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Autore: FaDiesis    13/05/2015    1 recensioni
"Scars - 5 Volte in cui una cicatrice non era solo che un’altra ferita e una in cui fece davvero male. - " partecipa al Contest di Ili91, "Tempo di... Tag! Third Edition."
~
Oliver, le sue cicatrici, Felicity.
That's all.
[Raccolta di Flashfic/Introspettiva/Olicity]
Enjoy! :3
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nick (forum ed eventualmente sito): Esis (Forum), FaDiesis (Sito);
Titolo: “Scars”.
Fandom: Arrow.
Genere: Introspettivo.
Rating: Verde.
Pairing/personaggi: Oliver Queen, Felicity Smoak, accenno a John Diggle. Oliver/Felicity.
Pacchetto scelto: 5 + 1.
Elementi utilizzati: Cicatrici, Raccolta di almeno 4 flashfic, Introspettivo.
Avvertimenti/Note: What if? [In quanto, essendo smemorata di mio, non ricordo le parole esatte delle scene descritte nella mia fic, allora ho immaginato e per sicurezza messo un What If.]
Nda: Alllluora, che dire? “Cicatrici” e “Arrow” cascavano a pennello, sooo… ecco il risultato! Spero di aver soddisfatto le aspettative e beh, di aver combinato qualcosa di buono. *w*

La canzone all’inizio e alla fine è “Scars” , di Boy Epic.
Incrocio le dita e invio!


 

Scars

- 5 Volte in cui una cicatrice non era solo che un’altra ferita e una in cui fece davvero male. -

 

 

I’ll take my bow,
I won’t make a sound,
I whisper truce,
As the ashes hit the ground.
Hush love,
No I’m not what you think that I am made of.
I’m a story,
I’m a break up,
Just a hero on a bridge that’s burning down.


 

 

 

Un lieve pizzicore era l’unica percezione che sentiva sul petto.
In rilievo sul torace, un piccolo cerchio di bianca pelle arrossata sembrava pulsare, ma non sentiva altro che questo solletico, forse stanchezza acuta, ma il dolore era minimo.
Quelle erbe dell’isola erano davvero miracolose.
Sorrise, scuotendo la testa rassegnato al fatto che, alla fine, quell’esperienza su Lian Yu non aveva fatto altro che donargli nuove conoscenze.
E coraggio.
Un coraggio che il vecchio Oliver Queen non avrebbe mai posseduto, un coraggio che non l’aveva fatto crollare di fronte ad una pallottola avvelenata di curaro che quel bastardo di Deadshot gli aveva sparato dritta nel petto.
Sollevò il proiettile tra l’indice e il pollice, davanti agli occhi verdi che poteva vedere riflessi sul piombo lucido.
L’aveva lavato e asciugato con cura da tutto il sangue rappreso.
Era diventata una specie di tradizione. Le armi, i proiettili, le frecce, qualsiasi tipo d’oggetto che lo ferivano, Oliver lo conservava. Come a mai scordarsi la debolezza che aveva mostrato, tutte le volte che aveva messo in pericolo la sua città, i suoi cari, sé stesso. Aveva cominciato sull’isola… non aveva mai smesso.
Aprì un cassetto vuoto, e con estrema ed esagerata attenzione posizionò quella piccola pallina dura in un angolo.
Dal suo ritorno a Starling City, quella era stata la prima di infinitesime cicatrici.

#220 words.

 

 

 

La seconda volta in cui una cicatrice era solo un’altra ferita, fu durante, ironicamente, il giorno che viene considerato il più pacifico di tutti.
A Natale, nessuno dovrebbe litigare e il solo color rosso sangue dovrebbe provenire dalle palline appese all’albero. E’ quello che le credenze professano, ma non la realtà in casa Queen.
Diggle l’aveva trascinato in ospedale, a pezzi, eppure lui faceva come se niente fosse successo.
- La freccia. Dov’è la freccia nera, Diggle? – chiese Oliver Queen, in un rantolo appena accennato. Vide l’omone sbuffare e trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo, le mani in tasca e un’espressione arresa sul volto gentile.
- Al sicuro, Oliver. Assieme alle altre.
Il miliardario si alzò dallo scarno lettino, contraendo le braccia muscolose in un visibile sforzo.
Alzò gli occhi, e per puro caso incontrò uno specchio appeso alla bianca parete.
In cinque anni, il suo corpo era diventato un libro dove le cicatrici facevano da parole.
Nere, incise, profonde.

La terza volta, fu così forte da tramortirlo per più ore.
Non se lo aspettava, si era fatto prendere alla sprovvista come un ragazzino praticante di judo alle prime armi.
L’ago della siringa aveva un sapore amaro che l’aveva colpito nell’orgoglio e non. Poteva quasi sentire il gusto metallico sulla lingua, allo stesso modo poteva seguire ogni singolo passo della droga che saliva velocemente nelle vene. Destinazione: cervello, allucinazioni, sballo.
La risata del Conte, una fitta sul tutto il corpo, il respiro a mancare.
Ancora una volta Diggle l’aveva portato in salvo. Al suo risveglio, la loro “grotta” non gli era mai sembrata così accogliente.
Con l’indice percorse il contorno di quel buco, arrendendosi al fatto che, avrebbe ricordato il momento ogni volta che il suo sguardo avrebbe incrociato quell’ennesima cicatrice.

