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Autore: PsYkO_Me    13/05/2015    1 recensioni
In una deliziosa notte d'estate, Sora decide di uscire per godersi la brezza marina. Ma Vanitas arriva per disturbare la sua quiete con i suoi insoliti metodi.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sora, Vanitas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Sora quella sera si stava preparando per uscire a prendere una boccata d’aria. La luna, immensa e elegante, illuminava il nero velluto circondata da innumerevoli stelle. Dalla sua camera, la brezza del mare arrivava dolcemente dalla finestra. Si lasciò scompigliare i capelli da quella carezza, respirandola a pieni polmoni. Era una magnifica sera. Indossò velocemente la maglietta e uscì.
La calma lo accompagnò fino alla spiaggia. Nell’aria vi era solo il suono gradevole delle onde. Si distese sulla sabbia calda e si lasciò circondare dall’abbraccio della luna e del mare. L’acqua gli arrivava a tempi regolari sulle caviglie mentre la brezza continuava a donargli teneri tocchi.
Sora inspirò a occhi chiusi. «Nessuno potrebbe rovinare questa serata.»
Non avrebbe dovuto dirlo. Vanitas arrivò giusto in tempo per udire quella frase.
«Lascia che ci pensi io.» Rispose beffardo a quella espressione.
Sora, ancora disteso sulla sabbia e con le braccia incrociate dietro la nuca, aprì un occhio per fissare il corvino che rovinava la sua serenità. Portava una camicia bordeaux aperta sul petto e pantaloni neri aderenti. Si soffermò sui suoi occhi ambrati per un po’, notando che il contrasto che creavano con il cielo notturno era di un’innaturale bellezza. Vanitas si accomodò accanto al castano, sapendo perfettamente di essere di troppo.
«Perché non mi lasci mai in pace?» Domandò Sora con il faccino di un bimbo infastidito.
Vanitas allungò le labbra in un sorriso e prese dalla camicia un pacchetto di Pocky di cioccolato e ciliegie. Aprì il pacchetto e offrì i bastoncini a Sora. «Vuoi?»
Sora inarcò un sopracciglio. «Sono avvelenati?»
Il corvino trattenne una risata. «Potrebbe essere… Ma in quel caso morirei anche io.»
«Chi mi dice che tu non abbia avvelenato solo i miei?»
Vanitas rovesciò i bastoncini sul torace di Sora.
«Hei! Ma che fai?!?»
«Stai tranquillo, pulcino.»
«P-pulcino?!» Sora era visibilmente confuso.
Vanitas lo guardò con viso fermo. «Sì, pulcino. Con quei capelli scompigliati e lo sguardo poco sveglio… Sei un pulcino.»
«Hei! Anche tu hai i capelli come i miei!»
«Ma li porto meglio di te e sono anche furbo a differenza tua.»
Sora guardò altrove, Vanitas lo stava irritando come al solito. Nel frattempo, il corvino mischiava i Pocky come se niente fosse sul corpo del castano. «Ecco.» Disse quando terminò. «Ora non puoi dire che io ti abbia offerto dei Pocky avvelenati.»
«Non mi fido lo stesso.» Ribatté Sora riprendendo a fare la smorfia da bimbo.
A quel punto anche Vanitas si irritò. Prese una manciata di Pocky e cercò di infilarli nella bocca del malcapitato. Sora si dimenò come un pulcino sotto attacco. Vanitas, il gatto malefico, riuscì a bloccarlo e a fargli mangiare un poco dei bastoncini.
«Tu sei malato!» Tossì Sora quando venne liberato.
«E tu sei impossibile. Ti ho solo offerto del cibo.» Disse, di nuovo composto al suo fianco, occupato a mangiare lo snack.
Sora si sedette e si mise a fissare il profilo di quello strano ragazzo che cercava la sua compagnia solo per maltrattarlo. Poi qualcosa illuminò la mente del ragazzino. Aveva visto Vanitas sempre da solo. Quei pochi momenti trascorsi con qualcuno… erano con lui. Si avvicinò col viso per osservarlo meglio. La brezza cullava anche i suoi ciuffi corvini con estrema delicatezza. Gli occhi color ambra vagavano sull’acqua, seri. Per la prima volta Sora si chiese se quel ragazzo non nascondesse in realtà della tristezza.
«Vanitas?»
Vanitas si girò regalandogli uno sguardo magnetico. O almeno, Sora lo sentì sulla pelle come mai gli era capitato prima d’ora.
Senza mezzi termini, il corvino domandò: «Sei arrossito?»
