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Autore: Tully_    09/05/2015    0 recensioni
Dal testo: "E Riza si vide lì, mentre col giubbotto bianco impiastricciato di polvere seppelliva quell'innocente, facendo con le mani callose un tumulo ben definito. La donna matura del presente guardava la giovane ragazza del passato; senza esitazione si soffermava sui dettagli di quel viso pallido, gli occhi vacui cerchiati da occhiaie, i capelli corti e spettinati."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riza Hawkeye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Morta tre volte







Riza rifletteva, in un sonno che non le lasciava via di uscita, riguardo un bambino. Vedeva distintamente, in quel viaggio onirico, gli occhi cremisi del piccolo che si spalancavano, vedendo un soldato. Biondo, occhi azzurri, di Amestris. Si diceva che nelle fiabe di tanti millenni prima i principi azzurri, gli eroi, fossero simili a quell'uomo di fronte a lui. Forse era un benefattore, forse era /diverso/, visto che non tutti quei militari potevano definirsi cattivi, su: il bambino, non ascoltando le suppliche della madre ferita, andò incontro allo sconosciuto, un sorriso sdentato e innocente in viso. C'era una speranza! La dannata guerra sarebbe potuta finire- ma non fece in tempo a formulare il pensiero che venne freddato con un proiettile in fronte e cadde, con ancora la fievole felicità illusoria di salvezza sul volto. Un corpo in mezzo a tanti altri, un bambino anonimo tra le macerie di una città distrutta, sporco di sabbia desertica impregna di sangue secco. E Riza si vide lì, mentre col giubbotto bianco impiastricciato di polvere seppelliva quell'innocente, facendo con le mani callose un tumulo ben definito. La donna matura del presente guardava la giovane ragazza del passato; senza esitazione si soffermava sui dettagli di quel viso pallido, gli occhi vacui cerchiati da occhiaie, i capelli corti e spettinati. Non ebbe modo di osservare la scena successiva di quel ritorno a un passato seppellito poiché venne catapultata in un altro spazio, in un altro tempo...
Una stanza accecante e bianca, con accanto Alphonse e di fronte a lei l'homunculus che rappresentava la Lussuria. “Due sacrifici”; Riza deglutì risentendo quelle parole, vide sé stessa che vacillava, che con rabbia convulsa tirava fuori una pistola, consumandone l'intero caricatore, passando alla seconda sino a quando non terminò le armi, cominciando a far scendere sulle guance tese lacrime di rabbia, di totale incredulità di fronte alla... verità? “Non ci si rende conto di quanto valgono le persone sinché non si perdono...” pensò la donna con amarezza, di fronte a quella versione di lei irriconoscibile, caduta dal suo trono di certezze, spaesata e disorientata, come se un punto di riferimento fosse scomparso dalla sua vista. Aveva lasciato da parte la Riza tenente per la Riza umana, in quel frangente breve, come due anime contrapposte che si combattevano con armi impari.
Chiuse gli occhi e, rialzando le palpebre con consapevolezza di trovarsi altrove, focalizzò quella figura bionda e fragile a terra, trascinata, col sangue che fuoriusciva impietoso dal collo, premuto con forza da una mano tremante. Era lei, abbandonata dalle
sue forze, ma con ancora la lucidità di trasmettere con uno sguardo alla persona interessata il messaggio sulle mosse da fare in quella situazione complicata.
Poi il buio.
Non ebbe modo di sfogliare nuovamente il libro del passato, sebbene quelle memorie, immagini, discorsi sarebbero rimasti come un macigno dentro di sé, per rammentarle che il tenente Riza Hawkeye aveva vissuto tre momenti della morte.
Il primo fu quello del decesso del bambino, mai visto, mai conosciuto, ma che riteneva in parte colpa sua. Una macchia di sangue indelebile restava nelle sue mani che avevano mantenuto i fucili... lavarsi le mani da quell'oltraggio, quel /reato/... era praticamente impossibile. Una morte di un anonimo l'aveva segnata, ricordandole che fini orrendi la guerra aveva e quanto l'uomo fosse egoista riguardo i propri interessi. Non esita a trucidare. Anche lei fu una macchina da guerra, un automa manovrato dai superiori.
Il secondo momento è il disorientamento di fronte all'eventuale morte di qualcuno di importante. Si è puerilmente abituati a essere sicuri che i propri cari non verranno mai toccati e sentirsi privati di uno di loro non è assimilabile, non è credibile! Si crolla, ineluttabilmente, di fronte a quella certezza, incapaci di trattenersi, persi nel proprio oblio, nel buio pesto dove bisogna muoversi a tentoni senza ausilio di fiaccole per indicare la strada corretta.
Il terzo e ultimo riguarda la propria morte. Quest'ultima arriva, come una materna madre, ad abbracciarci con gentilezza da dietro, ma saldamente in modo da non lasciarci più. E'
umano avere paura della morte e si vorrebbe che non arrivasse mai quel terribile momento ma, di fronte alla propria agonia e strazio, paradossalmente si preferisce spirare il prima possibile. Non è questo il caso di Riza che non poteva morire.
L'ordine del colonnello non poteva essere disobbedito.  

  
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