#295 words.

 

 

 

La quarta volta, fu costretto a rivelare a qualcuno la sua identità segreta.
Felicity Smoak ne era rimasta colpita ed era quasi finita in stato di shock acuto, anche se avrebbe potuto immaginarselo.
Era stata una fortuna averla trovata vicino l’ufficio di Moira. Lo stesso ufficio dove si era preso una pallottola dalla sua stessa madre. Una cosa che quasi lo ferì più del dolore lancinante che stava provando mentre la bionda gli estraeva con ansiosa cura il proiettile dalla spalla.
La ragazza blaterava cose dal senso ambiguo, una parlantina velocissima che probabilmente le attutiva la pressione del compito affidatole.
Oliver non poté far a meno di sorriderle. In lei, vedeva già un’alleata fondamentale per la squadra; ma questo, non l’avrebbe mai ammesso.
Felicity finì di medicarlo, piazzando una pezza di stoffa sul marchio bianco, una smorfia concentrata sulle labbra carnose.
- Uhm, un’altra bella cicatrice, eh?
Furono le ultime parole che udì, prima del nero buio dello svenire.

La quinta seguì la quarta, e Barry Allen scoprì con eccitazione chi davvero è Arrow.
La rabbia fu la prima cosa che lo colpì, amara e fredda, una freccia gelida puntata dritta contro Felicity.
Lei, che non aveva fatto altro che salvargli la vita perché no, contro il soldato Cyrus Gold iniettato di Mirakuru Oliver non ce l’aveva fatta.
Ma fortunatamente Barry era un tipo in gamba e, sebbene le varie ferite, nuovi tagli e lividi a marcargli la pelle per sempre, era riuscito a curarlo con una componente di veleno per topi.
Si sentiva… morto, debole, con dolori acuti in ciascuna parte di sé.
Allora lui non aveva davvero chance contro il Mirakuru?
Era davvero così impotente?
Oliver ringhiò tra i denti. La collera non faceva altro che aumentargli il bruciore delle nuove ferite rosse, ferite come le altre mille, ferite che una volta bianche avrebbe odiato a morte.

#310 words.

 

 

Oliver aveva sempre visto le cicatrici come qualcosa di concreto, piccoli dolori che col tempo si stabilizzano diventando pelle in rilievo. Marchi che, come volendosi farsi notare apposta, non fanno altro che ricordarti l'errore che hai fatto.
Non avrebbe mai pensato al potere distruttivo che potevano assumere i sentimenti.
In realtà, non aveva mai voluto dare ascolto a quello che provava, mettendo da parte le sue emozioni con scuse come la sua identità segreta, il pericolo nel quale avrebbe potuto trovarsi la sua amata.
Perché lui l'amava.
Lo ammetteva adesso, troppo tardi, eppure con quell'intensità dentro sé stesso che lo stava divorando.
Quando l'aveva rivelato a Felicity, lei era quasi scappata. Lo poteva vedere nei suoi occhi coperti dagli occhiali che lo ricambiava, da sempre, ma lui era riuscito, con il suo poco tatto, a farla correre via.
Strinse un pugno, sferrandolo sul sacco da boxe che aveva davanti. Quel giorno il rifugio era... vuoto. Chissà dov'è Felicity, si chiese sottovoce, in un sussurro rabbioso. E la risposta gli volò davanti agli occhi, a luci al neon. Con Ray, ovvio. Felicity doveva trovarsi con Ray, il suo nuovo attraente capo.
Una fitta di cruda gelosia gli attanagliò lo stomaco, e il sacco subì un altro destro.
Nella sua testa, una sola scena era in modalità play a ripetizione. La ragazza, che senza esitazione e un dolore nella voce gli annunciava che no, lui non la meritava. O meglio, che lei voleva di più nella vita, voleva qualcuno che avrebbe sempre ammesso quello che provava e che le sarebbe restato accanto, qualunque cosa fosse accaduta. E se ne era andata. Così come era venuta, in silenzio e senza una parola di più, lasciando Oliver in uno stato di assurdo trauma.
Si era dovuto spruzzare dell’acqua fredda sul viso e obbligarsi a darsi un contegno, eppure ancora in quell’istante quel sentimento di accettazione non faceva il caso suo.
Dentro sé, si costringeva a ripetersi che non era il loro momento. Si ripeteva che un giorno, lui sarebbe andato da lei e l’avrebbe baciata con forza, l’avrebbe abbracciata e le avrebbe confessato ogni singola sua emozione. E avrebbe tentato lo stesso, anche se lei non sarebbe stata più lì ad aspettarlo.
Come conchiglie che attraversano con coraggio lo sconosciuto mare blu per raggiungere la grezza sabbia, intere o in mille pezzi ma con per sempre addosso il sapore salino dell’averci provato.
Fu in quel momento che capì il doppio significato di una cicatrice.
Una ferita diversa, più profonda di qualsiasi taglio lui abbia mai avuto. Più intensa, più dolorosa, più salata. Insopportabile.
Nel cuore, un invisibile squarcio non rimarginabile.

#435 words.

 

 

Can you see my scars?
Can you feel my heart?
This is all of me for all the world to see.

   
 
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