordo da una sera all’altra per non aver sentito
l’assolo più violento che gli sia mai capitato di ascoltare, tour con gli Arma
Angelus compreso.
Si ferma accanto ad un
amplificatore e si dimentica del motivo della ricerca. È ancora relativamente
presto e senza riflettori accesi fa fresco perciò Andy non si è tolto la
maglietta, che ora gli si appiccica inesorabilmente alla schiena; è senza
occhiali e i capelli gli sono scivolati davanti agli occhi, oscurandogli la
vista dei tamburi, di cui comunque può fare a meno. Suona con una
concentrazione che sembra quasi dolorosa, forte, veloce, e Joe gli fissa le
braccia finché non diventano delle scie sfocate in movimento. Sono troppo rare
le volte in cui può starsene semplicemente a guardare Andy suonare, ed è un
peccato.
Così assorto ci mette un po’ ad
accorgersi che Andy si è fermato e lo sta osservando. Arrossisce un pochino,
perché si imbarazza ancora quando viene beccato a fangirlare, si schiarisce la
voce e viene preso dal panico. Non ha ancora un piano, dannazione.
« Hey, Andy » esclama forzatamente,
andandogli incontro. Arriva alla batteria e Andy lo sta ancora fissando con
espressione piatta da dietro il groviglio di capelli. « Io, uhm - bel pezzo!
Che canzone era? » Complimenti, non tentava un approccio più scemo da quando
aveva quattordici anni.
Si irrigidisce e serra le palpebre
in attesa dell’inevitabile sfuriata, o di un pugno, o magari della sfuriata più
un pugno più un rullante in testa, se la sera prima è stato proprio così
terribile… ma non succede niente. Sente solo la batteria che traballa e apre
gli occhi al tonfo dello sgabello che cade, giusto in tempo per vedere la
schiena di Andy sparire giù per le scalette del palco.
…ops.
---
Yatta! Oh, come li amo <3 Anche
se li farò litigare ogni tre righe, huhu.
Comunque, la storia sarà di quattro
capitoli e sarà aggiornata ogni, uhm… facciamo lunedì (a meno che non mi giri
da aggiornare prima), salvo complicazioni. Chi mi conosce sa che “salvo
complicazioni” si trasforma puntualmente in un numero X compreso tra due e
dieci di mesi di latitanza :°D
Ma non temete, i capitoli sono (quasi) tutti scritti! è_é/
Angolo serio perfettamente inutile, fate come se non ci fosse
Allora. Mi dispiace, ma adesso c’è
il momento sentimentale *patpat*
Oggi sono due anni che pubblico su EFP.
Dal capodanno scorso ho cambiato fandom, ho cambiato parte di bandom, ho trovato nuovi OTP *indica sopra*, ho fatto
TOTALMENTE SCHIFO CON QUALSIASI SCADENZA /o\, ho iniziato a scrivere a quattro
mani, mi sono data al porno. È stato un bell’anno, e spero di esser migliorata
un po’ dalla fanfiction di 365 giorni fa, in cui mi auguravo la stessa cosa.
E questa volta festeggio in maniera
insolita e un po’ apotropaica: con una long-fic. La mia prima long-fic su questo sito. E sapete cosa? Ho tutte le intenzioni
di finirla, stavolta.
…tutto il Bandomville è autorizzato
a picchiarmi quando mi bloccherò come un’idiota. ù_ù”
Will