«Eh?» Sora si allontanò immediatamente. «No!»
Vanitas mostrò i denti, divertito. «Sei arrossito!»
Sora cercò di fuggire da quello sguardo malizioso ma con scarso successo. Vanitas era a due dita dal suo volto e lo fissava. Lo fissava tremendamente. Non c’era verso di evitare quelle ambre.
«Cosa v-vuoi… ora?» Domandò titubante.
«Voglio fare un esperimento.»
Che cosa aveva detto? Sora si sentì pietrificare dalla paura. Vanitas era sempre stato imprevedibile. Il corvino infatti gli prese il polso e iniziò a leccarglielo, ad affondare i canini e a baciarlo.
«V-Vanitas?! Che stai facendo?» Sora fissava il corvino con gli occhi sgranati e la testa che iniziava a girargli.
«Te l’ho detto. È un esperimento.»
Vanitas, al contrario di Sora, era pienamente a suo agio nel ruolo che stava interpretando. Proseguì a piccoli baci fino a raggiungergli il collo. Strinse il corpo fragile fra le sue dita e si impossessò della pelle delicata. Solleticò il collo con baci sensuali per poi trasformali in voraci e passionali. Sora tremava tra le sue braccia, spaventato da quell’emozione che con grande stupore gli dava piacere. La sua mente si annebbiò lentamente, dimenticando il tempo e il luogo in cui si ritrovava. Quella non era la realtà, pensò, era impossibile. Nessuno avrebbe potuto donare tale piacere ultraterreno con solo il tocco della lingua e delle sue labbra. Poi Vanitas salì ancora e stavolta incontrò la sua bocca morbida. Sora assaggiò quella passione travolto da vampate di caldo e battiti impazziti del cuore. La lingua di quel maledetto ragazzo creava intrecci con la sua e nel frattempo le sue mani lo toccavano col calore del fuoco. Sora non poté fare a meno di gettarsi tra le sue braccia infernali come un’anima perduta che trova il paradiso nel diavolo. Ma quando lo fece, Vanitas si staccò interrompendo quella magia. Sora, disorientato, si guardò intorno prima di capire cosa fosse accaduto. Quando incrociò gli occhi dell’altro, notò la sua malvagia soddisfazione.
«Oh, pulcino. Sei caduto davvero nella mia trappola. Chi l’avrebbe mai detto…»
Vanitas godeva assai dell’esperimento riuscito. Sora non si era mai sentito tanto in imbarazzo in vita sua. Per la prima volta sentì di volersi nascondere, troppo umiliato per restare lì. Quando cercò di rialzarsi però, Vanitas lo bloccò prendendogli il braccio.
«POSSO SAPERE CHE VUOI DA ME?» Sora era colmo di rabbia. Non si sarebbe più fatto coinvolgere da quel mostro diabolico.
Vanitas non mutò espressione. Gli occhi ambrati lo fissavano con intensità. «Sei sicuro di volerlo sapere?»
Sora sentì che mai aveva parlato con tale determinazione: «Sì, certo che voglio saperlo!»
L’altro gli si avvicinò ancora e lo baciò nuovamente. Stavolta un bacio calmo che riempiva non solo la passione ma anche il cuore. Stavolta però fu Sora a staccarsi.
«No. Non voglio essere preso ancora in giro.»
«Non ti sto prendendo in giro.»
«E come posso crederti? Fai sempre così!» E con ancora la rabbia nelle vene, si liberò furente dalla presa.
Vanitas mise le mani in tasca e fissò il mare. Sora, nonostante la collera, notò che stava avendo lo stesso sguardo triste di prima.
«Hai ragione.»
Hai ragione? Tutto qui? Solo un maledettissimo hai ragione?
«Vorrà dire che ritenterò.» Sorrise voltandogli le spalle. «Alla prossima.»
Sora rimase immobile sulla spiaggia per un tempo indefinito. Ripensò a quell’ultimo bacio, nettamente differente dalla passione beffarda che gli aveva fatto assaggiare. I pensieri e i dubbi che gli aveva lasciato erano tattili, tanto che non riuscì a togliersi il desiderio di continuare ad averli. Pensò a Vanitas e, imbarazzato, sperò di rivederlo presto.


______
Note dell'autrice.
Whohooo, ho scritto ancora su Sora e Vanitas! Iddio se mi piacciono questi due. Ho sempre più paura di non restituitre più Sora a Riku... Poraccio. xD Spero che sia stata di vostro gradimento, alla prossima!
   
 
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